Charles de Foucauld, uomo del dialogo con i musulmani e della fraternità universale, un santo amato dai sardi

Charles de Foucauld, uomo del dialogo con i musulmani e della fraternità universale, un santo amato dai sardi
di Franco Meloni

Alla canonizzazione di Charles de Foucauld domenica 15 maggio in piazza San Pietro era presente anche una piccola delegazione di sardi. Gran parte di essi aveva condiviso il messaggio del santo eremita sostenendo e partecipando alle attività sociali e religiose di suoi seguaci, piccoli fratelli del Vangelo, che a far data dall’agosto 1957, presero dimora a Bindua, un minuscolo borgo del Sulcis Iglesiente, fondando una delle prime fraternità, a cui seguì in Sardegna quella di Ottana (ambedue non più attive), mentre il movimento si diffondeva nel Mondo. Tra i primi tre piccoli fratelli di Bindua spiccava la figura di Arturo Paoli, presbitero, che dalla Sardegna spostò la sua attività missionaria in Algeria e successivamente in America Latina (Argentina, Venezuela, Brasile), mantenendo comunque forti rapporti con i suoi amici sardi. Spesso impegnato in cicli di conferenze in Italia e in Sardegna, dappertutto seguite con grande interesse. Proprio Paoli, morto a Lucca nel 2015 a 102 anni, ha fatto conoscere Charles de Foucauld a Papa Francesco, come riconosciuto dallo stesso pontefice nel breve discorso tenuto ai membri dell’Associazione Famiglia Spirituale Charles de Foucauld a Roma in occasione della canonizzazione. Dice il Papa: “Charles de Foucauld, profondamente segnato dalla vita umile e nascosta di Gesù a Nazaret, che adorava in silenzio, ha voluto essere un fratello universale”. Così come Francesco d’Assisi, con fratel Carlo de Foucauld ispiratore della “Fratelli tutti”: veri pilastri “architettonici” della fraternità.
Dunque San Carlo de Foucauld ha speciale attenzione in Sardegna e il suo culto è destinato a crescervi per il messaggio spirituale fortemente attuale incarnato dalla sua pur breve vita, che può dare convincenti risposte alla crisi di senso che attraversa la nostra tormentata epoca.
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Non è un caso che l’iniziativa su Charles de Foucauld tenutasi martedì 7 giugno presso la Parrocchia di Sant’Anna – promossa dall’Associazione Giuseppe Toniolo, in collaborazione con gli Amici sardi della Cittadella di Assisi – abbia avuto uno straordinario successo di partecipazione e ricchezza di contenuti, a partire dall’introduzione ai lavori del parroco don Franco Matta, per seguire con le relazioni di Ettore Cannavera, Claudia Zuncheddu, Margherita Zaccagnini e le conclusioni di Gianni Loy.
Non mancheranno prossimi importanti appuntamenti a carattere cittadino e regionale a partire dal prossimo autunno.

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Alla canonizzazione di Charles de Foucauld domenica 15 maggio in piazza San Pietro era presente anche una piccola delegazione di sardi. Gran parte di essi aveva condiviso il messaggio del santo eremita attraverso suoi seguaci che negli anni 50 (agosto 1957) presero dimora a Bindua, un minuscolo borgo del Sulcis Iglesiente, fondando una delle prime fraternità, a cui seguì in Sardegna quella di Ottana, mentre il movimento si diffondeva nel Mondo. Tra i primi tre fratelli di Bindua spiccava la figura di Arturo Paoli, che dalla Sardegna spostò la sua attività missionaria in Algeria e successivamente in America Latina (Argentina, Venezuela, Brasile), mantenendo comunque forti rapporti con i suoi amici sardi. Spesso impegnato in cicli di conferenze dappertutto seguite con grande interesse. Proprio Paoli, morto a Lucca nel 2015 a 102 anni, ha fatto conoscere a Papa Francesco Charles de Foucauld, come riconosciuto dallo stesso pontefice nel breve discorso tenuto ai membri dell’Associazione Famiglia Spirituale Charles de Foucauld a Roma per la canonizzazione. Dice il Papa: Charles de Foucauld “profondamente segnato dalla vita umile e nascosta di Gesù a Nazaret, che adorava in silenzio, ha voluto essere un fratello universale?”. Così come san Francesco d’Assisi. Ambedue i santi ispiratori della “Fratelli tutti”, considerati come pilastri “architettonici” della fraternità.
Per le ragioni succintamente esposte San Carlo de Foucauld ha speciale attenzione in Sardegna e il suo culto è destinato a crescere per il messaggio fortemente attuale che la sua pur breve vita ha incarnato, che può dare convincenti risposte alla crisi di senso che attraversa la nostra tormentata epoca.
Non è un caso che l’iniziativa su Charles de Foucauld tenutasi martedì 7 giugno presso la Parrocchia di Sant’Anna – promossa dall’Associazione Giuseppe Toniolo, in collaborazione con gli Amici sardi della Cittadella di Assisi – abbia avuto uno straordinario successo di partecipanti e ricchezza di contenuti, a partire dall’introduzione ai lavori del parroco don Franco Matta, alle relazioni di Ettore Cannavera, Claudia Zuncheddu, Margherita Zaccagnini e alle conclusioni di Gianni Loy.
Non mancheranno prossimi importanti appuntamenti a partire dal prossimo autunno.

