8 marzo. Auguri a tutte le donne nella Giornata internazionale loro dedicata

img_2162Alcuni giorni fa abbiamo incontrato una cara amica dei tempi di Gulp (anni 60/70), Cristina Santa Cruz, che non vedevamo precisamente da quei lontani anni. Con lei e con altri amici abbiamo ricordato quei tempi, pieni di entusiamo e passione civile e politica. Abbiamo inoltre parlato di tutto, anche delle sorti del Mondo! Oggi Cristina ci ha fatto avere una lettera indirizzata a un quotidiano, datata, tuttavia ricca di spunti, anche polemici, e riflessioni tuttora validi. Ne pubblichiamo alcuni stralci per quanto può avere interesse generale, in particolare sul significato di alcuni “simboli” che rischiano di diventare inutili stereotipi. Il dibattito è aperto. Omettiamo volutamente luoghi precisi, date e nomi delle persone citate, non solo per evitare inutili polemiche, quanto per voler invitare a concentrare l’attenzione sulle problematiche sollevate. E, soprattutto: in realtà assumiamo la lettera di Cristina come pretesto per Dichiarare tutto l’affetto, l’amore, il rispetto, e Augurare tutto il bene possibile alle nostre Donne, a tutte le Donne della Sardegna e del Mondo. Ecco la lettera.
“… Vi scrivo per sapere da voi se avete mai scritto nel vostro giornale che UNA PANCHINA ROSSA è diventata, insieme alle scarpe rosse da donna, il simbolo della lotta alla violenza sulle donne. E, al di là della domanda retorica, chiedervi che cosa ne pensate.
Io sono venuta a conoscenza che una panchina, dove chiunque si può sedere, è diventato un simbolo internazionale di rifiuto alla violenza sulle donne (solo perché viene dipinta di rosso, non per il significato dell’oggetto in se e solo perchè i Mass Media hanno diffuso l’informazione) perché in due paesi vicini a quello dove vivo [tutti dell’Oristanese], l’unica manifestazione, organizzata dalle amministrazioni comunali, è stata l’inaugurazione con tanto di taglio di un nastro della ormai famosa (pare per tutti, tranne che per me che non guardo la televisione) PANCHINA ROSSA. A parlare nel
paese, quello più grosso, sono stati il sindaco, un prete e una suora che ha detto che la violenza sulle donne ci è sempre stata e sempre ci sarà. (…) sono andata in piazza della chiesa non per partecipare all’inaugurazione, ma per fare qualcosa di diverso magari spiazzante. Ho attaccato in una parete due foto di donne in lotta, quella di bambine che si prendono per mano, stilizzate, in creta e un foglio con il testo della traduzione del grido-canto delle donne cilene.
Era il mio contributo, forse provocatorio perché fatto senza permesso. Ho presenziato fuori al taglio del nastro e alle poche, misere frasi di circostanza, retoriche e banali, del sindaco (non mi aspettavo di più e meglio, o forse avrebbe potuto farsi aiutare e prepararsi un discorso un po’ più pregnante e significativo). Mi sia concesso di dire, che io quel non discorso l’ho considerato una mancanza di rispetto verso le donne, che meritano il meglio e dai maschi non lo ricevono quasi mai, forse non sono capaci, però hanno posti di potere. Ha concluso dicendo, riferendosi evidentemente a fatti recenti: “Speriamo che un’omicidio simile non si verifichi mai più”. Subito dopo sono intervenuta spiegando perché mi ero permessa di attaccare le foto: un completamento per me significativo ecc.. Ho detto anche che sperare non bastava. Il sindaco ha risposto enfaticamente: “Brava” e se ne è andato dentro il Centro. Sembrava ironico, ma poteva essere un’approvazione vera, un consenso detto comunque davanti ad un pubblico.
Stamattina sono passata nel paese e “naturalmente” le foto, il testo scritto non c’erano più, come pure le scarpe da donna rosse che alcune donne del paese avevano messo sulle scale che portano al sagrato della chiesa. Dunque le uniche presenze-testimonianze femminili (apportate da donne) sono state rimosse verosimilmente per ordine del sindaco (un maschio).
E’ rimasta inalterata la panchina che lì c’è sempre stata, solo ora è dipinta di rosso. Con la targhetta:
La violenza non è mai amore
IN MEMORIA DI TUTTE LE DONNE VITTIME DI VIOLENZA
(Amen)
E’ “amore”, l’aver tolto ciò che delle donne hanno voluto mettere, aggiungere?
E’ violento il mio gesto di attaccare le foto senza chiedere permesso, gesto che però ho motivato e di cui mi sono assunta la responsabilità in prima persona, esponendomi alla presa in giro del sindaco?
O lo è quello del sindaco che davanti a tutti – e ha fatto credere di aver accettato-approvato l’iniziativa e poi l’ha annullata-cancellata?
Lasciare scarpe e foto sarebbe stato così disdicevole? Un segno di debolezza inaccettabile? Una lesa maestà da diffendere davanti ad un argomento così delicato e sentito dalle donne? Certo un’inezia che però non faceva male a nessuno, perché non lasciarla? (…)
Ciò che mi preoccupa non è tanto il fatto in se, quanto il potere dei Media e il fatto che non ci sia più fantasia per inventarsi: gesti, azioni di opposizione, ma si seguono ”i dettami” dei mezzi di comunicazione di massa e di chi li manovra, come pecore. E chi se ne inventa uno fuori dai ranghi viene osteggiato.
Inoltre il simbolo per me deve avere un collegamento logico con l’oggetto, essere una metafora, un archetipo. Non vedo un gran nesso fra la violenza sulle donne e una panchina, (… il Gral, la croce, il vaso, la spada… erano tutt’altro ma…) eppure è internazionalmente accettato. Mi sento un po’ un dinosauro in via di estinzione ma in fondo sto bene così.
In questo periodo passo il tempo zappettando e piantando:
SE L’UMANITA’ HA UNA SPERANZA DI SOPRAVVIVENZA,
QUESTA E’ NEL RITROVARE UN EQUILIBRIO CON LA NATURA. Cordiali saluti a tutte”.

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