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Editoriale
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Ribadiamo il nostro No alla deriva autoritaria insita nel decreto sicurezza; allo stravolgimento della Costituzione rappresentato dal premierato, che spingerebbe l’Italia verso l’autocrazia; all’autonomia regionale differenziata che spaccherebbe l’Italia e negherebbe uguaglianza di diritti ai suoi cittadini, che si ostinano a voler realizzare aggirando la sentenza della Consulta 192/2024; e all’intervento sulla magistratura in Costituzione con il ddl Nordio che porterebbe a metterne in discussione l’autonomia, che è indispensabile perché possa esercitare il suo ruolo di controllo e di garanzia della legalità e dei diritti.
L’impegno del Cdc per la pace e la difesa dei dirittiLa lotta per la democrazia costituzionale nel quadro dello Stato di diritto, è la ragione d’essere del Coordinamento, ed è al centro delle attività che abbiamo svolto in questi anni, ma non può esistere la democrazia in un solo paese. L’evoluzione del quadro internazionale getta delle ombre sinistre e pregiudica gravemente la vita della democrazia in Italia e negli altri paesi a noi vicini. Del resto esiste un’osmosi fra l’Ordinamento internazionale ed i principi supremi della Costituzione definiti negli art. 10 e 11. La lotta per il diritto è una costante storica, ma, mai come in questo momento, la lotta per la pace coincide con la lotta per la democrazia ed i diritti inviolabili dell’uomo. Da quando è ritornata la guerra in Europa ci siamo uniti alle numerose voci per il cessate il fuoco. Il 30 giugno 2022 abbiamo tenuto un convegno al Senato (Quali scelte politiche per riportare la pace in Europa) con studiosi, diplomatici, militari, denunciando l’atteggiamento bellicoso irresponsabile di Europa e NATO volto ad alimentare la guerra anziché aprire al negoziato.
Dopo il 7 ottobre e l’attacco massiccio di Israele a Gaza, nel convegno che si è svolto al Senato il 6 febbraio 2024 (Cessate il fuoco ora a Gaza e in Ucraina) abbiamo avanzato delle proposte concrete per prevenire il genocidio e prefigurare un percorso di pace oltre il cessate il fuoco. Purtroppo l’orizzonte internazionale è andato sempre più peggiorando. Il conflitto fra Russia ed Ucraina si è intensificato superando ogni linea rossa, con un bilancio di oltre un milione fra morti e feriti per ciascuna parte. La distruzione della vita a Gaza è proseguita con una intensità e una crudeltà inimmaginabile nel silenzio complice dei governi europei (salvo la Spagna). Gli ordini impartiti dalla Corte Internazionale di giustizia al governo israeliano, volti a scongiurare il genocidio sono rimasti lettera morta. Dopo aver incendiato tutto il Medio Oriente, Israele ha attaccato l’Iran, trascinandosi dietro anche gli USA. Si è verificato così il paradosso di uno Stato, dotato illegalmente di armi nucleari, che aggredisce uno Stato aderente al Trattato di non proliferazione e sottoposto al controllo ispettivo dell’AIEA, contestandogli un’arma nucleare che l’aggredito non possiede. Il Cancelliere tedesco Merz ha apprezzato quest’ulteriore violazione del diritto internazionale di Israele, mentre il Segretario generale della NATO Rutte si è rifiutato di condannare il bombardamento americano considerandolo lecito. Il disprezzo delle regole del diritto internazionale – così platealmente ribadito – travolge le istituzioni di garanzia come la Corte Internazionale di Giustizia e la Corte penale internazionale che vengono apertamente delegittimate a fronte dell’insofferenza dei principali attori internazionali ad ogni forma di controllo o di responsabilizzazione.
