Dibattito
Già all’indomani del primo turno delle elezioni amministrative scorse, la stampa e le televisioni avevano proclamato la vittoria del centrosinistra, la sconfitta del centrodestra e la caduta rovinosa dei 5 Stelle. Un dato confermato al secondo turno, anche con l’elezione di Gualtieri a sindaco della Capitale. Dunque, tutto bene per quelli come noi che si riconoscono nel centrosinistra e, in particolare, guardano con privilegiata attenzione al Partito democratico?
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A scrutinio del primo turno concluso, Antonio Noto, uno dei più qualificati sondaggisti italiani, rivolgendosi al Partito democratico, aveva
parlato di “trionfalismi sbagliati”, perché, in realtà, “vince solo il non voto”. E di fatto, l’astensionismo, soprattutto nelle grandi città, è stato la scelta di un elettore su due ed è ulteriormente cresciuto nel secondo turno.
In cinque anni, a Roma, la percentuale dei votanti è diminuita dell’8%, a Napoli e Milano del 7, a Bologna e Torino ha sfiorato il 9. In Calabria, solo il 43% ha eletto il presidente della Regione. E nel collegio che ha eletto Letta ha votato un terzo dell’elettorato. Se aggiungiamo che le periferie non hanno votato e che il Partito democratico ha raccolto consensi soprattutto nei centri storici e nel ceto medio-alto, risulta evidente che proprio le fasce deboli e più bisognose hanno voltato le spalle alla politica. Perché il non voto è rivolto non tanto ai singoli partiti, che la gente ormai considera tutti uguali, quanto alla politica, considerata in sé come attività superflua e, comunque, fallimentare nella soluzione dei grandi problemi del Paese.
Ci sono anche nel non voto il disagio e la rabbia di quanti si ritengono o sono stati penalizzati dalla gestione dell’emergenza sanitaria.
Nel saggio di alcuni anni fa, Sinistra e popolo, Luca Ricolfi riconduce la genesi del populismo alla distanza elitaria della sinistra dai ceti popolari, evidente nell’incapacità di parlare il linguaggio della gente comune, nella convinzione della superiorità etica rispetto alla destra… In realtà questa distanza, motivata da quella che Ricolfi chiama “il complesso dei migliori” e che soprattutto le politiche a vocazione popolare avrebbero dovuto ricomporre, è l’esito della divaricazione che la tradizione moderna propone tra civitas e polis, tra il civile e il politico, tra il privato e il pubblico: una divaricazione che la crisi sociale ha reso conflittuale. Alla democrazia spettava il compito di saldare i due ambiti, attraverso sistemi di rappresentanza; un compito fallimentare che ha rivelato la fragilità della democrazia.
Allora, rigenerare la democrazia vorrà dire “ricostruire il popolo”, nello spirito di un “nuovo popolarismo” inteso come umanesimo politico, che integri il sentimento di fratellanza ai diritti di libertà e ai doveri di uguaglianza.
Anche il Sinodo della Chiesa cattolica che è in Italia, fortemente voluto da papa Francesco, è un percorso di ricostruzione del popolo, sollecitato a “camminare insieme” sulle tracce dello Spirito nell’unica famiglia umana.
Quasi due secoli fa, Antonio Rosmini, nella sua sofferta meditazione sui mali della Chiesa del suo tempo, individuava nella separazione del clero dal popolo la prima delle cinque piaghe che, come il crocifisso, trafiggono le sue mani, i suoi piedi, il suo costato. E oggi? Non sembri paradossale affermare che il segno di tale separazione che perdura è il clericalismo. Dunque, il Sinodo ha l’arduo compito di riconoscere nella laicità (laos=popolo) la condizione popolare originaria della Chiesa.
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A tutti voglio chiedere in nome di Dio.
di papa Francesco
Ai grandi laboratori, che liberalizzino i brevetti. Compiano un gesto di umanità e permettano che ogni Paese, ogni popolo, ogni essere umano, abbia accesso al vaccino. Ci sono Paesi in cui solo il tre, il quattro per cento degli abitanti è stato vaccinato.
Voglio chiedere, in nome di Dio, ai gruppi finanziari e agli organismi internazionali di credito di permettere ai Paesi poveri di garantire i bisogni primari della loro gente e di condonare quei debiti tante volte contratti contro gli interessi di quegli stessi popoli.
Voglio chiedere, in nome di Dio, alle grandi compagnie estrattive – minerarie, petrolifere –, forestali, immobiliari, agroalimentari, di smettere di distruggere i boschi, le aree umide e le montagne, di smettere d’inquinare i fiumi e i mari, di smettere d’intossicare i popoli e gli alimenti.
Voglio chiedere, in nome di Dio, alle grandi compagnie alimentari di smettere d’imporre strutture monopolistiche di produzione e distribuzione che gonfiano i prezzi e finiscono col tenersi il pane dell’affamato.