Introdurrà i lavori il parroco di Sant’Anna don Franco Matta; coordineranno, in rappresentanza delle associazioni promotrici, Gianni Loy e Franco Meloni.

profondamente segnato dalla vita umile e nascosta di Gesù a Nazaret, che adorava in silenzio, ha voluto essere un fratello universale?”. Non stupisce, alla luce di tutti questi riferimenti, l’ennesimo rilancio del paradigma de Foucauld che campeggia nelle conclusioni della Fratelli tutti. Che conferma ulteriormente la centralità del fratello universale nella sua strategia ecclesiale.
ambedue citati da Papa Francesco nella sua ultima enciclica “Fratelli tutti” come pilastri “architettonici” della fraternità.*
Alcuni giorni fa

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di Charles de Foucauld: Ettore Cannavera, che ne illustrerà la vita e il percorso umano e religioso; Claudia Zuncheddu, che si soffermerà sugli ambienti del deserto dove ha operato: sulle piste dei tuareg dell’Hoggar verso l’Assekrem (L’Hoggar è tutta la catena montuosa Sud Algeria e nella cima del monte Assekrem, l’heremitage di C. de Foucauld). Infine, Margherita Zaccagnini parlerà della presenza in Sardegna dei “Piccoli Fratelli” che hanno ispirato la loro missione all’insegnamento del santo eremita. L’attore Marco Bisi leggerà alcuni brani degli scritti di Charles De Foucauld.
L’iniziativa è organizzata dall’Associazione Giuseppe Toniolo, in collaborazione con gli Amici sardi della Cittadella di Assisi.
Introdurrà i lavori il parroco di Sant’Anna don Franco Matta; coordineranno, in rappresentanza delle associazioni promotrici, Gianni Loy e Franco Meloni.

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Mercoledi 18 maggio 2022, prima dell’Udienza Generale, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza, nell’Auletta dell’Aula Paolo VI, i Membri dell’Associazione Famiglia Spirituale Charles de Foucauld a Roma per la Canonizzazione, avvenuta domenica scorsa, di Fratel Carlo.

Pubblichiamo di seguito le parole di saluto che il Papa ha rivolto ai presenti all’incontro.

Udienza ai Membri dell’Associazione Famiglia Spirituale Charles de Foucauld Roma 18 maggio 2022.
Questa mattina, prima dell’Udienza Generale, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza, nell’Auletta dell’Aula Paolo VI, i Membri dell’Associazione Famiglia Spirituale Charles de Foucauld a Roma per la Canonizzazione, avvenuta domenica scorsa, di Fratel Carlo.
Pubblichiamo di seguito le parole di saluto che il Papa ha rivolto ai presenti all’incontro:
Saluto del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle,
benvenuti! Sono contento di incontrarvi e di condividere con voi la gioia per la canonizzazione
di Fratel Carlo. In lui possiamo vedere un profeta del nostro tempo, che ha saputo portare alla luce l’essenzialità e l’universalità della fede.
L’essenzialità, condensando il senso del credere in due semplici parole, in cui c’è tutto: “Iesus – Caritas”; e soprattutto ritornando allo spirito delle origini, allo spirito di Nazaret. Auguro anche a voi, come Fratel Carlo, di continuare a immaginare Gesù che cammina in mezzo alla gente, che porta avanti con pazienza un lavoro faticoso, che vive nella quotidianità di una famiglia e di una città. Quant’è contento il Signore di vedere che lo si imita nella via della piccolezza, dell’umiltà, della condivisione con i poveri! Charles de Foucauld, nel silenzio della vita eremitica, nell’adorazione e nel servizio ai fratelli, scrisse che, mentre «noi siamo portati a mettere al primo posto le opere, i cui effetti sono visibili e tangibili, Dio dà il primo posto all’amore e poi al sacrificio ispirato dall’amore e all’obbedienza derivante dall’amore» (Lettera a Maria ed Bondy, 20 maggio 1915). Come Chiesa abbiamo bisogno di tornare all’essenziale, di non smarrirci in tante cose secondarie, con il rischio perdere di vista la purezza semplice del Vangelo.
E poi l’universalità. Il nuovo Santo ha vissuto il suo essere cristiano come fratello di tutti, a partire dai più piccoli. Non aveva l’obiettivo di convertire gli altri, ma di vivere l’amore gratuito di Dio, attuando “l’apostolato della bontà”. Così scriveva: «Io voglio abituare tutti gli abitanti cristiani, musulmani, ebrei e idolatri a considerarmi come loro fratello, il fratello universale» (Lettera a Maria de Bondy, 7 gennaio 1902). E per farlo aprì le porte della sua casa, perché fosse “un porto” per tutti, “il tetto del buon Pastore”. Vi ringrazio perché portate avanti questa testimonianza, che fa tanto bene, specialmente in un tempo in cui si rischia di chiudersi nei particolarismi, di accrescere le distanze, di perdere di vista il fratello. Lo vediamo purtroppo nella cronaca di ogni giorno.
Fratel Carlo, nelle fatiche e nella povertà del deserto, raccontava: «La mia anima è sempre nella gioia» (Lettera a don Huvelin, 1° febbraio 1898). Care sorelle e fratelli, la Madonna vi conceda di custodire e alimentare la medesima gioia, perché la gioia è la testimonianza più limpida che possiamo dare a Gesù in ogni luogo e in ogni tempo.
E inoltre vorrei ringraziare San Charles de Foucauld, perché la sua spiritualità mi ha fatto tanto bene quando studiavo la teologia, un tempo di maturazione e anche di crisi. Mi è arrivata tramite padre Paoli e tramite i libri di Voillaume, che io leggevo continuamente. Mi ha aiutato tanto a superare le crisi e a trovare una strada di vita cristiana più semplice, meno pelagiana, più vicina al Signore. Ringrazio il Santo e do testimonianza di questo, perché mi ha fatto tanto bene.
Buona missione! Vi benedico e vi chiedo, per favore, di continuare a pregare per me. Grazie!
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E inoltre vorrei ringraziare San Charles de Foucauld, perché la sua spiritualità mi ha fatto tanto bene quando studiavo la teologia, un tempo di maturazione e anche di crisi. Mi è arrivata tramite padre Paoli e tramite i libri di Voillaume, che io leggevo continuamente. Mi ha aiutato tanto a superare le crisi e a trovare una strada di vita cristiana più semplice, meno pelagiana, più vicina al Signore. Ringrazio il Santo e do testimonianza di questo, perché mi ha fatto tanto bene.
Buona missione! Vi benedico e vi chiedo, per favore, di continuare a pregare per me. Grazie!
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5ec9f7a6-fafe-43ce-bbbc-3a6bf07748f6Charles de Foucauld, canonizzato da Papa Francesco il 15 maggio scorso: un Santo che viene dal deserto, riferimento assoluto del dialogo con i musulmani e per la fraternità universale.