L’Amministrazione Trump contrariamente a quanto dichiarato in campagna elettorale, quando affermava che il cessate il fuoco era a portata di mano, ha rifornito di bombe e sorretto l’aggressività del governo israeliano che ha causato altre morti e distruzioni a Gaza aggravato dall’ignobile ricatto della fame sulla popolazione inerme e il conflitto non si è ancora arrestato. Il fatto è che il “partito” del riarmo e della guerra, saldamente insediato in gran parte delle Cancellerie, nei vertici dell’UE e nel Parlamento europeo ha accolto con grande disappunto la scelta della nuova amministrazione americana di ritirarsi dalla guerra per procura combattuta contro la Russia, al punto che il Parlamento europeo, nella sua risoluzione del 12 marzo sul fermo sostegno all’Ucraina ha espresso “sgomento per quanto riguarda la politica dell’amministrazione statunitense di riappacificarsi con la Russia.” La risposta europea al disimpegno americano è stato il piano Re Arm Europe/Readiness 2030, presentato dalla Von der Layen che propugna una straordinaria corsa al riarmo dei paesi europei proponendo la mobilitazione di 800 miliardi di euro nei prossimi cinque anni per la produzione e l’acquisto di armi. Lo scopo di questo processo di riarmo è quello di prepararci alla guerra, come ha dichiarato il 18 marzo la stessa Ursula Von der Layen durante un discorso alla Royal Danish Military Academy a Copenaghen, concetto ribadito dal Premier inglese Starmer che condivide la corsa al riarmo. Questo sviluppo si inserisce nel quadro di un vero e proprio delirio antirusso, cui si è aggiunto quello anticinese, che ha contagiato tutti i vertici dell’Unione europea, al punto che il Parlamento, nella deliberazione del 2 aprile, ha attribuito alla Russia “l’intenzione di dichiarare guerra ai paesi europei o di cercare di destabilizzarli”, dichiarando – senza ombra di pudore – che il regime russo rappresenta: “la minaccia più grave e senza precedenti per la pace nel mondo, nonché per la sicurezza ed il territorio dell’UE e dei suoi Stati membri”. I vertici europei stanno cercando in tutti i modi di silurare il processo di pace in Ucraina, pretendendo che i negoziati debbano seguire l’approccio di conseguire “la pace attraverso la forza”. Mentre a carico della Russia veniva adottato il 18mo pacchetto di sanzioni, nessuna censura è stata mossa ad Israele. L’unione Europea non ha neanche sospeso il Trattato di associazione UE-Israele per l’opposizione di alcuni paesi, fra cui l’Italia. Infine il 25 giugno il Summit della NATO all’Aja ha concordato, con l’adesione anche del governo italiano, l’impegno dei paesi membri ad incrementare le spese militari fino al 5% del PIL entro il 2035. Il Coordinamento per la democrazia costituzionale non è un movimento per la pace ma è vincolato al dettato e ai principi dell’articolo 11 della Costituzione e di fronte ai pericoli ed alle minacce di guerra, al rischio di estensione dei conflitti in corso, alla sostituzione del welfare con il warfare, all’oltraggio del genocidio, tutte le articolazioni di impegno civile sono per loro natura. parte di un movimento collettivo per la pace perché la pace è il fondamento di tutti i diritti. In Italia il movimento per la pace si è svegliato con molto ritardo ed ha dovuto superare le ambiguità della situazione politica che vede quasi tutte le forze politiche animate da sindrome bellicista. Un po’ alla volta sta emergendo un forte dissenso di fronte al bellicismo delle classi dirigenti e al loro silenzio vile rispetto al genocidio in Palestina. Grazie ad un’iniziativa promossa dall’ARCI è finalmente sorto un coordinamento europeo: Stop ReArm Europe, che raggruppa partiti, associazioni e movimenti decisi a dare battaglia contro la follia del riarmo e della preparazione della guerra, contro la tolleranza per le atrocità di Israele e contro i risvolti autoritari delle politiche interne. Così proponiamo che il Coordinamento si impegni alla realizzazione di un’iniziativa patrocinata dalla fondazione Basso e altri per realizzare un’iniziativa di riforma e di rilancio delle sedi internazionali e del metodo di Helsinky 75 e Oslo 93 per risolvere pacificamente i conflitti, senza ricorrere alle armi e alle guerre.
