SOCIETÀ: dal bricolage valoriale a una nuova etica laica

grafico-400x350
di Giannino Piana, su Rocca.

Lo stato di malessere diffuso che la nostra società oggi attraversa, e da cui nascono il rifiuto del diverso, fino al limite del razzismo, e le chiusure nazionaliste che mettono in crisi il destino dell’Unione europea, nonché i populismi nella sfera politica e la ricerca di protezionismo in quella economica, non ha motivazioni soltanto economiche e sociali, ma nasconde in realtà una crisi più profonda dovuta all’assenza di valori condivisi o, più radicalmente, al venir meno di quelle «evidenze etiche» sulle quali si è fondata in passato la convivenza civile. È quanto risulta evidente da una recente indagine condotta dalla Comunity Media Research-Intesa S.Paolo lo scorso aprile su un campione della popolazione residente in Italia con età superiore ai 18 anni.
I risultati di tale indagine offrono un quadro articolato della situazione, da cui emerge un pluralità di visioni del mondo che si riflettono nel prevalere di istanze diverse. Il 43,5% della popolazione è costituita da due gruppi in netto contrasto tra loro; nel primo (22%), composto in prevalenza dai ceti più elevati, i riferimenti principali sono riconducibili a istanze edonistiche (tempo libero, cura di sé, sport, amici); nel secondo invece (21,5%), dove la maggioranza è costituita dai ceti meno abbienti (casalinghe e anziani), a istanze tradizionali (religione, famiglia, lavoro, impegno sociale). Ma nella percentuale più elevata, il 56,5%, la tendenza dominante è al «fai da te», a una forma di relativismo nella scelta delle istanze valoriali, per il quale il criterio valutativo è la mera funzionalità, la disposizione cioè a ritagliarsi, di volta in volta, su misura la propria condotta in rapporto alla diversità delle situazioni. Si tratta di una sorta di bricolage valoriale, frutto di una strategia adattativa, la quale comporta l’adozione di comportamenti diversi, persino in contraddizione tra loro, che diventano plausibili in presenza di circostanze diverse.

alle radici della crisi
La condizione di precarietà economica – è sufficiente ricordare la riduzione del benessere nell’ambito del ceto medio – e di instabilità sociale e politica, causata sia dal flusso costante di emigranti sia da una gestione assai discutibile della «cosa pubblica», è certo la ragione principale della nascita di sentimenti di insofferenza e di impotenza, che generano la spinta alla chiusura e la ricerca di protezione. Allargando il campo della riflessione si può osservare, da un lato, che l’avanzare di atteggiamenti ispirati al «prima noi e poi gli altri» o preoccupati di segnare con chiarezza i «confini» (non solo geografici) nei confronti degli altri siano attribuibili in parte agli effetti ambigui della secolarizzazione, che da crisi del «sacro» si è trasformata in crisi del «senso» o del «fondamento»; e, in altra parte, alla crisi economico-finanziaria, che genera stati di ansia dovuti all’assenza di solide prospettive per il futuro.
Tuttavia, dietro a queste motivazioni e al fondo di esse, sta il vuoto di valori cui si è già fatto cenno, vuoto che ha le sue radici nella perdita di legittimazione delle autorità normative del passato – famiglia, chiesa, partiti, sindacati e figure professionali – e nell’incapacità di sostituirle con altri riferimenti stabili e condivisi, che diventino il fattore di cementazione del convivere civile. Non è infatti senza significato che a subire il tracollo più consistente tra le istanze sopra ricordate siano stati, secondo l’indagine citata, l’impegno sociale – si fa sentire qui, in modo rilevante, la sfiducia nei partiti e in generale nelle istituzioni pubbliche – e la religione, collocata al fondo della classifica, con il 29,4%.