Su questa tematica un convegno martedì 7 giugno, alle ore 18, nei locali della Parrocchia di S. Anna, in via Fara n. 19 a Cagliari.

Membri dell’Associazione Famiglia Spirituale Charles de Foucauld a Roma per la

di Charles de Foucauld: Ettore Cannavera, che ne illustrerà la vita e il percorso umano e religioso; Claudia Zuncheddu, che si soffermerà sugli ambienti del deserto dove ha operato: sulle piste dei tuareg dell’Hoggar verso l’Assekrem (L’Hoggar è tutta la catena montuosa Sud Algeria e nella cima del monte Assekrem, l’heremitage di C. de Foucauld). Infine, Margherita Zaccagnini parlerà della presenza in Sardegna dei “Piccoli Fratelli” che hanno ispirato la loro missione all’insegnamento del santo eremita. L’attore Marco Bisi leggerà alcuni brani degli scritti di Charles De Foucauld.
L’iniziativa è organizzata dall’Associazione Giuseppe Toniolo, in collaborazione con gli Amici sardi della Cittadella di Assisi.
Introdurrà i lavori il parroco di Sant’Anna don Franco Matta; coordineranno, in rappresentanza delle associazioni promotrici, Gianni Loy e Franco Meloni.

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Alcune riflessioni sull’iniziativa,
di Franco Meloni

Questo nostro incontro sostanzialmente si propone tre obiettivi:
- conoscere in modo essenziale ma significativo la personalità di Charles de Foucauld, i luoghi da lui abitati, le persone che lo amarono, soprattutto nell’ultimo periodo della sua vita nel deserto algerino;
- conoscere il suo messaggio fondamentale, di
uomo di pace, “fratello universale”;
- cercare perché il suo messaggio affascini ancor oggi, anzi, soprattutto oggi, molti credenti e non credenti.

I relatori daranno le loro risposte a questi diversi interrogativi sulla base delle proprie conoscenze ed esperienze sul loro incontro con il pensiero di
C. de Foucauld. Quelli che seguono sono solo personali contributi preliminari al dibattito che si terrà martedì.

Sul primo punto vale la pena riportare una sintesi efficace della biografia di Charles de Foucauld, fatta dal teologo Brunetto Salvarani, che ha scritto un libro sulle somiglianze di de Foucauld con San Francesco d’Assisi, ambedue assunti da Papa Francesco nella sua ultima enciclica “Fratelli tutti” come pilastri “architettonici” della fraternità.*

“Charles-Eugène de Foucauld nasce a Strasburgo, in Alsazia, il 15 settembre 1858, da un’antica famiglia nobiliare il cui storico motto è “Mai ritirarsi!”; morirà in circostanze drammatiche, nel deserto algerino in cui si era spinto (e non ritirato) per seguire quella che aveva finalmente intuito essere la sua definitiva vocazione, il 1° dicembre 1916. Ebbe una vita piuttosto breve, dunque, appena cinquantotto anni: eppure, le definizioni che gli si potrebbero attribuire sono tante, e variegate. Ufficiale di cavalleria ben disposto all’azione, brillante esploratore in terra africana, stimato geografo ed etnologo, meticoloso linguista, e naturalmente uomo dello Spirito, presbitero, monaco e poi eremita in Dar al-Islam. A dispetto di ciò e di un’esistenza quanto mai poliedrica, in realtà, di tutti gli obiettivi che si era dato, egli non ne raggiunse nemmeno uno: avrebbe voluto fondare un ordine religioso, o almeno un istituto di fratelli, ma nonostante ripetuti tentativi e sperimentazioni non ci riuscì. Rifiutò d’altra parte, inoltre, di diventare ciò che di volta in volta gli veniva richiesto dalla famiglia e dalle occasioni che gli si pararono davanti, dapprima studente modello e poi soldato di carriera, scegliendo di rimanere costantemente ai margini, per consegnarsi alla fine al silenzio, all’ascolto e alla preghiera. Pur abitando nel deserto profondo fianco a fianco con i Tuareg, tradizionalmente musulmani sunniti, non determinò in loro alcuna conversione al Vangelo, fino a trovare la morte, assassinato per futili ragioni, quando ancora era nel pieno della sua maturità intellettuale e spirituale”.

