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Elezioni

IL SONNO DELLA RAGIONE CREA MOSTRI
sedia-van-gogh4La sedia
di Vanni Tola
Campagna elettorale, ritorna la strategia della tensione per far vincere le destre. Come in passato con il “pericolo” dell’estremismo rosso, anche stavolta si fa perno sulla paura della gente minacciando la “bomba sociale che sta per esplodere” rappresentata dai migranti. Ignorato l’invito del Presidente della Repubblica ad abbassare i toni del dibattito elettorale e l’invito imperativo del Ministro degli Interno a “non cavalcare l’odio”.
Il sospetto che il gesto stragista di un fascista non fosse un episodio occasionale generato da uno squilibrato era nell’aria. Molti hanno pensato, con ragione, ad un gesto inserito in una precisa strategia del terrore finalizzata a garantire e rafforzare l’affermazione elettorale delle destre. Diversi segnali lo confermano. Intanto l’atteggiamento dell’autore del gesto che viene descritto come assolutamente non pentito e lucidamente convinto, e magari anche fiero, della strage compiuta. Poi l’immediato appoggio al suo operato di una formazione di destra, Forza Nuova, che con tempestività annuncia sostegno morale e assistenza legale all’autore del fatto criminale. Via a seguire Salvini che, pur condannando il gesto in sé, dichiara che la responsabilità dell’accaduto va ricercata nella “invasione” di clandestini in atto. Simile la posizione della Meloni (Fratelli D’Italia). Inizialmente fuori dal coro Silvio Berlusconi che, nelle prime ore dopo la vicenda, preferisce attribuire il gesto ad uno squilibrato. Giusto il tempo di comprendere che non poteva lasciare al solo Salvini la gestione della strategia della paura ed ecco che anche Berlusconi decide di cavalcare l’odio. E’ lui che conia la definizione di “bomba sociale pronta ad esplodere” intendendo con tale definizione la presenza di un eccessivo numero di immigrati clandestini in Italia. Poco importa se i dati sull’immigrazione dimostrano inconfutabilmente l’infondatezza di qualunque minaccia di invasione del Paese. I livelli di migranti sono nella norma degli altri paesi europei, non è in atto nessuna islamizzazione del Paese, nessun tentativo di sostituzione etnica degli italiani con altre popolazioni e altre scemate analoghe. L’effetto previsto del folle gesto di un fascista ha ottenuto l’effetto sperato, rilanciare con forza le ragioni delle destre, diffondere paura e ansia tra la gente, favorire la scelta elettorale di quelle forze politiche che si candidano per la tutela e lo ristabilimento dell’ordine e la pulizia etnica. La palla è in campo e con quella si giocherà. Nessuno verificherà più di tanto l’irrazionalità del concetto di “bomba sociale” pronta a deflagare. Se lo dice Berlusconi, molti non hanno difficoltà a crederlo. La altre forze politiche, quelle che dovrebbero essere antagoniste e alternative al blocco delle destre, si guardano bene dallo schierarsi in modo deciso contro questa operazione. Lo fanno per vari e innumerevoli motivi e con occhio attento agli umori della gente e ai sondaggi elettorali. Ma lo fanno anche perché non hanno saputo rimuovere quella vergogna immane rappresentata dalla legge Bossi-Fini che sta alla base di tutte le distorsioni ideologiche e le riserve mentali che hanno determinato una errata politica di controllo e governo dei movimenti migratori. Ma anche perché la politica di controllo dell’emigrazione, dell’accoglienza e dell’integrazione del governo Renzi si é rivelata, a dir poco, inadeguata. E, da ultimo, il silenzio imbarazzato della sinistra è determinato dal fatto che, quello che viene rappresentato come una vittoria del Governo e del ministro Minniti, il calo del numero di immigrati sbarcati in questi mesi, è frutto di un accordo miserabile e vigliacco con la Libia del quale non ci si può che vergognare. Gli sbarchi sono diminuiti perché i libici bloccano i migranti richiudendoli in carceri improvvisate che rassomigliano molto più ai lager nazisti piuttosto che a centri di raccolta e smistamento di migranti. E mentre gli organi di stampa si interrogano su eventuali rapporti di conoscenza tra la ragazza massacrata e il suo carnefice ci si interroga sul profilo psicologico del fascista che ha realizzato la strage, tutto procede come da copione. Salvini continua a predicare odio con ossessive presenze televisive, Berlusconi cerca di scavalcarlo a destra per ribadire la sua premiership sullo schieramento di destra Intanto e le altre forze portano avanti come possono le loro misere strategie elettorali che ci condurranno quasi certamente al governo delle grandi ammucchiate o a nuove elezioni. Si pensava che sarebbe stata una campagna elettorale col botto, ma si pensava principalmente ad un botto metaforico non a quello reale. Invece siamo già alla “bomba sociale pronta ad esplodere” e nessuno sa che altro potranno inventarsi ancora.

