Monthly Archives: giugno 2013

La LAMPADA di ALADIN. Per ottenere la zona franca, nell’unica tipologia oggi possibile, scoviamo e combattiamo i “benaltristi”

di Aladin
I BENALTRISTI
A proposito di zona franca. Si chiede Benedetto Barranu in un intervento su La Nuova Sardegna di oggi “(…) Perché invece di fare propaganda per nascondere la propria inerzia (…) non si cerca di attuare ciò che è previsto dallo Statuto sardo e dalle norme di attuazione del 1998, nell’ambito della normativa europea, cioè i sei punti franchi collegati alle aree industriali e alle aree urbane già individuate?”. Da molto tempo ce lo chiediamo anche noi. E’arrivato il tempo di chiedere conti ai responsabili di tali ritardi, di cui sappiamo nomi e cognomi, primi tra tutti Ugo Capellacci (presidente della Regione) e, limitatamente al punto franco doganale di Cagliari, Piergiorgio Massidda (presidente dell’Autorità portuale di Cagliari e della Società Free Zone), Natale Ditel (commissario del Cacip e amministratore delegato della Soc. Free Zone). Ma ci chiediamo anche il perchè altri non pongano con chiarezza il problema dell’attuazione del punto franco doganale di Cagliari, quello che poteva essere attuato almeno da dodici anni e che potrebbe vedere la luce in tempi rapidissimi, se solo si avesse la volontà politica di farlo. Tra questi ultimi è urgente che prendano posizione e pretendano tempi certi il Sindaco di Cagliari Massimo Zedda (l’entità di gestione della zona franca di Cagliari dovrebbe avere come naturale presidente il Sindaco), nonchè il presidente della Camera di Commercio (altro ente necessario) Giancarlo Deidda; al riguardo non dimentichiamo che la Camera ha da tempo preso posizione, rivendicando un ruolo importante nella gestione della zona franca. E’ ora quindi di precisare ruoli, impegni dei soggetti coinvolti e, soprattutto, occorre darsi tempi certi e verificabili dai cittadini. Basta con gli alibi dei troppi benaltristi, che assumono a giustificazione del loro far niente il fatto che benaltro di meglio potrebbe in teoria essere fatto. Cosa impossibile, almeno in tempi brevi e medi, senza quindi proiettarci troppo nel futuro, come è realistico e necessario fare, considerato – come diceva Keynes – che nei tempi lunghi saremo tutti morti!

Gli OCCHIALI di PIERO

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SA BATTALLA
A sud dell’abitato di Seddori (Sanluri, secondo la strana traduzione italiana) si trova il luogo denominato Su bruncu de sa battalla. Il 30 giugno 1409 fu qui che si combattè l’aspra battaglia tra le truppe aragonesi di Martino il Giovane, guidate dal luogotenente Pietro Torrelles, e l’esercito di Arborea, guidato da Guglielmo III visconte di Narbona, nipote di Eleonora d’Arborea.
Vinse Martino il Giovane che morì a Cagliari 25 giorni dopo di malaria, il giorno del suo 35° compleanno. Sa battalla non fu l’ultima tra Arborea e Aragona, ancora si combattè il 14 aprile 1470 a Uras e vinse Leonardo Alagon, marchese di Oristano, che sarà sconfitto 8 anni dopo a Macomer.

BALLE SARDE
Abbiamo commissariato le province per rispettare la volontà degli elettori.
Abbiamo bocciato la doppia preferenza per rispetto verso le donne.
Abbiamo fatto sbarramenti al 5 e al 10% per garantire la governabilità.
Vogliamo la zona franca perchè assicura lo sviluppo dell’economia.
Con la flotta sarda abbiamo garantito la continuità territoriale.
Ridiamo (sì, ridiamo!) lo stadio S.Elia perchè amiamo gli sportivi.
VOTA ANTONIO VOTA ANTONIO VOTA ANTONIO….

La TAVOLOZZA di LICIA

John W.Waterhouse (Roma 1849-Londra 1917)
“il bambino malato al tempio di Esculapio”.

