Oggi si celebra il terzo anniversario della firma, da parte dei 193 paesi delle Nazioni Unite, dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile

unnamed-3Tre anni dopo la firma dell’Agenda 2030, “Nazioni disunite” ma grande mobilitazione della società civile.
di Enrico Giovannini, portavoce dell’ASviS
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Non dobbiamo pensare che il ciclo segnato dal varo degli SDGs e dagli Accordi di Parigi si stia esaurendo. La realtà è complessa e richiede soluzioni multilaterali. È cresciuto l’impegno di persone, imprese, comunità locali per realizzare gli Obiettivi.

Oggi si celebra il terzo anniversario della firma, da parte dei 193 paesi delle Nazioni Unite, dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Si tratta di una celebrazione con un sapore agrodolce. Da un lato, infatti, essa avviene in contemporanea con una delle Assemblee generali dell’Onu con il più alto numero di Capi di Stato e di Governo, ma alla quale non partecipano alcuni “grandi” della Terra, come i leader di Russia e Cina. Dall’altro, organizzazioni della società civile in tutto il mondo ricordano il loro serio impegno per attuare l’Agenda 2030, che sta mobilitando persone, imprese, amministrazioni e comunità locali come mai accaduto nel passato.

Commentando l’avvio dell’Assemblea generale, Federico Rampini ha scritto su la Repubblica che in questi giorni si incontrano le “Nazioni disunite”, riferendosi al modo con cui gli Stati Uniti e altri criticano il multilateralismo su cui si basa la cooperazione internazionale che guida le organizzazioni internazionali. E non c’è dubbio che gli ultimi tre anni hanno visto un forte cambiamento di indirizzo politico in molti Paesi intorno a parole d’ordine alquanto diverse da quelle che caratterizzano l’Agenda 2030. Anzi, si sarebbe tentati di dire che l’Agenda 2030 e gli Accordi di Parigi sulla lotta al cambiamento climatico abbiano rappresentato il culmine di un ciclo politico globale basato sul multilateralismo e sulla ricerca di soluzioni globali ai problemi globali.

Se è indubbio che alcuni grandi Paesi hanno abbracciato approcci culturali e politici più orientati alla ricerca di accordi bilaterali e che, per ragioni analoghe, l’Europa stia affrontando serie difficoltà nel funzionamento delle sue istituzioni, sarebbe un grave errore pensare che quel ciclo si sia esaurito. Non solo perché il quadro politico internazionale è in continuo movimento e continuano ad essere raggiunti accordi globali su tante materie, ma anche perché la realtà continua a richiedere soluzioni complesse su tematiche comuni, come quelle delle migrazioni e del cambiamento climatico, e l’economia resta globalizzata. D’altra parte, la firma dell’Agenda 2030 ha stimolato un attivismo senza precedenti nella società e nelle imprese per trovare soluzioni innovative, ridurre l’impronta ecologica delle attività umane, sviluppare nuove forme di cooperazione, migliorare la qualità della vita delle persone, dare un futuro migliore alle nuove generazioni.

Tre anni dopo la firma dell’Agenda 2030 il mondo continua a mostrare significativi segnali di avanzamento sul piano economico e sociale, ma anche preoccupanti evidenze di deterioramento in campo sociale e ambientale, puntualmente evidenziati dai rapporti delle organizzazioni internazionali e dei centri di ricerca. I rischi di instabilità economica crescono, al punto che molti suggeriscono di prepararsi a una nuova recessione. Gli effetti devastanti dei cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti, così come gli ingenti costi che essi comportano. Le migrazioni aumentano, sia per motivi politici, che economici, che ambientali. Le disuguaglianze crescono, anche laddove la crescita economica è robusta.

Insomma, i problemi che l’Agenda 2030 ha posto all’attenzione di tutti sono ancora con noi, mentre il tempo scorre. Tre dei quindici anni previsti dall’Agenda 2030 per raggiungere i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile e i 169 Target sono già passati. E, come dimostrano i rapporti sull’attuazione dell’Agenda 2030 presentati in questi tre anni da decine e decine di Paesi nell’ambito dell’High Level Political Forum delle Nazioni Unite, mentre alcuni hanno preso seriamente l’impegno sottoscritto il 25 settembre 2015, altri, tra cui l’Italia, stentano a cambiare passo o sono ancora “al palo”. Ma di questo parleremo il 4 ottobre, in occasione della presentazione del Rapporto ASviS 2018 alla Camera dei Deputati.

martedì 25 settembre 2018

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