Elezioni

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Elezioni regionali, pasticci calcolati o prova d’autore sul proporzionale?
di Fernando Codonesu*

I due interventi di Amsicora e i commenti di Aldo Lobina mi spingono ad intervenire ancora sul tema delle elezioni regionali, anche alla luce del “nulla si muove” che osserviamo in questo periodo o che sembra qualificare al momento i vari schieramenti potenzialmente in campo.
Prendo a prestito quanto scritto da Lobina a commento del primo intervento di Amsicora sulle Primarias del PDS perché lo condivido interamente “Non c’è dubbio che noi Sardi siamo una nazione, come lo sono i Liguri, i Veneti, i Lombardi, i Siciliani, i Calabresi, i Toscani. Tutti con le loro caratteristiche di luogo, di tempo, lingua, di “indole”, tradizioni, storia, rapporti, peculiarità insomma ……. Che la Sardegna abbia bisogno di rivisitare il suo Statuto alla luce della attuale situazione italiana ed europea è fatto incontrovertibile, ma questo obiettivo deve essere perseguito evitando di cadere nel sovranismo di marca leghista, lavorando nel contempo anche per migliorare le istituzioni statali ed europee. Siamo una nazione, la nazione sarda, dentro i confini dello Stato Italiano …. non più la nazione-stato, ma la interdipendenza di tutte le nazionalità europee, nel rispetto della sovranità di ciascuna, che va riformulata e rappresentata da una classe politica degna di questo nome”.
In poche parole una nazione, quella sarda, che possa vivere in uno Stato federale e interna agli Stati Uniti d’Europa, ma questo è un argomento di tale importanza che va trattato in maniera adeguata, separatamente, ad altro livello di approfondimento e non come semplice commento ad un commento.
Torniamo alle elezioni regionali.
Dopo l’uscita di scena di Mario Puddu, candidato del M5S, l’unico candidato Presidente formalmente in campo è Andrea Murgia di AutodetermiNatzione. Gli altri potenziali candidati non sono attualmente pervenuti, ancorché la scadenza elettorale sia prevista tra tre mesi appena. Eppure, fatto salvo il titolo alquanto malizioso e i contenuti del secondo intervento di Amsicora “Regionali. E se ci stessero prendendo per i fondelli?”, qualche fatto merita ampia considerazione e qualche analisi di merito.
Innanzitutto continuo a ritenere possibile una convergenza da parte di tutto il mondo dell’indipendentismo, del sovranismo, di gruppi ed esponenti vari della sinistra sarda.
Questo raggruppamento da costruire insieme tra PDS, AutodetermiNatzione, una parte di Sinistra italiana, Sardigna Libera, associazioni e gruppi impegnati nei temi ambientali, antimilitaristi e pacifisti, se riuscissero a parlarsi seriamente, potrebbe superare ampiamente la soglia del 10% e potrebbe quindi lavorare per la predisposizione di un contratto di governo con il M5S sardo al fine di guidare la Regione con le elezioni del prossimo febbraio.
Sembra una maledizione, ma così come accade nel campo della sinistra politica italiana, anche il campo che formalmente si riconosce nel “principio di autodeterminazione” e vorrebbe unire tutto il popolo sardo, anzi la nazione sarda, non riesce a parlarsi vicendevolmente e continua a manifestare opinioni di ostracismo a vicenda. Si costruiscono assurdi muri e non ponti di comunicazione. Si dichiara di non voler stringere accordi e neanche discutere con chi ha condiviso percorsi politici o esperienze di governo con partiti italiani e con la giunta Pigliaru. La debolezza e l’assurdità di tali posizioni, per me inaccettabili, è che provengono da pulpiti sbagliati: gli stessi attori che sono stati militanti e parte attiva fino all’altro giorno in quelli che chiamano “i partiti italiani” o sono stati esponenti di spicco della giunta Pigliaru e di questo centrosinistra che, lo ricordo, ha partorito con Forza Italia la legge elettorale regionale peggiore d’Italia, sono quelli che si permettono di erigere steccati tra loro in nome di una verginità politica che certo non hanno e non può essere ricostituita con una verniciatura superficiale dell’ultima ora. Qualcuno a suo tempo ha detto “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”, ma qui si tratta di riconoscere che nessuno è senza peccato. Tutti gli attori sono stati fino all’altro ieri (qualcuno lo è tuttora), peccatori più o meno incalliti, e allora devono riconoscere a ciascuno pari dignità politica e buona fede nel lavorare per una prospettiva comune senza rinfacciarsi troppo le esperienze pregresse, ma riconoscendo come necessaria una sana autocritica rispetto a scelte precedenti. Se si è consapevoli della necessità di tale passaggio è possibile che questo schieramento abbia un futuro, altrimenti è destinato a dividersi, frantumarsi e polverizzarsi sempre di più e questo andrebbe evitato perché si tratta di una grande iattura che non possiamo proprio permetterci.
E’ noto a tutti che i 5S non fanno alleanze e neanche accordi, ma hanno fatto un contratto di governo con la Lega che in parte gli sta procurando problemi, per modo di dire, di natura politico gestionale e soprattutto gli sta erodendo consenso elettorale. E’ ampiamente noto che dal 4 marzo ad oggi la Lega ha aumentato il suo consenso del 14%!
Si ribadisce allora che se hanno fatto un contratto a livello nazionale, è lecito chiedersi perché tale possibilità non possa essere proposta anche qui in Sardegna e bisogna lavorare in questa direzione.
