Monthly Archives: novembre 2018

Per il rilancio dell’Ospedale San Giovanni di Dio. Un odg del consigliere 5 Stelle Pino Calledda proposto al Consiglio comunale di Cagliari

ospedale-sangiovannididiologo-5-s
Comune di Cagliari
Gruppo Consiliare
MoVimento5Stelle
Cagliari 29.11.2018

ORDINE del GIORNO:
L’Ospedale San Giovanni di Dio e il diritto alla salute dei cittadini
[segue]

Questa sera

95954b0b-98ad-4e18-9b88-759663a76423

Oggi incontro-dibattito su reddito di cittadinanza e dintorni

e7004c91-c68e-4555-a1ae-ddac19680c321
redditocittadinanza-30-nov18-ter
Reddito di Cittadinanza, di Inclusione Sociale e dintorni. Materiale per il percorso laboratoriale.
[segue]

Anna Oppo

30-11-2018_banner-fb_propoporzioni-post
Venerdì 30 novembre 2018, alle h. 16.30, nella Sala Eleonora d’Arborea in via Falzarego 35 a Cagliari, su iniziativa del Centro di Documentazione e studi delle donne .

Oggi venerdì 30 novembre 2018

lampada aladin micromicrodemocraziaoggisardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2img_4633Anpi logo nazcostat-logo-stef-p-c_2-2serpi-2ape-innovativa
———-Avvenimenti&Dibattiti&Commenti————————————
ora3f555ee7-6c23-42b0-b6e2-6df7df3b95b0Elezioni regionali, dall’impegno contro il centrodestra alla convergenza intorno al principio dell’autodeterminazione
———————————————————————————————
Caro Tonino, certo che non ci arrendiamo… Salvini, alla fine, non passerà
30 Novembre 2018
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
—————————————————————————————————-
Rettore: scuse per le leggi razziali e dimenticanze
30 Novembre 2018
Andrea Pubusa dell’Università di Cagliari, su Democraziaoggi.
L’Ateneo ha reso omaggio ai docenti espulsi nel 1938 in seguito alla promulgazione delle leggi antisemite, ma ha dimenticato i docenti che rifiutarono il giuramento al regime. Uno di loro, Mario Carrara, aveva insegnato Medicina legale a Cagliari dal 1898 al 1903, e fu un antifascista militante di Giustizia e Libertà, […]
———————————————————————————-

Sabato 1° dicembre 2018. Storie in Trasformazione 2018

banner_piero_cipriano_1dicembre
Basaglia e le metamorfosi della psichiatria con Piero Cipriano
Sabato 1 dicembre alle ore 18:00 al Fuaiè del Teatro Massimo in Viale Trento n°9 a Cagliari si svolgerà il nuovo appuntamento della manifestazione di letteratura sociale Storie in Trasformazione 2018. Piero Cipriano presenta “Basaglia e le metamorfosi della psichiatria” (Elèuthera, 2018) in dialogo con Gisella Trincas, presidentessa regionale dell’ASARP e presidentessa nazionale dell’UNASAM.
[segue]

Giovani

ee9627f5-5dcd-4a8f-b37e-c21d6927b904i giovani in difesa del futuro
di Fiorella Farinelli, su Rocca

