Is Mirrionis è anche questo!

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La Scuola Popolare dei Lavoratori di Is Mirrionis
Negli anni ’70 funzionò a Is Mirrionis la “Scuola Popolare dei Lavoratori di Is Mirrionis”, che ha consentito a centinaia di lavoratori del quartiere e del resto della città di acquisire una seria preparazione culturale, conseguendo -in alcuni casi- il titolo di licenza elementare e –nel maggior numero di casi- di media inferiore. Tale circostanza ha consentito a molti lavoratori migliori prospettive di lavoro e, spesso, il proseguimento di ulteriori percorsi formativi. Questa esperienza, condotta da un gruppo di universitari e di laureati, che si poneva nella scia degli insegnamenti di don Lorenzo Milani, pensatore cattolico e animatore della Scuola Popolare di Barbiana, ha costituito un grande esempio di solidarietà sociale e di pratica di riscatto culturale dei ceti popolari che oggi sembra importante ricordare, valorizzare, riproporre nei suoi elementi fondanti di solidarietà e impegno sociale e culturale.
Libro SP Is Mirrionis caSu questa esperienza è stato “costruito” un libro che in questi giorni viene presentato in città e in Sardegna. Per gentile concessione dell’Editore La Collina di seguito riproduciamo la presentazione, a cura di Michela Caria e Laura Stochino per L’Associazione A. Gramsci Cagliari.
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Una Scuola Popolare per l’oggi
di Michela Caria e Laura Stochino
riprendiamoci la scuola popolare giu15
Il 25 Settembre 2014 presso la sede dell’Associazione Antonio Gramsci Cagliari in via Doberdò 101 è stata inaugurata la Biblioteca popolare L’albero del Riccio. In un’assemblea partecipata e alla presenza di tanti compagni, amici e rappresentanti delle istituzioni, nel quartiere di Is Mirrionis è stato aperto un presidio di cultura e partecipazione. Durante quel momento di incontro e di confronto con il quartiere, grazie all’intervento di Franco Meloni e Ottavio Olita, è stata raccontata la storia della Scuola popolare dei lavoratori di Is Mirrionis. La maggior parte degli under 40 presenti all’assemblea non conosceva quell’esperienza che negli anni ’70 ha visto un gruppo di donne e di uomini deciso di mettere le proprio energie, il proprio tempo e il proprio entusiasmo al servizio della cittadinanza.
Abbiamo pensato che fosse necessario recuperare il patrimonio storico che quell’esperienza ha costituito e l’insegnamento che ancora oggi può mandare alle nuove generazioni che continuano a nutrire la stessa voglia di provare a cambiare il mondo. Per questo è iniziato un lavoro di incontro, discussione e studio, volto alla realizzazione del presente testo che per noi costituisce un punto di partenza. Partire dalla memoria di ciò che è stato, è il primo passo per proseguire un cammino, iniziato da altri di cui, anche solo in modo virtuale, vorremo essere eredi speriamo non troppo immeritevoli.

Il quartiere oggi.

Dagli anni della lotta per le ‘150 ore’ sono ormai passati quarant’anni, per molti aspetti il quartiere (compreso l’allungamento in via San Michele) è cambiato. Negli anni alle nuove residenzialità popolari come ‘via Castelli’ e ‘via Premuda’ si è aggiunta la presenza degli studenti ‘fuori sede’ e l’emigrazione dalla zone interne dell’Isola non è mai cessata. Un quartiere che rimane popolare, ma periferico e che sconta ancora le debolezze e le fragilità di tutte le zone marginalizzate delle città.
Proprio nei mesi in cui è iniziato il progetto del libro sulla Scuola Popolare, il quartiere di Is Mirrionis è stato al centro dell’attenzione della stampa principalmente a causa dei blitz della polizia contro lo spaccio di droga e per il problema delle case occupate.

Gli anni della crisi hanno coinciso con l’intensificarsi delle attività malavitose; negli ultimi due anni Is Mirrionis viene rappresentato come lo snodo cruciale dello spaccio di stupefacenti, con un’organizzazione criminale con tanto di boss, giovani stipendiati in qualità di vedette, pali e pusher e un giro di affari per milioni di euro.
Il problema dello spaccio è strettamente connesso a quello degli alloggi popolari, infatti le case “parcheggio” di via Timavo sono la base operativa in cui custodire gli stupefacenti, i proventi del loro commercio e dove si appostano le vedette e i pali. La situazione è talmente degenerata che alcuni appartamenti restano vuoti perché i beneficiari dell’alloggio preferiscono non andare ad abitare in quei palazzi dove è molto difficile vivere a stretto contatto con chi ha fatto dell’illecito la sua principale fonte di guadagno.

L’unica risposta che lo Stato riesce a fornire al dilagare del fenomeno è quella inefficace della repressione e della riduzione del problema a questione di ordine pubblico.

