Contro la sentinella

nagasaki
logo76di Raniero La Valle

Come la sentinella di Isaia, la sentinella del profeta, il papa ripete il suo grido di allarme: badate, “siamo al limite”, se non raddrizzate le vostre vie una guerra nucleare può scoppiare anche per caso, per un incidente. Lo ha ripetuto nell’aereo che lo portava a un difficile viaggio in Cile e in Perù, e per l’occasione ha anche distribuito ai giornalisti una fotografia scattata a Nagasaki nel 1945, di un bambino che reca sulle spalle, per portarlo al crematorio, il fratellino morto grazie alla seconda bomba atomica americana sul Giappone, e accanto alla foto ha scritto: questi sono i frutti della guerra. Poi, sbarcato a Santiago, per prima cosa alla presidente Michelle Bachelet ha recato “il dono della pace” fondata sulla sinfonia delle differenze e sulla resistenza al “paradigma tecnocratico”.
Francesco è l’unico ormai che fa un discorso che si prenda cura del futuro. E lo fa con gesti che ne svelano il motivo: è l’amore per i bambini, per l’universo umano, l’amore per l’uomo che rischia di morire suicida sulla sua Terra. Per questo il mondo che non vuole essere distolto dai propri interessi, quale che ne sia il costo, ce l’ha con il papa; e l’avversa e lo perseguita in tutti i modi, anche nei momenti più difficili.
Difficile è questo viaggio in America Latina, non solo per i Mapuche, che hanno tutte le ragioni, da secoli, per avercela con la Chiesa, ma per i violenti e gli integralisti che hanno messo piccole bombe e appiccato piccoli incendi nelle chiese per protestare contro di lui. Ma è proprio vero che queste sono piccole bombe, bombe private, al paragone di quelle grandi, pubbliche, i cui frutti ci narrano le foto? Non è forse vero che, dietro, gli scenari, i moventi sono gli stessi?
Il viaggio del papa è difficile, anche perché va lì, ma passa sopra il suo Paese, non va in Argentina, dove un presidente eletto, Mauricio Macri, usa violenza contro il suo popolo, anche se una violenza diversa da quella degli ammiragli e dei colonnelli. E naturalmente c’è chi ne approfitta per sobillare anche una protesta di argentini contro il papa. E questi trovano una sponda a Roma, un’eco, o magari il contrario: l’eco sta lì e la gola sta qua. Fatto sta che il blog antipapista dell’Espresso, gestito da Sandro Magister, ha pubblicato un pamphlet anonimo, in spagnolo, di “un argentino credente cattolico romano” che accusa il papa di avere in questi cinque anni avviato un processo “de dilapidación, de deconstrucción” della Chiesa e dice che quello che per gli argentini poteva essere un privilegio e un’opportunità, che il papa cioè fosse un argentino, sarebbe diventato un peso e “una vergogna”.
Mai si era scesi fin qui nella lotta antipapista. E ciò sia detto perché si capisca la posta in gioco, e come debba essere vigilante la fede.
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ican-nobel2017-pacelogo76Cosa dice il “Nobel per la pace” 2017
SCEGLIETE LA VERITÀ PIUTTOSTO CHE IL TERRORE

Il discorso di Beatrice Fihn ad Oslo a nome dell’ICAN, premiata col Nobel per la riuscita campagna a favore del Trattato ONU che mette al bando l’atomica. Un appello alle Nazioni a scegliere la libertà, il disarmo, la legge, i diritti umani, la ragione, il senso, la logica, il senso comune, la saggezza, la fine delle armi nucleari

Il 10 dicembre 2017, l’ICAN ha ricevuto il Premio Nobel per la pace per l’opera volta alla stipulazione del Trattato per la proibizione delle armi nucleari. Quello che segue è il discorso tenuto da Beatrice Fihn, direttore esecutivo del network, nella cerimonia di consegna del Premio, la cui notizia è stata occultata dalle Televisioni e dai giornali italiani:

