Transizione energetica: ecco come la pensa la CGIL Sarda. Molto da condividere, qualcosa da ridiscutere. Studiare, dibattere, partecipare, decidere…

img_8174DOCUMENTO CGIL SARDEGNA – LA GIUSTA TRANSIZIONE ENERGETICA E AMBIENTALE COME PROSPETTIVA DI RILANCIO DEL SISTEMA ECONOMICO, PRODUTTIVO E SOCIALE DELLA SARDEGNA
La Sardegna è oggi fortemente penalizzata sul fronte della transizione energetica e le ragioni della difficile situazione in cui si trova, situazione che alimenta i dubbi e le proteste dei cittadini e toglie il sonno ai lavoratori, hanno radici lontane e responsabilità precise. Chi ha avuto importanti incarichi di governo regionale e nazionale è artefice di ciò che sta avvenendo. Certo, individuare le colpe o indugiare sulle opportunità perdute non basta, ma è utile conoscere il quadro per trovare soluzioni, uscire dall’impasse. Questo è l’obiettivo del sindacato, che si misura con la realtà per trovare, con concretezza, una via d’uscita.
Sono chiamate a far questo le istituzioni e la politica ed è a loro che la Cgil si rivolge per costruire un confronto che non c’è mai stato, nel quale trovare soluzioni equilibrate a vantaggio della collettività dei sardi dentro il più ampio contesto della comunità nazionale ed europea. In questa direzione va la richiesta di incontro urgente inoltrata ai ministri Pichetto Fratin e Urso dalle segreterie unitarie Cgil, Cisl e Uil nazionali di concerto con le strutture regionali. E in questo contesto è stato avviato il confronto regionale, per il quale è stato convocato, dopo una richiesta unitaria delle categorie all’assessore dell’Industria, un apposito incontro che si è svolto il 1 agosto. Le proposte e gli scenari ipotizzati dalla Cgil sono scritti nei documenti che in questi anni il sindacato, purtroppo inascoltato, ha prodotto e consegnato a istituzioni e forze politiche. Vale la pena rilanciarli perché oggi sono più che mai attuali.
Intanto, nel corso dell’incontro del 1 agosto l’assessore ha confermato la volontà della Giunta di procedere con il piano di metanizzazione per il quale è in corso una trattativa con il governo nazionale al fine di arrivare in tempi stretti all’accordo definitivo su un nuovo Dpcm Sardegna. Il sindacato ha ribadito l’urgenza di realizzare al più presto quel piano attraverso la dorsale che trasporterà il metano prima e l’idrogeno dopo. In assenza di questo infatti, sembra concretizzarsi uno scenario che la Cgil ha contrastato, avvertendo per tempo che la transizione può e deve compiersi attraverso un mix energetico e una pianificazione che restituisca benefici e crei nuove opportunità, senza mortificare il mondo del lavoro e le vocazioni della nostra Isola. La Sardegna paga lo scotto della mancata metanizzazione e nel frattempo, altri progetti – pensiamo al T-Link – hanno preso corpo per impulso esterno all’Isola, relegando ai margini le reali necessità e urgenze dei suoi territori. Il punto è che non ci rassegniamo a essere una colonia di produzione di energia da fonti energetiche rinnovabili finalizzata alla ricerca di un profitto i cui frutti non ricadono nella nostra regione. Al contrario, le FER sono necessarie per raggiungere gli obiettivi della de-carbonizzazione, ma devono essere commisurate, al netto del contributo che la Sardegna deve dare al Paese, alle esigenze attuali e future dell’Isola. Purtroppo, ciò che manca è proprio una visione di prospettiva.
Ci troviamo davanti a un decreto, quello sulle aree idonee dello scorso 21 giugno, che

Siamo davanti a un déjà vu se pensiamo alle battaglie (perse) contro l’esclusione dell’Isola dalla rete del metano, un torto già subìto che continua a perpetrarsi. Per questo non smettiamo di ripetere, ancora una volta, che la chiave di volta è la realizzazione della dorsale per il trasporto del metano oggi e dei biogas e dell’idrogeno domani. Occorre ripartire da un assunto importante: una delle principali finalità delle opere infrastrutturali è quella di creare condizioni e pari opportunità di sviluppo, realizzando un interesse generale. E’ un principio che vale ovunque e deve valere anche per la Sardegna.