Sul secondo punto, possiamo sintetizzare la missione di C. de Foucauld, nelle parole riportate in una lettera per la cugina Marie, del 7 gennaio 1902: “Voglio abituare tutti gli abitanti, cristiani, musulmani, ebrei e idolatri, a considerarmi come loro fratello, il fratello universale”

Sul terzo punto sembra pertinente rifarsi al pensiero del cardinale Carlo Maria Martini il quale partendo dalla sua nota impostazione secondo cui «la differenza più importante non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa ai grandi interrogativi dell’esistenza»** sosteneva che dentro ciascuno di noi sussiste un credente e un non credente che lottano quotidianamente a volte prevalendo l’uno, a volte l’altro. Cogliendo questo concetto, sommessamente aggiungo che dentro ciascuno di noi agiscono forze del male e forze del bene. Nei nostri comportamenti a volte prevalgono le une a volte le altre. Ovviamente saremo felici se a prevalere in noi fossero sempre le forze del bene, ma non è così (la guerra è un terribile esempio del prevalere del male). Ecco: Carlo de Foucauld rappresenta la forza del bene, quella che più si avvicina al modello di Gesù Cristo. Così come fu per San Francesco d’Assisi. I due santi, non a caso, riferimenti espliciti di Papa Francesco, come mirabilmente ripresi nella sua enciclica “Fratelli tutti”. Siamo coscienti della nostra piccolezza rispetto a questi giganti della spiritualità. Ma tuttavia non desistiamo dal confrontarci.
In particolare, parlando di Carlo de Foucauld, come sostiene il teologo Brunetto Salvarani: “imbattendosi in lui e nella sua storia da moderno padre del deserto, è impossibile rimanere indifferenti: o ci si innamora ingegnandosi a conoscere tutto di lui, o ci si rifiuta di farsi coinvolgere, di fronte a quello che potrebbe anche apparirci un idealista un po’ folle, incapace di fare i conti con la dura realtà”.
Forse per noi l’alternativa non è così secca, ma tuttavia cerchiamo di riflettere insieme e capire per quanto riusciamo a far tesoro per la nostra vita.

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* Brunetto Salvarani “Fino a farsi fratello di tutti. Charles de Faucauld e Papa Francesco”. Cittadella Editrice. Aprile 2022.

** Una riflessione condivisa dal cardinale Carlo Maria Martini e dal filosofo Norberto Bobbio.
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Ultima domanda: ai non credenti, o agli indifferenti, cosa ha dire una figura come di Charles de Foucauld?
Beh, un dato di fatto è che il nome di de Foucauld è divenuto, nel corso dei decenni, una bussola sicura – direi anzi imprescindibile – per orientarsi in molteplici ambiti: in particolare, per chi accetti di lasciarsi affascinare da una spiritualità del deserto accessibile sia ai credenti sia ai (cosiddetti) non credenti. “Nella sua immagine – scrive Franca Giansoldati – forse possono riconoscersi tutti i falliti della storia”. Ma già il suo primo biografo, René Bazin, aveva colto tale aspetto, presentandolo così: “E’ stato il monaco senza monastero, il maestro senza discepoli, il penitente che sosteneva, nella solitudine, la speranza di un’età che non doveva vedere…”. E soprattutto ha ragione il padre Bernard Ardura, suo postulatore nella causa di santificazione: se tanti amano frère Charles è “perché lo sentono vicino… Quelli che l’hanno scoperto lo sentono molto vicino perché incarna in qualche modo l’ideale della fede cristiana”. E “coloro che non sono particolarmente credenti vedono in quest’uomo certamente una grandissima umanità”. Frère Charles, infatti, fu un uomo che non sopportò le mezze misure, le mediazioni, gli equilibrismi, e tanto meno i compromessi, transitando spesso da un estremo all’altro, dagli abissi della dissipazione alla gloria mondana fino alla perfezione evangelica. Ecco perché, imbattendosi in lui e nella sua storia da moderno padre del deserto, è impossibile rimanere indifferenti: o ci si innamora ingegnandosi a conoscere tutto di lui, o ci si rifiuta di farsi coinvolgere, di fronte a quello che potrebbe anche apparirci un idealista un po’ folle, incapace di fare i conti con la dura realtà. Tutto e subito, come quando Charles, il cristianesimo, lo ri-scopre (letteralmente, nel senso che riesce a togliere il velo che ne faceva la depositaria religione di famiglia, alla quale era costretto ad adeguarsi). Tanto da ammettere, nel 1886, già ventottenne: “Appena ho creduto che Dio esiste ho capito che non avrei potuto fare altro che vivere solo per lui”.