Per quanto questi episodi siano circoscritti, sono una spia del disagio profondo che il quartiere di Is Mirrionis continua a vivere. Ai ritardi storici si somma l’attuale contingenza di difficoltà dovuta alla congiuntura economica e la carenza di politiche nazionali e locali volte ad eliminare il gap esistente tra centro e periferie.
I dati sulla disoccupazione sono preoccupanti: solo il 30% dei residenti ha un’occupazione stabile e in particolare è il lavoro femminile a latitare. Tale indicatore conferma il disagio sociale ed economico del quartiere ed individua una comunità in cui sono presenti fasce di povertà materiale, culturale, di prospettiva, di diritti di cittadinanza.
Eppure Is Mirrionis (con San Michele) è uno dei quartiere più popolosi di Cagliari, in cui convivono diverse fasce di popolazione con esigenze, substrato economico e culturale profondamente differenti. La Circoscrizione n° 3 (Mulinu Becciu-Is Mirrionis) accoglie 27.000 abitanti circa il 17% dei cittadini di Cagliari, benché il quartiere, in linea con i dati del resto della città, continui a perdere residenti, si registra, come si accennava prima, una popolazione variegata al cui interno convivono lavoratori, studenti fuori sede e un numero sempre maggiore di immigrati (circa il 10 % dei residenti stranieri dell’intere area cittadina).

Come risulta evidente dalle interviste rilasciate sia dagli studenti che dagli insegnanti, quella della scuola popolare è stata un’esperienza cruciale che ha profondamente cambiato la loro visione del mondo, l’approccio con la realtà ed è riuscita a concretizzare le speranze e i sogni dei protagonisti.
Negli anni ’70 il titolo di studio offriva un immediato miglioramento delle condizioni materiali e quindi della vita di decine di uomini e donne. La fiducia e l’entusiasmo che si evincono dalla viva voce dei protagonisti affascinano anche a distanza di 40 anni e offrono spunti di riflessione e interrogativi che possono indicare una strada anche per il nostro presente.
Benché le condizioni storiche siano profondamente cambiate resta fermo un principio: la scuola e più in generale l’istruzione è ancora oggi un ascensore sociale. Ossia è vero che l’innalzamento del livello culturale garantisce diritti di cittadinanza e partecipazione attiva alla vita democratica. È vero anche che da quell’esperienza di militanza si sono fatti diversi passi avanti nella conquista e applicazione del diritto all’istruzione per tutte e tutti. Basterebbe citare la storia degli insediamenti scolastici proprio in questo quartiere. A partire dagli anni Ottanta sono diversi i nuovi edifici scolastici: la scuola Alagon in via Premuda (oggi in parte in via Redipuglia), la scuola elementare ‘Emilio Lussu’ in via Flumentepido, la scuola media di via Bligny e di via Meilogu, le scuole dell’infanzia di via Brianza e via Castagnevizza; presenze importanti che hanno abbattuto i numeri sulla dispersione e hanno modificato le prospettive degli abitanti dell’intera zona in un trend positivo rispetto ai dati di partenza.
Oggi nonostante il diritto all’istruzione sia assicurato, non solo a livello nazionale, ma con particolare enfasi a livello europeo, la nostra Regione si attesta come fanalino di coda per quanto riguarda gli standard di conoscenze e competenze nelle abilità di base e negli obiettivi chiave dell’Unione Europea. In particolare il nostro quartiere è quello con il maggior numero di abbandoni e dispersione della città di Cagliari dal 2014.
A questo dato corrispondono degli interventi i cui risultati dovranno verificarsi nei prossimi anni, ma che a nostro avviso rischia di compromettere ulteriormente la situazione, infatti l’invecchiamento della popolazione e la politica dei dimensionamenti scolastici ha fortemente compromesso la sopravvivenza capillare dell’istituzione scolastica (in particolare quella dell’obbligo). La tendenza già in atto è quella di accorpare tutti gli edifici in un’unica autonomia che copra i quartieri periferici di Is Mirrionis e Mulinu Becciu. A tale processo si accompagna un paradosso, infatti da un lato si prevedono ingenti quantità di denaro per mettere in piedi un ‘campus’ territoriale (linea d’intervento finanziata dall’Unione Europea) dall’altra si svuotano edifici scolastici di recente costruzione o ristrutturazione senza valutare alternative di utilizzo in campi attinenti la loro natura originale.
Negli anni abbiamo assistito all’occupazione di questi luoghi o alla loro riconversione in casa di abitazione, come se le politiche abitative potessero essere risolte a discapito dei necessari luoghi di formazione e cultura.

Ma non è la scuola l’unico settore in cui si paga il prezzo altissimo delle politiche economiche del presente, un discorso a parte meriterebbero i servizi sociali legati all’infanzia, alla terza età e alla maternità. È sufficiente affermare, in questo contesto, che negli anni alla loro riduzione è corrisposta una delega ai privati, basata sul ribasso degli appalti e sulla precarizzazione dei lavoratori occupati in questo settore. Sono passati 40 anni da quando la scuola popolare ha chiuso i battenti; nel frattempo sono state istituzionalizzate le 150 ore per il diritto allo studio ed è venuta a mancare il motivo principale della scuola. Oggi ci dobbiamo chiedere quale eredità vogliamo cogliere da quell’esperienza?

Una scuola popolare per l’oggi.