Vogliamo evitare che si rimanga impassibili davanti al compiersi dell’ora X – la chiusura delle due centrali a carbone – senza alcuna pianificazione, facendo leva sugli obiettivi da raggiungere e non tracciando i percorsi ambientalmente, economicamente e socialmente adeguati. L’obiettivo della de-carbonizzazione è imprescindibile e va reso praticabile attraverso una programmazione che tenga conto dell’esigenza di un mix energetico e degli investimenti necessari a realizzarlo nel più breve tempo possibile, così come va accompagnato da piani di riconversione concreti, anche con la rivisitazione del PEARS (Piano Energetico Ambientale Regionale della Sardegna) oramai fermo dal 2016. Per questo guardiamo con interesse e attenzione alla proposta di riconversione della centrale termoelettrica di Fiume Santo presentata dalla multinazionale EPH con il nome di Fiume Santo Energy Park e, allo stesso modo, non possiamo accontentarci di chiudere una centrale, quella del Sulcis, sostituendola con la dislocazione nel territorio sardo di batterie elettrochimiche. Vale la pena ricordare a questo proposito, che spetta al decisore politico gestire e indirizzare questo processo, non certo alle singole aziende. Per farlo è indispensabile dotarsi di un quadro normativo certo, orientato dalla volontà di garantire alla Sardegna l’autonomia energetica che le lavoratrici e i lavoratori impegnati a vario titolo nel comparto hanno sempre assicurato.
Oggi gli operatori del mercato energetico, comprese le grandi aziende partecipate dallo Stato, minano il percorso graduale della transizione e si continua a non contrattare, con il governo e con le aziende, azioni adeguate per favorire il phase out e la transizione. Il risultato è che dopo la pubblicazione del Pniec 2024, l’ora X appare sempre più vicina e sempre più lontana, perché nessuno traccia le alternative tecnicamente percorribili. Le batterie elettrochimiche, i parchi eolici e fotovoltaici non sono la soluzione: il giusto mix energetico è la soluzione, non solo per la produzione di energia elettrica ma anche per tenere la rete in equilibrio in costanza di fornitura e per decarbonizzare le produzioni delle aziende industriali, manifatturiere e dell’agroindustria. Il giusto mix risiede nella
assegna alla Sardegna un’eccessiva quantità di produzione da FER. Un’imposizione che arriva dall’alto e vorrebbe indicare qualità e quantità di un cambiamento che qui in Sardegna deve essere governato e non subìto. I problemi di oggi discendono da una impostazione data dal governo nazionale nel 2021 con il decreto 199, sul quale non era stata intrapresa alcuna azione dalla precedente Giunta. Ora quella attuale si appresta a tracciare i limiti perché il decreto di giugno venga attuato senza distruggere l’ambiente, il paesaggio, le biodiversità, gli ecosistemi. Ci auguriamo che questo processo possa contemplare la revisione della quantità di 6,2 GW di energia da fonti rinnovabili assegnato alla Sardegna.

giusta proporzione tra eolico, fotovoltaico, idroelettrico nei bacini superficiali e sotterranei, biomasse, accumuli, metano prima e idrogeno poi.
Oltre a questo, c’e da dire che lo stesso Pniec 2024 indica come metodo, nel processo di individuazione delle aree idonee, un percorso di condivisione e ripartizione equa degli obiettivi su scala regionale ma non ci pare che questa modalità sia stata perseguita e, anzi, ora, è indispensabile mantenere alta la guardia perché nell’ultima versione del Piano la quantità di produzioni da Fer prevista è passata da 80 GW a 131 GW, quindi c’e un ulteriore fortissimo rischio di nuove ripartizioni che destano perplessità e preoccupazioni. Chi e in quali tavoli ne sta discutendo? È indispensabile avviare immediatamente un nuovo confronto con tutti i soggetti coinvolti, istituzioni ai vari livelli e parti sociali per evitare ulteriori criticità e dissenso nei territori.