William A.Bouguerau (1825-1905)
L’Innocente

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SPARSI IN RETE (nel mondo Aladinews)
- Il ritrovamento del piccolo Mosé
- L’inondazione

Addio a Margherita Hack

Addio a Margherita Hack: si è spenta una Stella!

29 giugno Santi Pietro e Paolo

…con Bomeluzo


Gli OCCHIALI di PIERO

Leopardi per aladinGIACOMO LEOPARDI

Leopardi, tra i massimi della poesia in lingua italiana, lo conosciamo tutti (o tutti dovremmo conoscerlo). Tutti conosciamo, più o meno, le sue poesie.
Si conosce meno invece il pensiero democratico di questo aristocratico, figlio di un conte. Nato a Recanati il 29 giugno 1798, morì a Napoli il 14 giugno 1837, non aveva ancora 39 anni. Per esempio così scriveva:
“Osservate come l’eloquenza vera non abbia fiorito mai se non quando ha avuto il popolo come uditore. Intendo un popolo padrone di sè, e non servo, un popolo vivo e non un popolo morto (…) appena le repubbliche e la libertà si sono spente, le assemblee, le società, i tribunali, le corti, non hanno mai sentito la vera eloquenza, non essendo uditorii capaci di suscitarla. E questo probabilmente è uno dei motivi per cui la repubblica di Venezia non ha avuto mai eloquenza, perch’era una repubblica aristocratica e non democratica”.

La LAMPADA di ALADIN su ZONA FRANCA

Capellacci in zona franca: dove si sente libero di sparare cazzate! Sulla questione leggi l’articolo sul sito vitobiolchini, ripreso da Aladinpensiero blog

Zona franca: intervento del direttore del 4 maggio 2012

La TAVOLOZZA di LICIA

Marie Guillemin Benoist (1768-1826)
Autoritratto

Approfondimenti su Aladinews forma&comunica

Gli OCCHIALI di PIERO

DANILO DOLCI
Genio è ridurre tutto all’essenziale (Danilo Dolci).
Un uomo grande e grosso, somigliava al suo cognome, spargeva dolcezza.
Nato in provincia di Trieste il 28 giugno 1924, in un paese oggi sloveno, è andato a morire all’altro capo dell’Italia, in Sicilia.
Antifascista, rifiutò di aderire alla Repubblica di Salò, arrestato a Genova dai nazifascisti, riuscì a fuggire e a nascondersi in Abruzzo.
Nel 1950, sul punto di laurearsi in architettura, lascia tutto e aderisce alla Comunità di Nomadelfia. Poi nel 1952 va in Sicilia, a Trappeto e a Partinico, dove lotta contro la mafia e contro la fame. Fa digiuni di protesta, inventa lo sciopero al contrario, disoccupati che lavorano gratis a rifare una strada.
Lo Stato manda la polizia: digiunare in pubblico è illegale, legale è morire di fame in privato. Processato, perchè vietato rifare la strada abbandonata dal Comune, è difeso da Piero Calamandrei. Assolto.
Non è comunista, amico di Aldo Capitini è per la non-violenza, ma l’Unione Sovietica gli conferisce il Premio Lenin per la pace; usa quei soldi per un Centro Studi e iniziative per la piena occupazione.
Con Franco Alasia, stretto collaboratore, fa un’inchiesta che conclude che due DC, uno Ministro, sono, chi l’avrebbe detto?, collusi con la Mafia, ma sono condannati per diffamazione, 7 anni di processo. Pena condonata.

La TAVOLOZZA di LICIA

William A.Bouguereau (La Rochelle 1825-1905)
Ecco un altro angelo, però senza ferite…
Eros che si riposa (dalle sue birichinate…)
Licia Lisei …però, tanto per non sbagliare, ha già incoccato un’ altra freccia…(meglio essere pronti !).

