Europa, Europa

SALVINI SU FACEBOOK CON IL MITRA, SCOPPIA IL CASO SUL POSTAlle elezioni europee un voto intelligente contro i malvagi
di Raffaele Deidda
“Il mondo non sarà distrutto dai malvagi, ma da coloro che restano a guardarli senza fare niente”, diceva Albert Einstein, ebreo non praticante che non è stato solo un genio della fisica ma anche un ispiratore della politica, oltre ad aver dato un contributo determinante alla nascita del pacifismo moderno.
Dietrich Bonhoeffer, il teologo luterano protagonista della resistenza al Nazismo, invece scrisse: “Il silenzio di fronte al male è esso stesso un male. Non parlare è parlare. Non agire è agire”, prima di essere impiccato, a soli 39 anni, per aver partecipato al fallito attentato a Hitler nel luglio 1944. Il messaggio di Bonhoeffer è mirato a metterci in guardia dai malvagi che sono astuti, dicono di operare per il bene e, come i messia, parlano di necessità storica e sociale. Anche e soprattutto quando questa è funzionale a mettere i poveri contro i poveri. I malvagi ci rendono insicuri e paurosi di tutto, ci spingono ad essere diffidenti nei confronti del nuovo e del diverso. Per Bonhoeffer, però la stupidità è un nemico ancora più pericoloso della malvagità: “Contro il male è possibile protestare, ci si può compromettere, in caso di necessità è possibile opporsi con la forza; il male porta sempre con sé il germe dell’autodissoluzione, perché dietro di sé nell’uomo lascia almeno un senso di malessere. Ma contro la stupidità non abbiamo difese. Lo stupido, a differenza del malvagio, si sente completamente soddisfatto di sé; anzi, diventa addirittura pericoloso, perché con facilità passa rabbiosamente all’attacco.”
Quindi motivare, tentare di spiegare non serve a niente. La stupidità vive di pregiudizi e alla ragionevolezza e ai fatti si oppone, non crede, si mostra scettica. Oppure lascia che l’ignavia, travestita da opportunismo, sposi la malvagità senza mai interrogarsi. Come accadeva al mitico barbiere di Stalin che, si narra, facendo bene il suo lavoro e venendo per questo apprezzato, si disinteressava della moralità dei suoi clienti. Figuriamoci di un cliente come Stalin! Perché si sarebbe dovuto sentire corresponsabile dei delitti del dittatore georgiano? Forse non avrebbe neppure capito che, semplicemente aggiustando i baffoni di “zio Josif”, si poneva nella posizione di un consulente d’immagine e pertanto di colluso col regime.
Ovunque, e l’Italia non fa certo eccezione, moltissime persone come quel barbiere, per ragioni di militanza o di opportunismo, non si sentono responsabili dei misfatti che la politica dei loro leader di riferimento produce. Si sentono innocenti e sereni, pur nella manifesta connivenza con l’ingiustizia e la disumanità. Talvolta manifestano irritazione, commentano negativamente e borbottano, ma non reagiscono pubblicamente.
Esempio emblematico le parole del ministro leghista della Famiglia, Fontana: “Ci dicono che siamo cattivi cristiani. Però bisognerebbe anche guardare un po’ il catechismo. C’è un passaggio da tener conto: ‘ama il prossimo tuo’, cioè quello in tua prossimità. Quindi, prima di tutto cerchiamo di far star bene le nostre comunità”. Aggiungendo: “Immagino che, come me, voi tutti vediate ogni tanto anche le pubblicità che mostrano chi veramente muore di fame in Africa. E vedete che non sono quelli che arrivano qui. Quindi, ama il prossimo tuo, quello nella tua prossimità. Se abbiamo 4-5 milioni di poveri, non possiamo andare a occuparci dei poveri del resto del mondo, perché chi governa ha innanzitutto il dovere di far stare bene la comunità che, appunto, governa.”
Terribile il Vangelo leghista imperniato di egoismo, quando non sfocia nell’odio razziale e nella xenofobia! In linea con quanto afferma Luca Morisi, il social media manager di Matteo Salvini, ideatore di “La Bestia”, la tecnologia che supporta la sua propaganda sui social con il lancio di “messaggi forti, estraendo dall’opinione pubblica i sentimenti negativi – rabbia, paura e aggressività – in modo da abbassare la guardia di chi ascolta”.
Come sembrano risuonare in tutta la loro attualità le parole di Einstein e di Bonhoeffer e quanti stupidi, quanti barbieri di Stalin vediamo assentire quando i malvagi strateghi lanciano i proclami contro gli immigrati che rubano il lavoro, che stuprano le donne, che contaminano l’italica razza. A quanta nuova, inquietante barbarie assistiamo. Per questo non possiamo restare a guardare i malvagi senza fare niente, pena la distruzione di quel mondo, di quella umanità che i nostri padri hanno costruito per noi.
Per questo il 26 maggio dobbiamo recarci alle urne e votare, con la nostra intelligenza e sensibilità, per superare barriere ed egoismi che impediscono l’elaborazione di politiche comuni e mettono pericolosamente a rischio la costruzione della Casa comune europea. Votando a favore di un’Europa più integrata, più democratica e più solidale, contro i malvagi del nuovo millennio.
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Beni comuni e amministrazione condivisa • Il punto di Labsus
Europa, bene comune?