PRENDETE PRENDETENE PURE, TANTO SONO SOLDI PUBBLICI

sedia-van-gogh4di Vanni Tola
La notizia è clamorosa ma fino ad un certo punto, non facciamo gli ingenui, siamo in Italia e le cose vanno cosi da un pezzo. Tu paghi un pranzo in un self-service non meno di 10 euro e con una cifra perfino inferiore i parlamentari consumano lauti pranzi nel loro ristorante esclusivo. Un insegnante usa la propria macchina per andare al lavoro, un assessore comunale dispone di macchina di servizio o di rimborso benzina e si potrebbe continuare all’infinito. Non sorprende quindi più di tanto apprendere che la regione eroga assegni vitalizi a 317 ex consiglieri regionali per un importo medio tra i quattro e i cinquemila euro netti. C’è perfino la curiosità che per settantacinque consiglieri regionali deceduti, i cosiddetti vitalizi sono erogati anche post morte, cioè agli eredi, in pratica piuttosto che vitalizzi, li potremmo considerare “eterni”. Campagna di stampa dell’Unione Sarda, inchieste giornalistiche, un po’ di rumore e la presidenza del consiglio regionale rende pubblici i nomi dei 317 privilegiati cittadini tra i quali spicca quello della presidente uscente del Consiglio regionale che, a soli 41 anni di età, percepisce una onorevole pensione mensile di ben 5.129 euro netti. Ora che sappiamo tutto ci poniamo alcune domande. Accadrà qualcosa? Ci sarà, dietro la pressione di un’opinione pubblica indignata quanto rassegnata, un ravvedimento da parte dell’Amministrazione regionale per eliminare questa palese disparità di trattamento pensionistico che fa gridare vendetta a milioni di pensionati “normali”? O tutto finirà, come sempre “ a tarallucci e vino” o se preferite a “ciccioneddos e cannonau”? Certo se vivessimo in un paese normale nel quale la morale collettiva e la dignità personale rappresentassero un valore inviolabile dell’individuo, le cose potrebbero evolvere in maniera differente. Potrebbe perfino accadere che, non dico tutti i 317 ex parlamentari, ma buona parte di essi rinunciassero spontaneamente a percepire questo incredibile vitalizio e reclamassero a gran voce un trattamento pensionistico più equo e dignitoso. Li immaginate i nostri parlamentari regionali protagonisti di un simile gesto di grande dignità politica e morale?

Sardegna: che fare?

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sedia-van-gogh-4-150x150-bis1di Vanni Tola
Una campagna elettorale molto breve e fortemente segnata dalle polemiche interne ai partiti, dalla frammentazione delle forze politiche e dall’affannosa individuazione dei candidati alla Presidenza, penalizzerà certamente il confronto preelettorale sui programmi e sulle idee, limitandolo fortemente. Ciò nonostante alcuni temi centrali del confronto politico finiranno con l’occupare comunque la scena e avranno un ruolo fondamentale nelle scelte degli elettori. I principali problemi dalla Sardegna sono sostanzialmente noti. Una gravissima crisi dell’apparato produttivo industriale con conseguenze drammatiche sull’occupazionale. La necessità di ripensare un nuovo modello di sviluppo industriale che permetta alla nostra isola di avere uno spazio e un ruolo nella nuova riorganizzazione internazionale del lavoro e della produzione che i processi di globalizzazione stanno mettendo in evidenza. Un problema che impone un confronto sul nuovo modo di produrre prodotti chimici (es. chimica verde, biochimica) e, più in generale, sulle prospettive offerte dalla green economy che è strettamente connesso con la questione dell’approvvigionamento energetico e delle energie alternative e con i problemi di tutela della salute e dell’integrità dell’ambiente. Occorre poi confrontarsi nel merito delle problematiche riguardanti lo sviluppo e la valorizzazione delle più importanti risorse locali dell’isola, agricoltura e turismo in primo luogo, ma anche la pesca, la risorsa ambiente, i trasporti interni ed esterni, le comunicazioni.
-segue-