Questa volta, forse, non è il solito refrain generazionale. C’è sempre qualcosa di ripetitivo, è vero, nelle occupazioni e nelle manifestazioni degli studenti che tornano puntuali ogni autunno. Anche quest’anno ci sono stati i soliti riti di passaggio, la solita voglia di riappropriazione degli ambienti scolastici, le solite prove di trasgressione e di vita adulta. E poi gli scioperi e i cortei punteggiati da forme talora inappropriate di polemica politica. Una prima volta il 12 ottobre, la seconda il 16 e 17 novembre, in entrambe il fantoccio di Salvini dato alle fiamme o penzolante come un impiccato. Gesti sbagliati, e controproducenti.
Ma qualcosa di diverso questa volta forse c’è, o potrebbe svilupparsi.
C’è, intanto, e imprevedibilmente, in alcune reazioni di una parte del mondo adulto, non a caso quella che si sente più smarrita ed impotente di fronte alle vicende politiche italiane. È successo per esempio il 2 ottobre, quando il Foglio, un quotidiano sempre fuori dal coro ma non di sinistra e mai tenero con i movimenti, ha invitato gli studenti a «occupare le scuole contro i nemici del futuro». A organizzare una «resistenza civile» contro chi, «abbandonando il sentiero stretto ma obbligato del risanamento dei conti pubblici, sta costruendo le condizioni per mettere il peso di questa manovra, e dell’instabilità del Paese, sulle spalle degli adolescenti e dei ventenni di oggi». Più o meno dello stesso tenore le uscite di altre personalità di spicco, come l’ex senatore Pietro Ichino che, pur ricordando che «da professore» ha sempre criticato il rito delle occupazioni, oggi vede che i motivi per mobilitarsi ci sono, e serissimi, e si augura che gli studenti facciano quello che altri non sono capaci di fare.

i giovani e le donne
Dovrebbero dunque essere gli studenti a salvarci dal governo dello sfascio, a riaprire la via maestra degli investimenti nell’innovazione, nella ricerca, nello sviluppo, a spazzar via la favola grottesca secondo cui a contare sono solo gli «eletti dal popolo», cioè il governo stesso, o solo gli iscritti a una piattaforma telematica. Lo sappiamo tutti – lo si è visto ancora una volta qualche settimana fa a Lodi, a proposito dei bambini figli di stranieri esclusi dalla mensa scolastica per una decisione comunale ai limiti del razzismo – che nella scuola e in chi la vive come un terreno cruciale per la qualità democratica del Paese ci sono spesso grandi energie civili, capacità di reazione di prima grandezza, inattaccabile coscienza delle libertà e dei diritti di tutti.
Ma in questa rinnovata attenzione di parte dell’opinione pubblica per la scuola e per il movimento degli studenti sembra esserci soprattutto la speranza che siano ancora una volta i più giovani, quelli che non hanno sulle spalle il peso di sconfitte e di errori che ammutoliscono e paralizzano, a ricostruire il filo che può aiutare ad uscire dal labirinto. Non sono forse i più giovani – e le donne – che nelle elezioni di medio termine hanno riaperto qualche spiraglio di cambiamento nell’America di Trump? Non sono loro che in Spagna sostengono Podemos, nel Regno Unito la sinistra di Corbyn, negli Usa quella di Sanders, nella Germania l’ambientalismo dei Verdi?
Anche in Italia la vera speranza potrebbero essere i Millennials, la generazione nata tra la fine del secondo e l’inizio del terzo millennio. Non è da escludere, certo, che anche da noi prima o poi qualcosa cominci a muoversi nel verso giusto, e che ne siano loro i protagonisti. Di ragazze e ragazzi ce ne sono tantissimi nelle migliori esperienze di volontariato e di impegno civile. Sono stati soprattutto i più giovani ad animare, con molti coetanei figli dell’emigrazione, la recente manifestazione nazionale contro il Decreto Sicurezza del ministro Salvini e contro il razzismo. Sono loro i più aperti al mondo e i più interessati a che non ci siano muri e frontiere che impediscano scambi, incontri, realizzazioni professionali.
E tuttavia è indubbio che finora è proprio dagli elettori più giovani che è venuto il maggior consenso, se non al «governo del cambiamento», almeno a una delle sue componenti. E che non spetta soltanto a loro, comunque, difendere il futuro del Paese. Non possono farcela, se durerà ancora a lungo il deserto di progettualità e di iniziative politiche sensate. L’assenza di una grammatica politica capace di attrarre e di mobilitare le energie migliori.
C’è da osservare, inoltre, che a differenza della generazione del ’68 che era figlia di un mondo pieno di contraddizioni ma teso in un impegno ottimistico di sviluppo e di crescita, i ragazzi di oggi sono nati e cresciuti in un mondo complicato ed agro, in evidente declino, stretto sempre di più tra crisi ricorrenti di tipo economico e rischi epocali di autodistruzione ambientale. Con poca o nessuna fiducia nel «progresso», e con deboli speranze di poterlo padroneggiare.
Non c’è più, infine, dopo decenni di trionfo delle culture della competizione e dell’individualismo, quella preziosa sensazione che fu di un’intera generazione secondo cui «ogni schiaffo, in qualsiasi parte del mondo e a chiunque inferto, riguarda la mia guancia».

