Maltempo e responsabilità umane

c12aca43-1cd3-4fc8-8324-333587944314di Tonino Dessì, su fb.
Sparse considerazioni per non tornarci domani (tanto ogni volta è la stessa cosa).
Chi abbia visto le immagini degli effetti dei temporali di questi giorni sulle infrastrutture di collegamento e sui territori delle aree più urbanizzate, si è nuovamente potuto render conto sia delle condizioni di fragilità delle une, sia della saturazione disordinata degli altri.
Non sono più in grado di sopportare, reggere, drenare eventi atmosferici ancora non troppo fuori dal normale (benché i cambiamenti climatici in corso ormai non possano essere sottovalutati).
Penso ogni volta che se le vittime sono relativamente poche sia per una sorta di quasi inspiegabile miracolo, agevolato magari dall’istinto di sopravvivenza della gran parte delle persone.
Mi è capitato di guardare le riprese filmate di Pirri, invasa ieri da un fiume d’acqua e di fango e non posso non confermarmi su queste sia pur empiriche sensazioni.
Ripetersi che la più attuale e urgente frontiera della riqualificazione e del riequilibrio infrastrutturale, urbanistico, edilizio, ambientale dovrebbe essere al centro degli studi, delle strategie, degli investimenti, del lavoro in questo inizio del XXI secolo, in Sardegna e Italia, per quanto possa essere ripetitivo, è l’unico ragionamento proponibile.
[segue]
Constatare che questo ragionamento non è e non pare destinato a produrre la straordinaria correzione di rotta culturale, politica, finanziaria e amministrativa che occorrerebbe è purtroppo, invece, una sensazione sempre più scoraggiante.
Basti avere in mente il tratto stradale smottato e crollato sulla litoranea cagliaritana per Pula.
Non sembri banale suggestione osservare che quella strada insiste entro i famosi trecento metri dal mare ed è largamente realizzata su banchi di sabbia.
Certo, anche le leggi urbanistiche e la pianificazione paesaggistica fanno eccezione a determinati limiti per le opere pubbliche di particolare utilità (eccezione che sarebbe tuttavia opportuno riconsiderare a monte, a seconda delle opere e della relativa utilità di ciascuna).
Ma noi a ogni tornata di discussione ci inchiodiamo sulla pretesa di aumentare, volta per volta e ogni volta un po’ di più, proprio la cementificazione, per i più svariati usi privati e per le più discutibili utilità economiche, di quella tendenziale (in molti tratti però ormai reale) diga fra terra e mare.
Diga che alle volte regge, ma trattiene compresse e rimanda indietro le dinamiche idrogeologiche, altre volte tracima disastrosamente, altre volte smotta, si rompe, si sbriciola, crolla.
Forse qualcosa non funziona proprio, nella nostra percezione collettiva della realtà.

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