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logo-vescovo-ales-terralbaRoberto Carboni, Vescovo di Ales-Terralba
ELOGIO DEL DIALOGO, CONTRO LE INTIMIDAZIONI E MINACCE
Recenti fatti di cronaca accaduti nel nostro territorio ci hanno riportato ad un passato in cui le intimidazioni e le lettere anonime verso amministratori e anche parroci sembravano il modo privilegiato di affrontare i conflitti e le differenze di opinione. Dobbiamo con forza educare e educarci al dialogo come il vero strumento per la convivenza civile ed ecclesiale.
[segue]
Con preoccupante insistenza la cronaca della Sardegna riporta episodi di intimidazione verso gli amministratori locali e anche verso sacerdoti. Scritte minacciose, lettere anonime, messaggi aggressivi e carichi di allusioni violente sono stati registrati in questi ultimi mesi nel nostro territorio. Sembra di essere ritornati indietro nel tempo, quando l’intimidazione e la minaccia, più che il dialogo e il confronto, erano il metodo privilegiato per affrontare conflitti e differenze. Di fronte a questi fatti, dopo l’iniziale sconcerto, la necessaria condanna e soprattutto la solidarietà con le vittime, viene da chiedersi che incisività reale può aver avuto nel cuore degli autori di tali gesti tanta formazione sia scolastica che cristiana. Perché c’è da immaginare che queste persone abbiano ricevuto buoni insegnamenti, intessuto relazioni con tante persone, ascoltato e partecipato a tante iniziative legate alla formazione al dialogo e al rispetto verso gli altri.
Purtroppo l’esperienza insegna che si possono ricevere gli insegnamenti migliori, ma poi bisogna farli propri, personalizzarli nel vissuto. Ciascuno di noi di fronte a ogni relazione ha tre alternative: decidere di non intrattenere rapporti e non avere nessuno punto di incontro con l’altro. Oppure imporre agli altri la propria visione della vita e pretendere che questi si adeguino o infine entrare in dialogo con le persone, discutere, proporre, ascoltare, rivedere le proprie idee e convinzioni e cercare insieme una soluzione condivisa al problema. Nel primo caso, vi è la convinzione che dall’incontro con gli altri non vi è mai nulla di buono e di positivo da ricevere, per cui è meglio ignorarli o combatterli, prendendo i propri sentimenti, valori, visioni della vita e del problema come quelli unicamente validi. Nel secondo caso poi si pensa che l’unica soluzione sia quella di imporre le proprie idee, anche attraverso la manipolazione, la strumentalizzazione e, come nel nostro caso, attraverso l’intimidazione e la minaccia. Tutto ciò è preoccupante se questa si considera la via normale per risolvere un conflitto, dato che si vede la relazione nella prospettiva dei “vincitori e vinti”, senza alternative.
Vi è però la terza possibilità: il dialogo. A differenza delle altre ipotesi la logica del dialogo è quella del rispetto e della dignità e diversità delle persone. Da questo punto di vista si possono affrontare i problemi relazionali. Si possono rivedere le proprie opinioni e convinzioni superando le forme di rigidità mentale e comportamentale e la tendenza all’aggressività, aprendosi a nuovi orizzonti e prospettive per affrontare le differenze e i contrasti nella relazione con gli altri. Tutto ciò evidentemente non è automatico o scontato. È frutto di un complesso processo educativo, che deve iniziare, possibilmente, nella famiglia di origine per estendersi ed approfondirsi con il contributo di tutti coloro che educano: scuola, società, comunità ecclesiale e oggi anche i new media. Certo, il dialogo richiede tempo mentre sembra una scorciatoia imporsi con la violenza e l’aggressività, anche se poi il risultato è la paralisi della crescita come persone e come comunità. Ma che cos’è il dialogo? Il dialogo è il canale privilegiato di comunicazione ed il modo attraverso il quale le persone condividono e creano ciò che conoscono. Grazie ad esso ci apriamo al mondo dell’altro e lo facciamo partecipe del nostro. Questo non esclude l’importanza di conoscere le reali esigenze dell’altro, le intenzioni ed aspettative fra le quali vi può stare anche il disagio o le critiche. Invece la discussione aggressiva o l’intimidazione verbale o attraverso simboli (le cartucce, animali uccisi etc….) vuole mettere in evidenza la legge del potere, del più forte. Non c’è nessuno sforzo per ascoltare ma piuttosto una tendenza a imporre, a cercare soluzioni rapide, facili, senza confronto. Qui c’è la logica del “io vinco, tu perdi”. Manca in questa dinamica ciò che invece è presente nel dialogo: Sicurezza, fiducia ed apertura, intese come possibilità di esprimere liberamente le proprie opinioni senza il pericolo di ritorsioni, di vendette, di critiche negative, di battute sarcastiche. Cosa fare dunque perché sia il dialogo ad essere privilegiato? Nelle nostre comunità in diocesi, la maggioranza delle persone sono aperte all’incontro con gli altri, a sviluppare relazioni positive, a mettersi in ascolto e confronto costruttivo. Purtroppo, talvolta bastano pochi che fanno rumore con la loro aggressività perché questa maggioranza “silenziosa e pacifica” venga oscurata e diventi ancor più senza voce. Bisogna allora avere il coraggio di dire a voce alta che il cammino è quello del dialogo e dell’incontro. Dobbiamo aiutare alla gestione del conflitto non nella dinamica dei “vincitori e vinti”, ma piuttosto in quella che fa del punto di incontro condiviso un valore da ricercare.

Roberto, vescovo di Ales- Terralba
09091 Ales (OR) – Via Episcopio, 7 – Tel. 0783.91760 – E-mail: vescovoroberto@diocesialesterralba.va.it
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