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Professor Salvarani, un giorno davvero importante per la Chiesa Cattolica: è il giorno della canonizzazione di Fratel Charles de Foucauld. In estrema sintesi chi era De Foucauld?
Charles-Eugène de Foucauldcharles_de_foucauld nasce a Strasburgo, in Alsazia, il 15 settembre 1858, da un’antica famiglia nobiliare il cui storico motto è “Mai ritirarsi!”; morirà in circostanze drammatiche, nel deserto algerino in cui si era spinto (e non ritirato) per seguire quella che aveva finalmente intuito essere la sua definitiva vocazione, il 1° dicembre 1916. Ebbe una vita piuttosto breve, dunque, appena cinquantotto anni: eppure, le definizioni che gli si potrebbero attribuire sono tante, e variegate. Ufficiale di cavalleria ben disposto all’azione, brillante esploratore in terra africana, stimato geografo ed etnologo, meticoloso linguista, e naturalmente uomo dello Spirito, presbitero, monaco e poi eremita in Dar al-Islam. A dispetto di ciò e di un’esistenza quanto mai poliedrica, in realtà, di tutti gli obiettivi che si era dato, egli non ne raggiunse nemmeno uno: avrebbe voluto fondare un ordine religioso, o almeno un istituto di fratelli, ma nonostante ripetuti tentativi e sperimentazioni non ci riuscì. Rifiutò d’altra parte, inoltre, di diventare ciò che di volta in volta gli veniva richiesto dalla famiglia e dalle occasioni che gli si pararono davanti, dapprima studente modello e poi soldato di carriera, scegliendo di rimanere costantemente ai margini, per consegnarsi alla fine al silenzio, all’ascolto e alla preghiera. Pur abitando nel deserto profondo fianco a fianco con i Tuareg, tradizionalmente musulmani sunniti, non determinò in loro alcuna conversione al Vangelo, fino a trovare la morte, assassinato per futili ragioni, quando ancora era nel pieno della sua maturità intellettuale e spirituale. Per di più, infine, non lo si può dire un teologo in senso stretto, né un pensatore originale: quando morì, non aveva pubblicato nessuno dei suoi scritti spirituali né i suoi lavori di linguistica. Del resto, fu lui stesso a sceglierlo, sostenendo che le opere di misericordia da realizzarsi da parte dei futuri Piccoli Fratelli di Gesù si dovevano limitare a quelle che Gesù compieva a Nazaret: accogliere gli ospiti e dare loro l’elemosina. La sua è una biografia sicuramente inquieta, quella di un uomo ansioso che non ha mai smesso di cercare: il sale della vita, se stesso, Dio, e alla fine soprattutto, e sopra ogni altra cosa, Gesù.

La sua vita avventurosa si è sviluppata fino a diventare “piccolo fratello universale”. Perché “Piccolo fratello universale”? Un “carisma”, per usare una terminologia paolina, molto particolare… ed impegnativo…
Sin dall’inizio del soggiorno di de Foucauld in Algeria a Béni Abbès, nel 1901, emerge chiaramente la sua aspirazione a produrre germi di fraternità universale. Rivelativa, fra le altre, è una lettera per la cugina Marie, del 7 gennaio 1902: “Mi avete chiesto una descrizione della cappella… La cappella, dedicata al Sacro Cuore di Gesù, si chiama cappella della fraternità del Sacro Cuore di Gesù; la mia piccola dimora si chiama fraternità del Sacro Cuore di Gesù. Voglio abituare tutti gli abitanti, cristiani, musulmani, ebrei e idolatri, a considerarmi come loro fratello, il fratello universale… A poco a poco cominciano a chiamare la casa la fraternità, e ciò mi fa piacere…”. Una fraternità, per l’appunto, assai movimentata, stando alle sue confidenze all’abate di Notre-Dame des Neiges: “Tutti i giorni ospiti, a cena, a dormire, a colazione; non c’è mai stato vuoto; ce ne sono stati undici, una notte, senza contare una vecchia inferma che ormai si è stabilita qui: ho dalle sessanta alle cento visite al giorno: questa fraternità è un alveare”. Due anni dopo, nel luglio 1904, ancora a Marie, scriverà: “Gli indigeni ci accolgono bene. Quando sapranno distinguere i soldati dai preti e vedere in noi dei servi di Dio, ministri di pace e di carità, fratelli universali? Non lo so. Se io faccio il mio dovere, Gesù effonderà grazie abbondanti, ed essi comprenderanno”. Unico prete in un raggio di quattrocento chilometri di deserto sahariano, egli parla ormai esplicitamente della fraternità come della sua casa, un luogo aperto a chiunque nel quale tutti, cristiani, musulmani, ebrei, ma anche quelli chiama idolatri, si possano sentire accolti e mai giudicati. Un concetto di fraternità che risulta ancor più significativo se contestualizzato nella strategia missionaria elaborata dal papa dell’epoca, Leone XIII, basata sulla tesi che l’attività dei missionari cattolici deve nel contempo risultare evangelizzatrice e civilizzatrice, religiosa ma anche politico-sociale. E che troverà il suo compimento ideale quando Charles si porterà nell’Hoggar, nell’Algeria meridionale (duemila chilometri a sud di Algeri), a condividere la vita con i Tuareg a Tamanrasset. Che sarà la sua ultima dimora.