Vostre maestà, membri del Comitato Nobel norvegese,stimati ospiti,
oggi è un grande onore accettare il Premio Nobel per la Pace 2017 a nome delle migliaia di persone ispiratrici che hanno preso parte alla Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari (ICAN).
Insieme abbiamo portato la democrazia al disarmo e stiamo ridando forma alla legge internazionale.
Più di tutti ringraziamo umilmente il Comitato Nobel Norvegese per aver riconosciuto il nostro lavoro e aver dato impulso alla nostra cruciale causa.
Vogliamo dare riconoscimento a coloro che hanno donato così generosamente a questa campagna il loro tempo e le loro energie.
Vogliamo ringraziare i coraggiosi ministri degli esteri, i diplomatici, la Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa, i funzionari delle Nazioni Unite, gli accademici e gli esperti con i quali abbiamo collaborato per avanzare nel nostro obiettivo comune.
E ringraziamo tutti coloro che si impegnano per debellare dal mondo questa terribile minaccia.
In dozzine di luoghi intorno al mondo – dentro silos con missili sepolti nella nostra terra, su sottomarini che navigano attraverso i nostri oceani, e a bordo di aerei che volano in alto nei nostri cieli – si trovano 15.000 oggetti di distruzione dell’umanità.
Forse è l’enormità di questo fatto, forse è l’inimmaginabile scala delle conseguenze, che porta molti semplicemente ad accettare questa truce realtà, a continuare con le proprie vite quotidiane senza pensare ai folli strumenti che ci circondano.
Perchè è follia permettere a noi stessi di essere governati da queste armi. Molti dei critici di questo movimento insinuano che siamo noi quelli irrazionali, gli idealisti senza criterio di realtà. Quegli stati dotati di armi nucleari non molleranno mai le loro armi.
Ma noi rappresentiamo la sola scelta razionale. Rappresentiamo quelli che rifiutano di accettare le armi nucleari come ospiti fissi del nostro mondo, quelli che rifiutano di tenere il proprio destino legato a poche righe di un codice di lancio.
La nostra è la sola realtà possibile. L’alternativa è impensabile.
La storia delle armi nucleari avrà una fine, e dipende da noi quale sarà questa fine.
Sarà la fine delle armi nucleari, o sarà la nostra fine?
Una di queste cose accadrà.
L’unica via di azione razionale è quella di smettere di vivere nella condizione per cui la nostra distruzione reciproca dipende da un mero capriccio impulsivo.
Oggi io voglio parlare di tre cose: paura, libertà e futuro.
Per ammissione di coloro stessi che le posseggono, la reale utilità delle armi nucleari sta nella loro abilità nel provocare paura. Quando fanno riferimento al loro effetto “deterrente”, i sostenitori delle armi nucleari celebrano la paura come arma di guerra. Si gonfiano il petto dichiarandosi pronti a sterminare, in un lampo, innumerevoli migliaia di vite umane.
Il Premio Nobel William Faulkner, accettando il suo premio nel 1950, disse: “Rimane solo la questione di quando mi faranno saltare in aria”. Ma da allora, questa paura universale ha lasciato il posto a qualcosa di ancora più pericoloso: la negazione.
Andata è la paura dell’Armageddon in un istante, andato è l’equilibrio tra due blocchi che è stato utilizzato come giustificazione per la deterrenza, andati sono i rifugi dalle piogge radioattive.
Ma una cosa rimane: le migliaia e migliaia di testate nucleari che ci hanno riempiti di questa paura.
Il rischio per l’ uso delle armi nucleari è oggi anche maggiore che alla fine della guerra fredda. Ma a differenza della guerra fredda, oggi ci troviamo di fronte a molti più stati dotati di armi nucleari, a terroristi e a guerre cibernetiche. Tutto questo ci rende meno sicuri.
Imparare a vivere con la cieca accettazione di queste armi è stato il nostro grande errore seguente.
La paura è razionale. La minaccia è reale. Abbiamo evitato la guerra nucleare non grazie a una prudente leadership, ma per pura fortuna. Prima o poi, se non agiamo, la nostra fortuna si esaurirà.
