«Sabati sostenibili». I giovani possono cambiare le abitudini di spesa delle famiglie

20181127_1_65098320E se il sabato si trasformasse per tutti nel giorno del ‘voto con il portafoglio’ a favore della sostenibilità ambientale e sociale?
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I giovani possono cambiare le abitudini di spesa delle famiglie

Leonardo Becchetti* ed Enrico Giovannini**
mercoledì 19 giugno 2019 su Avvenire

E se i giovani dei Fridays for Future, che si sono mobilitati in tutto il mondo per chiedere agli adulti e alle istituzioni di ‘non rubargli il futuro’ e di costruire un domani sostenibile per il pianeta, coinvolgessero le proprie famiglie in Saturdays for Future, dedicati a cambiare le abitudini di spesa? Se, cioè, il sabato, il giorno successivo alla mobilitazione, quando oltre la metà delle persone fa abitualmente la spesa settimanale, si trasformasse per tutti nel giorno del ‘voto con il portafoglio’ a favore della sostenibilità ambientale e sociale?
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Noi crediamo che un impegno ‘generativo’ di questo tipo lancerebbe un fortissimo segnale al mondo economico e finanziario. Per questo, la nostra proposta è di cominciare i Saturdays For Future a settembre (il 21 o il 28, a seconda della data prescelta per il prossimo sciopero globale degli studenti per il clima), il che consentirebbe di preparare adeguatamente la giornata dedicata ‘al consumo e alla produzione responsabile’ di cui parla l’Obiettivo 12 dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, il quale precede l’Obiettivo 13 dedicato alla lotta al cambiamento climatico.

I Saturdays for Future potrebbero aiutare i mercati e le imprese ad accelerare la transizione verso la sostenibilità, rendendo l’impegno per l’ambiente e il rispetto dei diritti dei lavoratori e delle comunità in cui esse operano economicamente conveniente. Un evento del genere segnerebbe la nascita di un nuovo potere dal basso e di un nuovo modo di fare economia. Che spingerebbe i media a non parlare solo della variazione degli indici finanziari, ma anche dell’azione mirata da parte di consumatori responsabili. Abbiamo dei meccanismi mentali, quasi automatici, che ci portano a pensare che tutto quello che accade nel sistema economico passi sopra le nostre teste senza che noi possiamo influire minimamente.

E crediamo che il cambiamento politico ed economico sia realizzato solo dal concorso della mano invisibile del mercato con quella visibile di un deus ex machina, un sovrano illuminato e benevolente (speriamo sempre che lo sia) che da solo e dall’alto cambia le cose. Per questo gran parte della nostra ‘attività sociale’ sta nella ricerca passiva di un leader che ci cavi le castagne dal fuoco. L’economia non funziona così e il progresso umano, sociale ed economico è qualcosa di molto più complesso. Se un meccanico può fare tutto da solo per riparare un’automobile e un buon medico per essere efficace ha invece bisogno del concorso del paziente, il bene politico ed economico è ancora più difficile da raggiungere perché le buone ricette non bastano, ma c’è bisogno del concorso degli stili di vita dei cittadini.

Gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite ci parlano di un mondo ‘a quattro mani’. Impossibile raggiungere gli obiettivi su povertà, fame, ambiente, salute senza il concorso della ‘terza mano’ della cittadinanza attiva e della ‘quarta mano’ delle imprese responsabili che imparano a creare valore economico in modo sostenibile. Innescare il ‘cambiamento a quattro mani’ ha bisogno di una miccia accesa dal basso. Il mercato è fatto di domanda e offerta e noi cittadini/consumatori siamo la domanda. Senza le nostre scelte di consumo e risparmio l’economia si ferma. Se ne diventassimo tutti consapevoli e da domani imparassimo a ‘votare col portafoglio’ il mondo cambierebbe.

Gli ostacoli che si frappongono a questo sogno sono quattro: consapevolezza, informazione sulla sostenibilità dei prodotti, coordinamento delle scelte individuali e differenze di prezzo. Proprio per questo un Saturdays for Future sarebbe fondamentale e rappresenterebbe un gigantesco cash mob in grado di far crescere consapevolezza e informazione, con un’enorme esercitazione di coordinamento delle scelte.

Nessuno è così ingenuo da pensare che la terza e la quarta mano possano agire da sole. Ma sappiamo anche che la seconda mano della politica si muove sulla scia del consenso degli elettori. Se vogliamo che la seconda mano collabori e vari una serie di iniziative di policy già messe a fuoco dagli esperti (ecotasse sociali e ambientali, introduzione di indicatori di sostenibilità nei meccanismi di remunerazione dei manager e molto altro) un Friday for Future seguito da un Saturday for Future potrebbe dare una forte spinta al cambiamento, anche delle regole politiche, nella direzione di uno sviluppo sostenibile sul piano economico, sociale e ambientale.
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*Docente di Economia all’università di Tor Vergata, cofondatore della Scuola di economia civile
e direttore del Festival dell’economia civile

**Portavoce dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis) e già ministro e presidente dell’Istat
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- L’articolo e l’immagine in testa sono tratte dal sito web di Avvenire online.
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Referendum sull’acqua, otto anni fa
Emilio Molinari
sbilanciamoci
Sbilanciamoci, 21 Giugno 2019 | Sezione: Alter
Sono passati otto anni da quando 27 milioni di italiani, un popolo, si pronunciarono per l’acqua pubblica e ora il Parlamento sta per cancellare in sordina la legge di iniziativa popolare.

