IMPEGNATI PER IL SI

SIIl 17 Aprile voterò SI
di Franco Meloni*

Anche se sembrano distanti secoli, pochi anni fa ho attraversato un periodo di razionale ottimismo. La Sardegna assumeva un ruolo nuovo nella stanca e mal definita geografia della politica europea. Come sollevati sulle spalle di giganti, guardavamo la realtà con gli occhi di chi voleva e poteva cambiarla. Dall’alto delle torri, le nostre basiliche, ci vedevamo protagonisti e propositori di scelte che, e non era un battito d’ali di lievi farfalle, potevano riguardare un orizzonte lontano.

Sicuramente più di dodici miglia. Discutevamo su regole per fare le scelte giuste, e quindi durevoli nel tempo, pensando a chi sarebbe arrivato dopo. E sapevamo che gli errori si sarebbero pagati, con tragici interessi. Ci sentivamo partecipi di umanità lontane, se la distanza ha ancora senso, e la campana suonava vicino a noi. Si discuteva di energia. E si metteva a confronto quella ottenuta disgregando atomi e quella che utilizzava forze antiche che guardavano il Sole e il Vento, o le Maree o quelle che potevano essere usate per diminuire il peso della fatica. Il petrolio era ignorato.

Come Fisico* ho mille ragioni per non metterlo tra le fonti utilizzabili. Prima tra queste il tipo di motore che lo usa. Sporco, inquinante, alienante, pericoloso e poco efficace. In sintesi: abbondantemente superato. Seconda: la complessità politica del suo utilizzo. Troppe guerre si sono fatte per averne il controllo e troppo dolore è costata la sua conquista. Ci ha terrorizzato quando il prezzo superava i cento dollari e ora ci crea inspiegabile affanno – ma si sa, l’economia è una scienza triste e mal definita – il suo essere troppo a buon mercato, se mi si passa questo termine volgare.

Se abbiamo bisogno di una grande e impegnativa sfida per utilizzare al meglio il dono di Prometeo, cerchiamo di controllare il fuoco che fa ardere le stelle. Abbiamo capito da pochissimi anni il perché non sono fori nel cielo e siamo riusciti per ora, purtroppo, solo e riprodurre il processo distruttivo. Da piccolo, raramente, al mare mi sporcavo di nero vischioso e quasi indelebile. Qualche petroliera che non aveva ripassato i codici di buon rapporto con il Dio Mare lavava cisterne maleodoranti rilasciando grumi di petrolio. Il rimedio era semplice: batuffolo di cotone con olio, anche non extravergine.

Ora si può fare un’operazione analoga. Scaviamo fossi con trivelle di dimensioni umane per piantare olivi e magari qualche vigna. I mandorli in fiore sono tra le immagini più belle in campagna. E la cosa ci riguarderebbe sicuramente mantenendoci in pace con le generazioni future.

PS. Se non fossi stato chiaro, il 17 Aprile voterò SI.
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By sardegnasoprattutto/ 10 aprile 2016/ Città & Campagna/
Unica-aula-magna-Prometeo-Figari
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Per Pigliaru solo l’allineamento è ragionevole
11 Aprile 2016

