Il martirio di Massimiliano Kolbe in una coinvolgente rappresentazione teatrale

M Kolbe rittatto del santo

RECENSIONI: “Un ideale per la vita, vita e martirio di San Massimiliano Kolbe”
“Un ideale per la vita, vita e martirio” questo è il titolo dello spettacolo organizzato dal gruppo della “Milizia dell’Immacolata”, svoltosi giovedì 15 marzo presso il salone della parrocchia SS. Annunziata di Cagliari. A interpretare l’opera è stato l’attore di teatro Renzo Arato. I testi sono stati scritti e elaborati da P. Egidio Monzani, assistente nazionale Milizia dell’immacolata. Era presente tutta la comunità dei frati e vari rappresentanti dei gruppi parrocchiali: ofs, gruppo missionario. Gli aiuti regia e audio-video sono stati svolti da fra Silvano Bianco e Simonetta (Milizia dell’Immacolata).La rappresentazione è durata un’ora e mezza (dalle 19,30 alle 21).


Renzo Arato
Padre Giuseppe Simbula, guardiano della comunità dei frati ha fatto una breve presentazione dell’attore teatrale Renzo Arato, conosciuto a livello internazione. Di origine piemontese, per tanti anni ha lavorato in Germania; nella sua carriera ha recitato in vari spettacoli, ricomprendo anche la direzione. Giusto per citarne uno: “Creola dalla lunga aureola “. In questi ultimi anni è stato contattato dall’assistente nazionale della Milizia dell’Immacolata, P. Egidio Monzani, col compito di rappresentare in tutta Italia lo spettacolo dal titolo “Un ideale per la vita, vita e martirio”, che rappresenta la vicenda terrena di san Massimiliano Kolbe, frate francescano conventuale.Come ci ha dichiarato lo stesso Renzo Arato, gli era capitato di sentire parlare di Padre Kolbe, in particolare quando Paolo VI lo beatificò nell’ottobre del 1971, Martire dell’amore, e, più tardi, quando Giovanni Paolo II lo proclamò Santo, il 10 ottobre 1982, ma non aveva mai approfondito la sua figura. L’occasione felice si è proposta attraverso P. Egidio Monzani ed è stato per Arato un grande incontro.
Contesto storico della rappresentazione: San Massimiliano al campo di Auschwitz.
La rappresentazione si situa nel contesto storico della Polonia, occupata dai nazisti, che avevano creato numerosi campi di concentramento, tra cui quello di Auschwitz, dove era stato internato lo stesso Padre Kolbe, considerato pericoloso avversario del regime. Nel luglio 1941 P. Massimiliano Kolbe, era stato spogliato del suo amato saio e vestito con una camicia a strisce bianche e nere, considerato non più come persona ma come numero: 16670. Ecco ora la vicenda del martirio: in seguito alla fuga di un uomo dal campo di concentramento di Auschwitz, i nazisti fecero scattare la rappresaglia che consisteva nell’uccisione di dieci prigionieri da sacrificare al posto del fuggitivo. Nel campo subentrò ovviamente il panico. Tutti si chieserò a chi dovesse spettare. Tutti gli internati del blocco 14 del campo erano stati schierati nel cortile fino a nuovo ordine, compresi coloro appena tornati dal lavoro a quattro kilometri dal campo (Babice). La scelta dei dieci che dovevano morire spettava al Lagherfurer Hoss, che puntò il dito sui candidati alla morte tra i prigionieri schierati. Tra i scelti c’era anche un ex combattente di nome Francesco Gajowniczek, uomo sposato con due figli. A Francesco gli prese lo sconforto: non voleva finire così la sua vita senza rivedere i suoi cari. Ecco che a un tratto uscì dalle file un uomo, Padre Massimiliano (per un’azione del genere le guardie avrebbero potuto ammazzarlo a bruciapelo, ma non lo fecero) supplicando le guardie affinchè potesse prendere il posto del padre di famiglia. Le guardie non tentennarono molto e accettarono la proposta. Francesco era salvo e Massimiliano condannato al suo posto. I prigionieri scelti vennero quindi condotti nel bunker sotterraneo numero 11, dove resteranno a morire di fame e di sete, spogliati di tutti i loro vestiti. Durante la permanenza nel bunker san Massimiliano e un tedesco di nome Tadeus, rimasti gli unici reduci dei dieci tutti nel mentre morti meditarono insieme su quella che è stata la loro vita.