Sappiamo che il Papa Francesco nella sua enciclica Fratelli tutti cita, come pilastri “architettonici” della fraternità, Francesco d’Assisi e Charles de Foucauld. Da dove viene questo amore di Bergoglio per Fratel Charles?
In effetti l’attenzione per lui, da parte del papa, viene da lontano. Sappiamo, ad esempio, che nel marzo 2006 l’allora cardinale di Buenos Aires, parlando ai giovani, li esorta al sogno che può consentirci di “camminare alla presenza amorosa del Padre, abbandonandosi a Lui con infinita fiducia, come hanno saputo fare santa Teresina o il fratello Charles de Foucauld”. Il discorso si conclude fra l’altro con un passaggio sulla fraternità e l’amicizia sociale, assi portanti dell’enciclica Fratelli tutti. Eletto nel 2013, il 2 marzo 2015 Francesco riceve, per la visita ad limina, i vescovi della Conferenza regionale del Nord Africa. Qui egli presenta la vicenda di quella terra come “segnata da numerose figure di santità, da Cipriano e Agostino, patrimonio spirituale di tutta la Chiesa, al beato Charles de Foucauld, di cui il prossimo anno celebreremo il centenario della morte”. Due mesi più tardi, l’uscita dell’enciclica Laudato sì conferma questa attenzione privilegiata. Al n.125 si legge: “La spiritualità cristiana, insieme con lo stupore contemplativo per le creature che troviamo in san Francesco d’Assisi, ha sviluppato anche una ricca e sana comprensione del lavoro, come possiamo riscontrare, per esempio, nella vita del beato Charles de Foucauld e dei suoi discepoli”. Passata l’estate, il 3 ottobre, in preparazione all’atteso Sinodo sulla famiglia, in Piazza San Pietro si tiene una veglia di preghiera. Nell’omelia papale la figura del fratello universale rifulge largamente: “Charles de Foucauld, forse come pochi altri, ha intuito la portata della spiritualità che emana da Nazaret. Attraverso la vicinanza fraterna e solidale ai più poveri e abbandonati, egli comprese che alla fine sono proprio loro a evangelizzare noi, aiutandoci a crescere in umanità”. L’anno seguente, nella memoria liturgica del beato Charles, in coincidenza con i cent’anni dalla morte, al termine della messa a Santa Marta del 1° dicembre 2016, egli sceglie di indicare la sua testimonianza concreta per sollecitare a “camminare sulle sue tracce di povertà, contemplazione e servizio ai poveri”. De Foucauld, sostiene Francesco, è “un uomo che ha vinto tante resistenze e ha dato una testimonianza che ha fatto bene alla Chiesa”. Successivamente, un nuovo accenno lo troviamo nell’Esortazione Gaudete et exsultate (19 marzo 2018). Al n.155, in una rassegna sulle caratteristiche della santità nel mondo attuale, soffermandosi sul bisogno di una preghiera costante, leggiamo: “Se veramente riconosciamo che Dio esiste, non possiamo fare a meno di adorarlo, a volte in un silenzio colmo di ammirazione, o di cantare a Lui con lode festosa. Così esprimiamo ciò che viveva il beato Charles de Foucauld quando disse: «Appena credetti che c’era un Dio, compresi che non potevo fare altrimenti che vivere solo per Lui»”. Ancora. Il 30 e 31 marzo 2019 Francesco si porta in pellegrinaggio apostolico in Marocco: un banco di prova dopo la firma, il mese prima, del Documento di Abu Dhabi. Nella cattedrale di Rabat, il suo discorso è tutto dedicato al dialogo interreligioso: “Il cristiano, in queste terre, impara a essere sacramento vivo del dialogo che Dio vuole intavolare con ciascun uomo e donna, in qualunque condizione viva. In questo spirito, troviamo dei fratelli maggiori che ci mostrano la via, perché con la loro vita hanno testimoniato che questo è possibile, una misura alta che ci sfida e ci stimola. …come non menzionare il Beato Charles de Foucault che, profondamente segnato dalla vita umile e nascosta di Gesù a Nazaret, che adorava in silenzio, ha voluto essere un fratello universale?”. Non stupisce, alla luce di tutti questi riferimenti, l’ennesimo rilancio del paradigma de Foucauld che campeggia nelle conclusioni della Fratelli tutti. Che conferma ulteriormente la centralità del fratello universale nella sua strategia ecclesiale.

De Foucauĺd viene richiamato spesso nel dialogo tra cristiani e musulmani. Al riguardo, per un attimo approfondiamo il suo rapporto con Luis Massignon. Massignon, il grande islamista francese, che segnerà in modo decisivo il cambiamento di approccio della Chiesa Cattolica nei confronti dell’Islam. Perché è così importante questo rapporto tra Massignon e Foucauld?
Nel dialogo cristiano-islamico è sempre possibile custodire una spiritualità dell’ospitalità. L’aveva colto a fondo uno dei primi pionieri di tale dialogo, appunto Louis Massignon, il cui slogan potrebbe essere: “per capire l’altro devi diventare suo ospite”. In realtà, l’intera avventura umana e spirituale di Massignon porta iscritto il paradigma dell’ospitalità: egli sperimenta, infatti, l’ospitalità sacra riservatagli dagli amici musulmani (per i quali l’ospitalità è diyafa, dovere sacro), ed è questo che gli permette di interpretare in maniera chiara la lezione di Abramo e dei suoi tre ospiti nel racconto della Genesi (18, 1-16). Alla scuola della mitologia biblica e della vita accolta, Massignon apprenderà che l’ospitalità non è solo un semplice gesto di ambito etico, ma rappresenta, molto di più, la possibilità di capire la vita dell’altro quando ci si lascia ospitare al suo interno. Siamo a conoscenza di un suo rapporto fraterno con de Foucauld. Massignon incontra frère Charles una prima volta nel 1909, restando poi in contatto epistolare con lui, prima per ragioni di studio e poi con l’intenzione di divenirne discepolo, fino alla sua morte. Di conseguenza, egli farà di tutto per mantenere viva l’Unione voluta dal suo fratello maggiore: pubblicherà il Direttorio e avvierà l’Associazione Charles de Foucauld, per la quale ottiene l’autorizzazione dal cardinale Léon-Adolphe Amette, arcivescovo di Parigi dal 1908 al 1920. Il suo ruolo nel custodire e trasmettere la memoria di quello che chiamava anche il suo amico del deserto è dunque cruciale. L’ultima lettera inviata da frère Charles a Massignon è datata 1° dicembre 1916: quella stessa sera egli sarà ucciso, nel corso di un assalto al suo fortino, da una banda isolata di Tuareg alleati ai Senussiti libici. Era un venerdì, il primo venerdì del mese, e la sua intenzione di preghiera per quel dicembre era la conversione dei musulmani. E’una lettera commovente e densa di emozioni…