Il punto è che se chi governa la Sardegna non individua i percorsi da compiere lascia un vuoto che verrà colmato da altri, come è accaduto e sta accadendo. Non aver attuato il Piano di metanizzazione ci ha già esposti al potenziale assalto che oggi è sotto gli occhi di tutti: ridurre l’impatto di quella produzione attribuita alla Sardegna significa trattare con il governo, pretendere l’arrivo del metano e la relativa dorsale, differenziare il più possibile le fonti energetiche rinnovabili per costruire una prospettiva che vada oltre il 2030. Significa immaginare un’Isola che faccia un salto triplo per recuperare il divario attuale, mirando a portare qui le tecnologie più avanzate che garantiscano finalmente uno sviluppo equilibrato.
Il tema della produzione, dell’utilizzo e della distribuzione dell’energia infatti, è strettamente legato, oltre che alla stabilità della rete (tema imprescindibile), ai consumi dei cittadini e delle imprese, al sistema produttivo e allo sviluppo che un governo regionale ha il dovere di tracciare: energia per fare cosa? Per soddisfare quali fabbisogni? E’ necessario che si individui il fabbisogno non facendo la fotografia attuale del sistema produttivo della Sardegna ma definendo uno scenario di prospettiva, con lo scopo di attrarre nuovi investitori.
Noi chiediamo una programmazione che favorisca lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie abilitanti e degli elementi di conoscenze strategiche per il futuro industriale sardo, nel quadro della nuova strategia industriale dell’UE: materiali avanzati, manifattura avanzata, intelligenza artificiale, big data, cloud, biotecnologia industriale, internet delle cose, micro e nanoelettronica (inclusi i semiconduttori), IT e nuovi materiali per la mobilità, nanotecnologie, fotonica, robotica, cybersicurezza. Nel dettaglio, sarà determinante realizzare filiere produttive, partendo dalle bonifiche dei territori per estrarre le materie prime critiche e le terre rare uscendo dalla logica delle sole produzioni che poi vengono lavorate fuori dall’Isola.
Per realizzare questi indirizzi, la pianificazione energetica deve essere incanalata dentro la traiettoria fissata a livello europeo e nazionale ma tenendo al centro gli aspetti territoriali, sociali e occupazionali, che vanno gestiti in maniera sostenibile, in un’ottica di progressivo e graduale avvicinamento agli obiettivi determinati.

Detto questo, la pianificazione deve fondarsi su soluzioni appropriate in termini di fattibilità tecnologica, a salvaguardia delle produzioni, delle competenze professionali e dei consumi presenti e futuri, relativamente ai quali è urgente agire per avviare percorsi che, passando per investimenti sull’efficientamento dei processi e delle infrastrutture, li riducano, garantendo la stabilità delle reti e degli approvvigionamenti.
Per fare tutto questo però, serve una visione, un governo regionale che dia continuità e approfondisca un confronto sulla prospettiva, servono scelte e indirizzi precisi di politica energetica e industriale. E servono misure e garanzie a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori interessati da crisi, riconversioni e nuove attività, serve riqualificare le loro professionalità intorno a nuovi e innovativi progetti produttivi.
Noi chiediamo di istituire per legge una Agenzia sarda per lo sviluppo industriale e un Fondo speciale per la transizione al fine di realizzare, all’interno di un progetto/piano, la trasformazione dell’industria sarda e mettendola nella condizione di dare corso – in stretto raccordo con l’attuazione degli obiettivi e degli interventi del PNRR – alle previsioni del Green Deal europeo. Nella nostra ipotesi, l’Agenzia dovrà anche monitorare e coordinare le procedure burocratiche relative alle autorizzazioni di nuovi impianti e attività, che devono essere rigorose e portate avanti in tempi celeri. Il Fondo, invece, dovrà elaborare strategie e interventi specifici per le imprese e i lavoratori, comprese le misure di sostegno al reddito, di formazione e riqualificazione professionale, di aggiornamento delle competenze per le lavoratrici e i lavoratori, per il tempo necessario a conseguire l’obiettivo di non lasciare indietro nessuno nella transizione.
La Sardegna, in tempi non troppo lontani, è stata terra d’avanguardia nelle sperimentazioni innovative e tecnologiche: sappiamo che possiamo e dobbiamo recuperare il tempo perduto, fare un salto per connetterci alle realtà più competitive, bruciare le tappe e sintonizzarci sulla sfida di un cambiamento al quale siamo chiamati a concorrere. Vogliamo farlo con un percorso il più possibile condiviso e senza imposizioni dall’alto, attraverso il metodo del confronto appena avviato e del dialogo continuo con il governo regionale in carica.
5 agosto 2024
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