Elezioni

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La buia notte che si profila e la
prospettiva di un’opposizione unitaria
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di Fernando Codonesu.

Dopo le elezioni in Abruzzo che hanno portato la Lega oltre il 27%, il M5S al 20% col dimezzamento dei consensi raccolti nelle elezioni politiche del 4 marzo scorso e il PD all’11%, cosa ci si può aspettare in Sardegna?
Intanto aumenterà l’astensione e per la prima volta dall’esistenza della Regione è prevedibile che voterà meno della metà degli elettori, forse il 45/47%, e ciò è un grave vulnus della rappresentanza democratica oltre ad un’ulteriore constatazione dei danni direttamente derivanti dalla pessima legge elettorale regionale.
Avevamo auspicato l’unità delle forze e dei movimenti identitari, autonomisti, indipendentisti e delle forze a sinistra del PD, che teoricamente potrebbero rappresentare un buon 20% dell’elettorato, ma hanno preferito andare avanti in ordine sparso con la presentazione di quattro liste, con il rischio reale che almeno due dei simboli in corsa rimangano lontanissimi dalla soglia di sbarramento e se per gli altri due candidati presidente si può ipotizzare il superamento del 5%, non è altrettanto certo che le due liste collegate siano in grado di superarlo.
Naturalmente ci piacerebbe che il 25 febbraio i risultati smentissero questa affermazione: avremmo solo da festeggiare, ma è un’ipotesi altamente improbabile, ahinoi!
Del M5S ho già avuto modo di parlare e sui blog Democraziaoggi e Aladinews Andrea Pubusa ha spiegato anche della nostra proposta di un affiancamento con una lista proveniente dalla società civile e sganciata dai partiti, ma non c’è stato niente da fare. Il M5S si è votato per scelta all’isolamento e questo condurrà ad un ridimensionamento pesante del loro consenso elettorale, tutto a vantaggio del loro socio-concorrente di governo, la Lega di Salvini. Senza una politica di alleanze è evidente che questo movimento è destinato a non vincere alcuna competizione locale: una politica suicida che vanifica l’alto consenso di cui ancora gode, ancorché in fase calante e che continuerà a scendere inesorabilmente di fronte alle evidenti difficoltà nell’azione di governo e totale mancanza di una classe dirigente adeguata allo scopo.
Sono annunciati per la settimana prossima cinque giorni di presenza di Salvini in Sardegna, che sull’onda di un credito politico in costante ascesa si prefigge di conquistare definitivamente l’elettorato sardo, anche con la sparata del prezzo “politico” del latte in barba al mercato e della soluzione del problema dei pastori “in 48 ore”. La follia di tutto questo è che molti elettori lo seguiranno convintamente senza il bisogno neanche di “turarsi il naso” e gli faranno raggiungere una percentuale dei consensi inimmaginabile appena qualche mese fa.
Insomma, Salvini farà una passeggiata di cinque giorni in Sardegna e potrà dire in idioma lombardo-bergamasco l’equivalente di “veni, vidi, vici”.
Infatti, il tema degli immigrati ridotto a puro e semplice problema di “sicurezza” sull’onda dei provvedimenti incominciati da Minniti e i proclami sulla vicenda del prezzo del latte pagheranno anche in terra di Sardegna nelle urne e il vero vincitore sarà Salvini e non certo i sardi e le forze politiche sarde.
D’altronde abbiamo avuto i precedenti di Berlusconi con la sparata della sua telefonata risolutrice a Putin per la soluzione dei problemi del Sulcis e poi l’innamoramento per Grillo e dintorni fino al 42% delle elezioni politiche del 4 marzo. In quei due casi i voti sono stati espressi e loro se li sono presi senza sforzo alcuno, ma i problemi sono rimasti tutti sul terreno.
Per il 24 febbraio è facile prevedere che la Lega raggiungerà un risultato analogo se non superiore a quello conseguito in Abruzzo considerato il buon 11% di partenza, con i 5S che si attesteranno al 20% o poco più e con un risultato analogo del PD, e dei rimasugli del centrosinistra che fu, dietro il faccino sorridente e rassicurante di Zedda, quale camuffamento per nascondere il fallimento dei cinque anni della giunta Pigliaru. A questo punto discutere sul raggiungimento del secondo o sul terzo posto ha poco senso, così come interrogarsi sui meriti e demeriti degli uni o degli altri.
Insomma, si profila una notte molto buia per la Sardegna governata dalla Lega di Salvini, ma forse questo potrà permettere un buon percorso di opposizione comune tra M5S, Centrosinistra e le forze identitarie che entreranno in Consiglio, ridando la possibilità concreta di intravedere una luce in fondo al tunnel.
In questa direzione, e non vuole essere una consolazione ma la semplice presa d’atto della situazione, noi siamo pronti a fare la nostra parte.
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- Anche su Democraziaoggi.
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LO SGABELLO
di Raniero La Valle.

