SALVIAMO IL MARTINI

salviamo il martinidi Silvio Trudu*


Ho frequentato il Martini, nella sua sede storica di via Sant’Eusebio, a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80 in una fase storica che, semplicisticamente, viene spesso configurata come momento di passaggio tra il periodo dell’idealismo e quello del consumismo. Sono stati, comunque la si veda, anni di forti cambiamenti che cominciavano a intravedersi anche nel mondo della scuola, fermo sino ad allora alla fine degli anni ’60. 
Decisi di iscrivermi al Martini per questioni affettive e pratiche, poiché mio nonno, che fu co-fondatore dell’ordine dei Commercialisti, studiò in quel caseggiato, nella via sant’Eusebio, e io pensavo di proseguire con la sua stessa professione.
Inoltre, il Martini era una scuola molto conosciuta nella città, ed era citata, a livello nazionale, come un modello di scuola pubblica efficiente e innovativa, perché formava professionisti di alto livello in campo economico, artistico e scientifico, segno evidente che la preparazione fornita permetteva, a chi la acquisiva, di completare con profitto qualunque percorso universitario e di realizzarsi in ambienti lavorativi diversi.
 Lì ho vissuto con passione il periodo della mia adolescenza; lì hanno contribuito a formarmi come persona bravissimi docenti, raccontandomi della vita attraverso pensatori e matematici che la avevano osservata con occhi più capaci dei miei; lì ho iniziato a gioire e soffrire per gli amori vissuti e per quelli anche solo immaginati; da lì provengono i miei più cari amici di oggi, perché essi erano i miei compagni di allora. 
Nella mia gioventù io non ho mai vissuto la scuola, quella scuola, come un corpo estraneo, ma mi sono sempre sentito parte di essa, parte di una comunità con un forte senso di appartenenza, intesa come partecipazione diretta e attiva alla sua vita: al Martini, da studente, ho fatto parte degli organi collegiali, mentre mio padre, per tre anni, è stato Presidente del Consiglio di Istituto. 
Questo legame, unitamente ad altri fattori, non ultimo il debito di riconoscenza che io sentii, determinarono che io scegliessi quell’Istituto, alla fine degli anni ’80, dopo sei anni di lontananza, come docente, per contribuire, nel mio piccolo, a mantenerla come io la vedo ancora oggi: una scuola speciale, popolata e vissuta da persone speciali (studenti e docenti) della quale mi onoro di far parte. Persone. Con un loro vissuto e le loro scelte; scelte nobili quanto io considero le mie di allora. Non una massa poltigliosa e informe. 
Questo rappresenta per me quel piccolo mondo. 
In diverse occasioni, negli ultimi decenni, l’edificio della via sant’Eusebio, è stato oggetto di forti attenzioni da parte di soggetti terzi, a causa della sua posizione privilegiata e delle sue dimensioni e rimane oggi l’ultimo baluardo dell’istruzione tecnica nella città di Cagliari, ormai quasi totalmente esclusivo appannaggio dei licei.
 Recentemente una relazione stilata dai tecnici della Provincia pare che abbia suggerito l’adeguamento dei parametri relativi al carico dei solai dell’edificio (oggi in linea con norme precedenti) alla normativa attuale prevista nello specifico per i caseggiati destinati alle scuole, con conseguente trasloco degli studenti in altra sede (Besta a Monserrato).
 In passato abbiamo rifiutato richieste di trasferimento apparentemente temporaneo del Martini in altre zone della città. Tali proposte, presentateci con motivazioni più o meno creative, nascondevano solo il tentativo di insediare, nell’edificio che ci ospita, altri inquilini. E lo abbiamo fatto lottando, talvolta con l’occupazione dell’edificio, talaltra accettando il compromesso dello sdoppiamento, con la creazione della sede del Besta a Monserrato.
 Oggi si ripropone lo stesso problema.
 Apprendo ora da fonti giornalistiche (L’Unione sarda di domenica intervista Michele Camoglio, ingegnere capo della Provincia) che è allo studio l’ipotesi di traslocare il Martini (dopo il periodo di permanenza nei locali del Besta) nell’area di via Nuoro adiacente all’edificio dove oggi è presente la caserma dei Carabinieri, dopo la costruzione di un polo scolastico che dovrebbe comprendere anche il liceo Alberti…
 Ciò, pare, per permettere all’arma dei Carabinieri di occupare decine di migliaia di metri quadri tra la via Sonnino e la via Sant’Eusebio, lungo tutta la via Grazia Deledda. Uno spazio niente male. 
Le motivazioni di questo Risiko le lascio all’intelligenza di chi legge.
 Verità o inganno? 
Nel dubbio io …
chiedo alle autorità competenti, che onorino parte di quel grande debito di riconoscenza che la città e la Provincia hanno verso il Martini, GARANTENDO che esso continui a operare nella sua sede storica, come ha fatto ininterrottamente per tante generazioni di cagliaritani. Così smentendo quel fastidioso luogo comune (a cui io naturalmente non credo) che le vede amiche dei ALTAN situazione_da_interpretarepotenti di turno e dei loro serbatoi elettorali e che descrive i loro rappresentanti ottimi riscossori e pessimi pagatori;
 invito tutti coloro i quali hanno a cuore le sorti del Martini a mantenere alta la attenzione, esperendo ogni azione utile ad avere GARANZIE CERTE circa il mantenimento dell’Istituto Tecnico Economico “Pietro Martini” nella sua unica sede possibile: la via Sant’Eusebio.
 Infine mi permetto di suggerire a tutti coloro i quali liquidano lo scrivente, tacciandolo di dietrologia, di guardarsi bene alle spalle, affinché questa storia non si concluda seguendo lo stesso percorso dell’ombrello di Altan: senza …logìa.


*Silvio Trudu 
Docente ITES “P. Martini” 
Cagliari

One Response to SALVIAMO IL MARTINI

  1. M. scrive:

    Questa di trasferire le scuole in periferia è un’aberrazione… Hanno già chiuso lo Scano e il Michelangelo … per non parlare di altre zone. La scuola dà fastidio al potere ignorante.

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