Ottimismo ben riposto?

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28 Settembre 2018

A.P. su Democraziaoggi.
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27 miliardi in più ai ceti popolari, una buona notizia
28 Settembre 2018

A.P.

Cosa ne pensate? Accordo raggiunto sul deficit al 2,4% del Pil, dopo un lungo vertice a Palazzo Chigi con Conte, Salvini, Di Maio, Tria e Savona,. Al termine, si è svolto il Consiglio dei ministri che ha approvato il Def.
Dunque, sono stati liberati 27 miliardi per la manovra. Alla fine ha vinto la linea del Movimento 5 Stelle. La riforma della legge Fornero, il reddito e le pensioni di cittadinanza, i fondi per i risparmiatori colpiti dalle crisi bancarie, gli investimenti e il calo delle tasse per gli autonomi arriveranno tutti nella legge di bilancio e saranno finanziati ricorrendo all’indebitamento.
Soddisfatti i due vicepremier, Matteo Salvini, e Luigi Di Maio: “Accordo raggiunto con tutto il governo sul 2,4%. E’ la manovra del cambiamento”.
Non mi unisco a Di Maio nel grido trionfale: “Oggi è un giorno storico! Oggi è cambiata l’Italia!”, ma penso che finalmente approvare un bilancio che pensa ai ceti deboli anziché massacrarli sia una buona notizia. “Per la prima volta lo Stato è dalla parte dei cittadini. Per la prima volta non toglie, ma dà. Gli ultimi sono finalmente al primo posto perché abbiamo sacrificato i privilegi e gli interessi dei potenti. Sono felice. Insieme abbiamo dimostrato che cambiare il Paese si può e che i soldi ci sono”, aggiunge Di Maio. Ed io, che non ho pregiudizi nei suoi confronti, condivido. Avrei voluto questi provvedimenti dal centrosinistra, che invece il lavoro, i pensionati e i poveri li ha umiliati.
Lo so cosa mi obietterà qualcuno di voi: si mandano a catafascio i conti pubblici, alla fine ci perdiamo tutti e anzitutto i ceti popolari. Lo dicono anche Martina e la destra. Sarà vero. Ma c’è stato anche chi, fra i grandi economisti, ha detto che un po’ di deficit fa girare l’economia. Vedremo. Comunque Di Maio guarda in basso e questo – non lo nego – mi piace.
C’è un altro punto rilevante in questa vicenda: i 5S hanno sempre detto di voler onorare gli impegni assunti in campagna elettorale e lo stanno facendo. Niente a che vedere col grande tradimento di chi, coi voti dei democratici, dati al buon Bersani, ha tentato addirittura di scassare la Costituzione ed ha scassato i diritti dei lavoratori. Non vi pare?
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Tonino Dessì
28 Settembre 2018 – 22:08
A domanda rispondo.
Caro Andrea, delle decisioni annunciate ieri dal Governo in materia economica e finanziaria penso che vedremo come andrà a finire, senza pregiudiziali, ma anche senza euforie fuori luogo.
Come sai, la manovra prevista sarà finanziata con un incremento del debito pubblico, il cui rapporto rispetto al PIL si incrementerà fino al 2,4 per cento.
Il debito pubblico ha la caratteristica che la politica decide di contrarlo e i cittadini lo pagano per qualche generazione.
Quindi un po’ di sobrietà anziché un festeggiamento sarebbe stata segno di misura e di rispetto. Aggiungerei che si festeggia un debito, in funzione augurale, quando lo si contrae per comprar casa, non quando quei soldi servono per la spesa quotidiana.
Mi obietterai che per i beneficiari del reddito e delle pensioni di cittadinanza avere i soldi per pagarsi affitto e pasti sarà pur sempre un passo avanti non da poco. È vero, ma vedremo fino a quando questo sarà sostenibile nel lungo periodo e in che misura.
Intanto, come sappiamo, tutti i debiti hanno una caratteristica: che i creditori vogliono che siano onorati.