20 e 21 a Sassari la prima conferenza internazionale sulla chimica verde

chimica verde Maste Uniss ape-su-limoni-IMG_4811-1024x575-150x150Oggi 20 e domani 21 settembre a Sassari il “Sardinian Green Days”, la prima conferenza internazionale sulla chimica verde.
Dipartimento di Chimica e Farmacia, Aula Magna A (via Vienna, 2) dell’Università di Sassari – Sassari. Il convegno segna la conclusione del Master Internazionale di II livello “CHIMICA VERDE: Produzioni chimiche e nuovi materiali da fonti rinnovabili”.
Parteciperanno alcuni dei maggiori esperti mondiali del settore.
sedia di van goghNei prossimi giorni le nostre valutazioni a cura di Vanni Tola. Precedenti su Aladinews.
Il blog dell’evento
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(Nota stampa Aladinews) Sassari 20 Settembre – Un importante convegno con scienziati e manager di fama mondiale conclude oggi a Sassari il Master Internazionale di II Livello “CHIMICA VERDE: Produzioni chimiche e nuovi materiali da fonti rinnovabili”. L’iniziativa, realizzata dal Dipartimento di Chimica e Farmacia dell’Università e dal Consorzio Industriale di Sassari, ha per tema: “ Il Nord Sardegna polo europeo della chimica verde”. Il convegno prevede, al mattino, la partecipazione di Paul Anastas considerato dalla comunità scientifica uno dei principali esperti mondiali di chimica verde. Nel pomeriggio invece si parlerà di bioeconomy come prospettiva di sviluppo sostenibile, della filiera della trasformazione delle bioplastiche, della filiera della chimica fine applicata agli estratti vegetali, dello sviluppo delle tecnologie ambientali, ricerca e impresa e della filiera dei biocarburanti. Tra i relatori Giulia Gregori, esperta di politiche europee di Novamont, Gianni Girotti, direttore Ricerca e Sviluppo Versalis, Marco Versari, responsabile Affari Istituzionali Novamont, Mauro Apostolo, responsabile commerciale Ecozema di Schio. E ancora Antonio Madau amministratore unico Stemplast di Paulilatino, Tonino Tanda, presidente Turris Steeve Porto Torres, Walter Cabri, direttore ricerca e sviluppo Indena di Milano, Elisabetta Gavini, Dipartimento di Chimica Università di Sassari, Paolo Boldoni, amministratore delegato Garbace Service Ancona, Pietro Delogu, amministratore delegato Serichim di Udine, Guido Ghisolfi, presidente Biochemtex e Ceo di Beta Renewables. Aladinews seguirà i lavori del convegno, nei prossimi giorni le nostre valutazioni e commenti.

La SEDIA di VANNI (in testa a Cappellacci)

sedia-van-gogh-4-150x150-bis1Tutti pazzi per l’Emiro, i cavalli e i campi da golf
Grande interesse dei media locali per l’arrivo nell’isola del solito emiro multimiliardario che “ci onora” della propria presenza, che acquista i nostri cavalli, che si cimenta in imprese ippiche, che stimola nell’immaginario collettivo chissà quale suggestione. Alla base di tale interesse per il personaggio sta, forse, il desiderio inconscio che a salvare le sorti economiche dell’isola possa provvedere un qualche Paperon De Paperoni proveniente dai lontani paesi dell’Oriente. Si ripete, ancora una volta, il copione, l’idea che ha dato vita alla Costa Smeralda dell’Aga Kan. Di fronte al fallimento cinquantennale della politica di Rinascita, al fallimento del modello di sviluppo industriale incentrato sui grandi impianti della petrolchimica, di fronte alla mancata realizzazione di un piano strategico per lo sviluppo delle risorse locali (principalmente agricoltura e pastorizia, sviluppo delle risorse naturali, paesaggistiche e archeologiche) si risponde con l’apertura al mecenate di turno e con la realizzazione di venticinque campi da golf per i ricchi del mondo.

