Oggi lunedì 16 aprile 2018

lampada aladin micromicrodemocraziaoggisardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2img_4633Anpi logo nazimg_4939costat-logo-stef-p-c_2-2——————–Dibattiti&Commenti—————————
sardegna-statistiche-logo-sardLegge elettorale: i furbetti si stringono il capio al collo?
16 Aprile 2018
Andrea Pubusa, su Democraziaoggi.
——————————————————————
filippo-figari-sardegna-industre-2Una breve riflessione sulla crisi delle classi dirigenti isolane.
di Paolo Fadda, articolo ripreso da Fondazione Sardinia
[segue]

All’origine del forte declino in cui si trova oggi la Sardegna, che è innanzitutto economico ma anche strutturale, vi sarebbe, per diffusa opinione, l’inesperienza, l’impreparazione e l’insufficienza delle sue attuali classi dirigenti. Della politica innanzitutto, ma anche dell’impresa, della scuola, della stessa società civile nel suo complesso. Per molti, è un problema che riguarda diversi aspetti di quell’unico e pesante ostacolo che è l’abbandono del merito come metro di valutazione. E questo va dai percorsi di formazione alle stesse modalità di selezione, nel senso che si sono sempre più privilegiati i legami familistici, amicali, di cordata o di corrente. Tanto da avere aperto il campo alle lobby affaristiche, alle combine ed a quei meccanismi non trasparenti che premiano, troppo spesso, carriere personali, affari economici e decisioni politiche.

Le cause di queste devianze verrebbero attribuite principalmente ad una caduta verticale dei valori del nostro patrimonio culturale. O meglio, al fatto d’averli trasformati in semplice spettacolo, in vacua esibizione e in sterile presenza sui social, aspetti d’una futile estetizzazione della propria immagine pubblica.

Non vi è dubbio che questa caduta di livello abbia colpito assai più duramente la politica, il personale politico. Ci sono esempi illuminanti a conferma di questo declino, a partire dalle vacue discussioni in atto per la nuova legge urbanistica o per la geografia e le specialità dei presidi sanitari. Cartina di tornasole di un personale politico in cui, purtroppo, sembrerebbero prevalere l’incapacità e l’inettitudine non solo a decidere, ma anche a comprendere le questioni sul tappeto. Personaggi assai bravi nel questionare e nel procurarsi voti, quanto inetti nel programmare e decidere efficaci misure per lo sviluppo. Uno scadimento dovuto al fatto che si sarebbe formato un ordito fatto di soli interessi di bottega, indispensabili per conquistare consensi elettorali.

Individuarne le ragioni sarebbe quindi compito urgente da affrontare, in modo da porre fine ad un declino sempre più preoccupante. Alcune riguardano la stessa composizione della società isolana. Per via dei suoi eccessi di individualismo e di frammentazioni localistiche, delle sue manifestazioni di apatia e di disinteresse verso il cambiamento, indifferente anche di fronte agli eccessi di autoreferenzialità degli esponenti politici.

Purtroppo, scomparsi i vivai dei partiti, le selezioni sono avvenute perlopiù attraverso un cerchio magico di portaborse, consulenti e aspiranti tali, che ha determinato quei fenomeni di cooptazione e di partenogenesi che hanno messo da parte competenze e meriti. Premiando solo fedeltà e ubbidienza. Oltre ad avere dato vita, come contrapposizione e per iniziativa di un guru del web, a quelle selezioni via internet che hanno completamente rivoluzionato la scelta dei candidabili alle assemblee politiche. Lasciando da parte, comunque, competenze e capacità. In una parola, merito.

Se a livello nazionale la caduta di livello della dirigenza politica è ritenuta grave, qui in Sardegna è da ritenersi gravissima. Per via d’un ricambio che è avvenuto, purtroppo, per gran parte al ribasso, portando avanti più …figurine che figure di politici. Né sono servite, per ovviarvi, le cooptazioni tentate dall’esterno, dalle aule universitarie, che hanno purtroppo creato quel che un osservatore ha definito il preoccupante “strabismo” della guida politica regionale, per via d’una forte dicotomia di visioni fra indirizzi di scuola e sensibilità politica. Creando così un solco sempre più profondo con le attese ed i bisogni della gente.