democraziaoggi loghettodi Amsicora su Democraziaoggi

Per Pigliaru tutto ciò che è conservatore, accentratore, governativo è ragionevole, tutto ciò che si muove, che contrasta il governo, che è finanche moderatamente autonomista, è inutile e precipitoso. Pensa che basti il fair play, le buone maniere, il professato rispetto delle opinioni altrui, per giustificare l’allineamento proprio. Ora e sempre allineamento, vien da dire se di mezzo c’è Pigliaru e c’è Renzi. Questa la weltanschauung, la chiave di tutta la politica del buon Francesco nostrano.
Possibile che Pigliaru non capisca quello che tutti capiamo, e cioè che il referendum NO-Triv ha – come tutte le consultazione popolari – una valenza duplice: il suo effetto giuridico stretto e il suo valore di atto d’indirizzo, che non è solo un fatto simbolico, anche se i simboli hanno un senso talora più grande delle cose reali. Cio che conta è - come dice Asor Rosa - la vera posta in gioco.
Ciò che è buffo è che il presidente pretende di interpretare anche il pensiero altrui. E così chi vota Sì al referendum del 17, ossia è contro le trivelle, … “non è contro le trivelle” ma vuole “una cosa infinitamente più piccola“, e cioè vuole solo che i pochi impianti esistenti non possano “continuare a produrre fino a esaurimento dei giacimenti“. E se il governo, forte di un esito negativo del referendum, ne proponesse l’estensione? Il Prof. ci dà la sua ragionevole posizione, nel rispetto delle posizioni di tutti, s’intende: l’importante è che “nessun impianto sia localizzato nelle acque sarde“. Del rimanente mare nostrum chi se ne… E poi, la Sardegna è in una botte di ferro, succeda quel che succeda alle altre Regioni, traquilli, “la Sardegna non è mai stata a rischio perché nella legge in questione è stata introdotta una norma di salvaguardia per le regioni a statuto speciale“.
Pigliaru così anticipa anche il suo voto al referendum costituzionale: le manomissioni della Carta in chiave autocratica e centralista vanno approvate, ci suggerisce anticipatamente il Prof. (rispettando, sia ben chiaro, le nostre opinioni), perché la modifica del titolo V della Costituzione riguarda solo le Regioni ordinarie. Che esse vengano private di competenze legislative per la potestà centrale di intromettersi in nome del sovrastante imperium statale, che l’interesse nazionale giustifichi l’annullamento unilaterale di ogni legge regionale, che in alcune materie, come energia, localizzazione rifiuti speciali ed altro, lo Stato possa decidere senza neppure consultare Regioni ed enti locali, poco importa; c’è un’Isola felice immune da tutti questi possibili mali. Questi sono e saranno solo altrui!
Per il serafico Francesco non conta neppure che la Sardegna, grazie al Consiglio regionale, sia tra le promotrici del referendum contro le trivelle. Allineamento sempre e comunque al trombettire di Pontassieve! Questa per Pigliaru è l’unica cosa che conta, l’unica ragionevole, la sola utile.
Certo si tratta di cose infinitamente più gravi, ma si parva licet componere magnis, se è lecito paragonare le cose piccole alle grandi, al Prof. possiamo ricordare la bella (e tragica) poesia di B. Brecht “Prima vennero…” sul ritenere inutile opporsi al male ai danni degli altri, in questo caso alle altre Regioni. Prima vengono fagocitate le regioni ordinarie, il giorno che toccherà alla Sardegna non ci sarà nessuno a protestare.
Sarà pura propaganda, ma perfino Capellacci, almeno a parole, è meglio. Il colmo per un Prof.!
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Sardegna. Nella ricerca di una nuova classe dirigente che abbia le antiche virtuose caratteristiche
lampada aladin micromicrodi Aladin (11 marzo 2016)
Giovanni Maria Angioy Memoriale 2«Malgrado la cattiva amministrazione, l’insufficienza della popolazione e tutti gli intralci che ostacolano l’agricoltura, il commercio e l’industria, la Sardegna abbonda di tutto ciò che è necessario per il nutrimento e la sussistenza dei suoi abitanti. Se la Sardegna in uno stato di languore, senza governo, senza industria, dopo diversi secoli di disastri, possiede così grandi risorse, bisogna concludere che ben amministrata sarebbe uno degli stati più ricchi d’Europa, e che gli antichi non hanno avuto torto a rappresentarcela come un paese celebre per la sua grandezza, per la sua popolazione e per l’abbondanza della sua produzione.»
In un recente convegno sulle tematiche dello sviluppo della Sardegna, un relatore, al termine del suo intervento, ha proiettato una slide con la frase sopra riportata, chiedendo al pubblico (oltre duecento persone, età media intorno ai 40/50 anni, appartenente al modo delle professioni e dell’economia urbana) chi ne fosse l’autore, svelandone solo la qualificazione: “Si tratta di un personaggio politico”. Silenzio dei presenti, rotto solo da una voce: “Mario Melis?”. No, risponde il relatore. Ulteriore silenzio. Poi un’altra voce, forse della sola persona tra i presenti in grado di rispondere con esattezza: “Giovanni Maria Angioy”. Ebbene sì, proprio lui, il patriota sardo vissuto tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento, (morto esule e in miseria a Parigi, precisamente il 22 febbraio 1808), nella fase della sua vita in cui inutilmente chiese alla Francia di occupare militarmente la Sardegna, che, secondo i suoi auspici, avrebbe dovuto godere dell’indipendenza, sia pur sotto il protettorato francese (1).
Mario Melis 1E’ significativo che l’unico uomo politico contemporaneo individuato come possibile autore di una così bella frase, decisamente critica nei confronti della classe dirigente dell’Isola (e quindi autocritica) e tuttavia colma di sviluppi positivi nella misura in cui si potesse superare tale pesante criticità, sia stato Mario Melis,, leader politico sardista di lungo corso, il quale fu anche presidente della Regione a capo di una compagine di centro-sinistra nel 1982 e di nuovo dal 1984 al 1989. Evidentemente la sua figura di statista resiste positivamente nel ricordo di molti sardi. E questo è bene perché Mario Melis tuttora rappresenta un buon esempio per le caratteristiche che deve possedere un personaggio politico nei posti guida della nostra Regione: onestà, competenza (più politica che tecnica), senso delle Istituzioni, passione e impegno per i diritti del popolo sardo. Caratteristiche che deve possedere non solo il vertice politico, ma ciascuno dei rappresentanti del popolo nelle Istituzioni. Aggiungerei che tali caratteristiche dovrebbero essere comuni a tutti gli esponenti della classe dirigente nella sua accezione più ampia, che insieme con la classe politica comprende quella del mondo del lavoro e dell’impresa, così come della società civile e religiosa.
Oggi al riguardo non siamo messi proprio bene. Dobbiamo provvedere. Come? Procedendo al rinnovo dell’attuale classe dirigente in tutti i settori della vita sociale, dando spazio appunto all’onestà, alla capacità tecnica e politica, al senso delle organizzazioni che si rappresentano, alla passione e all’impegno rispetto alle missioni da compiere.
Compito arduo ma imprescindibile.

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(1) Sappiamo come andò a finire la storia: i francesi si guardarono bene dall’intervenire, perlomeno in Sardegna – contrariamente a quanto fecero in Piemonte – per la quale tennero fede all’Armistizio di Cherasco (28 aprile 1796) e al successivo Trattato di Parigi (15 maggio 1796) che, sia pure con termini pesantissimi per i sabaudi, consentì loro di mantenere costantemente e definitivamente il potere sull’Isola.

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