Il Coordinamento per la Democrazia costituzionale ha aderito a Stop ReArm Europe fin dall’inizio ed ha partecipato al primo appuntamento pubblico nazionale, aderendo alla manifestazione del 21 giugno, convocata in polemica con il vertice NATO. Attualmente sono 484 le organizzazioni aderenti a stop reArm Italia. E’ auspicabile che in futuro le diverse aggregazioni uniscano le loro mobilitazioni su obiettivi comuni. Il piano Re Arm Europe/Readiness 2030, è il più grande stravolgimento fiscale dal dopoguerra. In generale, per l’Europa tutta, questa scelta è una vera e propria sciagura destinata a distruggere quel che resta del modello sociale europeo. Il riarmo proposto porterebbe ad uno stravolgimento delle priorità e degli obiettivi economici e sociali, sarebbe una vera distorsione degli obiettivi anche per quanto riguarda il clima. Questo è lo stravolgimento. A differenza di quello che dichiara Meloni, il piano non è sostenibile. L’Italia ha già un debito elevato ed è sotto procedura di infrazione. Quindi le risorse per l’aumento della spesa militare dovrebbero derivare dalla diminuzione di quella sociale, come quella sanitaria già insufficiente.
Il Coordinamento Stop Re Arm Italia sta preparando un kit di strumenti utili per conoscere, far conoscere ed informare. Non esiste nessuna struttura dirigistica, come per la campagna contro la riforma Renzi, la mobilitazione deve partire dal basso e contare sull’attività volontaria. Accanto alla lotta contro il riarmo va ripresa la campagna per il disarmo, in particolare riducendo le testate nucleari, come ha anche ricordato Papa Francesco in una delle sue ultime esternazioni
Infine ribadiamo il nostro No alla deriva autoritaria insita nel decreto sicurezza; allo stravolgimento della Costituzione rappresentato dal premierato, che spingerebbe l’Italia verso l’autocrazia; all’autonomia regionale differenziata che spaccherebbe l’Italia e negherebbe uguaglianza di diritti ai suoi cittadini, che si ostinano a voler realizzare aggirando la sentenza della Consulta 192/2024; e all’intervento sulla magistratura in Costituzione con il ddl Nordio che porterebbe a metterne in discussione l’autonomia, che è indispensabile perché possa esercitare il suo ruolo di controllo e di garanzia della legalità e dei diritti. Siamo a fianco dei magistrati nel contrasto a questo stravolgimento della Costituzione e lo saremo anche nel referendum costituzionale che ci auguriamo seguirà questa forzatura da parte della maggioranza e del governo Meloni.
Siamo convinti che la democrazia vada difesa, oltre che dall’introduzione di una legge elettorale proporzionale senza premio di maggioranza, allargando il campo di intervento delle forme di democrazia diretta, prevedendo la raccolta di firme online per le Lip e per i referendum, nonché il voto online per quest’ultimo e abbattendo la possibilità di ricorrere all’astensione indotta dall’alto, studiando le soluzioni più opportune.
Il Comitato direttivo del coordinamento per la democrazia costituzionale
Roma 4 luglio 2025
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Gli intellettuali servono, ma il Pd non deve dimenticarsi della societàdi Alfiero Grandi su Domani, 5/6/2025
Vanno accolte le suggestioni della lettera di Nadia Urbinati e Carlo Trigilia a Elly Schlein con l’obiettivo di “riattivare il circuito tra politica e cultura”, per costruire un progetto alternativo alle destre.
La lettera inizia con una valutazione positiva, condivisibile, sul ruolo della segretaria del Pd, su cui ragiona anche un articolo di Gianni Cuperlo.
L’elezione di Shlein da parte dei non iscritti, in contrasto con le indicazioni prevalenti dentro il Pd, era una conferma di una insoddisfazione di elettrici ed elettori verso la deriva ondivaga e governista ad ogni costo del Pd, tra cui il taglio dei parlamentari che – come previsto – ha rappresentato un duro colpo al ruolo stesso del parlamento, con l’aggravio di una legge elettorale demenziale. La deriva del Pd ha contribuito al dilagare delle astensioni ed evidenziato la forte richiesta di una svolta politica.
La nuova segreteria ha ottenuto risultati, dato risposte, su cui si soffermano Urbinati, Trigilia e Cuperlo.