oltre le fiammate d’autunno
Ma è importante, comunque, che un movimento degli studenti ci sia, e che riesca ad andare oltre le fiammate d’autunno. Che cosa li muove, in questi giorni, ad occupare le scuole, a scendere in piazza, a tentare di costruire una loro politica? Chiedono, prima di tutto, che ci siano più finanziamenti per l’istruzione e per la cultura. Che la scuola, l’università, la ricerca non vengano ancora una volta sacrificate e che non subiscano altri tagli. Che si facciano gli interventi sull’edilizia scolastica necessari non solo alla sicurezza degli istituti situati in zone a rischio sismico o idrogeologico ma a rinnovare edifici e spazi didattici inchiodati a un antico modello didattico e inadeguati ai nuovi modi di apprendere.
Hanno ragione. E molti buoni motivi per prendersela con un governo che blocca i finanziamenti per lo sviluppo digitale, non ha interesse a proseguire il lavoro iniziato col precedente governo su industria 4.0, rallenta o impedisce le grandi opere infrastrutturali necessarie allo sviluppo del Paese. Che lesina perfino sull’alternanza studio lavoro, uno dei pochi provvedimenti della Buona Scuola effettivamente innovativi. Che si inventa, con il programma Scuole Sicure, la videosorveglianza nelle scuole. Che, invece che fare investimenti che producano nuovo lavoro, dà per scontato che per molti non ci sia altro destino che l’assistenza economica da parte dello Stato.
Avvertono bene, molti studenti di oggi, che il governo «del cambiamento» frena lo sviluppo invece che promuoverlo. E che se l’Italia sta ferma o arretra, è anche per questo motivo, oltre che per i guai ereditati dai governi precedenti.
Avvertono anche che è sempre più a rischio la possibilità che l’ideale novecentesco di un diritto allo studio che assicuri a tutti le stesse opportunità di partenza si realizzi davvero, sgretolando i condizionamenti alle carriere e al successo scolastico che derivano dal back ground familiare. Che nella scuola italiana pesano ancora troppo, al punto che tra chi appartiene a famiglie economicamente e culturalmente svantaggiate solo 1 su 8 riesce a raggiungere livelli di istruzione superiori a quelli dei genitori. Se i tuoi genitori sono ricchi, anche se la scuola è malmessa e poco capace di aiutarti, potrai sempre rifarti con altre opportunità formative a pagamento, con esperienze all’estero, con le scuole d’élite, con l’accompagnamento al lavoro fornito da chi ha le relazioni che contano, ma se non è così dovrai arrangiarti e sarà sempre più difficile farcela.
Non piace, più in generale, un governo che promette chiusure e frontiere, che chiude gli accessi a chi scappa da guerre e povertà, che lascia annegare in mare migliaia di giovani, che fomenta rancori sociali e conflitti tra poveri. Non va per niente bene a chi fin da piccolo è stato abituato a pensare che con l’istruzione giusta si possono aprire tante porte in tutto il mondo, e che ha imparato che è da tutto il mondo che vengono le cose che amano di più, dalla rete alla musica, dagli sport al cinema. Sentono, in molti, puzza di chiuso, di declino, di autoritarismo.
Sensibilità e approcci preziosi, quando ci sono e si esprimono nei movimenti, soprattutto se accompagnati dall’insofferenza per le ingiustizie, l’amore per l’uguaglianza, la voglia di non farsi troppo comprare dai consumi. Se le lotte degli studenti questi sentimenti, che non sono di tutti gli studenti ma ci sono, saranno capaci di rappresentarli e di farli crescere, sarà un bene per loro e per tutti. Ma non ingombriamole, per favore, con la delega a essere e a fare quello che un mondo adulto esausto e privo di ideali non è più capace neppure di immaginare.
Fiorella Farinelli
——————————-
rocca-23-2018

