Università della Sardegna. Si confrontano i candidati a Rettore Unica
L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 14 – Edizione CA)
Aspiranti rettori, ecco il confronto
Ieri mattina il forum dei cinque candidati con i cronisti nella sede de L’Unione Sarda
I cinque candidati alla carica di rettore dell’Università di Cagliari ieri mattina hanno partecipato a un forum nella sede de L’Unione Sarda. Maria del Zompo, Paola Piras, Giacomo Cao, Luigi Raffo e Giorgio Massacci hanno risposto alle domande di Maria Francesca Chiappe, Paolo Carta e Marco Noce.
Il primo turno di elezioni è fissato per il 9 marzo, venerdì 20 il secondo, eventuale ballottaggio il 25 marzo.
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Chiappe: Tre candidati ingegneri. C’è chi dice che sia una mossa dai fini ostruzionistici.
Raffo: Non mi risulta. Quelle messe in campo sono proposte molto diverse, visioni molto diverse fra loro.
Massacci: Queste non saranno elezioni basate su logiche corporative, all’università i voti non seguono logiche partitiche.
Cao: La volta scorsa c’erano tre candidati del polo economico-giuridico e uno è stato eletto: speriamo si ripeta il caso. Battute a parte, con la nuova configurazione statutaria le vecchie logiche si perdono.
Chiappe: Lei, invece, professoressa Del Zompo, ci riprova dopo la sconfitta della volta scorsa. Masochismo?
Del Zompo: No. Mi ripresento con più esperienza, in particolare con una maggiore conoscenza delle ricadute della legge 240/10 (la cosiddetta Gelmini) che ha molti aspetti lesivi dell’autonomia degli atenei, e di cosa debba cambiare nella nostra università.
Chiappe: Quella di Paola Piras, invece, è una candidatura maturata sottotraccia. È vero che è sponsorizzata dal rettore uscente?
Piras: No. Il rettore uscente dev’essere imparziale. L’estate scorsa, è vero, dissi che non mi sarei candidata. Poi ci sono state pressioni per una mia assunzione di responsabilità, l’area umanistica (in senso ampio) non esprimeva suoi candidati. Alla fine mi sono fatta coraggio.
Carta: L’esperienza delle sedi universitarie periferiche si è rivelata un flop, le succursali sono in stato comatoso. Cosa intendete fare?
Cao: Si può lavorare per rimetterle in funzione: c’è un’esigenza del territorio da soddisfare. Dobbiamo ragionarci insieme alla Regione per capire quali risorse si possano mettere in campo.
Del Zompo: Io non chiuderei nemmeno un asilo con due bambini: poi, però, incide il fattore economico. Certo, l’università può fare qualcosa per offrire nelle sedi distaccate la maggiore qualità didattica e garantire la creazione di pensiero critico: solo così si possono richiamare gli studenti.
Piras: Le sedi decentrate sono un flop perché ricalcano un modello di teaching university. Invece l’università dev’essere un luogo di scambio continuo, non con docenti che vengono e vanno. Serve una visione complessiva del territorio e più dialogo tra i due atenei, in modo da offrire qualcosa che non sia presente né a Cagliari né a Sassari: strutture, servizi, laboratori con docenti incardinati.
Massacci: La dispersione di risorse produce iniziative di basso profilo. Meglio garantire trasporti, alloggi e altri servizi agli studenti che vengono dagli altri centri, oppure considerare modalità come la teledidattica. Ciò detto, non escludo che alcune sedi possano essere esperienze positive: a Iglesias il corso di Scienza dei materiali aveva un senso perché ben collegato al territorio; è stato chiuso perché con le regole attuali mantenere sedi decentrate non è un’ipotesi realistica.
Raffo: Ho insegnato a lungo in sedi come Iglesias e Sorgono: i corsi decentrati hanno senso se si adattano bene al territorio (che so: un corso sul torrone lo farei a Tonara), se no una motivazione può essere cercata nel sociale. Ma servono regole chiare.
Noce: Iscrizioni in calo e dispersione: cosa intendete fare?