Aggiungo alcune considerazioni. Coinvolgere gli intellettuali nella costruzione di un progetto alternativo è fondamentale, tuttavia i partiti debbono comunque fare scelte politiche per la costruzione di un’iniziativa nella società e una coalizione alternativa potrebbe mobilitare energie straordinarie.
E’ un momento di grandi incertezze. Pensiamo ai comportamenti erratici di Trump. Occorrono indicazioni positive comuni per infondere fiducia e per dimostrare che un’alternativa è possibile.
La prima scelta politica è costruire una coalizione alternativa in cui coesistano sensibilità e ruoli diversi che convergono su un programma. In questa situazione occorre un vero e proprio progetto che va oltre l’obiettivo di vincere le elezioni, che non sarebbe poco in presenza di uno spostamento a destra, non solo in Italia.
Quindi gli intellettuali debbono essere un riferimento per il Pd ma ancora di più per la costruenda coalizione. In altre parole occorre che tutti condividano l’onere e l’onore di lavorare per coinvolgere le energie intellettuali.
E’ inevitabile che le proposte politiche vengano fatte dai partiti disponibili e insieme definendo modalità di decisione, in particolare sui punti irrisolti. Non si può calare dall’alto un programma, occorre definire modalità di partecipazione, anzitutto degli intellettuali ma non solo, per sciogliere con regole certe i punti aperti.
Occorre un impegno straordinario di innovazione politica su punti come pace, Europa, Gaza, Ucraina, per elencarne solo alcuni. Trump obbliga a posizioni nette e coraggiose. La crisi delle sedi internazionali (Onu e non solo) e dei metodi per regolare i contenziosi (Helsinky 1975, Oslo 1993, ecc.) è iniziata quando le potenze hanno scelto di decidere da sole (Kosovo, Afghanistan, Iraq, Ucraina, ecc.), mobilitando pattuglie di volenterosi ma ignorando le sedi internazionali.
La gravità della crisi delle sedi internazionali è confermata dall’ostracismo di Israele verso l’UNRWA a Gaza, gettando la popolazione in una condizione ancora più orribile, inaccettabile.
Un progetto di riforma dell’Onu e delle organizzazioni internazionali è urgente, basta pensare all’attacco Usa all’OMS e dovrebbe essere un punto centrale dell’iniziativa europea che a sua volta ha bisogno di un cambiamento.
La Presidente della commissione europea usa i voti ottenuti da una sorta di centro sinistra per attuare uno slittamento a destra dell’Europa su terreni fondamentali come riarmo, ambiente, migranti. La pace non esiste nell’ottica dell’iniziativa europea. Von der Leyen ha detto prima di Meloni che per la pace bisogna prepararsi alla guerra.
Una riforma politica dell’Europa è indispensabile e possibile perché il rearm europe (nome originario) ha svelato che i trattati si possono cambiare o almeno interpretare, visto che strumenti come Pnrr, Fondo sociale, Bei sono stravolti per il riarmo.
Agitare lo spauracchio di un attacco russo all’Europa serve a giustificare la deriva guerrafondaia. La coesistenza si garantisce con trattati, garanzie reciproche e diplomazia.
Difficile ? Certo, ma la pace si prepara con la pace. Occorre coraggio, capacità innovativa sulla pace come sulle scelte che riguardano i fondamentali sociali: istruzione, sanità, ricerca, previdenza, migranti, contrasto alla povertà, a partire dai bambini. I diritti fondamentali vanno garantiti e tradotti in reddito sociale o differito per non essere soli in una società iperconnessa.
Libertà, diritti civili inalienabili, partecipazione delle persone per contrastare l’astensionismo e valorizzando i referendum per decidere, anziché cercare di sterilizzarli. La partecipazione va esaltata, bisogna avere fiducia nelle persone. La partecipazione può sciogliere nodi politici e preparare la mobilitazione. Gli intellettuali sono decisivi ma insieme occorre una larga, forte partecipazione. Per sciogliere i punti controversi si può votare sulle scelte.
Svolta è anzitutto far scegliere ad elettrici ed elettori i loro rappresentanti.
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