Un momento di panico o di disattenzione, un commento frainteso o un ego ferito, potrebbero facilmente condurci all’inevitabile distruzione di intere città. Un’escalation militare calcolata potrebbe portare all’assassinio indiscriminato di massa di civili.
Se si utilizzasse solo una piccola parte delle armi nucleari odierne, fumo e fuliggine delle tempeste di fuoco si depositerebbero in alto nell’ atmosfera – raffreddando, oscurando e prosciugando la superficie terrestre per oltre un decennio.
Eliminerebbero le colture alimentari, mettendo a rischio per fame miliardi di persone.
Eppure continuiamo a vivere nella negazione di questa minaccia esistenziale.
Ma Faulkner nel suo discorso al Nobel ha anche lanciato una sfida a coloro che sono venuti dopo di lui. Solo in quanto voce dell’ umanità, ha detto, possiamo sconfiggere la paura, possiamo aiutare l’umanità a resistere.
Il compito di ICAN è di essere quella voce. La voce dell’umanità e delle leggi umanitarie; far sentire la propria voce per conto dei civili. Dare voce a quella prospettiva umanitaria è il modo in cui creeremo la fine della paura, la fine della negazione. E in definitiva, la fine delle armi nucleari.
Questo mi porta al secondo punto: la libertà.
Come hanno affermato su questo palco, nel 1985, i Medici Internazionali per la Prevenzione della guerra nucleare, la prima organizzazione in assoluto contro le armi nucleari a vincere questo premio:
“Noi medici dichiariamo l’indignazione del tenere in ostaggio il mondo intero. Protestiamo per l’oscenità morale in base alla quale ognuno di noi è continuamente minacciato dall’estinzione “.
Queste parole suonano ancora vere oggi, nel 2017.
Dobbiamo rivendicare la libertà di non vivere la nostra vita come ostaggi dell’imminente annientamento.
Gli uomini – non le donne! – hanno creato le armi nucleari per controllare altri, ma invece siamo noi ad essere controllati da queste.
Ci hanno fatto false promesse: che rendendo così impensabili le conseguenze dell’uso di queste armi, qualsiasi conflitto sarebbe risultato inattuabile; che ci avrebbe liberati dalla guerra.
Ma, lungi dall’impedire la guerra, queste armi ci hanno portato più volte sull’orlo del conflitto durante tutta la guerra fredda. E in questo secolo, queste armi continuano ad avvicinarci alla guerra e al conflitto.
In Iraq, Iran, Kashmir, Corea del Nord. La loro esistenza spinge altri a unirsi alla corsa nucleare. Non ci tengono al sicuro, causano conflitti.
Come lo stesso premio Nobel per la pace, Martin Luther King Jr, le ha definite da questo palco nel 1964, queste armi sono “sia genocide che suicide”.
Sono la pistola del folle puntata permanentemente alla nostra tempia. Queste armi avrebbero dovuto tenerci liberi, ma ci negano le nostre libertà.
E’ un affronto alla democrazia essere governati da queste armi. Ma sono solo armi. Sono solo strumenti. Così come sono state create dal contesto geopolitico, possono essere distrutte altrettanto facilmente collocandole in un contesto umanitario.
Questo è il compito che ICAN si è prefissata – e il terzo punto di cui vorrei parlare, il futuro.
Oggi ho l’onore di condividere questo palco con Setsuko Thurlow, che ha scelto come proposito della sua vita quello di portare il testimone dell’orrore della guerra nucleare.
Lei e gli hibakusha all’inizio della storia erano lì, e la nostra sfida collettiva è di assicurarci che siano testimoni anche della sua fine.
Loro rivivono quel doloroso passato, ancora e ancora, perché noi possiamo creare un futuro migliore.
Ci sono centinaia di organizzazioni che insieme, come ICAN, stanno compiendo grandi passi avanti verso quel futuro.
Ci sono migliaia di instancabili attivisti che ogni giorno, in tutto il mondo, lavorano per raccogliere questa sfida.
Ci sono milioni di persone in tutto il mondo che si sono alzate in piedi, spalla a spalla con quegli attivisti, per mostrare ad altre centinaia di milioni che un futuro diverso è davvero possibile.
