Progetto chimica verde: la trasparenza è la prima garanzia per l’ambiente e la salute

ape girasoli VGogh IMG_4970

Riprendiamo da La Nuova Sardegna di domenica 24 FEBBRAIO 2013 un interessante contributo di Sfefano Deliperi del “Gruppo d’intervento giuridico onlus”, che si pone nella stessa linea dei servizi di Aladinews, curati da Vanni Tola. In particolare l’articolo riprende l’interrogativo in merito alla possibilità che si usi come combustibile una parte dei rifiuti urbani, con tutti i problemi che ne conseguirebbero. Presto altri approfondimenti di Aladinews sull’argomento
Chimica verde e salute. Occorre trasparenza
di STEFANO DELIPERI
Il progetto di Porto Torres attende l’ok per la valutazione ambientale Tanti i punti critici, anche sul piano sociale ed economico.

A fine mese scade il bando di gara di Enipower per la realizzazione del progetto centrale a biomassa nella zona industriale di Porto Torres. L’importo complessivo dei lavori, da realizzare entro 32 mesi dall’aggiudicazione, è di 200 milioni di euro. Sembrerebbe tutto normale, ma non lo è: il progetto, infatti, tuttora non ha concluso il vincolante procedimento di valutazione di impatto ambientale. E, fino a prova contraria, non c’è scritto da nessuna parte che debba concludersi positivamente. Sono numerosi i punti critici sotto i profili ambientale e socio-economico. Il progetto rientra nel protocollo d’intesa tra Stato, Regione, Gruppo Eni e Gruppo Novamont sulla cosiddetta chimica verde stipulato il 26 maggio 2011, il quale prevede la realizzazione di un nuovo stabilimento per la produzione di derivati di oli vegetali naturali non modificati, con un impianto di produzione di monomeri biodegradabili e un impianto di produzione di oli lubrificanti biodegradabili da materie prime derivate da fonti rinnovabili, funzionalmente integrati e aventi capacità produttiva rispettivamente di 40.000 tonnellate/anno di monomeri biodegradabili e di 30.000 tonnellate/anno di oli lubrificanti biodegradabili. Dovrebbe essere la bacchetta magica che permetterebbe di risolvere la grave crisi occupazionale che attraversa il nord ovest della Sardegna e realizzare la bonifica ambientale di una zona industriale che ha poco da invidiare alla più famosa Taranto. Porto Torres e Sassari fanno parte dei “siti di interesse nazionale” (SIN) per le bonifiche del nord Sardegna, cioè territorio nel quale il livello di inquinamento dell’aria, dei suoli e delle falde, dovuto alla presenza industriale, mette a serio rischio la salute di chi ci lavora e di chi ci vive. Il rapporto S.E.N.T.I.E.R.I. (ministero della Salute, 2011) ha evidenziato come l’area di Sassari (unico capoluogo di provincia tra i 57 SIN perimetrati) e Porto Torres rientri in uno dei 44 siti costituenti le zone a maggior rischio di tumore in Italia. Nel SIN Porto Torres-Sassari è stato rilevato un eccesso per tutte le cause di morte tra le quali tumori, malattie del sistema circolatorio, dell’apparato respiratorio, dell’apparato digerente, dell’apparato genito-urinario. La situazione ambientale-sanitaria dell’area impone che i provvedimenti di bonifica ambientale (oggetto del Protocollo d’intesa sulla cosidetta chimica verde) siano anteposti alla realizzazione di qualsiasi altro intervento industriale. Invece le bonifiche ambientali non sono ancora partite e si aprono i cantieri per nuovi impianti industriali. Inoltre, almeno un terzo del combustibile impiegato sarebbe di origine fossile (il Fok, residuo del processo industriale di produzione dell’etilene, pericoloso, cancerogeno) e non proveniente da fonti rinnovabili, mentre non sussiste alcuna certezza di poter impiegare biomassa vegetale nelle proporzioni indicate. La Facoltà di Agraria sassarese e l’Ente Foreste della Sardegna stimano per l’intera isola una disponibilità di biomassa naturale, su 800.000 ettari di territorio boscato, di circa 300.000 tonnellate annue che (potere calorifico medio di 3500 Kcal/Kg) basterebbero al raggiungimento di una produzione di potenza di 20 MWe. Troppo poco per il progetto presentato, anche considerando utilizzabile quella produzione di mais e di cardo proveniente dal nord Sardegna, spesso citate dalle aziende coinvolte. Quanto cardo e quanto mais sarebbe necessario per la centrale? 8-10.000 ettari coltivati a mais, 230.000 ettari circa a cardo: cioè a più di tutta la superficie attualmente impegnata in Sardegna dalle colture in atto. La normativa annovera tra le biomasse anche la parte biodegradabile dei rifiuti industriali ed urbani: è questa la prospettiva? La trasparenza è la prima garanzia per l’ambiente e la salute.
Gruppo d’intervento giuridico onlus
La Nuova Sardegna 24 febbraio 2013

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>