Voglio chiedere, in nome di Dio, ai fabbricanti e ai trafficanti di armi di cessare totalmente la loro attività, che fomenta la violenza e la guerra, spesso nel quadro di giochi geopolitici il cui costo sono milioni di vite e di spostamenti.
Voglio chiedere, in nome di Dio, ai giganti della tecnologia di smettere di sfruttare la fragilità umana, le vulnerabilità delle persone, per ottenere guadagni, senza considerare come aumentano i discorsi di odio, il grooming [adescamento di minori in internet], le fake news [notizie false], le teorie cospirative, la manipolazione politica.
Voglio chiedere, in nome di Dio, ai giganti delle telecomunicazioni di liberalizzare l’accesso ai contenuti educativi e l’interscambio con i maestri attraverso internet, affinché i bambini poveri possano ricevere un’educazione in contesti di quarantena.
Voglio chiedere, in nome di Dio, ai mezzi di comunicazione di porre fine alla logica della post-verità, alla disinformazione, alla diffamazione, alla calunnia e a quell’attrazione malata per lo scandalo e il torbido; che cerchino di contribuire alla fraternità umana e all’empatia con le persone più ferite.
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A tutti voglio chiedere in nome di Dio di papa Francesco
Voglio chiedere, in nome di Dio, ai Paesi potenti di cessare le aggressioni, i blocchi e le sanzioni unilaterali contro qualsiasi Paese in qualsiasi parte della terra. No al neocolonialismo. I conflitti si devono risolvere in istanze multilaterali come le Nazioni Unite. Abbiamo già visto come finiscono gli interventi, le invasioni e le occupazioni unilaterali, benché compiuti sotto i più nobili motivi o rivestimenti.
Questo sistema, con la sua logica implacabile del guadagno, sta sfuggendo a ogni controllo umano. È ora di frenare la locomotiva, una locomotiva fuori controllo che ci sta portando verso l’abisso. Siamo ancora in tempo.
Ai governi in generale, ai politici di tutti i partiti, voglio chiedere, insieme ai poveri della terra, di rappresentare i propri popoli e di lavorare per il bene comune. Voglio chiedere loro il coraggio di guardare ai propri popoli, di
guardare negli occhi la gente, e il coraggio di sapere che il bene di un popolo è molto più di un consenso tra le parti (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 218). Si guardino dall’ascoltare soltanto le élite economiche tanto spesso portavoce di ideologie superficiali che eludono le vere questioni dell’umanità.
Siano al servizio dei popoli che chiedono terra, casa, lavoro e una vita buona. Quel “buon vivere” aborigeno che non è la “dolce vita” o il “dolce far niente”, no. Quel buon vivere umano che ci mette in armonia con tutta l’umanità, con tutto il creato.
Voglio chiedere anche a noi tutti, leader religiosi, di non usare mai il nome di Dio per fomentare guerre o colpi di Stato. Stiamo accanto ai popoli, ai lavoratori, agli umili e lottiamo insieme a loro affinché lo sviluppo umano integrale sia una realtà. Gettiamo ponti di amore perché la voce della periferia, con il suo pianto, ma anche con il suo canto e la sua gioia, non provochi
paura ma empatia nel resto della società…
E così sono insistente nel chiedere.
È necessario che insieme affrontiamo i discorsi populisti d’intolleranza, xenofobia, aporofobia – che è l’odio per i poveri –, come tutti quelli che ci portano all’indifferenza, alla meritocrazia e all’individualismo, queste narrative sono servite solo a dividere i nostri popoli e a minare e neutralizzare la nostra capacità poetica, la capacità di sognare insieme…
…
Sogniamo insieme, sognate tra voi, sognate con altri. Sappiate che siete chiamati a partecipare ai grandi processi di cambiamento, come vi ho detto in Bolivia: «Il futuro dell’umanità è in gran parte nelle vostre mani, nella vostra capacità di organizzare, di promuovere alternative creative» (Discorso ai movimenti popolari, Santa Cruz de la Sierra, 9 luglio 2015). È nelle vostre mani.
(Dal videomessaggio di papa Francesco al IV Incontro dei Movimenti popolari, 16 ottobre 2021)
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Per un ritorno al popolo di Lino Prenna
Anno XXI Numero 3 Luglio-Settembre 2021
Politicamente 3/2021
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Politicamente 3/2021
Politicamente – Anno XXI, Numero 3 – Foglio informativo dell’associazione Agire Politicamente – siti: www.agirepoliticamente.it;
www.cattolicidemocratici.it – Direzione: Lino Prenna e-mail: linoprenna@gmail.com – Segreteria dell’Associazione: Pierluigi Moriconi
e-mail: plgmrc@gmail.com
L’Associazione si sostiene con i soli contributi dei soci e dei simpatizzanti. La quota annuale di iscrizione e le offerte libere vanno versate sul conto corrente bancario IBAN: IT08I063850240107400053605E, intestato a: Maiardi-Cella-Bellotti, indicando la causale.
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