Del Zompo: La dispersione riguarda molti Paesi occidentali. In Sardegna abbiamo un triste primato per ragioni economiche e perché la cultura non è più percepita come un efficace ascensore sociale. È come se il mondo del lavoro non richiedesse un livello culturale. Dobbiamo garantire un’offerta formativa attrattiva, proporre una didattica interattiva di qualità: i ragazzi sono immersi in un mondo di immagini e messaggi veloci.
Piras: Teniamo anche conto degli effetti del calo demografico, che è importante soprattutto in provincia di Cagliari: calano gli iscritti ma la percentuale di studenti che passano dalle scuole superiori all’università è rimasta più o meno costante, quindi siamo ancora attrattivi. Dobbiamo puntare sull’orientamento (il collegamento scuole/università è fondamentale), spiegare che nessun mestiere può essere svolto a prescindere dalla formazione, combattere la sfiducia facendo capire che la formazione di livello universitario è un’opportunità.
Massacci: Il calo c’è, ogni anno è del 4-5 per cento: per metà è dovuto al calo demografico, per il resto alla scuola che in Sardegna ha il più alto tasso di respinti e quello più basso di passaggi all’università. Il saldo migratorio è negativo: gli studenti sardi si iscrivono fuori dall’isola e quelli che restano si sentono minacciati dai loro vent’anni. Dico anch’io che dobbiamo rafforzare il collegamento con le scuole, anche facendo formazione per gli insegnanti, e puntare su modalità di apprendimento diverse, magari “orizzontali” come gruppi di lavoro e problem solving, e sulla teledidattica che avvicina Cagliari a Carloforte e Lanusei.
Raffo: Lo scorso anno non siamo riusciti a erogare un terzo delle borse di studio: per questo 500 persone hanno rinunciato a iscriversi all’università. Dobbiamo lavorare su questo insieme alla Regione. Cagliari ha avuto 3.740 immatricolati, 1.117 ragazzi sardi si sono iscritti in università della Penisola, mentre quelli venuti qui da fuori sono 29. A questi numeri si risponde garantendo il diritto allo studio e la qualità di quello che facciamo e puntando sui collegamenti internazionali.
Cao: Bisogna fare orientamento come lo si faceva un tempo, mandando i nostri più grandi scienziati a far brillare gli occhi ai ragazzi, non l’ultimo degli assegnisti di ricerca. Potremmo anche far frequentare qualche lezione universitaria ai ragazzi degli ultimi anni delle superiori. Al senso di disperazione si reagisce puntando sull’aerospazio (c’è un milione di euro di fondi di coesione se si chiuderà l’accordo con la Regione per il distretto aerospaziale, e c’è un’azienda pronta a investirne 20 in due progetti), sulla chimica verde e su progetti concreti come quelli che (e qui vi do una notizia) potrebbero riuscire a salvare lo xilene di Sarroch e il tereftalico di Ottana.
Chiappe: Renzi ha detto che ci saranno università di serie A e di serie B. Cagliari in che categoria è? E la legge Gelmini non ha forse accentuato il tasso di clientelismo e familismo?
Piras: Non seguo molto Renzi sulle politiche culturali. Cagliari può ambire alla serie A se continuerà a lavorare sul percorso già intrapreso. Il sistema Gelmini ha accentuato il reclutamento locale, mentre la ricerca deve per forza passare dal contatto con altri atenei, anche con la possibilità di svolgere in questi alcuni segmenti dei percorsi formativi.
Massacci: L’apporto di docenti provenienti da altre sedi e radicati qui c’è ancora, anche se le nuove norme rendono oneroso reclutare docenti da fuori. Il vero problema è fare andare a buon fine i concorsi, vigilando affinché chi vince poi si radichi. Le università sarde possono ambire alla serie A anche se ci sono molti scomparti su cui intervenire: purtroppo ci si sta allontanando dall’obiettivo delle pari opportunità di alta formazione. Su questo dobbiamo lavorare insieme a Sassari, la Regione e l’Ersu.
Raffo: Le classifiche non mi appassionano, per sapere che la nostra università ha dei problemi basta entrare in un’aula, non c’è bisogno di Renzi. Quanto al localismo, io sono arrivato da Genova, vent’anni fa, e mi sono radicato. L’importante è mantenere una dimensione internazionale. Soltanto nell’area medica Cagliari l’anno scorso ha attivato 10 progetti europei, stringendo rapporti con 120 partner stranieri: sono contatti fondamentali non solo per la ricerca ma anche per la didattica.