Puoi trovare creditori forestieri forti e prepotenti che sulla tua situazione di debito speculeranno e che al minimo sospetto di insolvenza saranno tentati di romperti anche qualche arto. Chiamalo complotto dei mercati, chiamalo aumento dello spread, chiamalo default, ma un braccio o una gamba rotti fanno male, quattro pure peggio.
Per la parte di debito della quale invece sia creditore il cittadino che abbia sottoscritto titoli di Stato o del risparmio pubblico la situazione sarà più delicata, perché di fronte alle pretese del creditore straniero o al rischio che qualche banca faccia crack, proprio lo Stato debitore al quale il cittadino ha prestato soldi o ha affidato risparmi cercherà di rassicurare il creditore minaccioso rompendo qualche arto al creditore domestico, tagliando servizi, bloccando contrattazioni, stipendi e salari, aumentando tariffe, bollette e via dicendo.
Fare finanza pubblica in deficit per finanziare spesa corrente non è poi un atto così originale.
Gli anni terminali del centrosinistra storico a guida alternata DC/PSI, il CAF degli anni ‘80, ce li ricordiamo tutti, perché ne abbiamo pagato il prezzo per i successivi trenta.
Quindi calma e gesso e nessun plauso per insensatezze demagogiche come dichiarare che “è stata abolita la povertà”.
Detto però tutto questo, l’ultima cosa che potremmo accettare dall’opposizione parlamentare sarebbe un atteggiamento che il partito di maggioranza relativa della scorsa legislatura avrebbe senz’altro definito da “gufi”.
Tifare per probabili reazioni negative a caldo dei mercati finanziari, confidare nell’aumento dello spread, agitare tragici effetti di declassamenti da parte delle agenzie di rating, sollecitare e sostenere acriticamente eventuali probabili richiami al rigore contabile della Commissione UE, sarebbe una posizione sterile, un atteggiamento, l’ennesimo, da futili mangiatori di pop corn.
La sfida va accettata ormai anche nella dimensione dello sforamento, del quale la responsabilità va lasciata a chi lo sta proponendo e che ancora tuttavia sarà oggetto di una verifica comunitaria che il Governo stesso a sua volta farà bene a non prendere sottogamba.
Non tanto per le eventuali reazioni istituzionali di rigetto o sanzionatorie, tutte negoziabili, quanto perché alle unilateralità seguono spesso, e vieppiù in una vigilia di elezioni per Strasburgo, catene di unilateralità emulative, cautelari, ritorsive, dopodiché come va a finire nessuno è in grado di prevederlo, nemmeno quelli che si augurano lo sfascio degli assetti comunitari, compreso quello monetario.
Quello che piuttosto ci si attenderebbe da un’opposizione che non voglia condannarsi all’ulteriore impopolarità sarebbero proposte migliorative strutturali, finalizzate a evitare la dispersione dell’incremento della spesa, a riqualificare una quota consistente della spesa pubblica complessiva in direzione degli investimenti infrastrutturali permanenti e del riequilibrio territoriale e non di meno volte al recupero di altre risorse sul terreno delle entrate, con la lotta effettiva all’evasione fiscale, alla corruzione, agli sprechi.
Tutto ciò per scongiurare fin d’ora, preventivamente, il rischio che invece, appena assorbita e attenuata l’euforia di questa iniezione di nuove spese nel sistema, la successiva contrazione dei suoi effetti congiunturali induca o a un ulteriore, progressivo e più che proporzionale aumento del debito, o al taglio dei servizi pubblici, in primis quelli socio-sanitari e quelli dipendenti dalla finanza regionale e locale.
Se non saranno capaci di confrontarsi a questo livello, consiglierei alle opposizioni semplicemente di desistere e di lasciar perdere.
Chiacchiere puramente recriminatorie e contropropaganda parimenti demagogica non avranno nel Paese alcuna eco favorevole.

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