Quadri misteriosi: Lady of Shalott
John William Waterhouse (Roma 1849-Londra 1917)

Approfondimenti

Ulisse

Gli OCCHIALI di PIERO

LA CORAZZATA POTEMKIN
Il 27 giugno 1905 i marinai della corazzata Potemkin si ammutinarono contro l’ordine del primo ufficiale Ippolit Giliarovskij di mangiare comunque la carne che pure risultava infestata dai vermi. 7 dei 18 ufficiali finirono uccisi, tra essi il comandante Evgenij Golikov e lo stesso Giliarovskij, gli altri furono messi agli arresti. Grigorij Vakulenciuk, capo degli ammutinati, fu ferito mortalmente. Afanasij Matjushenko, marinaio, fu eletto portavoce.
Issata la bandiera rossa, la Potemkin raggiunse Odessa, e si unì alla rivolta della popolazione, che i funerali di Vakulenciuk fecero crescere.
La nave indirizzò 2 cannonate al palazzo delle autorità locali zariste.
2 squadre di navi da guerra furono inviate contro la Potemkin, ma i marinai delle navi rifiutarono di combattere e la Potemkin si allontanò indisturbata.
Raggiunto il porto di Costanza in Romania i rivoltosi non furono però accolti e solo alcuni di loro poterono rifugiarsi clandestinamente in quel paese, tra essi Matjushenko. Gli altri dovettero tornare in Russia, furono processati e condannati, i più al carcere, i capi alla fucilazione.
Matjushenko tornò clandestinamente in Russia per svolgervi attività politica tra gli anarco-comunisti nel giugno 1907, ma fu arrestato il 30 luglio e il 20 ottobre fu impiccato a Sebastopoli.
Dalla vicenda Ejzenstejn trasse il famoso film “La corazzata Potemkin”.

La TAVOLOZZA di LICIA. John William Waterhouse

John William Waterhouse (Roma 1849-Londra 1917), Santa Cecilia.
Santa Cecilia, patrona della musica, è qui ritratta in uno splendido giardino, in compagnia degli angeli, musicisti come lei…

Approfondimenti

Le non rimandabili scelte dei sardi: dalla “pentola bucata” alla “pentola scoperchiata”

Rumundu, alla ricerca di un sapere glocale per l’intera Sardegna

di Fabrizio Palazzari

Agli inizi degli anni Ottanta l’economista Paolo Savona paragona l’economia della Sardegna a una “pentola bucata” a causa dei segnali di una crisi del modello di sviluppo imboccato a partire dagli anni Sessanta. Un modello che oggi appare irreversibilmente concluso.

La teoria della “pentola bucata” fotografa da una prospettiva macroeconomica i risultati di un modello di sviluppo, basato sull’industrializzazione ad alta intensità di capitale pubblico e sul potenziamento della nascente industria turistica, che determinò profonde e radicali trasformazioni culturali e sociali della società sarda accompagnate dall’abbandono di modelli economici consolidati, soprattutto in campo agricolo e pastorale, in virtu di modelli ritenuti più moderni.

Spesso il non sapere”, il fatto che non si possedessero gli strumenti culturali e analitici per valutare la portata globale di quei modelli, giustificò l’accettazione degli stessi. In realtà alcuni sapevano e cercarono, con straordinaria capacità di analisi, di animare un dibattito. Come nel caso, per esempio, degli scritti di Antonio Simon Mossa relativi all’industrializzazione della piana di Ottana o alla nascente industria turistica della Costa Smeralda. Il problema è che quel sapere non divenne mai un sapere generalizzato e condiviso.

Oggi quel mondo sta venendo meno. Dall’ultimo rapporto Istat 2013, emerge che il tasso di inattività sardo è pari al 40.3% ( in altri termini ci sono 456mila persone , in età lavorativa, con le braccia incrociate). Non solo, con la ripresa dell’emigrazione e la fuga dei cervelli, l’effetto della “pentola bucata” è aggravato dai costi sociali ed economici dell’investimento in capitale umano perso per l’espatrio delle giovani generazioni.

Pertanto è diventato comune guardare a quella stagione mettendone in luce solo gli aspetti più deteriori senza evidenziarne alcuni importanti meriti, come quello di aver determinato un miglioramento basato sul reddito delle condizioni di vita materiali e, parallelamente, di aver così sostenuto una scolarizzazione di massa capace di aumentare la dotazione di capitale intellettuale e relazionale dell’intera regione.

