Oggi giovedì 25 ottobre 2018

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Oggi giovedì 25 ottobre 2018. Le nostre città invisibili: un incontro tra culture diverse.
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Senza distinzioni, occorre una critica dura verso questo governo.
25 Ottobre 2018
Tonino Dessì su Democraziaoggi.
Sicuramente Salvini cercherà di trarre il maggior utile propagandistico dalla bocciatura dello schema della manovra economica presentato dal Governo. L’intero gioco della Lega infatti non è sul piano europeo, ma su quello interno, in cui mira ad assorbire tutta l’eredità berlusconiana e magari erodere quanto più possibile all’attuale alleato pentastellato […]
valutazione microDue in uno.
di Tonino Dessì su fb.
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[segue]
So bene che in questo momento esiste una sensibilità diffusa che induce anche chi non nutre particolari simpatie per il Governo a provare fastidio per le obiezioni radicali formulate dalla Commissione UE alla proposta di manovra finanziaria del Governo.
Questo fastidio “patriottico” è suffragato anche dalle analisi di diversi economisti, che vado leggendo in rete, incentrate prevalentemente, più che sui contenuti puntuali della manovra, sullo scontro relativo all’incremento del 2,4 del rapporto deficit/PIL, che sta assumendo i caratteri di una frontiera simbolica nella quale sarebbero implicate sia la sovranità nazionale, sia la volontà popolare democraticamente espressa da una maggioranza parlamentare che ha votato a favore della proposta del Governo italiano.
Per quanto le mie posizioni possano apparire estremamente critiche, mi vado convincendo che difendere aprioristicamente le posizioni governative non serva a chiarire le questioni fondamentali in gioco e nemmeno aiuti una evoluzione positiva delle dinamiche interne alla maggioranza. Prescindo peraltro dal valutare le posizioni dell’opposizione parlamentare, perché al momento mi paiono anch’esse viziate da un impianto poco fecondo e non particolarmente coerenti.
Nell’articolo publicato su Democrazia Oggi tratto le questioni prevalentemente dal punto di vista politico.
Qui in premessa ritengo opportuno puntualizzare invece la mia posizione da persona non digiuna delle questioni economiche.
Riferendomi alle analisi di economisti cui accennavo devo dire che non le trovo del tutto congruenti e che spesso sono mi appaiono reticenti, perché confinano a margine o in coda le questioni fondamentali.
Tutta una ricostruzione critica delle politiche finora dettate dalla UE che si legge in queste analisi può essere infatti anche condivisibile. Un po’ a spanne, magari, perché riconoscere oggi che i fondamentali economici dell’Italia sono solidi vuol anche dire che in realtà le politiche finora indotte dalla UE non avrebbero affatto indebolito l’Italia e addirittura comporta riconoscere implicitamente che i precedenti governi non avrebbero poi operato così male. C’è un minimo di contraddittorietà, in questo. Ma ancor più, alla fin fine, tutto il tema della certezza relativa alla solvibilità finanziaria del Paese si fonda sul fatto che la ricchezza privata italiana è ben superiore al suo debito pubblico. Ora, se questo è vero, bisogna intanto dire che non è scontato che quella ricchezza sia disponibile a mobilizzarsi per ragioni “patriottiche”. Buona parte di quella ricchezza mobiliare (e immobiliare) è detenuta da qualche milione di famiglie che finora hanno mantenuto una propensione al risparmio precauzionale piuttosto che alla spesa indiscriminata. In altri momenti molti di quegli stessi economisti hanno sostenuto che tale peculiarità tutta italiana era un residuo di arcaicità. Molti altri (io fra questi) sono più propensi a ritenere che oltre alla funzione di quel risparmio in chiave di assicurazione contro le incertezze soprattutto occupazionali e di quella di autofinanziamento compensativo dell’aumento dei costi delle prestazioni sociosanitarie causato dalla restrizione del welfare italiano, quelle risorse restino immobilizzate perché non si intravvede un ciclo di investimenti capaci di costituire essi si, una domanda solvibile di risorse finanziarie private. Perciò dire che questa ricchezza privata può garantire il debito pubblico significa implicitamente sostenere che se ve ne fosse la necessità si provvederebbe a espropriarla. Non mancano precedenti, del resto. Ricorderei il prelievo forzoso sui conti correnti operato dal Governo Amato nel 1992. Fu una patrimoniale mobiliare: ma non sarebbe la prima volta che si tornerebbe a parlare anche di una patrimoniale immobiliare straordinaria.
Di questo ovviamente non si parla in ambienti leghisti, perché la base sociale leghista non lo accetterebbe. Ma se non se ne parla in ambienti vicini al M5S può essere solo per inconsapevolezza oppure, peggio, per reticenza consapevole.
In realtà quel che forse costituirà il vero oggetto della trattativa fra il Governo italiano e le istituzioni europee non sarà niente di tutto questo: sarà piuttosto la pressione per una proroga del quantitative easing da parte della BCE accompagnato da strumenti analogamente volti ad abbassare il costo degli interessi sul debito.
Che la UE non consenta alla BCE di farlo non lo darei per scontato. Ma avverrà solo dopo le elezioni europee, col nuovo assetto della Commissione che verrà determinato da queste e perciò solo dopo una fase elettorale durante la quale verranno bruciati miliardi di euro in aumento della spesa per interessi sul debito pubblico italiano. E non è affatto detto che questa per il Paese sia una soluzione migliore di una correzione immediata della manovra volta a dimostrare che l’aumento del deficit proposto non sarà destinato a finanziare spesa pubblica corrente bensì ad investimenti e occupazione. L’argomento emerge anche incidentalmente nei ragionamenti di alcuni analisti, ma solo in coda e non come proposta da giocare immediatamente in luogo di un arroccamento. Anche in questo mi permetto criticamente di rinvenire un elemento di reticenza.

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