Cosa fare per gli immigrati? Per favore se ne discuta per agire con tempestività anche per recuperare i ritardi che pagheremo comunque a caro prezzo.

migranti per editoriale aladin
di Franco Meloni.
ape-innovativaNon so quanti esattamente siano. Certamente meno di quanti la loro diffusa (e senza dubbio cresciuta) presenza in città faccia apparire. Stiamo parlando dei ragazzi di colore che incontriamo all’uscita dei bar e dei supermercati, ai semafori, nelle adiacenze delle chiese o semplicemente in sosta in alcune piazze della città, e così via. Alle vecchie presenze di rom, mendicanti nostrani, improbabili parcheggiatori e venditori vari… si sono affiancate quelle dei giovani provenienti dai recenti sbarchi. Che, credo, costituiscono uno dei più rilevanti attuali problemi dell’area del disagio, che, sebbene non disgiunto da molti altri, riguarda i soggetti più precari, quelli per i quali la politica dell’accoglienza agli immigrati si ferma alle prime fasi successive agli sbarchi: la visita sanitaria, i riconoscimenti di rito, il ricovero in strutture ospedaliere per i casi di malattia (per fortuna pochi), e, infine, la sistemazione in alloggi recuperati in città o nell’area vasta. Poi tutto diventa presidio minimo della loro presenza per garantire uno standard di sopravvivenza. Riconosciamo che l’emergenza è ben governata dai servizi predisposti dalla Prefettura e dalla Caritas, basata soprattutto sul lavoro dei molti volontari e non solo (a cui dobbiamo tutti riconoscenza). Ma è sul poi che vogliamo soffermarci. Sappiamo che molti di questi giovani migranti non vogliono sistemarsi né a Cagliari né nel resto della Sardegna e neppure in Italia, considerato che le loro agognate mete sono la Germania e i paesi del Nord Europa. Per questa ragione molti fanno resistenza all’essere riconosciuti e “schedati”. Ma, intanto, ci sono! E il fatto che siano costretti di fatto a stare tra di noi (per breve o lungo tempo) non deve comportare l’accettazione dell’attuale situazione, che sostanzialmente è di sofferenza per loro (gli immigrati) e di crescente fastidio per i cittadini, anche per quelli che non hanno ragioni ideologiche o motivazioni razziste per contrastarne la presenza tra noi. Fa tristezza vedere queste persone nel fiore della giovinezza mendicare o comunque passare le giornate nella noia e nel confine di recinti in cui sono di fatto costretti. Giovani che dovrebbero lavorare, studiare, divertirsi… con gli stessi diritti di tutti i giovani del mondo. E, invece, spinti sulla strada dell’assistenzialismo e dell’accattonaggio che corrompe il corpo e la mente. Conosciamo e anticipiamo subito la prima obiezione: “Ma come qui non c’è lavoro per i nostri ragazzi e dovremmo trovarne per questi?” A questa obiezione si risponde che i diritti dei nostri giovani (o meno giovani) non devono essere posti in contrapposizione a quelli degli immigrati. Per diverse ragioni etiche e non solo. Il fatto che i migranti arrivino da parti del mondo sconvolte da conflitti devastanti e drammatici deve farci ragionare sui loro e insieme sui nostri problemi. Nella sostanza non ci salviamo difendendo i nostri livelli di condizioni economiche e di benessere di cittadini occidentali, contro le popolazioni vittime di guerre e costrette in condizioni di povertà estrema. Si tratta invece di trovare soluzioni per tutti, anche con la creazione di nuovo lavoro in forme nuove e per intervenire rispetto a nuove esigenze o che si pongono in modo diverso rispetto al passato, come, per esempio, la cura delle persone, l’educazione, l’accoglienza… Ma non vogliamo, in questa sede, affrontare questioni di enorme portata e di dimensioni planetarie, seppure da queste non si può prescindere. Vogliamo affrontare più modestamente la questione dei migranti che arrivano nelle nostre città e nei nostri paesi (rifugiati politici o profughi economici che siano, comunque in fuga dalla guerra e dalla miseria). Non si può andare avanti nell’attuale situazione che ogni giorno peggiora. Dobbiamo utilizzare tutti gli strumenti attualmente disponibili e cercarne altri per modificare lo stato delle cose esistente. E per queste finalità tutti dobbiamo impegnarci. Innanzitutto le Istituzioni. Qui non possiamo non richiamare la necessità che i Comuni (a partire da quello di Cagliari) utilizzino i programmi di integrazione come sovente ci richiama l’amico Roberto Mirasola, ultimamente con una precisa dichiarazione ripresa da questa News: “Non bisogna alimentare inutili paure, per questo c’è sempre il Salvini nazionale. Perché la gestione dell’accoglienza dei migranti deve sempre essere legata a problemi di sicurezza? Esistono degli strumenti, bene allora applichiamoli. Perché non si aderisce ai progetti SPRAR previsti dal ministero? Perché non si crea un elenco di associazioni capaci di gestire l’emergenza? Anzi se mettiamo a sistema forse non dovremo più parlare di emergenza. È evidente che le prefetture da sole non sono sufficienti, c’è urgente bisogno della politica”. Nella ricerca di buone prassi che pure sono diffuse in Sardegna, in Italia e all’estero, abbiamo recentemente proposto come esempio da seguire quello della Norvegia, che finanzia corsi per spiegare agli immigrati come funzionano in Europa leggi e codici sociali sui rapporti tra uomo e donna. Il nostro impegno continuerà nella pubblicizzazione di queste buone prassi dovunque esse si praticano e nell’invito martellante alle Istituzioni perché le riproducano o che comunque attuino politiche attive di accoglienza. Il questo quadro considerata la dimensione dei problemi e per certi versi la loro inedita proposizione, rinnoviamo la proposta che il presidente della Regione Pigliaru nomini un’“Alta autorità per il problemi dell’immigrazione e per le politiche di accoglienza”, dotata di adeguate competenze e risorse, anche per l’utilizzo virtuoso di pertinenti finanziamenti europei già disponibili. Per questo ci vuole forse un’apposita legge regionale? Benissimo: una ragione di più per coinvolgere la nostra classe politica decisamente distratta e con scarsa consapevolezza della drammaticità dei problemi qui esposti. Per favore se ne discuta per agire con tempestività anche per recuperare i ritardi che pagheremo comunque a caro prezzo.

2 Responses to Cosa fare per gli immigrati? Per favore se ne discuta per agire con tempestività anche per recuperare i ritardi che pagheremo comunque a caro prezzo.

  1. […] scritto in un nostro editoriale sulla questione dei migranti in Sardegna: “… considerata la dimensione dei problemi e per certi versi la loro inedita […]

  2. […] successo. Sull’argomento come Aladinews siamo intervenuti più volte (al riguardo segnaliamo l’editoriale del 25 dicembre 2015, che ripubblichiamo in calce), segnalando come il passaggio dalla situazione di emergenza a quella […]

Rispondi a Migranti: oltre l’emergenza poco si parla e poco si fa… anche se quanto si fa è molto buono | Aladin Pensiero Annulla risposta

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