NewsLetter

logo76Newsletter n. 123 del 29 novembre 2019

IL TAGLIANDO

Care Amiche ed Amici,
(segue)

“L’ITALIA NELL’INCUBO DELL’APARTHEID GIURIDICO”

Anpi logo naz29 Novembre 2018
Il comunicato della Presidente nazionale ANPI, Carla Nespolo, a seguito dell’approvazione definitiva, con voto di fiducia, del decreto sicurezza e immigrazione
Con l’approvazione del decreto sicurezza si stravolge di fatto la Costituzione e l’Italia entra nell’incubo dell’apartheid giuridico. È davvero incredibile che sia accaduto un fatto simile, che sia stato sferrato un colpo così pesante al diritto di asilo, all’accoglienza, all’integrazione. A un modello che ha portato ricchezza e convivenza civile a quelle comunità che hanno avuto la responsabilità e il coraggio di sperimentarlo. Questa legge, oltretutto, non risolve affatto il problema del controllo dell’immigrazione clandestina, bensì l’aggrava – come stanno denunciando in queste ore non pochi Sindaci, anche del M5s – con un carico di lavoro per i Comuni insopportabile. Non si può restare inerti. Non ci si può rassegnare a questo declino, alle pratiche ignobili contro la vita e la dignità dei migranti cui dovremo assistere. Facciamo appello alle coscienze delle cittadine e dei cittadini: che l’indignazione sia permanente, che non manchi occasione di riempire piazze e strade per un’Italia autenticamente umana. Facciamo appello alle forze politiche democratiche: basta divisioni, discussioni stucchevoli, rese dei conti. È ora di una straordinaria assunzione di responsabilità. Di organizzare una resistenza civile e culturale larga, diffusa, unitaria. L’ANPI c’è e con lei tante associazioni che continuano nel loro quotidiano lavoro di stimolo sociale e costituzionale. L’umanità al potere! Adesso.
Carla Nespolo – Presidente nazionale ANPI
Roma, 29 novembre 2018
—————————————————————–

Domani si parla di Reddito di Cittadinanza e di inclusione sociale

redditocittadinanza-30-nov18
- Anche su Democraziaoggi.
Segue Programma

Oggi giovedì 29 novembre 2018

29-nov-18

Oggi giovedì 29 novembre 2018

lampada aladin micromicrodemocraziaoggisardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413filippo-figari-sardegna-industre-2img_4633Anpi logo nazcostat-logo-stef-p-c_2-2serpi-2ape-innovativa
———-Avvenimenti&Dibattiti&Commenti————————————
ora3f555ee7-6c23-42b0-b6e2-6df7df3b95b0Elezioni regionali, dall’impegno contro il centrodestra alla convergenza intorno al principio dell’autodeterminazione
—————————————————————————————————————
Regionali. Appunti per un programma di rinnovamento delle istituzioni e rilancio della specialità sarda
29 Novembre 2018
Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi.
Le liste e gli schieramenti si preparano alle elezioni regionali. Finora molte manovre, tante trame molta propaganda, ma poco programma. Pubblichiamo un intervento del Prof. Gianfranco Sabattini, che fa seguito ad altro sullo stesso tema, con lo scopo di offrire spunti programmatici per lo sviluppo della Sardegna. Ne seguiranno ovviamente altri sui temi istituzionali, […]
——————————————————————————————
Spara al ladro e lo uccide: aveva subito 38 furti e dormiva in azienda. La legittima difesa va bene com’e’
29 Novembre 2018
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Fredy Pacini spara al ladro e lo uccide, l’avvocato: […]
———————————————————————

