Molti giovani vanno via dalla Sardegna “perché si sta affievolendo il loro senso di appartenenza ad una Comunità sempre meno inclusiva e tale da non essere più capace di attrarli e mantenerli nel proprio ambito e territorio “

LAVOROdi Giacomo Meloni, Segretario nazionale della Confederazione Sindacale Sarda (CSS).
La mia riflessione all’incontro col Vescovo del 10 dicembre 2017.
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La CSS è da tempo impegnata a studiare il fenomeno della disoccupazione giovanile con particolare riguardo alla Sardegna.
I dati socio-economici sono drammatici, ma non sono esaustivi del fenomeno che li sottende.
Gli studi sociologici ed antropologici comparati mettono in evidenza il fatto che i nostri giovani sono in maggioranza abbandonati a sè
stessi e si sentono trascurati a tal punto da percepire la loro presenza come inutile in questa nostra società perché in gran parte esclusi da qualsiasi progettualità e programmi che ne richiederebbero il loro coinvolgimento. - segue –
Le Autorità politiche a livello regionale e territoriale mettono in evidenza il dato economico, la mancanza di lavoro, lo stesso grave dato dei giovani che non ricercano più il posto di lavoro in quanto “scoraggiati” e quasi ombre di sé stessi; ma nulla fanno per evitare che questi giovani spariscano nell’anonimato, se non rilevarli come puro dato statistico nell’indice pauroso di dispersione scolastica e nel dato della povertà relativa dove moltissimi giovani sono precipitati anch’essi in coda alle mense della Caritas.
Abbiamo voluto approfondire il fenomeno e ci siamo accorti che sicuramente nella fascia dei giovani con scolarizzazione medio–alta la “fuga” all’estero dei nostri giovani non è solo un fatto economico di mancanza di posti di lavoro, di bassi salari e di assoluta assenza di prospettiva. Molti giovani ci hanno risposto che vanno via dalla Sardegna perché si sta affievolendo il loro senso di appartenenza ad una Comunità sempre meno inclusiva e tale da non essere più capace di attrarli e mantenerli nel proprio ambito e territorio: manca un progetto a cui siano chiamati a collaborare come protagonisti anche con poche risorse economiche.
Una delle piaghe della nostra società sarda è l’assistenzialismo che da intervento necessario in determinate condizioni di urgenza e drammaticità ha finito per diventare misura permanente e di lungo periodo, debilitando fortemente la spinta per uscire dall’emergenza.
In Sardegna l’assistenzialismo copre in gran parte la sfera ampia della mancanza del lavoro e gli stessi imprenditori, forze politiche e purtroppo sindacali finiscono per gestire solo ed esclusivamente queste ingenti risorse finanziarie per amortizzare centinaia di migliaia di persone che vivono solo in funzione di esse. La prova provata è che le stesse lotte sindacali in questi ultimi anni sono a sostegno di chi sta per perdere i sussidi o chi aspira ad averli. Mi sono chiesto con quale spirito un giovane che, alzandosi presto la mattina va a lavorare per 8 ore con una paga di 600/800 euro con l’incubo della precarietà, può accettare che ci sia una società intorno a lui che, senza lavorare, prende più di lui e gode di maggiori sicurezze.
L’assistenzialismo mette in competizione le generazioni e fa in modo che soprattutto i giovani non accettino questa situazione che siriverbera anche nella corsa all’impiego ed ai pochi posti di lavoro disponibili, dove la raccomandazione ha la stessa radice dell’assistenzialismo che rifugge sicuramente dal merito soprattutto nei concorsi pubblici dove prevale il clientelismo con cui i potenti di turno – non solo i politici – si assicurano voti e prebende.

C’è poi una visione del lavoro che, se distaccata dall’etica, non è più accettabile almeno in termini moderni di società matura. Su questo condivido e sottoscrivo ciò che Papa Francesco disse a Cagliari ai lavoratori riuniti nel Largo Carlo Felice. Ma soprattutto affidò al discorso scritto che consegnò ai Vescovi Sardi nella persona del loro Presidente:
“Un lavoro dignitoso per tutti. Una società aperta alla speranza non si chiude in se stessa, nella difesa degli interessi di pochi, ma guarda avanti nella prospettiva del bene comune. E ciò richiede da parte di tutti un forte senso di responsabilità. Non c’è speranza sociale senza un lavoro dignitoso per tutti. Per questo occorre »perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro o del suo mantenimento per tutti. (Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, 32)».
«Ho detto lavoro “dignitoso”, e lo sottolineo, perché purtroppo, specialmente quando c’è crisi e il bisogno è forte, aumenta il lavoro disumano, il lavoro-schiavo, il lavoro senza la giusta sicurezza, oppure senza il rispetto del creato, o senza rispetto del riposo, della festa e della famiglia, il lavorare di domenica quando non è necessario. Il lavoro dev’essere coniugato con la custodia del creato, perché questo venga preservato con responsabilità per le generazioni future. Il creato non è merce da sfruttare, ma dono da custodire. L’impegno ecologico stesso è occasione di nuova occupazione nei settori ad esso collegati, come l’energia, la prevenzione e l’abbattimento delle diverse forme di inquinamento, la vigilanza sugli incendi del patrimonio boschivo, e così via. Custodire il creato, custodire l’uomo con un lavoro dignitoso sia impegno di tutti! Ecologia… e anche ’ecologia umana’!».

Alla luce di questo insegnamento di Papa Francesco,mi chiedo se non sia giusto che i nostri giovani in Sardegna, crescano nella consapevolezza che non debbano lottare e ricercare un lavoro qualunque e alle condizioni e ricatti quali accettare lavori da schiavi, di distruttori del territorio, di inquinatoti, di costruttori di bombe, come se il loro futuro lavorativo non possa essere quello di costruttori di pace nel rispetto delle persone, dell’ambiente e del proprio territorio.

Giacomo Meloni
Segretario Generale della CSS

Cagliari, 10/12/2016

One Response to Molti giovani vanno via dalla Sardegna “perché si sta affievolendo il loro senso di appartenenza ad una Comunità sempre meno inclusiva e tale da non essere più capace di attrarli e mantenerli nel proprio ambito e territorio “

  1. […] Giacomo Meloni (segretario della Confederazione sindacale sarda) ha riferito una sua esperienza: «Ho chiesto ai giovani: ma perché scappate dalla Sardegna? Risposta: Perché ci sentiamo inutili, non siamo coinvolti, siamo fuori del cerchio». Franco Meloni ritiene ormai indispensabile una vera mobilitazione sul fronte scolastico «soprattutto perché se sparisce il lavoro scompaiono anche i giovani». Il mondo del lavoro – Efisio Perra (Coldiretti), Luca Murgianu (Confartigianato) – ha evidenziato potenzialità, soprattutto in agricoltura, e problemi di un mercato altalenante, dove il peso fiscale complica la vita delle imprese. La frontiera delle cooperative sociali aiuta (Adriano Picciau, Fondazione Centesimus annus), ma non risolve i problemi. […]

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