Ecco da questo punto esatto parte la rappresentazione teatrale.
Si apre il sipario. Renzo Arato recita in chiave di monologo il dialogo tra i due, unico attore con doppio personaggio. La rappresentazione mette in risalto come san Massimiliano Kolbe tenterà e riuscirà di convincere Tadeus che l’Immacolata – ecco perché un ideale per la vita – può tutto e noi non possiamo nulla, come tutte le scelte dipendono esclusivamente dalla sua volontà. Per dimostrare questo a Tadeus, Massimiliano dovrà ricorrere a episodi della sua vita, realmente accaduti in diversi momenti, dove la sua Mammina celeste ha giocato un ruolo dominante e decisivo, senza la quale non avrebbe mai potuto realizzare tutta la sua opera missionaria, editoriale e carismatica. Ad esempio gli racconta del suo incontro con l’Immacolata e l’offerta delle due corone, bianca e rossa, purezza e martirio; l’episodio dell’arrivo della mamma in seminario a Leopoli proprio nel momento in cui Massimiliano e il fratello stavano recandosi dal padre provinciale per rinunciare alla “carriera” religiosa; la bustina di 500 marchi trovata nell’altare per saldare il debito dei primissimi due numeri della sua neonata rivista “Cavaliere dell’immacolata”, etc.
Anche i toni di voce che Renzo Arato ha utilizzato, hanno mostrato una differenza notevole di carattere dei due personaggi: Massimiliano sempre calmo con una pace dentro di se anche nei momenti di disgrazia, di difficoltà, di tragedia. Lui stesso aveva detto pochi istanti prima della sua partenza da Niepokalanow “anche il campo di concentramento è una missione dataci dall’Immacolata e come tale la vivremo”. Si pensi inoltre come nella cella del blocco 11, invece di pianti e rumore di gente affranta si sentivano cori angelici. Le stesse SS che li sentivano pensarono di Padre Kolbe: “ questo è un uomo fuori dal comune”.
Invece non possiamo dire lo stesso per il tedesco Tadeus: l’attore lo ha interpretato come un personaggio diffidente, duro, irascibile, che agli inizi del racconti di Massimiliano si mostra incredulo, ma, pian piano, viene conquistato alla riconoscenza e alla fiducia verso l’Immacolata. Questa è stata una delle caratteristiche principali di Padre Kolbe: riuscire a far accettare il dogma dell’immacolata anche a coloro che non credono. Bastava il solo sguardo, la sua serenità e le sue parole per far si che tutti cambiassero idea, pendendo dalle sue labbra. Lo spettacolo si conclude con la scena più commovente di tutta la vita di Kolbe. Riportiamo le parole interpretate da Arato e scritte da P. Monzani: “Tadeus stiamo per andare in paradiso. Dammi la mano e stringi forte. Li senti questi passi, sono le guardie che arrivano da noi per aiutarci ad andare in paradiso,aiutiamoli”. Ecco che il nostro attore si alza la manica sinistra, porge il braccio, e mostrando dolore per la puntura di fenolo, potente veleno che gli era stato iniettato, cade in terra e muore. Perfetta riproduzione di quanto è avvenuto il 14 agosto del 1941, memoria del martirio di san Massimiliano Kolbe.
(a cura di Claudio Castaldi)
Approfondimenti - http://www.miliziaimmacolata.org/ - http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=bsshNUFDS_s#!

 

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