Ci sono oggi, in Italia e altrove, politici capaci di ridare un’anima all’Europa?

di Gregorio Arena [21 Maggio 2019]

Se al posto degli attuali politici senza visione, condizionati dalle paure e dagli umori di elettori incattiviti, ci fossero uomini capaci come Spinelli di guardare oltre l’esistente, si accorgerebbero che l’Europa ha un patrimonio di valori il cui sviluppo, a beneficio di tutti gli abitanti del pianeta, potrebbe diventare il grande progetto intorno a cui mobilitare la parte migliore della società europea.
Perché è vero che l’Europa è un continente, che l’Unione Europea, cioè l’unione dei paesi e dei popoli di questo continente, è un’istituzione e che dunque l’Europa, in quanto tale, non è un bene comune.
Ma il processo di integrazione che ha creato e che continua a plasmare l’Unione Europea, questo processo certamente è un bene comune di cui tutti dobbiamo prenderci cura, come dovremmo prenderci cura del clima, dell’ambiente, del territorio e di tanti altri beni comuni da cui dipende la qualità delle nostre vite. Non è genericamente l’Europa il bene comune, ma lo è il processo di integrazione fra popoli e paesi che in circa settant’anni ha prodotto tanti effetti fra cui soprattutto uno che, a sua volta, è anch’esso un bene comune.

La pace, bene comune
Il principale effetto prodotto dal processo di integrazione in Europa è infatti la pace fra i popoli europei. La pace è il bene comune per eccellenza, del quale o si gode tutti o non si gode affatto. Essa non è semplice assenza di guerra, così come la salute non è semplice assenza di malattie. E dalla pace dipende il godimento di tutti gli altri beni comuni, l’esercizio dei diritti fondamentali e addirittura la vita stessa.
Ai giovani europei di oggi, che non hanno mai conosciuto la guerra neanche nei racconti dei loro genitori, sembra normale. E invece uno dei grandi successi del processo di integrazione dei nostri popoli sta proprio nel fatto che tecnicamente e giuridicamente oggi la guerra fra i paesi europei non è più possibile. Pochi lo ricordano, ma nel 2012 l’Unione Europea ha ricevuto il Premio Nobel per la pace per la funzione svolta dall’Unione nel trasformare la maggior parte dell’Europa da un continente di guerra in un continente di pace.
Certo, purtroppo continuano ad esserci guerre fuori dalla comunità europea, anche vicinissimo a noi, come è stato nei Balcani negli anni Novanta del secolo scorso. Ma il fatto straordinario è che l’Europa non è più il luogo dove iniziano le guerre, perché gli stati europei hanno rinunciato all’uso della forza nei rapporti reciproci, così come hanno rinunciato ad un altro attributo fondamentale dello stato moderno, battere moneta.