Mi pare che il dato da cui partire, nonostante i dissapori comunque presenti, è che il centrodestra sardo a trazione salviniana è vincente sulla carta e, per quanto mi riguarda, è lo schieramento da battere. Infatti i dati attuali lo danno per vincente a mani basse, sulla base di potenziali numeri che vedono la lega che cresce ancora fino al 18% rispetto all’11% dello scorso 4 marzo. Se si sommano i voti di FI, FDI, probabilmente di Unidos di Mauro Pili, dell’UDS e del resto dei raggruppamenti di tale schieramento, ci ritroviamo con la possibilità concreta che il centrodestra vinca con il premio di maggioranza più alto in quanto può superare il 40% dei suffragi.
I pentastellati, dal canto loro, devono dimenticare il 42% ottenuto nelle elezioni del 4 marzo. Le elezioni regionali sono un’altra cosa. Nei territori, ma anche a Cagliari per citare il capoluogo, il voto viene dato a chi vi è realmente presente e fortemente strutturato da un punto di vista organizzativo. Nei territori per le elezioni regionali non vale il voto di opinione. Per tale motivo ritengo che per i 5S avere un risultato intorno al 50% del consenso avuto alle politiche sia un risultato già considerevole, ma insufficiente per poter vincere. Per vincere bisogna fare accordi con altri e da qui nasce l’esigenza di un apparentamento come quello rappresentato sopra.
Il centrosinistra oggi è veramente poca cosa perché il PD è dato per spacciato anche da Renzi che da alcuni mesi lavora ad un suo partito personale, sperando di riuscire ad avere anche un congruo numero di voti proveniente da FI, speranza che personalmente definisco vana.
Di LEU si sono perse le tracce, forse è rimasto solo Grasso a rappresentarlo a livello nazionale e in Sardegna, come già è successo con SEL a suo tempo sopravvissuta allo scioglimento decretato da Vendola grazie a Zedda e Uras, è parzialmente rappresentato da una parte di SI, qualche confuso consigliere regionale in attesa degli eventi (MDP?) e soprattutto in attesa della decisione del sindaco Zedda di candidarsi.
Con questo chiaro di luna e considerato il consenso potenziale, tutto il centrosinistra può forse raggiungere un 20-22% risultante da 14% del PD, 3,5% Campo Progressista (ex SEL), altri al 2,5-4,5%. Insomma con questi numeri non si vince e per Zedda giocarsi la carta del Comune di Cagliari potrebbe non essere conveniente, a meno che non intenda ritagliarsi un ruolo nobile di prospettiva sul piano nazionale, ma questa è altra cosa che implica risorse culturali e capacità politiche ancora da dimostrare compiutamente.
E se nel centrodestra apparentemente unito ci fosse una spaccatura sul nome di Solinas (PSdAZ) in contrapposizione a Cicu (FI)?
In tal caso qualcuno suggerisce anche l’ipotesi, visto lo scarso appeal del defunto e riesumato centrosinistra, di un accordo intorno a Zedda anche di FI i cui voti si aggiungerebbero al 20-22% di cui sopra per arrivare alla maggioranza di governo, ma questa ipotesi mi sembra appartenga alla fantapolitica e non alla realtà.
Ritengo più probabile che a quel punto ci possa essere uno scenario più caotico sì, ma non inverosimile in quanto previsto dalla legge elettorale regionale. Si tratta dell’attribuzione dei seggi con il metodo solo proporzionale in quanto nessuno prenderebbe più del 25%.
Forse alcune forze politiche stanno lavorando consapevolmente e scientemente per questo scenario.
E qui entra di nuovo in gioco il PDS, anche nello sciagurato ma ad oggi unico caso reale presente sul tavolo, di mancato accordo del campo identitario riconoscibile nel “principio di autodeterminazione”. Al riguardo, le Primarias indette dal PDS, una intuizione straordinaria e di grande fascino, avrebbero potuto rappresentare una valida occasione di unione di tutto quel mondo, ma rischia di non esserlo perché si è fatto ancora una volta l’errore di procedere in solitudine proponendo agli altri di partecipare a posteriori, a cose ormai fatte e da condividere a scatola chiusa, pur non avendo concorso a determinarne il percorso e le procedure. Un vero peccato per quanto mi riguarda, ma personalmente auspico che le Primarias vedano una larga partecipazione anche di associazioni, gruppi e singole personalità che, pur non riconoscendosi nel PDS, le possono apprezzare come una grande occasione di espressione di scelte democratiche. Detto questo e indipendentemente dall’esito delle Primarias che comunque incoroneranno Paolo Maninchedda come candidato Presidente, aggiungo che il PDS, grazie al suo radicamento nel territorio regionale, ad una riconosciuta capacità amministrativa esercitata in alcuni comuni e nello stesso assessorato ai lavori pubblici della Giunta Pigliaru, può superare da solo la soglia del 5% e potrebbe diventare ago della bilancia nei confronti di qualunque maggioranza nel futuro Consiglio regionale.
Cosa fare allora in questo scenario tutt’altro che positivo?
Bisogna tentare ancora. Fermo restando che non possiamo determinare o condizionare le scelte altrui o rallentare convogli elettorali già in corsa, come democratici dobbiamo continuare l’impegno per favorire l’incontro di tutte le forze, movimenti e raggruppamenti che si riconoscono nell’obiettivo di battere il centrodestra per evitare che Salvini dalla Lombardia o dal Viminale decida per noi sardi.
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* Articolo pubblicato su Democraziaoggi, lunedì 19 novembre 2018.
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Per correlazione: iniziativa del CoStat.
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2 Responses to Elezioni

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