Quello di Fratel Carlo, lì nel deserto algerino, a Tamanrasset, fu un apostolato della bontà. Ed è quello che sta attualizzando, tra mille conflitti, Papa Francesco. Si può dire, allora, che il papato di Bergoglio è nel segno di Charles de Foucauld: nel senso che la vera essenza del papato è quello di essere un “fratello universale”?
Certo, è così! Lo si può cogliere bene, al di là dei tanti gesti, viaggi e discorsi di papa Bergoglio, utilizzando con una preziosa bussola, la sua enciclica Fratelli tutti, cuore pulsante di un progetto che – mettendo a fuoco il complesso reticolo dei rapporti fra cristiani e musulmani – è in grado di fungere da cartina di tornasole di una Chiesa autenticamente, e coraggiosamente, in uscita. In entrambi i casi, per de Foucauld e Bergoglio, il solo metro di paragone, il Modello Unico (come lo chiamava il primo), è, e non può essere altrimenti, Gesù di Nazaret. Da qui, lo stretto rapporto che papa Francesco ha scelto di instaurare con l’eremita francese, eleggendolo a punto di riferimento ideale e stella polare del suo progetto di relazioni fraterne con il mondo musulmano. Un progetto, ovviamente, del tutto antitetico al ventilato scontro di civiltà che ha furoreggiato nella cultura occidentale all’indomani dei tragici attentati dell’11 settembre 2001. In tale ottica, Bergoglio sta tessendo una sistematica contro-narrazione rispetto alla ricorrente narrativa della paura. È a questo livello che si comprende il significato storico del suo impegno contro i muri e ogni forma di guerra di religione, nell’intento di svuotare dall’interno la macchina narrativa dei millenarismi settari che ombreggia una presunta apocalisse incombente e lo scontro finale. Facendoci comprendere che, come aveva ben inteso de Foucauld, in definitiva e nonostante le sirene contrarie, ospiti della terra nostra casa comune, siamo fratelli (e sorelle) tutti.

Ultima domanda: ai non credenti, o agli indifferenti, cosa ha dire una figura come di Charles de Foucauld?
Beh, un dato di fatto è che il nome di de Foucauld è divenuto, nel corso dei decenni, una bussola sicura – direi anzi imprescindibile – per orientarsi in molteplici ambiti: in particolare, per chi accetti di lasciarsi affascinare da una spiritualità del deserto accessibile sia ai credenti sia ai (cosiddetti) non credenti. “Nella sua immagine – scrive Franca Giansoldati – forse possono riconoscersi tutti i falliti della storia”. Ma già il suo primo biografo, René Bazin, aveva colto tale aspetto, presentandolo così: “E’ stato il monaco senza monastero, il maestro senza discepoli, il penitente che sosteneva, nella solitudine, la speranza di un’età che non doveva vedere…”. E soprattutto ha ragione il padre Bernard Ardura, suo postulatore nella causa di santificazione: se tanti amano frère Charles è “perché lo sentono vicino… Quelli che l’hanno scoperto lo sentono molto vicino perché incarna in qualche modo l’ideale della fede cristiana”. E “coloro che non sono particolarmente credenti vedono in quest’uomo certamente una grandissima umanità”. Frère Charles, infatti, fu un uomo che non sopportò le mezze misure, le mediazioni, gli equilibrismi, e tanto meno i compromessi, transitando spesso da un estremo all’altro, dagli abissi della dissipazione alla gloria mondana fino alla perfezione evangelica. Ecco perché, imbattendosi in lui e nella sua storia da moderno padre del deserto, è impossibile rimanere indifferenti: o ci si innamora ingegnandosi a conoscere tutto di lui, o ci si rifiuta di farsi coinvolgere, di fronte a quello che potrebbe anche apparirci un idealista un po’ folle, incapace di fare i conti con la dura realtà. Tutto e subito, come quando Charles, il cristianesimo, lo ri-scopre (letteralmente, nel senso che riesce a togliere il velo che ne faceva la depositaria religione di famiglia, alla quale era costretto ad adeguarsi). Tanto da ammettere, nel 1886, già ventottenne: “Appena ho creduto che Dio esiste ho capito che non avrei potuto fare altro che vivere solo per lui”.
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Charles de Foucauld, l’uomo del dialogo con i musulmani e della fraternità universale
Il 15 maggio u.s. Papa Francesco ha canonizzato fratel Charles de Foucauld, eremita, francese, uomo di Pace, riferimento assoluto di quanti perseguono la fraternità universale. Ne parliamo in un convegno a Cagliari.
Martedì 7 giugno 2022, alle ore 18, nei locali della Parrocchia di S. Anna, in via Fara 19 a Cagliari si svolgerà un convegno sulla figura di Charles de Foucauld.

Si confronteranno Ettore Cannavera, che ne illustrerà la vita e il percorso umano e religioso; Claudia Zuncheddu, che si soffermerà sugli ambienti del deserto dove ha operato, sulle piste dei tuareg dell’Hoggar verso l’Assekrem (l’Hoggar è tutta la catena montuosa Sud Algeria e nella cima del monte Assekrem, l’heremitage di C. de Foucauld). Infine, Margherita Zaccagnini parlerà della presenza in Sardegna dei “Piccoli Fratelli” che hanno ispirato la loro missione all’insegnamento del santo eremita. L’attore Marco Bisi leggerà alcuni brani degli scritti di Charles De Foucauld.

L’iniziativa è organizzata dall’Associazione Giuseppe Toniolo, in collaborazione con gli Amici sardi della Cittadella di Assisi. Introdurrà i lavori il parroco di Sant’Anna don Franco Matta. Coordineranno, in rappresentanza delle associazioni promotrici, Gianni Loy e Franco Meloni.

