PRENDERE LA PAROLA

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Di fronte al riemergere di pulsioni che partono dal populismo per arrivare all’autoritarismo, “è il tempo di uscire dall’astensione, dal prendere cautamente le distanze, dalla litania dei distinguo. Questo è il tempo del coraggio”. Sono le parole del direttore di Repubblica Carlo Verdelli nell’editoriale di presentazione del restyling del quotidiano. “In questo giornale”, conclude, “abbiamo già deciso: alzeremo la voce”. Dagli striscioni contro il ministro dell’Interno Matteo Salvini esposti sui balconi (Valigia Blu) alla risposta del direttore del Tg di La7, Enrico Mentana, alle critiche sui contenuti dei telegiornali italiani (La7), emerge sempre più l’esigenza di “alzare la voce” e “prendere la parola”. E spesso sono figure femminili a farlo, inserendosi in un percorso di manifestazione del dissenso che molte donne in Italia hanno espresso, finendo in alcuni casi per essere oggetto di critiche e attacchi.
La vocazione a dissentire – In questo contesto, appare cruciale allora il ruolo degli intellettuali, in particolare quelli “eterodossi”, che con il loro pensiero non allineato rendono possibile la dinamica del mutamento. Oggi chi fa ricerca, chi produce e promuove cultura deve avere il coraggio di esserci. Non per somministrare ricette salvifiche, ma per offrire un argine alla lettura propagandistica dei fatti, per non arrendersi al monologo piatto del “non c’è alternativa”, per allentare – con il potere del racconto e della condivisione di informazioni ed esperienze – la diffidenza che oggi sfilaccia il legame sociale. Di questi tempi serve restare e rimboccarsi le maniche.

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