La diversità, bene comune
La pace fra i popoli ed i paesi europei si fonda a sua volta sul rispetto di un valore che rende l’Europa veramente unica nel panorama mondiale, qualcosa che a noi europei sembra ormai scontato, ma che scontato non è affatto, anzi, è sempre a rischio: cioè la coesistenza delle diversità nel rispetto reciproco.
“L’Unione rispetta la diversità culturale, religiosa, linguistica” (art. 22 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea). Detto in altri termini, l’Unione è uno spazio pubblico improntato ad una concezione laica della vita che significa innanzitutto accettazione della diversità (che è una cosa diversa e ulteriore rispetto alla semplice tolleranza) nella convinzione che la varietà è una risorsa. Lo dimostra, fra i tanti altri esempi, quello straordinario programma chiamato Erasmus, grazie al quale milioni di giovani europei hanno imparato a conoscersi, a rispettarsi e ad apprezzarsi.
Questo vuol dire che chiunque guardi oggi all’Unione europea dal resto del mondo vede popoli che dopo essersi scannati reciprocamente per secoli in nome di religioni, ideologie, identità e culture diverse hanno imparato a vivere insieme nel rispetto e nell’accettazione reciproca. E in più hanno imparato a rispettare ed accettare le diversità derivanti dal sesso, dalla razza, dalla religione, dalle convinzioni personali, dalla disabilità, dall’orientamento sessuale e, in generale,“dalle condizioni personali e sociali”, come recita l’art. 3, 2° comma della nostra Costituzione.

I demoni del Novecento
Purtroppo, in questi ultimi anni i demoni del Novecento, quelli che ci eravamo illusi di aver seppellito per sempre nei sotterranei della storia, stanno tornando fuori urlando rabbiosi dopo settant’anni di esilio: il nazionalismo, il razzismo, la xenofobia, l’antisemitismo, la violenza contro le donne, l’omofobia e le tante altre forme in cui si manifesta l’odio contro chiunque sia diverso dall’odiatore sono tornati e riempiono piazze e social, mettendo in discussione la ragione stessa del processo di integrazione europeo.
Se infatti la diversità non è più considerata un valore da coltivare bensì un ostacolo all’affermazione delle identità e degli interessi nazionali, perché proseguire nel processo di integrazione fra diversi? Meglio separarsi, distinguersi, isolarsi, respingersi… e un giorno, finalmente, combattersi.

I valori dell’Unione
Ma la coesistenza delle diversità nel rispetto reciproco è solo il primo della serie di valori su cui si fonda il processo di integrazione europea. Si tratta di sette valori, contenuti nel Trattato di Lisbona e nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, che costituiscono parte integrante dell’identità e del modo di vivere europeo. Ognuno di loro si lega agli altri e dipende dagli altri per la sua realizzazione. Tutti insieme, costituiscono la cornice al cui interno si sviluppa il processo di integrazione europea.

Dignità umana. La dignità umana è inviolabile. Deve essere rispettata e tutelata e costituisce la base stessa dei diritti fondamentali.

Libertà. La libertà di movimento conferisce ai cittadini il diritto di circolare e soggiornare liberamente nell’Unione europea. Le libertà individuali, quali il rispetto della vita privata, la libertà di pensiero, di religione, di riunione, di espressione e di informazione, sono tutelate dalla Carta dei diritti fondamentali.

Democrazia. Il funzionamento dell’Unione si fonda sulla democrazia rappresentativa. Essere cittadino europeo significa anche godere di diritti politici. Ogni cittadino adulto dell’Unione ha il diritto di eleggibilità e di voto alle elezioni del Parlamento europeo.

Uguaglianza. Uguaglianza significa riconoscere a tutti i cittadini gli stessi diritti davanti alla legge. Il principio della parità tra uomo e donna è alla base di tutte le politiche europee, ed è l’elemento su cui si fonda l’integrazione europea.

Stato di diritto. L’Unione europea si fonda sul principio dello Stato di diritto. Tutti i suoi poteri riposano cioè su trattati liberamente e democraticamente sottoscritti dai paesi membri. Il diritto e la giustizia sono tutelati da una magistratura indipendente.

Diritti umani. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea tutela i diritti umani, fra cui il diritto a non subire discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale, il diritto alla protezione dei dati personali e il diritto di accesso alla giustizia.

Ridare un’anima all’Europa
Questa è l’Europa che con il voto di domenica prossima bisogna far crescere e che può proporsi al resto del mondo come modello, non certo l’Europa delle quote, delle lobbies, delle burocrazie comunitarie, delle chiusure egoistiche nei confronti di chi viene dal sud del mondo. Ma ci sono oggi, in Italia e altrove, politici capaci di ridare un’anima all’Europa?

Immagine di copertina: “Il rapimento d’Europa”, Noël-Nicolas Coypel, 1726-1727

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Link esterni:

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