Cao: Nel nostro ateneo ci sono eccellenze di livello internazionale: dobbiamo sfruttarle, usarle come traino per cercare di restare in serie A dove, lo dicono i parametri, già siamo. Siamo decimi in Italia per capacità attrattiva verso gli studenti Erasmus, per esempio. E su 187 ricercatori a tempo determinato, 17 hanno già superato l’idoneità per diventare associati. Quanto al familismo, non mi piace parlare di me stesso, per cui dico: l’importante è che siano bravi, che siano in grado di superare le prove di idoneità.
Del Zompo: Dobbiamo portare avanti il percorso che l’Ateneo ha già intrapreso: i nostri parametri di ricerca non sono né brutti né scarsi, per un’università generalista. Il problema è che il Miur ha fissato indicatori che gridano vendetta, per esempio non tengono conto della numerosità del contesto in cui un’università opera, o ti premiano se metti tasse più alte. A Cagliari, in quattro anni, tolgono il 25 per cento del fondo ordinario. Quanto allo scambio con docenti di altri atenei, il problema è che i colleghi della Penisola riescono a venire in Sardegna ma noi non riusciamo ad andare lì. Sul familismo dico che, cognome a parte, non è più pensabile mettere in cattedra docenti non bravi.
Carta: Come pensate di ridimensionare il peso che la massoneria ha nell’università?
<strong>Massacci: Io, questo peso, non lo conosco. So che alcuni colleghi sono affiliati perché il loro nome è apparso sui giornali. L’importante è difendere l’autonomia dell’Ateneo da logiche “altre”, non funzionali all’istituzione.
Raffo: I poteri forti si limitano facendo scelte meritocratiche, scegliendo ciò che è meglio per l’università.
Cao: Si deve stare molto attenti, per esempio, quando si prendono in considerazione gli appalti, quelli in corso e quelli futuri, andando a verificare da dove vengano le maestranze e i capicantiere.
Del Zompo: Ci sono colleghi che hanno dichiarato pubblicamente la loro appartenenza alla massoneria, tuttavia nella mia campagna elettorale non ho percepito la presenza di questa organizzazione. In un momento in cui c’è l’urgenza di portare avanti un percorso e scongiurare il rischio che la crescita dell’Ateneo venga fermata, è essenziale eleggere un collega che risponda al meglio alle esigenze dell’istituzione.
Piras: Mentirei se dicessi che non mi risulta la presenza della massoneria nell’Ateneo: tutti sappiamo che è presente in tutti i settori. Tuttavia, neanch’io ho avuto la percezione di quel peso. Bisogna limitare qualunque interferenza sull’autonomia dell’Ateneo: non solo massonica, anche partitica.
Noce: Qual è il primo provvedimento che firmereste da rettore?
Massacci: Farei installare porte di vetro nel mio ufficio e attiverei infrastrutture che garantiscano la trasparenza degli atti e l’accesso.
Cao: C’è la necessità di rivedere lo statuto, soprattutto nei rapporti fra Facoltà e Dipartimenti, e di soddisfare il desiderio del personale tecnico amministrativo di eleggere un suo rappresentante in consiglio d’amministrazione.
Del Zompo: Darei una spinta alla comunicazione: bisogna ridare un senso di appartenenza e di unità attorno a un obiettivo comune a docenti, studenti e personale; ritrovare la voglia di provarci, di condividere problemi e soluzioni.
Piras: Aprirei una piattaforma di democracy con due proposte di modifiche allo Statuto, una “dall’alto” e una “dal basso”, da attuare nell’arco di un mese. Da un lato occorre rafforzare l’appartenenza, dall’altro semplificare l’amministrazione.
Massacci: Il provvedimento più importante potrebbe richiedere molto tempo: un piano strategico d’ateneo che riformi l’offerta formativa con l’obiettivo di raggiungere la massima attrattività verso gli studenti. Il provvedimento più rapido, invece, visto che in rettorato le porte a vetri ci sono già, sarebbe il cambio delle serrature, in modo da poter uscire più spesso dall’ufficio e ascoltare colleghi, studenti e personale.
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