Contus de Biddanoa

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FAVE BOLLITE oppure?
In Piazza San Domenico – siamo nel 1960 – oltre alle botteghe degli artigiani, dal meccanico, al calzolaio, al barbiere, al falegname, lo stagnino e tanti altri mestieri oggi scomparsi, c’erano i bar, ma forse è meglio dire le piòle. Di fianco alla latteria si apriva il portone che immetteva nella piòla del Signor L.
La famiglia originaria di Seui – marito, moglie e figli – abitava nell’alloggio oltre il cortiletto interno. I figli più piccoli si distinguevano per la dedizione allo studio, mentre il primogenito A. si dedicava benché a modo suo alla meccanica e in genere alle invenzioni. Raccoglieva rottami di qualsiasi genere che occupavano buona parte del cortiletto dietro la piòla, sottraendo spazio ai bracieri necessari al padre per preparare le grigliate di sardine, sparlotti e longus, che con le fave bollite, le uova sode e le grive costituivano i punti di forza del menù.
Il giovane genio (senza scherzi) della meccanica esibiva il frutto della sua fantasia e si vedevano monopattini con manubri da corsa, tricicli a motore con fari e stop, e altri aggeggi e congegni delle forme e prestazioni più strane. Il padre cercava in tutti i modi di indirizzare le risorse del figlio verso lo studio, come facevano i fratelli più piccoli, ma per A. il richiamo della meccanica e le invenzioni era troppo forte. Alla fine il Buon signor L. se ne dovette fare una ragione, e crescendo A. si dedicò professionalmente a un’attività che aveva molto a che fare con i suoi hobby da ragazzo. Attualmente gestisce con i figli un’azienda di grande prestigio nel suo settore.
Ritornando alla piola e ai piatti semplici oggi scomparsi dai menù della moderna e modaiola movida, ritengo utile e meritorio (?) dare un contributo che valga a dirimere i dubbi sulla corretta definizione cagliaritana delle fave bollite. Pisci a collettu o Piscia collettus? (Segue)
1) Pisci a collettu. C’è chi sostiene che essendo (allora) le fave, soprattutto nella stagione primaverile, un alimento particolarmente a buon mercato, potevano essere utilizzate per merende e spuntini in compagnia, in sostituzione del pesce. Quanto al nome, collettu farebbe riferimento alla strisciolina nera sulla parte superiore del legume. Francamente trovo la tesi abbastanza debole.
2) Piscia collettus. Partiamo dalla sostanza delle cose. La cottura consisteva e consiste ancora (per fortuna) nella bollitura delle fave, fresche ma mature, in abbondante acqua adeguatamente salata, aggiungendo come condimento qualche piantina di aglio giovane completa della parte verde. Una volta cotte, scolata l’acqua di cottura procurando di lasciarne una parte nel recipiente, le fave si mangiavano tiepide preferibilmente attingendo da un unico recipiente. Talvolta si aggiungeva qualche goccia di olio d’oliva. Niente posate. Pochi si premuravano di proteggersi dagli eventuali schizzi provocati a proprio danno o agli altri commensali nella goduria di mangiare quella squisitezza, umpìda a manu prena dal lavamano che veniva vuotato in un’amen.
L’esito finale, oltre alla soddisfazione di aver gustato una vera prelibatezza, oltretutto molto democratica, era costituito dalle patacche sugli indumenti, spesso proprio sui colletti. Pisciaus. Pertanto sostengo convintamente la tesi numero 2.
( Gianni Pisanu )

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