in giro con la candela votiva e la lampada di aladin…
- aspeddando le elezioni…
- Ecco i due nuovi “Assessori Possibili” della Giunta Michela Murgia: Alessandro Spano al Personale/Affari generali e Giampaolo Marras a Bilancio e Programmazione.
- A cento anni dalla grande guerra - segue -
Murgia fa i nomi di altri due assessori
L’ipotetica Giunta è quasi al completo
Murgia fa i nomi di altri due assessori L’ipotetica Giunta è quasi al completo: a Gianpaolo Marras Bilancio e Programmazione e a Alessadro Spano Personale e Affari generali.
Michela Murgia ha indicato i nomi di due nuovi assessori della sua Giunta.
Otto nomi dei componenti dell’Esecutivo, qualora le urne dovessero assegnare la vittoria alla coalizione “Sardegna possibile”, sono stati già fatti. Oggi Michela Murgia ha indicato altri due ipotetici assessori. Agli Affari generali e Personale è stato indicato Alessandro Spano. Di Bilancio e programmazione si occuperà eventualmente Giampaolo Marras, sindaco di Ottana. Restano da assegnare soltanto due nuovi futuribili incarichi.
L’Unione Sarda, Giovedì 16 gennaio 2014 10:33
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La Nuova Sardegna, GIOVEDÌ, 16 GENNAIO 2014
Un secolo fa l’Europa cadde nel baratro di un’insensata carneficina
di LUCIANO MARROCU
LA GRANDE GUERRA
A cento anni dal suo inizio, nel 1914, la Grande Guerra ci appare un’insensata carneficina che trasformò la striscia di Europa tra Francia e Germania dove principalmente fu combattuta in un’interminabile foresta di croci. “Nel 1914 l’Europa era sull’ orlo del socialismo, ma anche della guerra – ha scritto Fernando Braudel –. In pochi giorni, in poche ore, precipitò nel baratro”. Da anni le forze del nazionalismo scavavano i fossati che l’agosto del 1914 avrebbe trasformato in trincee attrezzate a segnare, da una parte e dall’altra, quella terra di nessuno in cui a milioni furono immolati. Su un versante solo apparente opposto, operava il nichilismo rivoluzionario che all’agognato lavacro di sangue aveva affidato i suoi disegni di palingenesi. C’erano però altre forze in gioco che sembravano potersi opporre alla guerra. C’era il pacifismo socialista. C’era la fiducia che i liberi commerci, per terra e per mare, avrebbero alla lunga creato legami più stretti di quanto le ideologie dell’odio potessero spezzare. C’era la rassicurante fotografia di gruppo dei monarchi europei imparentati tra di loro. Prendeva forma, soprattutto, il borghese europeo. Così in Francia, come in Inghilterra, come in Germania, come in Russia la borghesia agiata viveva una quotidianità improntata a stili di vita e consumi di stampo già europei. Invece, il 4 agosto del 1914 l’Europa “precipitò nel baratro”. Prima di quel giorno fatale, nelle settimane precedenti, nessuno seppe fare nulla per evitare la guerra e alcuni fecero di tutto per farla scoppiare: i fanatici assassini serbi bosniaci, e tra loro l’esecutore dell’attentato Gavrilo Princip, che complottarono per uccidere l’erede al trono dell’Impero austro-ungarico, l’arciduca Francesco Ferdinando; Franz Conrad, capo di stato maggiore dell’ imperial regio esercito austro-ungarico, sostenitore, già a poche ore dall’attentato di Sarajevo, della guerra contro la Serbia (lo stesso Conrad che, dieci prima, con l’Italia prostrata dal terremoto di Messina aveva proposto una guerra preventiva contro di essa); il ministro degli esteri russo Sergej Sazonov, deciso a una risposta militare all’Austria-Ungheria, prima ancora che il governo serbo rispondesse negativamente all’ultimatum austriaco; ma ancora Poincarè e Paléologue, i due uomini di Stato francesi che premettero per spingere la Russia alla mobilitazione; infine Winston Churchill, tra i primi, all’interno di un governo inglese complessivamente poco propenso alla guerra, a sponsorizzare l’intervento. Un’Europa che danzava sull’orlo del vulcano, quindi, ma che nella bocca del vulcano non sarebbe precipitata se uomini col potere di farlo, uomini di governo, non ve l’avessero spinta dentro. Dietro di loro, innocenti perché privi di potere, le migliaia di giovani che manifestando in favore della guerra, si candidarono al macello in un conflitto deciso da vecchi in cui però furono quasi solo giovani a morire. Giovani che poi ingrossarono, da volontari, le file dei centri di reclutamento: “Quelle lunghe file ineguali –recita la poesia di Philip Larkin – pazientemente in attesa/ i cocuzzoli dei cappelli, il sole/su arcaici visi con i mustacchi,/ ridenti come se tutto/fosse uno scherzo di Ferragosto.” Non c’è una lezione certa che si può trarre da tutto questo, c’è soprattutto la pena del rievocare. L’unico insegnamento, forse, è quello, elementare, che non furono le classi, né le ideologie né i processi storici a spingere l’Europa verso la guerra, ma uomini, uomini in carne e ossa.
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