La SEDIA di VANNI

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Il Pecorino Romano esce dalla crisi

La notizia è sicuramente positiva quanto inattesa. La crisi del formaggio Pecorino Romano non sarebbe più tale. Una notizia dell’Agenzia Agi indica, infatti, una forte crescita nella produzione del Pecorino Romano in termini di fatturato, di prezzo ed esportazione. Un trend positivo che fa ben sperare anche per la produzione del 2013. In un anno il fatturato del pecorino è aumentato del 16,6%, passando dai 120 milioni del 2011 ai 140 del 2012 con una previsione di 160 milioni di euro per l’anno in corso. Particolarmente clamoroso poi è il dato concernente l’esportazione per la quale si prevede, per il 2013, un volume di 86mln di euro. In pratica il 50% in più rispetto al 2012. Si aprono nuovi mercati, aumenta il prezzo medio del formaggio del 10% e la domanda interna del prodotto è stabile. Il mercato di riferimento del Pecorino Romano non è più l’America, ma anche Brasile, Russia, Paesi asiatici. Anche la domanda europea è positiva. Compressivamente quindi l’export cresce del 15 % con 155mila quintali di formaggio pecorino romano venduti nel mondo. Un miracolo? Forse.  Molto più logico pensare a un miglioramento delle capacità imprenditoriali dei produttori e a un’attenta gestione delle politiche promozionali e commerciali.   A parere del Consorzio Pecorino Romano il Pecorino, alla cui produzione si destina oltre il 50% della produzione di latte ovino, è l’unico prodotto ovi caprino che oggi regge il mercato e tiene alto il prezzo del latte. L’incremento del prezzo del pecorino romano è certamente legato anche a un calo di produzione (173.614 quintali nella campagna 2010-2011, 171.670 quintali nell’ultima) con una contrazione dell’1,12%. Anche se meriterebbe approfondimento la notizia secondo la quale, mentre la produzione sarda ha una diminuzione pari al 3,41%, nel Lazio si registra un incremento del 64,75% (si è passati da 5.846 a 9.631 quintali). Sorge qualche dubbio sul fatto che i meriti del buon andamento commerciale del Pecorino Romano siano tutti del Consorzio regionale e non anche di altri importanti produttori non sardi che nella filiera del pecorino romano hanno introdotto tecniche di produzione, di commercializzazione e di promozione all’avanguardia. C’è ancora molto da fare quindi per stabilizzare la filiera, restano aperti problemi riguardanti la destagionalizzazione della produzione e la commercializzazione del prodotto (pezzatura, riduzione contenuto sale, presentazione sul mercato, razionalizzazione punti vendita e rete di commercializzazione). Una strada da percorrere con convinzione e determinazione è poi quella delle associazioni di produttori. Oltre a quelle storiche, si è costituita la “PAS – Pastori Associati Sardegna” di Sanluri, che ha già ottenuto il riconoscimento come organizzazione dei produttori e la “Allevatori Uniti Sardegna”, di Nuoro, in attesa del riconoscimento come organizzazione dei produttori. Entrambe le organizzazioni sono attive in tutta la Sardegna e rappresentano quasi 500 allevatori, con una produzione di circa quindici milioni di litri di latte. Tali organizzazioni rappresentano un importante elemento della filiera del pecorino, della quale costituivano finora l’elemento mancante. Possono contribuire a migliorare concretamente le condizioni di vita dei produttori con una migliore contrattazione sul prezzo del latte e l’efficienza complessiva dell’intera filiera.

La SEDIA di Vanni Tola

 

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I RIFIUTI IN EUROPA, STORIE DALL’ALTRO MONDO
di Vanni Tola