Sono passati otto anni e sembra un secolo per gente che ha perso la memoria. Eppure otto anni fa, il 12/13 di giugno, 27 milioni di italiani si pronunciavano per l’acqua pubblica.

Un popolo si recò alle urne, un popolo vero, non sospinto dai partiti che remavano tutti contro, non sollecitati dai talk show, quasi tutti altrettanto contro, solo popolo e comitati e autorganizzazione dal basso.

Otto anni non sono il “decennale” ma forse vale la pena lo stesso di celebrare questo anniversario, dal momento che il parlamento sta cancellando in sordina la nostra legge di iniziativa popolare.

Nel frattempo l’UNICEF e L’Organizzazione Mondiale della Sanità ci dicono che: 1 persona su 3 nel mondo non ha accesso ad acqua sicura da bere. Circa 2,2 miliardi di persone nel mondo non hanno servizi di acqua potabile gestiti in sicurezza, 4,2 miliardi non hanno bagni gestiti in sicurezza e 3 miliardi non hanno servizi di base per lavarsi le mani.

Si muore per questo, si scappa dal proprio paese per questo.

Forse m’illudo, ma è possibile promuovere una iniziativa pubblica, grande, con tutti coloro che hanno continuato a lavorare per l’acqua diritto Umano e bene Comune. Con gli intellettuali e gli artisti che generosamente ci diedero una mano. Con i ragazzi che chiedono di fermare il riscaldamento della terra, con il movimento ecofemminista delle donne, con chi mette in piazza con il Gay Pride centinaia di migliaia di persone, con chi si batte per i diritti degli emigranti, con i sindacati e i pensionati, con chi si riconosce nella Laudato SI’ di Papa Francesco. Con chi ha fede, con chi non ce l’ha e con chi per un verso o per l’altro vuole restare umano.

Perché non si può restare indifferenti di fronte a un simile scempio della vita e della democrazia.

Quelli dell’acqua hanno anticipato i grandi temi odierni dell’esaurirsi delle risorse idriche, del clima e delle emigrazioni ambientali. E detto da tempo: Salvare l’acqua è Salvare il Pianeta è Salvare la democrazia.

Salvare il ciclo dell’acqua che dà la vita, salvarlo dagli inquinamenti, dagli abusi del consumismo, dalle predazioni, dalle mani criminali delle multinazionali, dal degrado della politica e dall’indifferenza che genera mostri.

Senza retorica, credo che con il 12 Giugno del 2011 abbiamo fatto storia, cultura, linguaggio.

Abbiamo parlato a tutti, eliminato divisioni e creato ponti tra tante diversità.

Bisogna celebrarlo oggi, quel referendum, anche se ne resta poco, visti i risultati, ma se non altro per ricordarlo a chi l’acqua l’ha messa tra le sue 5 stelle e oggi governa ed è quindi doppiamente tenuto al rispetto della volontà popolare.

Celebrarlo, per dire a chi fa incrudelire il popolo per governare, che il popolo italiano sull’acqua “senza padroni e senza profitti”, si è già pronunciato unito: di destra, di sinistra, sovranista, europeista, uomo o donna e leghisti compresi. Solo popolo, solo umano.

Celebrarlo, per dire non solo ai dirigenti, ma al popolo del PD, che non serve scaricare in continuazione, dopo averli osannati, i propri segretari senza mai scaricare le devastanti politiche perseguite.

Interrogatevi una buona volta su quanto male avete fatto alla democrazia e a voi stessi, perseguendo la svendita di tutto ciò che è pubblico e boicottando il voto referendario. Cancellandolo avete perso una grande occasione per fermare la vostra deriva. Non avete capito che ciò che si manifestava con quel referendum così trasversale, così autonomo, era l’ultimo sussulto di umanità, di solidarietà, di comunità, che il nostro popolo esprimeva, prima di sprofondare nel livore, nell’egoismo, nel: prima gli italiani, prima casa mia, prima io.

Dite ai vostri dirigenti, pentiti di aver abbandonato le classi sociali meno abbienti, se non pensano debbano pentirsi per ciò che hanno determinato le privatizzazioni… e la devastazione dello stato sociale.

Smarcatevi da Salvini, sostenete la legge d’iniziativa popolare sull’acqua pubblica. Ripartite dalle città, dall’acqua, dal suo essere bene comune pubblico, dalla sua sicurezza che è la salute. Fatevi promotori dell’unica grande opera di civiltà e di cultura del diritto umano: quella di riparare la rete idrica italiana che perde il 60% dell’acqua, proprio dove è gestita privatamente, creando con questo nuovi posti di lavoro.

Le nubi di destra sovrastano il Paese? E’ vero e m’inquietano.

Ma aver distrutto nella gente ogni idea collettiva, ogni idea di cosa pubblica e svenduto ai privati beni e servizi fondamentali per vivere insieme, non c’entra forse con ciò che di nero si addensa all’orizzonte?

Ripensare dopo otto anni al referendum sull’acqua, vuol dire ripensare alla politica, quella vera, ripensare al popolo a quello della Costituzione.

Io non conto nulla, solo penso che finché mi regge il fiato ho il diritto di indignarmi per tanti errori e tanta indifferenza.

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