“UN CLIMA DI GIUSTIZIA”. APPELLO SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI

as27 novembre 2018 by c3dem
In vista della Conferenza ONU sui cambiamenti climatici (COP24), al via il 3 dicembre a Katowice, la Rete dei Centri per l’Etica Ambientale (CepEA) ha elaborato il documento “Un clima di giustizia”, un appello ai decisori politici nazionali per chiedere di riorientare il sistema socioeconomico in direzione della sostenibilità. Quattro le aree di intervento su cui il documento chiede un impegno concreto e urgente: il patrimonio naturale e artistico, la transizione energetica, la finanza sostenibile e responsabile, gli stili di vita personali e collettivi. Il testo integrale del documento è stato pubblicato nel numero di dicembre di Aggiornamenti Sociali (la rivista fa parte della rete CepEA insieme alla Fondazione Lanza, alla Focsiv e a vari istituti universitari).

Sicurezza e accoglienza. Ma dove?

decreto-sicurezza-anticipazione-1855a2fa2-038b-4221-8b07-d21509066713Decreto Salvini, «è la legge più razzista degli ultimi quindici anni»
28 Novembre 2018
Per il 10 dicembre il CoStat indice a Cagliari un incontro sul decreto sicurezza con Mauro Mura, ex procuratore della Repubblica di Cagliari, Luisa Sassu, Andrea Pubusa ed altri, al fine di avviare una riflessione e una mobilitazione contro il decreto Salvini.

In vista di quell’evento ecco un approfondimento sul tema con questa intervista al Manifesto di Imma D’Amico dello Sprar nell’Ex Canapificio di Caserta.
Adriana Pollice Il Manifesto del 28.11.2018. Articolo ripreso da Democraziaoggi.
—————————-commento———————————————————–
sedia di VannitolaL’Italia disconosce l’accoglienza umanitaria per i migranti. Una violazione di trattati internazionali, una violazione dei principi costituzionali. Non schierarsi contro questa scelta del Governo Salvini equivale, e credo di non esagerare, al silenzio dei molti che, a suo tempo, non denunciarono le leggi razziali. Una responsabilità immensa verso la storia e la propria coscienza. Diciamo con forza a Salvini e ai suoi che noi non siamo d’accordo, che la violazione dei trattati e dei principi costituzionali non ci trova consenzienti. No nel mio nome! (V.T.)
———————————————————————————–

Internet

7c7bf16f-37df-4d8e-8f47-83071f5886fbIl ruolo “anomalo” delle tecnologie informatiche nella relazioni internazionali