Ancora una volta si sta sbagliando diagnosi e prognosi rispetto a ciò che è avvenuto domenica con le elezioni in Abruzzo. Sembra che il tema sia quello della competizione in atto tra Lega e 5 Stelle, e che tutta la domanda riguardi il futuro, su come continuerà la gara, se i 5 Stelle riusciranno a rimontare lo svantaggio in vista delle elezioni europee, o saranno le opposizioni a trarne vantaggio.
Invece l’Abruzzo ha dimostrato ciò che è già successo e ciò che certamente avverrà se non sarà interrotto l’attuale corso delle cose.
Ciò che sta per accadere è quanto segue:
Le autonomie differenziate che si stanno per concedere alle regioni del Nord esacerberanno lo squilibrio tra Regioni e Stato, divideranno il Paese rompendo la condizione di eguaglianza in base al censo, renderanno più povero ed emarginato il Sud, creeranno disparità di diritti e di tutele tra chi abita in un luogo o in un altro del nostro Stato unitario;
Le riforme costituzionali in corso trivialmente motivate dal rapporto costi-benefici, come se fossero la TAV, e dalla lotta contro “la casta”, revocheranno la centralità del Parlamento, svuoteranno la rappresentanza, guasteranno il processo legislativo e se approvate con la probabile maggioranza dei due terzi, saranno sottratte al vaglio del referendum popolare.
La riforma del Codice penale trasformando da eccezione a regola la violenza esercitata per “legittima difesa” armerà i cittadini, potenzierà le lobby dei fabbricanti d’armi e indurrà una sempre più diffusa cultura da Far West.
Il passaggio alla fase esecutiva del “decreto sicurezza” creerà folle di stranieri vaganti per l’Italia senza controlli, negherà loro il nome all’anagrafe e il diritto a un’esistenza legittima e renderà precaria la stessa cittadinanza, che ai non meritevoli potrà essere revocata a discrezione del governo;
La perdita di credibilità sul piano internazionale finirà per paralizzare la politica estera dell’Italia e la speranza stessa di un suo ruolo nel mondo. Sta già accadendo con la rinunzia alla neutralità nella crisi venezuelana, che avrebbe dovuto indurre le parti al dialogo, non a qualunque dialogo ma a quello, come ha scritto il papa a Maduro, “che si intavola quando le diverse parti in conflitto mettono il bene comune al di sopra di qualsiasi altro interesse e lavorano per l’unità e la pace”. Invece l’Italia si è rapidamente riallineata all’ideologia occidentalistica sempre pronta a interventi violenti nelle sovranità altrui, con le conseguenze ben note dal Cile di Pinochet al Brasile dei generali, da Saddam Hussein a Gheddafi, dall’Afghanistan alla Siria, per ricordare le recenti grandi devastazioni della politica mondiale.
Ciò che è già successo domenica in Abruzzo, non parla dell’Abruzzo, ma parla dell’Italia. E proprio perché Salvini non c’entra niente con l’Abruzzo, dovrebbe essere chiaro che la questione è l’Italia.
Ciò che è successo è che si sta compiendo il processo per cui una minoranza prende il potere, ma non per virtù propria, bensì perché il sovrano glielo consegna, e si fa sgabello di tale alienato potere.
È accaduto quando il sovrano consegnò il potere a Mussolini, venuto in vagone letto da Milano mentre le sue comparse facevano la marcia su Roma; era a capo di una minoranza residuale, reduce dall’interventismo, e con le idee confuse, ma il sovrano lo mise sul piedistallo e gli lasciò la scena, senza avvedersi di segnare così la sua fine, il suicidio del regno.
La Lega era una minoranza in declino, il più vecchio partito tra quelli esistenti, come è stato ricordato in questi giorni, e mai era stata capace di egemonia e di dominio: fino a quando il sovrano, ossia il popolo sovrano, mediante le due forze uscite vittoriose dalle elezioni del 4 marzo, 5 Stelle e Partito democratico, l’ha messa al potere, le ha consegnato l’interno, e non solo l’interno, del Paese, le ha dato lo sgabello di una base parlamentare e di massa e ha portato tutta l’informazione a farsene eco.
Le elezioni in Abruzzo (non c’è bisogno di aspettare le europee) sono forse l’ultimo avviso per fermare in tempo la resistibile ascesa. Prima che le cose più gravi, già annunziate, accadano. Non c’è nessuna rivoluzione da fare: della mente, certamente sì, ma dal punto di vista istituzionale basta una crisi di governo. Per molto meno nella precedente fase della Repubblica la forza di maggioranza, la DC, faceva le crisi di governo, e fu così che quel partito non si suicidò anzitempo, e governò per quarant’anni, e fece sì che reggesse l’impianto democratico e costituzionale, con vantaggio di tutti. Così dovrebbe fare, oggi non domani, la forza di maggioranza; se è movimento si muova, faccia politica, rivendichi grandi valori democratici e nazionali, acquisendo il merito storico di interdire la restaurazione impietosa della nuova destra.
Il Paese è solido, i sindacati sono di nuovo uniti. Basta togliere lo sgabello, e comincerà una transizione in vista di costruire poi, finalmente, il nuovo.
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Da
Chiesa di tutti Chiesa dei poveri
Newsletter n. 137 del 14 febbraio 2019
www.chiesadituttichiesadeipoveri.it

One Response to Elezioni

  1. […] L’opposizione ci farà rinsavire? 15 Febbraio 2019 Fernando Codonesu – Su Democraziaoggi. – Su Aladinews. —————-Oggi————— […]

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