In Italia, in quasi tutte le regioni, il problema dello smaltimento dei rifiuti è un’importante emergenza. La raccolta differenziata e il riciclaggio sono un obiettivo apparentemente irraggiungibile. Le discariche, principalmente in prossimità dei grandi agglomerati urbani, sono ormai delle bombe ecologiche che stanno per esplodere. Servirebbero meno discariche e più inceneritori. In realtà gli inceneritori non li vuole nessuno perché considerate ingombranti presenze ecologiche. Si continua a progettare nuove discariche o ampliare quelle esistenti innescando proteste a manifestazioni delle comunità interessate. Ma che accade negli altri paesi d’Europa?
Partiamo da un dato di riferimento quantitativo. In Europa dai rifiuti si ricava energia per 100 milioni di MWh, in Italia soltanto 0,425 milioni di MWh, una percentuale molto bassa. In alcuni paesi dell’Europa settentrionale, la percentuale di rifiuti che subisce il riciclaggio o il compostaggio è molto elevata: Germania 62%, Paesi Bassi 60%, Belgio 56%, Svezia 48%, Norvegia 40%. In Italia soltanto il 34 % dei rifiuti segue questo percorso, meno di noi soltanto la Spagna e la Grecia. In alcuni paesi europei si fa un largo uso degli inceneritori come strumento ottimale per lo smaltimento dei rifiuti. In Norvegia il 57% dei rifiuti alimenta un inceneritore, in Danimarca il 54%, in Svezia il 51%, in Belgio il 42%, nei Paesi Bassi il 38%, in Germania il 37%. In Italia soltanto il 17%. Molti di questi inceneritori fanno bella mostra di se al centro d’importanti città senza creare alcun problema particolare, per es quello di Spittelau a Vienna, l’Energy Tower in Danimarca. Essendo diffuso in questi Paesi il riciclaggio e l’impiego degli inceneritori ne consegue che la percentuale di rifiuti che finisce in discarica sia bassissima. Soltanto l’1% in Germania, Paesi Bassi, Belgio, Svezia. Il 2% in Norvegia e il 3% in Danimarca. Si continua invece a fare largo uso delle discariche In Grecia con l’82 % dei rifiuti destinati alla discarica, segue la Spagna con il 58% e l’Italia con il 49%.

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Mobilitazione a Olbia contro l’arrivo del percolato siciliano
“Chista tarra è la nostra”

Prosegue e si estende in Gallura la mobilitazione contro l’arrivo delle navi cariche di percolato provenienti dalla Sicilia. Domenica a Olbia, con lo slogan “la terra nostra non è la discarica di nessuno”, si svolgerà un sit-in davanti alla sede del Comune. L’iniziativa – promossa da A Manca pro S’indipendenzia e Progres – Progetu Republica, alla quale hanno annunciato l’adesione diverse associazioni e numerosi sardi – mira ad affermare l’assoluta contrarietà all’arrivo nell’isola di rifiuti provenienti da altre regioni e il diritto delle popolazioni locali di decidere nel merito dell’utilizzo e della tutela del proprio territorio.
I termini della vicenda sono noti. Il Cipnes Gallura (Consorzio Industriale Provinciale del Nord-Est Sardegna) – che gestisce un inceneritore in grado di trattare cento quarantacinquemila tonnellate all’anno di percolato – ha stipulato un contratto da un milione di euro con l’impresa Paradivi Servizi di Catania per smaltire in loco trentamila tonnellate di percolato proveniente dalla discarica di Palermo. Dieci navi con un carico di tremila tonnellate ciascuna sono attese a breve nel porto di Olbia. Il Sindaco di Olbia – facendo riferimento a un’ordinanza comunale del 2008 che prevede il divieto di transito nell’ambito comunale di rifiuti provenienti da altre regioni – ha chiesto alla Capitaneria di Porto di non autorizzare l’arrivo delle navi. La vicenda si è poi ulteriormente ingarbugliata perché Il Tar ha sospeso la validità del provvedimento con il quale il Cipnes dichiarava la contrarietà all’arrivo del percolato, nonostante un contratto precedentemente siglato con la società Paradivi di Catania e anche l’efficacia dell’ordinanza con cui, nel 2008, il sindaco di Olbia vietava lo sbarco nel territorio di sua competenza di rifiuti provenienti da altre regioni. In pratica il Tar ha disposto che il trasporto del percolato avvenga e sia limitato ai quantitativi autorizzati da un’ordinanza della presidenza del Consiglio, circa 3000 metri cubi a viaggio.

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Pattumiera a noi? Come vi permettete?

La notizia ha fatto rumore sulla stampa isolana. Una nave con tremila tonnellate di percolato sta per partire dalla Sicilia per portare tale pericolosa mercanzia nell’isola della Costa Smeralda. Il primo di dieci carichi annunciati, per un totale di trentamila tonnellate di maleodorante e tossicissima melma. Spedisce la società Paradivi Servizi di Catania. Il viaggio della nave dei veleni viene sospeso per ordine della Capitaneria di Porto di Olbia e la gente di Gallura s’indigna e grida allo scandalo, “non siamo la pattumiera d’Italia” e cose simili. Dopo, perché c’è sempre un dopo, si scopre che le cose non stanno esattamente cosi come appaiono.