Di seguito una riflessione di Franco Meloni, già pubblicata su il manifesto sardo del 1° giugno 2022.

Il nostro incontro si propone sostanzialmente tre obiettivi, condensati in altrettanti punti:

. conoscere in modo essenziale ma significativo la personalità di Charles de Foucauld, i luoghi da lui abitati, le persone che lui amò e che lo amarono, soprattutto nell’ultimo periodo della sua vita nel deserto algerino;

. conoscere il suo messaggio fondamentale, di uomo di pace, “fratello universale”;

. cercare di capire le ragioni del perché il suo messaggio affascini ancor oggi, soprattutto oggi, molti credenti e non credenti.

I relatori daranno risposta a questi diversi interrogativi sulla base delle proprie conoscenze ed esperienze nel loro incontro con il pensiero di C. de Foucauld. Quelli che seguono sono solo personali contributi preliminari al dibattito di martedì. Sul primo punto vale la pena riportare una sintesi efficace della biografia di Charles de Foucauld, fatta dal teologo Brunetto Salvarani, che ha scritto un libro sulle somiglianze di San Carlo de Foucauld a San Francesco d’Assisi, ambedue citati da Papa Francesco nella sua ultima enciclica “Fratelli tutti” come pilastri “architettonici” della fraternità.*

“Charles-Eugène de Foucauld nasce a Strasburgo, in Alsazia, il 15 settembre 1858, da un’antica famiglia nobiliare il cui storico motto è “Mai ritirarsi!”; morirà in circostanze drammatiche, nel deserto algerino in cui si era spinto (e non ritirato) per seguire quella che aveva finalmente intuito essere la sua definitiva vocazione, il 1° dicembre 1916. Ebbe una vita piuttosto breve, dunque, appena cinquantotto anni: eppure, le definizioni che gli si potrebbero attribuire sono tante, e variegate. Ufficiale di cavalleria ben disposto all’azione, brillante esploratore in terra africana, stimato geografo ed etnologo, meticoloso linguista, e naturalmente uomo dello Spirito, presbitero, monaco e poi eremita in Dar al-Islam. A dispetto di ciò e di un’esistenza quanto mai poliedrica, in realtà, di tutti gli obiettivi che si era dato, egli non ne raggiunse nemmeno uno: avrebbe voluto fondare un ordine religioso, o almeno un istituto di fratelli, ma nonostante ripetuti tentativi e sperimentazioni non ci riuscì. Rifiutò d’altra parte, inoltre, di diventare ciò che di volta in volta gli veniva richiesto dalla famiglia e dalle occasioni che gli si pararono davanti, dapprima studente modello e poi soldato di carriera, scegliendo di rimanere costantemente ai margini, per consegnarsi alla fine al silenzio, all’ascolto e alla preghiera. Pur abitando nel deserto profondo fianco a fianco con i Tuareg, tradizionalmente musulmani sunniti, non determinò in loro alcuna conversione al Vangelo, fino a trovare la morte, assassinato per futili ragioni, quando ancora era nel pieno della sua maturità intellettuale e spirituale”.

I frutti della sua vita arrivarono copiosi diversi anni dopo la sua morte.

Sul secondo punto, possiamo sintetizzare la missione di C. de Foucauld, nelle sue stesse parole riportate in una lettera per la cugina Marie, del 7 gennaio 1902: “Voglio abituare tutti gli abitanti, cristiani, musulmani, ebrei e idolatri, a considerarmi come loro fratello, il fratello universale”

Sul terzo punto sembra pertinente rifarsi al pensiero del cardinale Carlo Maria Martini sul rapporto tra credenti e non credenti**, il quale sosteneva che dentro ciascuno di noi convivono distinti un credente e un non credente che lottano quotidianamente, a volte prevalendo l’uno, a volte l’altro. Cogliendo questo concetto, sommessamente aggiungo che dentro ciascuno di noi agiscono forze del male e forze del bene. Nei nostri comportamenti a volte prevalgono le une, a volte le altre. Ovviamente saremo felici se a prevalere in noi fossero sempre le forze del bene, ma purtroppo non è così (la guerra è un terribile esempio del prevalere del male nei comportamenti singoli e di intere aggregazioni umane). Carlo de Foucauld evidentemente rappresenta la forza del bene, quella che più si avvicina al modello di Gesù Cristo. Così come fu per San Francesco d’Assisi. I due santi, non a caso, sono riferimenti espliciti di Papa Francesco, come mirabilmente ripresi e proposti nella sua enciclica “Fratelli tutti”.

Siamo coscienti della nostra piccolezza rispetto a questi giganti della spiritualità. Ma tuttavia non desistiamo dal confrontarci.

In particolare, come afferma Brunetto Salvarani di Carlo de Foucauld: “imbattendosi in lui e nella sua storia da moderno padre del deserto, è impossibile rimanere indifferenti: o ci si innamora ingegnandosi a conoscere tutto di lui, o ci si rifiuta di farsi coinvolgere, di fronte a quello che potrebbe anche apparirci un idealista un po’ folle, incapace di fare i conti con la dura realtà”.

Forse per noi l’alternativa non è così secca, ma tuttavia cerchiamo di riflettere insieme e di capire per quanto riusciamo a farvi tesoro per la nostra vita.

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* Brunetto Salvarani “Fino a farsi fratello di tutti. Charles de Foucauld e Papa Francesco”. Cittadella Editrice. Aprile 2022.

** Al riguardo una riflessione condivisa dal cardinale Carlo Maria Martini e dal filosofo Norberto Bobbio: «la differenza più importante non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa ai grandi interrogativi dell’esistenza».

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