il crollo dei due pilastri del passato: religione e ideologia
A subire un decisivo tracollo sono, dunque, i due pilastri sui quali si reggeva in passato l’edificio morale comune o, detto in termini più precisi, dai quali la maggior parte dei cittadini faceva dipendere il proprio sistema valoriale. La secolarizzazione ha reso infatti evanescente in un’area consistente della popolazione la domanda religiosa – Dio non è più combattuto come voleva l’ateismo moderno; è semplicemente ignorato, perché considerato inutile –; e, in un’altra area non meno consistente, ha concorso (insieme ad altri fattori culturali, primo fra tutti l’individualismo) a sviluppare una religione del tutto soggettiva, caratterizzata da percorsi personali e non strutturati, dove il legame con il cattolicesimo (che pure in molti casi persiste) è vissuto con un approccio duttile e relativizzante, che implica il rifiuto o almeno la non considerazione di molti aspetti della dottrina – sono quei cristiani che Franco Garelli definisce «etnico culturali» rilevando che si tratta di 1/3 della popolazione – e la netta presa di distanza (non solo di fatto ma spesso anche di diritto) da molte delle posizioni ufficiali del magistero in materia morale. La dissoluzione del riferimento religioso o la sua soggettivizzazione porta inevitabilmente con sé la caduta dell’adesione a un sistema valoriale ben definito e l’assunzione di un atteggiamento relativistico, funzionale all’adeguamento alle situazioni. Un’analoga riflessione è possibile avanzare anche a proposito dell’ideologia – si allude qui in particolare (anche se non in senso esclusivo) all’ideologia della sinistra sociale e politica – dove si dà una coincidenza ancor più radicale tra la sua destituzione di significato e il vuoto valoriale. Valori come la sete di giustizia, l’impegno partecipativo, la solidarietà e il sacrificio, che costituivano il quadro di riferimento della condotta del militante sono venuti da quel momento in molti casi meno, con l’assimilazione immediata di logiche ispirate alla ricerca del potere, del successo, del danaro, ecc.; con l’adesione, in una parola, agli ideali borghesi. Il che lascia intuire il carattere del tutto funzionale che aveva in passato la loro pratica; lungi dall’essere vissuti per se stessi, dal costituire cioè la ragione del proprio progetto di vita, i valori citati rivestivano un ruolo semplicemente strumentale, in quanto mezzi necessari per conseguire l’obiettivo socio-politico che ci si proponeva di raggiungere.
In ambedue i casi ad emergere è stata la mancanza di un assenso ai valori morali per il significato autonomo che essi posseggono, a prescindere dal loro riferimento alla religione o all’ideologia. Da una parte, dunque, l’etica risultava del tutto dipendente dalla coscienza religiosa – non si può non citare la famosa affermazione di Dostoevskij, «Se Dio non esiste tutto è per- messo» –; dall’altra, essa era concepita come realtà al servizio esclusivo dell’ideologia, al punto che il venir meno di quest’ultima non poteva che avere come esito la sua radicale espropriazione.

la ricostituzione di un tessuto valoriale condiviso
Il superamento dello stato di malessere cui si è accennato in partenza, il quale conduce alle derive ricordate che riguardano tanto la vita personale che la convivenza sociale, è strettamente dipendente dalla ricostituzione di un tessuto valoriale condiviso. La via da percorrere è quella del ricupero di un’etica «laica» fondata su argomentazioni razionali, e dunque non dipendente da radici religiose e non dettata da motivazioni unicamente utilitariste. Si tratta di fare spazio, in altre parole, a una dottrina morale autonoma, i cui valori siano assimilati per se stessi, al di fuori di qualsiasi condizionamento esterno, il quale finisce per impedire che affondino le proprie radici nelle profondità dell’io. Ma quale quadro di valori va oggi elaborato, se si vuole fornire agli individui e alla società un supporto fondamentale per la costruzione di un’ordinata convivenza civile? E, prima ancora, a quale modello antropologico e culturale occorre ispirarsi per dare vita a tale quadro valoriale? I fenomeni ricordati – dal nazionalismo al populismo alle forme riemergenti di razzismo, dovute soprattutto dall’irrompere delle migrazioni – denunciano un’assenza di coesione sociale e di apertura universalistica all’umano, frutto di un crescente individualismo e della rinascita di pericolose tendenze etnocentriche.
È pertanto importante riproporre orizzonti di senso, che consentano di reagire all’indebolimento dell’agire collettivo, ricostruendo il «noi» sociale, rapportando cioè tra loro realizzazione soggettiva e impegno verso gli altri, e ricuperando una visione dell’altro, non come esterno (e dunque estraneo) ma come parte integrante della propria identità. Questo comporta il superamento di una concezione dell’uomo come individuo per aderire a una antropologia personalista, che non considera la relazione come qualcosa di accidentale o di sopraggiunto, ma come una realtà appartenente alla soggettività personale quale fattore essenziale della sua stessa definizione.
In questo contesto va inserita la mappa dei valori civili, che hanno nella prima parte della Carta costituzionale del nostro Paese una sintesi armonica, in perfetta sintonia con la prospettiva antropologica citata. Si allude ai valori di libertà e di giustizia, di uguaglianza, di fraternità e di solidarietà sui quali si regge un autentico regime democratico e attraverso i quali è possibile dar vita a un ordinato sviluppo della vita collettiva.
Tutto questo non può essere raggiunto senza l’accettazione della vera sfida che interpella oggi la società, in particolare le agenzie educative – dalla famiglia alla scuola, dalla chiesa al variegato tessuto associativo –, quella di dare vita a processi di crescita civile, che alimentino il senso dell’appartenenza e favoriscano la nascita di forme sempre più ampie di partecipazione ispirate alla logica della cittadinanza attiva. Solo mediante l’alimentazione di questi processi è infatti possibile ricuperare un atteggiamento positivo nei confronti della realtà sociale e politica. Un atteggiamento che esuli tanto da un adeguamento passivo alla situazione quanto da una critica qualunquista e preconcetta, che conduce di fatto all’affermarsi delle peggiori forme di gestione della vita associata.
Giannino Piana
—————————————
rocca-18-2018

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>