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Don Chisciotte contro i mulini a vento …

Alcuni titoli di quotidiani locali di queste settimane. “ Basta impianti eolici e fotovoltaici, Cossoine dice no alla centrale termodinamica, Arborea insorge contro la Saras che intende avviare la ricerca e l’eventuale impiego del metano in quei territori. Che sta succedendo? Il Sindaco di Stintino protesta contro la nuova centrale eolica che sta sorgendo a poche centinaia di metri da Pozzo San Nicola, in prossimità di Stintino in nome della tutela del patrimonio ambientale e archeologico e denuncia il fatto che le torri eoliche stanno sorgendo a poca distanza dallo stagno di Pilo, dallo stagno Cesaraccio e dall’area denominata le Saline, zone riconosciute e classificate di protezione speciale. Il paese di Cossoine insorge all’idea che nel proprio territorio possa sorgere una centrale solare (per intenderci quelle che studia, sperimenta e diffonde nel mondo il premio Nobel per la fisica Rubbia) e promuove un referendum popolare contro “ l’ecomostro”, una sterminata distesa di pannelli solari. Arborea si prepara a contrastare il progetto della Saras tendente a realizzare una ricerca e la successiva utilizzazione del metano che pare essere presente in quell’area. Le motivazioni, nelle diverse realtà sono di solito le stesse, l’integrità violata dell’ambiente, la modifica del paesaggio, i danni al patrimonio naturalistico e perfino archeologico. Si potrebbe fare della facile ironia su alcuni di questi aspetti domandandosi, per esempio, quale danno possa arrecare a un sito archeologico millenario una pala eolica che gira lì vicino. Si potrebbe far notare che da oltre cinquanta anni, a un tiro di schioppo degli stagni e dalle spiagge dei comuni di Portotorres e Stintino, sorge e opera uno dei più grandi scempi ecologici presenti in Sardegna, il polo petrolchimico dell’Eni (con centrali elettriche a carbone, inquinamento dei suoli, dell’aria e del mare). Si potrebbe obiettare sul fatto che nessuno, in passato ha avuto nulla da ridire sugli orribili elettrodotti aerei che attraversano l’isola in tutte le direzioni. 

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Le paure di Grillo

Articolo 67 della Costituzione italiana: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Perché Beppe Grillo ha cosi tanta paura di quest’articolo della Costituzione? Penso tema che accada al suo gruppo parlamentare ciò che è già accaduto in passato. Onorevoli senatori e deputati trasmigrati dal partito per il quale erano stati eletti verso altre formazioni politiche in nome di una distorta interpretazione dell’art 67 e per motivazioni talvolta inconfessabili (leggi corruzione) che niente hanno da spartire sulla legittima assenza del vincolo di mandato per gli eletti. Si va bene mettere le mani avanti ma chi ha portato in Parlamento Beppe Grillo? Giovani sprovveduti e privi di coscienza e morale e pronti a farsi comprare dal primo acquirente o le nuove promesse del panorama politico italiano? Individui capaci di distinguere tra politica intesa come servizio per il paese o politica degli affari, delle consorterie, della corruzione diffusa o giovani uomini e donne ingenui fino alla dabbenaggine? A meno che la paura di Beppe Grillo non sia un’altra e di ben altra natura. Dopo aver creato un movimento politico per molti versi “rivoluzionario”, dopo aver adempiuto la sua missione di portare in parlamento il “lievito” di una nuova classe politica per il cambiamento del Paese, non si sia reso conto di una verità per lui spiacevole. Il suo compito, il suo ruolo e quello di Casaleggio si sono esauriti, non hanno più ragione di esistere. Ora devono farsi da parte e lasciare che i giovani uomini e donne eletti operino al meglio delle loro capacità e competenze. O preferisce continuare a essere lui e soltanto lui quello che pensa e decide per tutti?

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Ambarabà il voto a chi darà?

Quando, da bambini si cominciava un gioco, per stabilire chi avrebbe iniziato per primo a giocare ci si affidava alla sorte con una filastrocca. “Ambarabà, ciccì, coccò, tre civette sul comò, che facevano l’amore, con la figlia del Dottore, il Dottore si ammalò, ambarabà, ciccì, coccò. Si recitava questa filastrocca indicando, a ogni parola, un bambino diverso. Era prescelto quello indicato con l’ultimo “coccò”.