Gianfranco Sabattini

Internet (dall’inglese “Intern-ational net-work”), ovvero la rete telematica internazionale, aperta all’accesso pubblico, che connette vari terminali sparsi in tutto il mondo, rappresenta oggi il principale mezzo di comunicazione, in grado di offrire agli utenti una vasta serie di contenuti informativi e di servizi.
Si tratta di un’interconnessione globale realizzata attraverso il collegamento tra reti informatiche di natura ed estensione diverse, resa possibile dall’impiego di “protocolli di rete”, che costituiscono la “lingua comune” con cui gli utenti, attraverso i computer, comunicano tra loro, indipendentemente dalla sottostante architettura dell’hardware e del software.
Dagli inizi degli anno Novanta, l’avvento e la diffusione di Internet e della sua utilizzazione hanno rappresentato una vera e propria rivoluzione dell’informazione e della comunicazione.
Internet costituisce il “territorio” del ciberspazio, divenuto anche il nuovo “campo di battaglia” nel quale si fronteggiano individui, governi, imprese, lobby e organizzazioni di ogni tipo, che operano al fine di perseguire scopi specifici, quali un maggiore potere economico o politico, nuovi e più promettenti mercati su cui investire, azioni di persuasione politica e di condizionamento psicologico e spionaggio militare; sono, questi, solo alcuni dei più importanti obiettivi perseguibili con l’uso delle tecnologie virtuali, che giustificano, da un lato, la competizione in corso tra le grandi potenze per assicurarsi il controllo dell’intero dominio di Internet, e dall’altro, le iniziative delle stesse superpotenze a porre in essere una valida strategia di “cybersecurity”, attraverso la quale ostacolare, con un’attività di “cyber-counterintelligence”, il “cyber-espionage”.
E’ facile capire perché la “rete” sia diventata tanto importante nella competizione tra le grandi potenze; il ciberspazio, infatti, consente di prefigurare (ad esempio, sul versante economico, ma soprattutto su quello militare) situazioni o scenari che, per quanto ancora potenziali, sulla base della valutazione di premesse già in atto, possono essere considerati prossimi ad avverarsi. Per questo motivo, Internet rappresenta il versante virtuale di un mondo al cui controllo tutte le superpotenze aspirano.
Non casualmente, Internet è strumentale – come afferma Dario Fabbri in “L’impero informatico americano alla prova cinese” (in Limes, n. 10/2018) – al governo degli interessi geopolitci della superpotenza americana; sebbene sia stato sviluppato all’interno del settore privato, esso però “si colloca nel ventre militare degli Stati Uniti”, essendo funzionale alle loro esigenze strategiche, sia sul piano economico che su quello strategico. Infatti, oltre che essere il supporto della globalizzazione con cui gli USA esercitano un potere di relativo dominio nella conduzione dell’economia globale, Internet è anche la rete globale attraverso la quale l’America dispone di un potere “talassocratico” (fatto di cavi giacenti sui fondali degli oceano), col quale essa, appropriandosi di una massa esorbitante di informazioni, impedisce “alle altre nazioni d’essere realmente sovrane”; fatto, quest’ultimo, che coinvolge gli interessi di altre superpotenze mondiali, quali Russia e Cina, che più direttamente rappresentano i più dotati competitori degli Stati Uniti.
Com’è facile capire, è molto labile il confine tra conservazione della primazia economica globale attraverso attività spionistiche mediante l’uso delle tecnologie informatiche e possibili crisi di guerra. Una “tempesta elettromagnetica”, effettuata da un competitore a danno di un altro, può cancellare tutte le memorie degli archivi informatici; la possibilità che ciò possa verificarsi (con la conseguenza di un black out elettrico o telefonico, di paralisi del traffico aereo o di altro ancora) viene taciuta, per timore di reazioni dall’esiti imprevedibile dell’opinione pubblica. Le potenziali crisi delle relazioni internazionali, conseguenti al verificarsi di tempeste elettromagnetiche, possono raggiungere, considerato anche lo scarso potere di controllo del quale gli operatori digitali dispongono sugli effetti complessivi di tali “tempeste”, un “punto di non ritorno”, che può “sfociare” in una situazione suscettibile di condurre ad uno scontro armato.