Non solo, dietro la promessa della creazione di nuovi posti di lavoro, continuano ad essere proposti modelli di sviluppo antiteci rispetto alla vocazione dell’isola, come testimoniato di recente dalla vicenda del Qatar e degli stazzi galluresi, dai tentativi della Saras di estrarre metano nel Campidano o della Matrica di impiantare colture di cardo per alimentare la cosiddetta “chimica verde”.

Sebbene la protesta e la nascita di movimenti spontanei dal basso testimonino oggi una sensibilità e un’attenzione diffusa da parte delle popolazioni interessate rimane, in termini più generali, una forte predisposizione verso l’accettazione di questi modelli. Perchè?

Il vero dramma 

Perchè il vero dramma del nostro tempo è non solo nel lascito di quel mondo che oggi ci appare non in grado di garantire continuità tra passato, presente e futuro, quanto nella nostra incapacità di rimuovere tutte quelle barriere che impediscono di valorizzare pienamente il capitale intellettuale e relazionale esistente dei sardi residenti e di quelli che vivono oltremare.

Un capitale alimentante una domanda crescente di partecipazione che però troppo spesso rimane latente, inespressa e che solo in pochi casi riesce a diventare progettualità, fare e agire concreto capace di incidere sulla realtà e sulla nostra capacità di elaborare e condividere modelli di sviluppo sostenibili e rispettosi del territorio, dell’ambiente e delle persone.

A questo proposito, il riflettere sulle barriere che impediscono l’attivazione di questa “riserva” inesplorata di capitale sociale, potrebbe aiutarci a capire quali potrebbero essere oggi i meccanismi di valorizzazione della stessa.

Una prima barriera può essere individuata nella tendenza all’autoreferenzialità delle istituzioni oggi delegate a questa elaborazione. Un ulteriore limite è rappresentato dall’inerzia della politica e dell’amministrazione regionale. Infine, la terza, e probabilmente la più importante barriera, è che la nostra straordinaria capacità di analisi e di interpretazione della realtà non è sostenuta da una piena fiducia nei nostri mezzi. Rimaniamo insicuri, costantemente in attesa che siano gli “altri” a legittimarci.

Il progetto Rumundu

In questo scenario il progetto Rumundu appare non soltanto paradigmatico ma metafora di una Sardegna che non si rassegna ma viaggia, si apre al mondo e da questo mondo vuole riportare un sapere condiviso, che sia globale ma allo stesso tempo locale, in una parola “glocale”.

Nato da un’idea di Stefano Cucca, un trentaquattrenne di Sorso, consulente aziendale di professione e ciclista per passione, il progetto “Rumundu” consiste in un viaggio in bicicletta intorno al mondo alla ricerca di storie e stili di vita per dare voce a una community fatta di persone, storie, situazioni, micro mondi, momenti e stili di vita sostenibili che non senza difficoltà, si muovono in controtendenza rispetto a un’impostazione della nostra società fortemente legata ai consumi.

Stefano è partito da Sorso la mattina dell’8 giugno 2013, ha attraversato l’intera Sardegna, la Sicilia e adesso sta risalendo lungo la penisola italiana. Attraverserà l’Europa, l’Islanda, il Nord America, l’Asia, l’Oceania per poi, dopo aver raggiunto il Madagascar, spostarsi dal Sudafrica alla volta del Medio Oriente e infine fare rientro a Sorso nel giugno del 2014.

Strada facendo, raccoglierà spunti, consigli, racconti, foto, suoni e sensazioni provenienti dalla rete che verranno veicolati nel sito e nei social network per dare vita alla comunità Rumundu. Alla fine avrà percorso, dopo 365 giorni di viaggio e 9.000.000 di pedalate, 30.000 Km suddivisi in 300 tappe.

Al di là dei numeri quello che più colpisce è la staordinaria capacità di questo progetto di popolare il nostro immaginario collettivo di freschezza, energia ed entusiamo e di indicarci una delle tante vie alternative per superare le barriere che impediscono una piena valorizzazione del nostro capitale intellettuale e relazionale.