Cosa fare, quindi, per fermare questo declino? Intanto occorrerebbe discuterne pubblicamente, aprire dei confronti, immaginare dei rimedi, attivare dei dibattiti, preparare dei programmi per selezionare una classe di politici che abbia nel merito la sua autentificazione elettorale. Sarà difficile, ma non è certo impossibile.
———————–
Approfondimenti e correlazioni
- Paolo Fadda su SardiniaPost.
——–
La Sardegna che vogliamo ricostruire ha bisogno di una classe dirigente di sardi onesti e capaci
sardegna-dibattito-si-fa-carico-181x300
La qualità delle istituzioni è la qualità delle persone che le costituiscono. Sono pertanto da costruire nuovi adeguati meccanismi di selezione del personale pubblico a livello politico e amministrativo.
di Franco Meloni (editoriale su Aladinews del 23 luglio 2013)

La qualità delle istituzioni pubbliche, intesa come capacità di soddisfare i bisogni espressi o impliciti dei cittadini, è uno dei fondamentali fattori di equilibrio e progresso della società. La qualità dipende essenzialmente dalle persone che costituiscono le diverse organizzazioni e che consentono di perseguire in modo adeguato gli obbiettivi delle loro missioni. Quanto a qualità del personale pubblico, politico e amministrativo, in Sardegna, come pure in Italia, non siamo affatto messi bene e le conseguenze negative si conoscono! In questo intervento mi occupo esclusivamente di personale politico, con qualche considerazione anche sul personale amministrativo di vertice, quello soggetto allo spoils system , che ne consente la sostituzione su basi discrezionali da parte degli amministratori, ad ogni rinnovo elettorale. Dunque, in generale il giudizio sulla qualità dell’attuale classe politica non è positivo e non da ora. Assistiamo infatti da almeno un trentennio a un suo progressivo scadimento; fenomeno che possiamo datare,  con un certa approssimazione, dalla fine degli anni 80, in coincidenza e correlazione con la crisi delle ideologie e dei partiti che ad esse si ispiravano. I partiti fino a quel tempo produttori di programmi e dotati di personale politico qualificato in grado di attuarli, ma anche capaci di catturare una certa parte delle idee formatesi al loro esterno, sono  andati  progressivamente perdendo queste capacità,  riducendosi sempre più a “macchine elettorali”, con  personale politico nominato dalle segreterie centrali (la legge porcellum costituisce al riguardo un esempio eclatante) e in prevalenza sulla base di lealtà verso i capi dei quali garantire la permanenza al potere. Il berlusconismo costituisce una chiara esemplificazione di quanto affermato, anche se non esaurisce il fenomeno nella sua totalità. Nel richiamato passato invece la selezione della classe politica avveniva, nella generalità dei casi, in modo rigoroso, con metodi abbastanza comuni a tutti i partiti quantunque portatori di diverse ideologie e rappresentanti di diversi interessi. Limitando l’esempio ai grandi partiti di massa:  la Democrazia Cristiana selezionava i propri rappresentanti attraverso l’Azione Cattolica, le Acli, la cooperazione e il sindacalismo cattolico, così come il Partito Comunista e  il Partito Socialista selezionavano fondamentalmente attraverso i sindacati, l’associazionismo e la cooperazione di sinistra. Un ruolo importante nella formazione dei dirigenti e rappresentanti nelle istituzioni lo avevano poi le scuole di partito. In generale il cursus honorum, cioè la carriera del politico, veniva costruita nel passaggio dalle istituzioni minori a quelle di maggior livello: dal ricoprire le cariche di consigliere o assessore comunale o provinciale a quelle di consigliere o assessore regionale, fino agli incarichi parlamentari e di governo. Chi arrivava alle alte sfere era dunque ben rodato; poteva certo capitare qualche smagliatura, cioè che passasse una ridotta percentuale di inidonei al ruolo ricoperto. Oggi le proporzioni si sono decisamente rovesciate.  Tutto questo lo paghiamo – e molto caro – rispetto alla qualità della gestione pubblica, costituendo la concausa della decadenza del paese. La descrizione fatta è  schematica e non dà conto di consistenti eccezioni, ma corrisponde sostanzialmente alla situazione attuale. A questo punto se non vogliamo cadere nel baratro dobbiamo necessariamente invertire la rotta. E come? Innanzitutto modificando le leggi elettorali, come il vituperato porcellum, che va abolito, aprendole alla partecipazione e consentendo un’effettiva scelta da parte dei cittadini dei propri rappresentanti. A mio parere occorre riconsiderare positivamente i sistemi proporzionali, che consentono una maggiore rappresentanza dei cittadini e, tutto sommato,  un più alto tasso di governabilità. Al riguardo la recente legge elettorale sarda è un pessimo esempio, in quanto restringe le opportunità democratiche.