È evidente che il contesto attuale sia completamente mutato, la storia della scuola italiana dal secondo dopoguerra in poi è andata di pari passo con i modi di produzione e con le conquiste portate avanti dal movimento operaio. Un processo egemonico che è perdurato sino agli anni Novanta e ha portato grandi risultati in termini di cultura e di cittadinanza. Dalla ‘scuola media unica’ alle ‘150 ore’, un lungo percorso che ha dato agibilità ad un diritto per bambini, adolescenti e adulti in un contesto di progresso e democratizzazione che ha coinvolto i lavoratori e le lavoratrici di tutta Italia.
Si tratta di capire se oggi è ancora possibile pensare e agire con le categorie e gli obiettivi che allora mossero i promotori e attivisti della scuola popolare.
Come ha spiegato bene Claudio Pilleri nella sua tesi di laurea dedicata alla scuola popolare, i giovani che misero in campo queste attività non erano un’eccezione, in Sardegna e in Italia esistevano diverse esperienze che si proponevano lo stesso obiettivo, in questo caso specifico la formazione cattolica era accompagnata da una coscienza politica che si richiamava a Marx e a Gramsci. La società era letta in chiave marxista e la proposta educativa ricalcava la convinzione gramsciana di un’istruzione che coniugasse la cultura umanistica e quella tecnica. La scuola si arricchiva dei metodi messi a punto da Lorenzo Milani nella comunità di Barbiana: la parola e dunque la lingua come strumento di liberazione.
I lavoratori che si avvicinavano, anche se meno consapevoli politicamente, comprendevano appieno l’importanza dello studio e della sua funzione emancipatrice. Anche loro erano inseriti all’interno di quel panorama di cambiamento e modernizzazione che permetteva la legittimazione di esperienze forti e militanti come la scuola popolare dei lavoratori.
Se dunque quelli erano anni di speranze e di partecipazione, quelli che viviamo oggi sono contrassegnati dall’involuzione culturale e democratica. L’attuale legislazione scolastica (anche quella rivolta agli adulti) ricalca in pieno l’arresto di quel processo egemonico da parte delle classi subalterne. Le ultime riforme e i tagli alla spesa hanno indebolito l’offerta formativa e modificato profondamente gli obiettivi educativi. Da una scuola che tentava di abbandonare il nozionismo per insegnare ad imparare si è passati ad una scuola di ‘competenze’. Lo stesso destino è toccato alle altre agenzie formative che avevano avuto un importante ruolo nelle conquiste degli ‘anni ruggenti’ come i partiti, i sindacati e l’associazionismo democratico. Ecco perché a coloro che ci leggono potrebbe sembrare nostalgica la scelta di sostenere e promuovere come associazione culturale questo libro. Noi pensiamo invece che quella della scuola popolare dei lavoratori di Is Mirrionis sia una storia da raccontare e da riproporre, sicuramente con modalità diverse, ma mantenendo saldo lo stesso principio di fondo: creare le condizione soggettive per la costruzione di una società giusta e democratica.
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Lo stabile in cui si svolgevano le lezioni è oggi un rudere. Un blocco di cemento al centro di una piazza, inutilizzabile ed inutilizzato. Contestualmente alla redazione del libro è partita un’azione volta al recupero dello stabile e all’intitolazione della piazza, prospiciente l’edificio, alla scuola popolare dei lavoratori di Is Mirrionis. Purtroppo la mozione non è stata presentata in Consiglio Comunale perché sullo stabile (oggi in carico ad AREA) sarebbe già pronto un progetto volto alla realizzazione di appartamenti di edilizia popolare per i disabili.

Come Associazione Antonio Gramsci abbiamo più volte chiesto che l’edificio non fosse convertito in alloggi, non perché contrari al diritto alla casa, ma perché riteniamo che sia fondamentale recuperare lo stabile e restituirlo agli abitanti di Is Mirrionis e di Cagliari nella sua funzione originaria.
Siamo consapevoli del fatto che non è nella fondazione di un ‘centro culturale’ fine a se stesso che si rimette in moto un processo ormai interrotto, siamo però convinti che non siano venute meno le diseguaglianze che mossero i protagonisti di questo libro. L’educazione (nelle sue varie forme), l’associazionismo sono ancora uno degli strumenti politici più validi.
Per noi tale conferma arriva dalla biblioteca popolare, che a poco più di un anno dall’apertura, è diventata una piccola realtà operativa e riconosciuta come presidio culturale con i suoi 4000 testi, gli oltre cento iscritti e le decine di prestiti operati nel frattempo. I fruitori sono in maggioranza persone che nel quartiere vivono e operano: dalle casalinghe agli studenti universitari fuori sede ai diversi immigrati che frequentano corsi di inserimento e apprendimento in una vicina Scuola Statale. Siamo consapevoli che sia ancora poco, una goccia che scalfisce la roccia, ma continuiamo a percorrere questa strada, insieme alle altre realtà associative presenti nel territorio.

Il lavoro sociale, politico e culturale da fare è tanto, ma goccia dopo goccia anche la pietra più dura cederà e noi non ci stancheremo di essere una delle gocce!

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Scuola Popolare al Gramsci 9 12 16

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