Verso Sa Die de Sa Sardigna
Cinque domande in attesa di risposte
Quando, nell’aprile del 1794, a Cagliari scoppiò l’insurrezione contro il malgoverno dei Savoia, il popolo e gli Stamenti, gli antichi parlamenti sardi, si schierarono uniti a difesa delle famose “Cinque domande”: una piattaforma rivendicativa presentata al sovrano per avere risposte alle gravi emergenze che condizionavano in negativo la vita dei Sardi. Quelle domande, tese a creare varchi di libertà in una società d’ancien régime, oggi non sarebbero più attuali essendo cambiato il quadro politico e istituzionale.
Potrebbe però essere utile elaborare, nel contesto attuale, le nuove “Cinque domande”, nella consapevolezza che, nel presente, certe risposte le può dare solo la Regione nell’esercizio della sua autonomia speciale. Quindi la stessa dovrà farsi carico di un’azione forte e decisa per arginare la politica neocoloniale dello Stato che concorre alla distruzione dei segni dell’identità e delle risorse, materiali e culturali, del popolo sardo.
E veniamo ora alle “Cinque domande”, edizione 2025.
1.Innanzitutto, per i Sardi è fondamentale la salvaguardia e la promozione delle risorse identitarie (lingua, cultura, istituzioni, ambiente). Nei nostri territori è possibile leggere i segni di un paesaggio naturale e antropico forgiato attraverso una storia plurimillenaria di grande valenza identitaria: i dolmen, i menhir, le domus de janas, i pozzi sacri, i nuraghi, le chiese romaniche…beni culturali di rara bellezza, non riproducibili, in pericolo. Chiediamo in che modo la Regione intenda valorizzare le tematiche identitarie e affrontare efficacemente la materia urbanistica e paesaggistica.
2.La seconda domanda riguarda il lavoro. Senza lavoro non solo non può esserci sviluppo ma si mette in pericolo la dignità della persona umana. I Sardi chiedono che la Regione promuova la valorizzazione delle risorse locali: istituzioni, lingua, storia, arte, ambiente, tradizioni e cultura in genere. Pertanto è centrale sapere se le istituzioni che rappresentano i Sardi stiano elaborando una politica di sviluppo produttivo in grado di difendere il territorio da logiche di accaparramento e di favorire lo sviluppo di un’agricoltura moderna, rispettosa dei territori, che preveda processi di verticalizzazione delle filiere di produzione, trasformazione e conservazione. In mancanza di tali misure, accompagnate da una seria politica dei trasporti che agevoli anche il turismo, in Sardegna si accentueranno l’inverno demografico, la desertificazione delle zone interne, la mancanza di lavoro e il ridimensionamento scolastico: i nostri giovani continueranno a essere costretti a emigrare in cerca di lavoro e ad arricchire altri territori.
3.Il tema della salute è uno dei più sentiti dai cittadini, in un contesto in cui la struttura sanitaria è in continua fase di riorganizzazione: a ogni cambio di Giunta si assiste all’avvio di nuovi modelli operativi con scontri politici continui che non portano al miglioramento del sistema sanitario regionale. Auspichiamo che le istituzioni regionali acquisiscano piena consapevolezza della necessità di un progetto di tutela della salute condiviso e fondato sulle competenze che eviti ai Sardi di doversi curare fuori.
4.La Sardegna, dopo l’avvio della decarbonizzazione non ha una politica energetica e c’è il rischio concreto che il ricorso massiccio alle energie rinnovabili (eolico e fotovoltaico) si risolva in una gigantesca speculazione a vantaggio di pochi che compromette in modo irreversibile il paesaggio. Attendiamo quindi una forte azione delle istituzioni regionali tesa a rivendicare la competenza sulle scelte strategiche a tutela del territorio. Nel contempo, lo sviluppo delle comunità energetiche potrebbe costituire, almeno in parte, una valida alternativa.
5.Non vi è dubbio che la competenza sarà l’energia del futuro. Occorre dotarsi di una classe dirigente (sia a livello politico che burocratico) autonoma, responsabile e capace. Competenza, sensibilità ai valori della sardità e apertura alla partecipazione democratica rappresentano i pilastri di una classe dirigente davvero autonomista, consapevole di agire per il bene comune, il lavoro, la salute, l’ambiente, la cultura di un’isola che si ritrova veramente unita per Sa Die de sa Sardigna.
Il Comitato per “Sa Die de sa Sardigna”
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