Negli ultimi anni, l’attenzione nei confronti degli attacchi informatici è cresciuta nelle istituzioni di tanti Paesi. Ovunque, però, anche laddove si fa largo uso delle tecnologie digitali, traspare un’evidente preoccupazione dovuta all’incertezza che ancora ammanta la definizione della liceità di queste operazioni, per via del fatto che lo spazio informatico è ancora privo di regole accettate, riguardanti il suo utilizzo; poiché esso costituisce un “luogo” dove può succedere di tutto in mancanza di regole, diventano giustificabili le azioni intraprese, soprattutto da parte delle grandi potenze, per assicurare la sicurezza informatica all’interno delle aree geopolitiche che ricadono sotto la loro diretta influenza.
Gli ultimi anni hanno visto consolidarsi situazioni e scenari inquietanti sulle guerre condotte attraverso tecnologie digitali, facendo divenire le cyber-war un’alternativa alle guerre tradizionali. Della natura delle cyber-guerre, l’opinione pubblica è poco informata, sebbene rappresentino per i cittadini ignari una potenziale fonte di conseguenze inimmaginabili, pur dando l’illusione di poter essere facilmente controllate sul piano politico: in realtà, la conoscenza delle loro possibili conseguenze presenta notevoli “punti critici” riguardanti il loro impiego, sinora lasciato solo alle supposte “competenze” delle “burocrazie profonde” di ogni Stato.
Un tempo, la guidaconduzione degli eserciti comportava solo l’impiego di mezzi materiali e di uomini, per cui tutto era condotto in capo alla responsabilità di coloro che li comandavano, dei quali si conosceva con certezza lo Stato al quale appartenevano; negli ultimi anni c’è stata un’evoluzione radicale nell’uso delle armi, che consente di prefigurare conflitti di “nuova generazione”, la cui caratteristica principale consiste nel fatto di poter essere condotti senza coinvolgere direttamente la responsabilità dello Stato o degli Stati che li hanno causati. E’ questo il motivo per cui i potenziali conflitti di nuova generazione sono analizzati, in particolare dal punto di vista tecnologico, sulla base del tipo di risorse disponibili, nonché delle forme della loro utilizzazione; nell’insieme, le analisi consentono di capire le specifiche caratteristiche distintive delle minacce che ogni singolo Paese, soprattutto se esso è un competitore globale, percepisce a danno della propria posizione nell’ambito dell’equilibrio di potenza economica e militare esistente.
Il progresso nel campo delle tecnologie informatiche, perciò, costituisce il “nervo scoperto” delle superpotenze mondiali impegnate in quella che viene definita dagli analisti delle relazioni internazionali “guerra fredda tecnologica”. In questo nuovo clima di contrapposizione tra le superpotenze, per gli USA, ad esempio, così come la dimensione del loro commercio internazionale “non ha un’esistenza separata dalle dinamiche geopolitiche, lo stesso accade – afferma Alessandro Aresu in “Geopolitica della protezione” (Limes, n. 10/2018) – per la tecnologia”; il primato globale statunitense è infatti legato allo sviluppo e all’uso strategico di mezzi scientifici e tecnologici per conservare una posizione di vantaggio rispetto ai competitori. E’ per questo che gli Stati Uniti rivolgono una particolare attenzione allo spazio cibernetico.
Tuttavia, nelle tecnologie informatiche, nonostante abbiano la disponibilità di gran parte della rete globale di connessione, gli USA hanno sui rivali un vantaggio meno assoluto rispetto quello del quale dispongono in altri settori; d’altro canto, il primato assoluto nel settore digitale li esporrebbe alla necessità di sostenere alti costi, senza peraltro consentire la realizzazione di una sicura barriera contro possibili attacchi cibernetici. Sono le stesse burocrazie dello Stato profondo statunitense a denunciare il rischio di impegnare un alto cumulo di risorse senza la garanzia che l’erezione di difese contro potenziali attacchi cibernetici risultino appropriate ed efficaci.
A spiegare la relativa convenienza a non insistere nell’erigere difese informatiche “perforabili” sono – a parere di Federico Petroni (“L’America all’offensiva cibernetica”, in Limes, n. 10/2018) – due ordini di ragioni. Innanzitutto, la scarsa regolazione internazionale dello spazio digitale; in particolare, l’assenza di “regole del gioco” che non permette di stabilire, quando si è in presenza di un “attacco cibernetico” o di un atto di ciberguerra, come rispondere in modo proporzionale ai singoli atti ostili. In secondo luogo, la necessità di conservare la segretezza per le azioni delle burocrazie profonde dello Stato, alle quali preme sottrarre il proprio modo di operare ad ogni forma di pubblicità, per evitare di svelate le procedure con cui sono state ottenute determinate informazioni, con l’”infiltrazione” in particolari punti della difesa informatica del potenziale “nemico”.