Chi afferma che quel futuro non è possibile deve togliersi dal cammino di coloro che lo rendono una realtà.
Come culmine di questo sforzo popolare, attraverso l’azione della gente comune, quest’anno l’ipotetico è avanzato verso il reale con 122 nazioni che hanno negoziato e concluso un trattato ONU per proibire queste armi di distruzione di massa.
Il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari rappresenta il sentiero da seguire in un momento di grande crisi globale. È una luce in un periodo di buio.
E, più ancora, ci dà una scelta.
Una scelta tra due finali: la fine delle armi nucleari o la nostra fine.
Non è ingenuo credere nella prima possibilità. Non è irrazionale pensare che gli stati nucleari possano disarmarsi. Non è idealistico credere nella vita che supera la paura e la distruzione; è una necessità.
Siamo tutti di fronte a questa scelta. E faccio appello a tutte le nazioni perché aderiscano al Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari.
Stati Uniti, scegliete la libertà piuttosto che la paura.
Russia, scegliete il disarmo piuttosto che la distruzione.
Gran Bretagna, scegliete la regola della legge piuttosto che l’oppressione.
Francia, scegliete i diritti umani piuttosto che il terrore.
Cina, scegliete la ragione piuttosto che l’irrazionalità.
India, scegliete il senso piuttosto che il nonsenso.
Pakistan, scegliete la logica piuttosto che l’Armageddon.
Israele, scegliete il senso comune piuttosto che l’annientamento.
Corea del Nord, scegliete la saggezza piuttosto che la rovina.
Alle nazioni che credono di essere al riparo sotto l’ombrello delle armi nucleari, sarete complici della vostra stessa distruzione e della distruzione di altri in vostro nome?
A tutte le nazioni: scegliete la fine delle armi nucleari piuttosto che la nostra fine!
Questa è la scelta che il Trattato di Proibizione delle armi nucleari rappresenta. Unitevi a questo Trattato.
Noi cittadini viviamo sotto l’ombrello delle menzogne. Queste armi non ci tengono al sicuro, stanno contaminando la nostra terra e la nostra acqua, avvelenando i nostri corpi e tenendo in ostaggio il nostro diritto alla vita.
A tutti i cittadini del mondo: state con noi e chiedete ai vostri governi di schierarsi con l’umanità e di firmare questo trattato. Non ci fermeremo fino a quando tutti gli Stati non avranno aderito, dalla parte della ragione.
Oggi nessuna nazione si vanta di essere uno Stato dotato di armi chimiche.
Nessuna nazione sostiene che sia accettabile, in circostanze estreme, usare il gas nervino Sarin.
Nessuna nazione proclama il diritto di scatenare sul suo nemico la peste o la polio.
Questo perché sono state stabilite norme internazionali, le percezioni sono cambiate.
E ora, alla fine, abbiamo un’inequivocabile norma contro le armi nucleari.
Enormi passi avanti non cominciano mai con un accordo universale.
Con ogni nuovo firmatario e con il passare degli anni, questa nuova realtà prenderà piede.
Questa è la via da seguire. C’è un solo modo per impedire l’uso di armi nucleari: proibirle ed eliminarle.
Le armi nucleari, come le armi chimiche, le armi biologiche, le munizioni a grappolo e le mine antiuomo, ora sono illegali. La loro esistenza è immorale. La loro abolizione è nelle nostre mani.
La fine è inevitabile. Ma questa fine sarà la fine delle armi nucleari o la nostra fine? Dobbiamo sceglierne una.
Siamo un movimento per la razionalità. Per la democrazia. Per la libertà dalla paura.
Siamo attivisti di 468 organizzazioni che lavorano per salvaguardare il futuro, e rappresentiamo la maggioranza morale: i miliardi di persone che scelgono la vita anziché la morte, che insieme vedranno la fine delle armi nucleari.
Beatrice Fihn
(Traduzione dall’inglese di Matilde Mirabella)

One Response to Contro la sentinella

  1. […] Gli editoriali di Aladinews. di Raniero La Valle […]

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