Qualche mese dopo la sua elezione Francesco è andato in Sardegna, ha incontrato i disoccupati, che in quella terra sono tanti, e, abbracciando uno di loro, ha detto una preghiera: «Signore Gesù dacci lavoro e insegnaci a lottare per esso». La parola «lotta» era una parola di sinistra, ma che da tempo la sinistra aveva dimenticato. In molti l’avevano diprezzata e calpestata o male utilizzata. Il papa con la sua autorevolezza quel valore gliel’ha restituito.

rocca-08-2018di Ritanna Armeni, su Rocca

Sorpresa, sgomento, nostalgia, soddisfazione: è difficile definire con precisione i sentimenti che papa Francesco suscita a sinistra.
È certo che le sue parole – da quelle iniziali il giorno della sua elezione a pontefice a quelle più recenti – vanno dirette, colpiscono nel segno, suscitano emozione anche nei non credenti, in quella fascia di popolo che si definisce laica o atea. L’ammirazione a sinistra per il Pontefice è un fatto così assodato che suscita perfino qualche volta ironia. «Sinistra clericale» viene chiamata quella che apprezza le sue parole, «Papa comunista» è definito talvolta con distacco o disillusione Papa Bergoglio. E il disappunto non manca nel sentimento di opposizione che parte del mondo cattolico e della Curia nutre nei confronti del papa «venuto da lontano», dal sud del mondo.

Eppure il legame sotterraneo rimane e si rafforza. E ogni incontro pubblico del pontefice, ogni suo discorso e ogni reazione ad esso lo conferma. Vale la pena, quindi, chiedersi di che cosa è fatto, perché esso, sia pure mai esplicitato, si sia così rafforzato e perché oggi il papa rappresenti un punto di riferimento forte e vitale anche per chi – per storia e tradizione – non fa riferimento alla Chiesa cattolica.
Dico subito, a rischio di apparire un po’ tranchant e di far saltare chi mi legge dalla sedia, che quello fra il pontefice e la sinistra è un legame politico.
Sia chiaro esso non ha nulla a che fare con quello che la Chiesa romana ha avuto dalla fine del potere temporale dei papi in poi con i politici italiani. Non ha nulla a che fare con la mediazione fra i cattolici e il Vaticano realizzata dalla Democrazia cristiana, quando persino i cambiamenti nelle alleanze di governo erano oggetto di trattativa fra le due sponde del Tevere. E non si pensi neppure al rapporto con la politica degli anni novanta, quando la Chiesa, con la fine della prima Repubblica, non ebbe più alcun partito di riferimento e capendo che non poteva delegare, costruì in nome dei suoi valori e dei suoi interessi un intervento nella politica italiana attraverso i «movimenti» e un nuovo vitale e spesso aggressivo associazionismo cattolico.
Il pontificato di Francesco ha segnato molti cambiamenti e, fra questi, un agire e ad una visione della Chiesa che non ritiene importante né un intervento né una interazione con la politica italiana. Non c’è niente di tradizionale e di già visto, quindi, in questo rapporto fra la sinistra e un pontefice che ha ben altre priorità rispetto all’intervento nella vita pubblica italiana. Francesco l’ha detto con la sua usuale chiarezza in un incontro di circa due anni fa. «Un cattolico – ha spiegato – deve e può fare politica, Paolo VI ha detto che è una delle forme più alte della carità perché cerca il bene comune. Ma non dobbiamo fondare un partito cattolico. La Chiesa – ha precisato – non è un partito politico, è la comunità dei cristiani che adora il Padre, va sulla strada del Figlio e riceve il dono dello Spirito Santo».