Sul piano della guerra fredda tecnologica, è particolarmente attiva la Repubblica Popolare Cinese, che, entro il 2030, vuole diventare un centro globale per l’innovazione nel campo dell’intelligenza artificiale, secondo il piano di sviluppo, annunciato nel 2015 da Xi Jinping, col quale Pechino si propone di sorpassare gli Stati Uniti. Proprio per questo motivo Washington è impegnata ad ostacolare il percorso di crescita tecnologica della Repubblica Popolare, di cui il progetto delle “vie della seta” è uno degli elementi portanti.
La Cina è ora impegnata ad effettuare consistenti investimenti esteri in infrastrutture, che non riguardano solo autostrade, ferrovie, aeroporti e porti, ma anche reti elettriche per le telecomunicazioni e la trasformazione digitale delle informazioni, con finalità geopolitiche. La Cina cura in particolare la crescita economica e la stabilità interna, nella prospettiva di perseguire, a scopi difensivi/offensivi, la riduzione della dipendenza dalle esportazioni, la eliminazione degli squilibri territoriali interni e il miglioramento dei consumi. Tuttavia, diversi studi mettono in evidenza che al Dragone sarà necessario ancora molto tempo per colmare il “gap” tecnologico che lo separa dagli USA nello sviluppo dell’intelligenza artificiale, sebbene sia lecito pensare che ciò sia favorito dal fatto che in Cina le imprese del settore informatico godono dell’appoggio politico-economico dello Stato; non casualmente, la guerra commerciale mossa dal presidente Donald Trump è volta a ostacolare nell’immediato la stabilità economica del Paese asiatico, proprio per ostacolare nel più lungo periodo la sua ascesa tecnologica.
La Russia, dal canto suo, sembra impegnata ad approfondire le sue tecnologie di “hakeraggio”; oggi – secondo John Bambenek, docente presso l’Università dell’Illinois (”Come la Russia proietta la sua potenza cibernetica”, in Limes, n. 10/2018), “i corsari informatici del Cremino rappresentano [...] un vero e proprio unicum nel panorama mondiale della sicurezza informatica”. Nel complesso, il settore informatico russo sembra orientato a preferire l’intelligence contro i bersagli che il Cremino considera i più pericolosi dal punto di vista della tutela dell’interesse nazionale, con l’impiego di tecniche che sono venute evolvendo nel corso del tempo, “passando da rudimentali attacchi comportanti temporanee interruzioni di servizio [...] ad assalti veri e propri alle reti elettriche straniere suscettibili di causare più o meno temporanei blackout”.
Infine, l’Unione Europea che, per i suoi fondamentali economici, dovrebbe essere un competitore globale di peso, ed invece, per tutte le ragioni che ne causano la debolezza e la “disunità”, si limita a “giocare in difesa”; la sua strategia del “mercato unico digitale” è volta ad assicurare al mercato economico interno un’apertura di opportunità digitali per i cittadini e le imprese, con l’adozione di una legislazione volta ad affermare la sovranità europea contro le grandi organizzazioni del digitale. Si tratta però di una strategia debole, che impedisce all’Europa di offrirsi come vera alternativa ad Usa, Cina e Russia.
La propensione dell’Europa a limitare la propria attività nel settore digitale vale a rendere le sue iniziative poco efficaci sul piano geopoltico; se a ciò si aggiungono le divisioni interne, l’Europa corre il rischio di finire ad essere dotata di una rete informatica divisa per “blocchi regionali”, che la esporranno alla sicura perdita di una futura sovranità digitale rispetto al suo esterno.
Strano il modo in cui viene utilizzato un settore di attività così potenzialmente propulsivo sul piano della crescita e dello sviluppo economico globale; la concorrenza “spietata” in atto tra le grandi superpotenze, ha invece l’effetto di ridurlo a spada di Damocle gravante minacciosa sulla testa dell’intera umanità, costantemente illusa dalle burocrazie profonde degli Stati, che il settore digitale sia destinato a liberarla, in un prossimo futuro, da ogni incombenza esistenziale.
———-
capacita_ciberpotenze_petroni_1018