La filastrocca mi è tornata in mente pensando alla campagna elettorale in corso. I candidati premier sono diversi. Alcuni vecchi stagionati che qualcuno ha definito “usato sicuro”, altri nuovi che svolgevano diverse attività e sono approdati alla politica, altri ancora in quanto ideatori di formazioni le più varie opportunamente create per la bisogna (salvare il proprio posto in Parlamento) e, generalmente apparentate con uno degli schieramenti maggiori.

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Maestri nonni

Avete un nipote di sei anni che frequenta la prima elementare? Saprete quindi che arriverà in prima media nell’anno scolastico 2017/2018, cioè tra cinque anni. Per effetto della riforma delle pensioni, troverà ad accoglierlo insegnanti di settanta anni che attendono di raggiungere l’età di settanta anni e sette mesi per poter andare in pensione. Nel 2020 il nipotino, ormai diventato adolescente, abbandonerà la scuola media salutato da insegnanti di settantuno anni. Quando terminerà il ciclo di studi della media superiore, nel 2025, riceverà il certificato di diploma da insegnanti che potrebbero avere settantuno anni e nove mesi. Nel 2040, invece, per i suoi fratellini più piccoli, non sarà difficile trovare tra i banchi di scuola maestre e professori di settantatré anni che attendono di maturare altri due mesi di anzianità per poter andare in pensione. Si potrà ancora insegnare in modo efficace a settanta anni con alunni che hanno cinquanta o sessanta anni di meno?
Lascio la risposta agli insegnanti stessi ed ai pedagogisti. Il problema, naturalmente, non è rappresentato dall’età anagrafica o quanto meno dalla sola età anagrafica ma anche da un insieme di valutazioni complesse (stato di salute, decadimento fisiologico determinato da una professione usurante, eccessivo divario generazionale, ecc).
Ma perché si pensa che la vita lavorativa possa essere allungata con riferimento all’unico parametro della maggiore aspettativa di vita? Vivere non significa sempre vivere bene, in piena efficienza fisica e mentale, spesso non è cosi. Certo dipende dai modelli di riferimento.

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Stati di Polizia

Sapreste distinguere, durante i telegiornali, i poliziotti italiani da quelli greci o spagnoli mentre caricano e manganellano i manifestanti? Tutti uguali, stesso abbigliamento, stesso modo di muoversi, stesse strategie, identici gesti, medesima incontrollata violenza. E’ questo il nuovo ordine europeo, è questa l’unificazione politica dell’Europa? Quando i popoli europei si libereranno dei governi illiberali per diventare una vera ed unica democrazia?

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Il cuore del generale
La vicenda del potente Gen. Petraeus si presta ad alcune riflessioni. Uno degli uomini più potenti della terra, un generale dai nervi d’acciaio, un grande stratega, inciampa in una vicenda di cuore o di letto, a seconda dei punti di vista. Come era già accaduto a Clinton e a molti altri grandi della Terra. Paradossalmente, una storia così banale, riconduce ad una dimensione più umana il super eroe della guerra in Afganistan. Come tanti comuni mortali, guidati dal desiderio da fare carriera, sposa una donna non bellissima ma potente, appartenente ad una famiglia di generali fin dai tempi di Toro Seduto. Tutto bene fino a quando non arriva ai massimi livelli delle forze armate americane. Nel frattempo però, come qualunque uomo comune, sente attrazione per un’altra donna, molto più giovane e più bella della moglie, con un glorioso passato militare e nel mondo dello spionaggio, e tradisce la consorte. Obama, che pensava a lui per incarichi prestigiosi, ci rimane molto male. Improvvisamente “rambo” ridiventa, nell’immaginario collettivo, un uomo come tanti altri. Gli uomini comuni, pur non particolarmente interessati alla vicenda, in fondo in fondo, godono nell’assistere al “declino” del superman di turno. In fondo, la saggezza popolare delle nostre campagne aveva già previsto tutto. Un noto proverbio contadino, presente in quasi tutte le parlate delle campagne italiane, in veneto recita cosi : “Tira pì un pel de mona che un paro de bò”…. Non credo sia necessario tradurre per capire che cosa tira di più di un paio di buoi.