Il Papa da Fazio
Non c’è solo la proverbiale ironia di papa Francesco dietro quel suo riconoscersi solo alla luce di scelte pastorali coraggiose, da ultima il via libera alle benedizioni delle coppie gay. “Traspare anche una certa paura, mista ad amarezza, per il rendersi conto che ampie fette della Chiesa, quelle più praticanti, non lo stanno seguendo”, è il teologo Vito Mancuso a mettere il dito nella piaga della crescente solitudine di Bergoglio sullo sfondo dell’apparizione di quest’ultimo al programma Che tempo che fa.
Anche a livello internazionale gli appelli del Papa per l’ambiente e la pace cadono regolarmente nel vuoto, non trova?
“Assolutamente sì, ma, pur se non viene dato seguito ai suoi moniti, non esiste al mondo altra autorità morale e spirituale eccetto la sua. E questo disturbare il potere politico ed economico, anche a costo di fallire, rappresenta la sorte stessa di Francesco”.
Un destino da 3 milioni di spettatori rimasti incollati l’altra sera alla tv per ascoltare le sue parole… .
“Lui è uno straordinario comunicatore la cui solitudine induce a un sentimento umano di tenerezza. Da un punto di vista politico e spirituale, è un bene avere un Papa che, nonostante fatichi a governare e a farsi ascoltare ai piani alti, dimostra di essere in grado di sintonizzarsi come pochi sui problemi degli uomini e delle donne del suo tempo, di scrivere encicliche stupende sulla difesa del creato che magari saranno comprese e attuate tra cent’anni. In fondo quella di Bergoglio è la solitudine dei profeti che sanno ascoltare la voce di Dio e guardare oltre il contingente”.
Ma intanto, come scherza Fiorello, i cardinali l’hanno già «estromesso dal loro gruppo Whatsapp». Tornando seri, è accettabile questa palpabile solitudine del Papa nella Chiesa?
“Era doverosa ai tempi di Pio IX e Pio XII, quando la figura del Pontefice era distante, altra rispetto alla gente. Adesso, venuti meno da decenni il plurale maiestatis e la sedia gestatoria, il fatto che il Papa sia isolato è un grandissimo problema a livello ecclesiale. Lo stesso Francesco si è reso conto che non manca chi, profanando il senso autentico della preghiera, non prega più per lui, ma contro di lui, come ha lasciato intendere neanche troppo velatamente da Fazio”.
A che cosa si deve questo suo essere tra i cattolici ’voce che grida nel deserto’?
“Non ha fatto i conti fino in fondo con le forze effettive a sua disposizione nella Chiesa. A ciò si aggiunge che troppe volte, in questi oltre dieci anni di pontificato, Francesco ha criticato pubblicamente le condotte della Curia romana. È come se ogni giorno il presidente del Consiglio attaccasse i suoi ministri. Va da sé che nell’esecutivo finisca per non riscuotere particolari simpatie”.
E come si traduce questa situazione nel governo del Papa?
“In un continuo scontentare sia la destra sia la sinistra cattolica, con la prima che gli rimprovera la messa al bando della Tradizione e la seconda lo scarso coraggio. La questione della benedizione delle coppie omosessuali è paradigmatica: da un lato, Bergoglio le approva, dall’altro, subito dopo precisa che devono essere fatte in fretta e senza particolare publicità. Una sorta di ’vorrei ma non posso’ che fatica a conciliarsi con il senso ultimo della religione. Chi crede in una fede ha bisogno di punti fermi”.
Sull’omosessualità si è arrivati addirittura ad un documento degli episcopati africani contrario sostanzialmente a quanto stabilito dal Papa. Quasi un unicum nella storia della Chiesa.
“È il segno che è venuto meno il principio di autorità, un tempo espresso nella locuzione Roma locuta, causa finita . Ma è stato lo stesso Francesco a contribuire ad affossarlo, col suo insistere sulla collegialità e la sinodalità. Purtroppo la Chiesa dimostra di non essere ancora pronta ad accogliere i cambiamenti e lui si barcamena. Se Benedetto XVI era un teologo e non un Papa, il suo successore è un profeta più che un Pontefice”.
GIOVANNI PANETTIERE
Fonte: Quotidiano Nazionale
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