Il sito del progetto Rumundu 

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Il presente contributo viene pubblicato anche in altri siti/blog, nell’ambito di un accordo tra diverse persone (tutte impegnate nel movimento culturale “In sardu”), le quali dispongono di detti spazi virtuali che mettono a disposizione per favorire la circolazione di idee (e l’organizzazione di iniziative di carattere politico-culturale) sulle problematiche della Sardegna, senza limiti di argomenti e nel pieno rispetto delle diverse opinioni e impostazioni politiche e culturali, ovviamente nella condivisione dello spirito e dei comportamenti democratici. I contributi saranno pubblicati in italiano e/o in sardo.

Ecco i siti/blog (a cui nel tempo se ne aggiungeranno altri, auspicabilmente) :

aladinews

vitobiolchiniblog

Fondazione Sardinia

Tramas de amistade

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Il primo intervento di Salvatore Cubeddu

Il secondo intervento di Fabrizio Palazzari

Il terzo intervento di Nicolò Migheli

Il quarto intervento di Vito Biolchini

Il quinto intervento di Franco Meloni

Il sesto intervento di Salvatore Cubeddu

Gli OCCHIALI di PIERO

AL FESTIVAL DEL RINVIO
Un tempo, quando c’era la DC, si facevano i governi balneari.
Non si decideva niente e si rinviava tutto a dopo l’estate.
Mutatis mutandis, siamo alle larghe intese, con identico risultato.
Non si trova l’accordo su niente, quindi si rinvia all’autunno.
Si rinvia sull’Imu, si rinvia sull’Iva, si rinvia sugli F35.
Si fanno decreti e decretini (capitemi, cari) del “fare” i soliti aumenti.
Come studenti che non si sono applicati sui libri (qualcuno diresti che non legga nemmeno i giornali) tutti questi ministri, ministrelli, ministrine, presidenti, capigruppo, capicorrente, non sono preparati su niente.
Rimandati tutti a settembre. (Attenti alle sorprese a Ferragosto)

UN SARDO
Giovanni Antonio Porcheddu e François Hennebique, 1900 ca
Fotografia di gruppo in un cantiere. Il secondo e terzo personaggio da sinistra sono François Hennebique e Giovanni Antonio Porcheddu, 1900 ca (Politecnico di Torino, Dipartimento di ingegneria strutturale, edile e geotecnica, Societa’ Porcheddu Ing. G.A.) – Soggetto conservatore Politecnico di Torino. Dipartimento di ingegneria strutturale, edile e geotecnica Complesso archivistico Società Porcheddu Ing. G. A.
Giovanni Antonio Porcheddu, nato a Ittiri il 26 giugno 1860, orfano in tenera età di entrambi i genitori, allevato da parenti, si paga gli studi lavorando come muratore e arriva a laurearsi al Politecnico di Torino in ingegneria nel 1890, in ingegneria elettronica nel 1891!, in ingegneria mineraria nel 1892.
Introduce in Italia la tecnica del cemento armato, ottenendo la concessione dal costruttore francese Hennebique. Realizza i silos del porto di Genova, ricostruisce il campanile di S.Marco a Venezia crollato nel 1902, progetta lo stabilimento della Fiat Lingotto, costruisce il ponte Risorgimento sul fiume Tevere: una sola arcata di 100 metri. Per confutare coloro che sostenevano che il ponte sarebbe crollato il giorno stesso dell’inaugurazione (17 aprile 1911), quel giorno si collocò coi 2 figli in una barca proprio sotto il ponte. Vittorio Emanuele III lo definì allora Re del cemento armato.
Il figlio Giuseppe, pittore e ceramista, fu un insigne maestro della grafica; nato il 1 maggio 1898, scomparve misteriosamente il 27 dicembre 1947.
Giovanni Antonio Porcheddu era morto a Torino il 17 ottobre 1937.

La TAVOLOZZA di LICIA. William A.Bouguerau

William A.Bouguerau (La Rochelle 1825-1905)
“La bambina e il granchio”
Bouguerau è un pittore contro-corrente: nella Francia del Realismo e dell’ Impressionismo crea un linguaggio artistico “retrò” (secondo i suoi detrattori), ispirandosi al Rinascimento italiano e ai pre-raffaelliti inglesi.
E’, insomma, un “conservatore”. Le sue opere sono annoverate tra quelle dell’ estetismo/simbolismo dell’ età del Decadentismo.