l’incontro
Su che cosa è avvenuto quindi l’incontro? E quando è cominciato? Qualche mese dopo la sua elezione Francesco è andato in Sardegna, ha incontrato i disoccupati, che in quella terra sono tanti, e, abbracciando uno di loro, ha detto una preghiera: «Signore Gesù dacci lavoro e insegnaci a lottare per esso». La parola «lotta» era una parola di sinistra, ma che da tempo la sinistra aveva dimenticato. In molti l’avevano diprezzata e calpestata o male utilizzata. Il papa con la sua autorevolezza quel valore gliel’ha restituito. E qui è avvenuto il primo emozionante incontro.
Gli appuntamenti sono poi continuati. E ad ognuno di questi gli uomini e le donne di sinistra si sono sentiti riconfortati. Le antiche parole della sua tradizione, usate da una grande autorità come il pontefice, riuscivano a zittire l’insopportabile cicaleccio spesso privo di senso dei palazzi della politica e potevano avere un senso. Poteva avere un significato di nuovo veritiero la parola «vergogna» quando invece che essere riferita all’avversario di turno sul ring di una vita pubblica che degenera sempre più spesso in insulto e in denigrazione, era usata, come aveva fatto il pontefice, di fronte ai morti annegati sui barconi nel Mediterraneo. Poteva diventare autentica e non strumentale la lotta alla corruzione se essa andava al fondo dell’animo del corrotto.
Ad una sinistra prudente, spaventata, spesso subalterna, che a fatica parlava di disagio sociale, di redditi che si riducevano, di emarginazione e che spesso preferiva chiudere gli occhi il pontefice ha mostrato gli «ultimi» e li ha indicati come il punto prioritario delle scelte politiche. - segue -
Riferimenti evangelici doverosi e ovvii nel capo della Chiesa cattolica? Certamente. Ma non solo. Le parole del pontefice ad ogni appuntamento si sono precisate e sono entrate a far parte di un contesto preciso, di un’analisi generale e chiara del mondo moderno in cui – ha detto nella recente visita alla città di Milano – «si specula sulla vita, sul lavoro, sulla famiglia, si specula sui poveri e sui migranti; si specula sui giovani e sul loro futuro. Tutto – ha proseguito Bergoglio – sembra ridursi in cifre lasciando che la vita quotidiana di tante famiglie si tinga di precarietà e di insicurezza. Mentre il dolore bussa a molte porte, mentre in tanti giovani cresce l’insoddisfazione per mancanza di reali opportunità e la speculazione abbonda ovunque». Francesco non ha timore di denunciare un mercato potente e oppressivo, una globalizzazione che ha colpito i più deboli, una supremazia del denaro che ha ucciso antichi valori e solidarietà. Non ha incertezza nel denunciare disoccupazione e precarietà. Né nel mettere in guardia contro i disastri ambientali: «Dio ci ha fatto dono di un giardino rigoglioso, ma lo stiamo trasformando in una distesa inquinata di macerie, deserti e sporcizia». Non ha paura di appellarsi al senso della comunità e della solidarietà e a lamentarne la scarsità. E di chiedere un mondo migliore in cui venga restituito un senso alle persone e alla loro vita.
La sinistra che molti di quei timori li ha nutriti, che si è spesso ritirata in una conformistica accettazione dell’esistente, che ha accettato il mercato e la supremazia dell’economia, ha guardato con sorpresa un pontefice che sapeva essere radicale nella denuncia sociale, appariva estraneo al linguaggio della politique politicienne, ma che alla politica riconosceva ancora un ruolo nobile e di cambiamento. L’incontro fra Francesco e la sinistra non ha nulla di strumentale e di falso. Esso è avvenuto in questi anni a partire da sentimenti, motivazioni e convinzioni profonde.
La sinistra parte da un sentimento di gratitudine. Al di là della contingenza del momento, delle difficoltà nelle quali si dibatte, le parole del pontefice hanno restituito un senso a molte delle sue antiche convinzioni, hanno indicato una strada, e l’hanno riconciliata con alcuni valori che parevano perduti.
Quanto al pontefice è davvero privo di senso vedere nelle sue affermazioni, anche le più audaci per un mondo di credenti legato ai «valori non negoziabili», una subalternità alla modernità, una soggezione ai desideri effimeri di un mondo fluido e incline a farsi dominare dai desideri. Alcune delle posizioni giudicate più scandalose di Bergoglio come quelle sugli omoses- suali («Chi sono io per giudicare?») o quella sui divorziati che possono accedere alla comunione fanno riferimento a convincimenti precisi, hanno un nucleo forte, una coerenza teologica.
Il pontefice con le sue parole e i suoi atti riapre la questione di Dio e propone il Dio della misercordia e dell’amore, dell’inclusione. «Se Francesco – dice Raniero La Valle nel suo bel libro Chi sono io, Francesco? – non ce la fa a presentarne un’immagine non sfigurata agli uomini e alle donne del nostro tempo e a quelli di domani, a far rinsavire le Potenze dalla follia della guerra, a rimettere al mondo l’immensa folla degli scarti degli schiavi e degli esclusi, a fare dei popoli non i dissipatori, ma i custodi dei beni del creato, non solo ci sarà un bene non conseguito, una speranza non realizzata, ma sarà una tragedia. Perché il mondo non può andare avanti così».
Come si può non essere d’accordo a sinistra?
Ritanna Armeni

POLITICA SOCIALE
Francesco e la sinistra
ROCCA 15 APRILE 2017
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E’ online Rocca n. 8 del 15 aprile 2017
rocca-08-2017
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Comunista a chi?
Santità, le sue riflessioni e denunce sull’iniquità del sistema economico mondiale, sul traffico di armi, sono anche scomode, toccano interessi molto forti. Alla vigilia di questo viaggio sono emerse considerazioni bizzarre: settori di società americana che chiedevano se il Papa fosse cattolico! Già alcuni parlavano di Papa comunista. Che cosa pensa di queste considerazioni?
«Un cardinale amico mi ha raccontato che è andata da lui una signora molto preoccupata, molto cattolica, un po’ rigida ma buona. E gli ha chiesto se era vero che nella Bibbia si parlava di un Anticristo. Lui ha spiegato che se ne parla nell’Apocalisse. Poi la signora ha chiesto se si parlava di un antipapa. Lui ha detto: perché mi fa questa domanda? E lei: io sono sicura che Francesco è l’antipapa. E perché? Perché non usa le scarpe rosse, è stata la risposta! I motivi di pensare se uno è comunista o non comunista…Vede, io sono certo che non ho detto una cosa in più rispetto a ciò che c’è nella Dottrina sociale della Chiesa. A proposito del mio intervento che ha teso la mano ai movimenti popolari, mi avevate chiesto: ma la Chiesa la seguirà? Ho risposto: sono io a seguire la Chiesa. E su questo credo di non sbagliare. Le cose si possono spiegare, forse qualcosa ha dato un’impressione un po’ più “sinistrina”, ma sarebbe un errore di interpretazione. La mia dottrina su tutto questo, l’enciclica «Laudato sì» e l’imperialismo economico e così via, è nell’insegnamento sociale della Chiesa. E se è necessario che io reciti il Credo, sono disposto a farlo…»
Da: Esplora il significato del termine: Papa Francesco negli Stati Uniti. “Comunista? Se volete recito il Credo”.

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