Poi occorre ripristinare la democrazia nei partiti, modificandone la forma attuale,  sperimentando inedite configurazioni, che solo i giovani possono assicurare, nella misura in cui sia consentito loro di avere ruoli dirigenti negli stessi partiti, auspicando alleanze generazionali ed equilibri di genere. Quest’ultima circostanza comporta un percorso più lungo e difficile, che tuttavia è possibile praticare da subito. Una parte consistente del rinnovamento passa attraverso l’adozione di adeguati meccanismi di scelta dei rappresentanti nelle istituzioni. Al riguardo ciò che maggiormente  può garantire la qualità della classe politica è la possibilità effettiva di esercitare sulla stessa il controllo popolare, in attuazione di principi di trasparenza e partecipazione e con l’utilizzo degli strumenti della democrazia digitale, opportunamente facilitati e generalizzati. Ecco perchè i candidati agli incarichi istituzionali devono essere espressi attraverso  serie consultazioni che trovano esplicitazione, non esclusiva, nelle cosidette primarie. Consultazioni aperte e pubbliche  quindi per tutte le cariche e per tutti i livelli. Ma non basta: occorrono modalità precise e condivise per raccogliere le candidature e per far conoscere i programmi delle formazioni politiche, dando dimostrazione della adeguatezza dei diversi candidati a ricoprire gli incarichi pubblici. Queste azioni  vanno sostenute con il concorso della spesa pubblica, e non sono in alcun modo ascrivibili allo spreco, in quanto contribuiscono ad allargare gli spazi della democrazia.

Calandomi nel concreto, con riferimento alle istituzioni del nostro territorio, regione in primis, per quanto riguarda gli alti incarichi, da assessore a dirigente soggetto allo spoils system, occorre verificare e discutere pubblicamente  i curriculum dei candidati, valutando le esperienze effettuate e il loro potenziale innovativo. Che fare allora? Una proposta interessante potrebbe essere quella di prevedere obbligatoriamente (meglio se per legge o regolamento) e comunque da subito, che ciascun candidato a posto di alta responsabilità venga preventivamente sottoposto a valutazione da parte di un’apposita competente commissione, la quale discuta con il medesimo candidato la sua esperienza e  con lui si confronti sull’adeguatezza delle qualità tecniche, professionali e relazionali rispetto all’incarico da ricoprire. Le sedute di tali audizioni dovrebbero essere pubbliche e rese accessibili ai cittadini attraverso la televisione e i siti internet istituzionali.  Negli Stati Uniti tale procedura è prevista per gli alti incarichi conferiti dal Presidente, che diventano efficaci solo dopo il nulla osta dell’apposita commissione senatoriale. E’ un modello che ha funzionato e funziona. Il Presidente può proporre per alti incarichi pubblici chi vuole, anche suo fratello, ma lo deve sottoporre ad un severo vaglio pubblico, con le modalità accennate. Se la commissione non si convince della bontà della proposta, la stessa viene accantonata con la bocciatura del candidato. Una siffatta procedura applicata, mutatis mutandis, alla casistica italiana farebbe rinunciare molti candidati nel giro di pochi minuti dal colloquio valutativo. Altri invece passerebbero a testa alta, con beneficio della res publica.

Su questi argomenti il dibattito è aperto, ma non si possono ritardare decisioni che devono far prevalere comportamenti virtuosi. Le forze politiche sarde, anche come esercizio di sovranismo, si muovano per quanto sanno fare in questa direzione, assumendo le migliori pratiche in vigore nell’ambito europeo ed internazionale. Tutto ciò costituisce un terreno di confronto non secondario anche nella costruzione dei programmi elettorali sardo ed europeo, che devono contemplare le modalità di gestione virtuosa della cosa pubblica. Anche in questo caso dobbiamo superare un certo provincialismo nella ricerca del meglio, ed è pertinente il richiamo al concetto: la Sardegna e l’Europa si salvano insieme.

—————————-

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>