Cattolici e impegno in Politica
Ernesto Cardenal
di Gianni Loy
Il mese scorso, il 14 di febbraio, di giovedì, il Vescovo ausiliario dell’archidiocesi di Managua, capitale del Nicaragua, si è recato al capezzale di un vecchio di 94 anni ricoverato nel locale ospedale per invocare la sua benedizione. Papa Francesco non smette mai di stupire: è in questo modo, con questa forma, che ha deciso di revocare la sospensione a divinis che, nel 1984, Giovanni Paolo II aveva inflitto ad uno straordinario sacerdote di nome Ernesto Cardenal.
La notizia mi ha fatto ripiombare in un passato che sembrava lontano e dimenticato. Ho avuto modo di conoscere da vicino l’esperienza della rivoluzione sandinista e di restare affascinato dall’esperienza di un sacerdote, un poeta, candidato al premio Nobel nel 2005, un affermato teologo che amava vivere nella natura, nel primitivismo, nel silenzio di una comunità da lui fondata, in un’isola del lago di Managua, Solentiname. Quel sacerdote era diventato il ministro (della cultura) nel governo rivoluzionario che aveva abbattuto il dittatore Somoza e che contava altri due sacerdoti tra i suoi ministri.
Mi ritorna alla mente il complicato intreccio tra fede e politica. Diceva di lui un altro straordinario poeta, Padre Davide Maria Turoldo: Quell’uomo sta facendo la rivoluzione del Nicaragua … una rivoluzione a suon di salmi, nella luce dell’antico Esodo … E sono stati questi suoi canti che hanno infiammato le coscienze, che hanno sollevato il popolo: quasi avessero i poveri udito di nuovo la Voce parlante dalle fiamme dell’antico Roveto che nel deserto continua ad ardere senza consumarsi. [segue]
Mi ritorna alla mente anche Tonio Castro, parroco di una parrocchia di Managua, che conciliava il proprio impegno pastorale con la militanza politica nel partito sandinista. Anch’egli si ispirava all’Esodo, mi parlava dell’esperienza storica che si consumava in quegli anni, paragonandola alla traversata del deserto. Aveva edificato il pulpito della sua chiesa con i sanpietrini che i rivoluzionari avevano divelto dalle strade per innalzare le barricate durante la rivolta contro Somoza. Ricordo che una sera, durante la celebrazione eucaristica della Chiesa del popolo, quella che si ispirava alla teologia della liberazione, al momento dell’offertorio, tra gli altri doni, fu presentata all’altare una mitragliatrice. Era difficile da comprendere, i fedeli la offrivano perché rappresentava uno strumento per difendere il popolo dai suoi oppressori.
I cattolici erano presenti in massa in quel concitato periodo della vita del Nicaragua, ma non tutti stavano dalla stessa parte. L’arcivescovo di Managua, Obando Bravo, che pure aveva inizialmente sostenuto la rivoluzione sandinista, si era schierato duramente contro il Governo sandinista e tollerava l’attività degli Stati Uniti che sostenevano ed armavano l’opposizione contro il governo, i contras.
Obando Bravo, nel rientrare a Managua dopo esser stato nominato cardinale da Giovanni Paolo II, nel 1985, fu accolto da una imponente manifestazione di cattolici che, con lui, si schieravano contro il governo sandinista definendolo “comunismo senza Dio”.
Potrebbe apparire tutto normale. Ma c’è un episodio che non dimentico e che ancora mi fa riflettere. Don Tonio Castro mi aveva riferito che l’arcivescovo non si recava in visita pastorale nella sua parrocchia. Il perché era evidente: ciascuno di essi, il vescovo ed il parroco, erano impegnati in due fazioni opposte ed inconciliabili. Ed invece, Tonio Castro si era recato dall’arcivescovo e gli aveva detto: tu sei l’arcivescovo, il pastore di questa diocesi, ed è giusto e doveroso che tu venga in visita pastorale in tutte le parrocchie dove si riuniscono i fedeli dell’unica Chiesa di Cristo.
Se si pensa che, in quegli anni, era in corso uno scontro armato tra due concezioni politiche che, per un verso o per l’altro, coinvolgevano pesantemente il mondo cattolico, non è facile comprendere il mistero dell’unità della Chiesa all’interno di una drammatica lotta politica, ed armata, che divideva fedeli e famiglie.
Ma non è di storia che parlo. E’ Papa Francesco che, recentemente, ha invitato i cattolici a ritornare all’impegno politico. Con le parole di Paolo VI, ha ricordato che “la politica è una delle forme più alte della carità”. Non si può guardare dal balcone, ha detto: “Immischiati lì. Dai il meglio, fai politica: ti farà soffrire, forse ti farà peccare, ma il Signore è con te”. E non pensava affatto al partito solo dei cattolici, “perché non serve e non avrà capacità convocatoria”. Ma un cattolico, insiste Papa Francesco, “può e deve immischiarsi in politica”.
Nel riflettere sul dovere di un rinnovato impegno dei cristiani in politica, forse aveva in mente anche l’esperienza di quei tre sacerdoti, che si sono immischiati sino in fondo nell’impegno politico finalizzato alla liberazione ed al benessere del popolo, ma senza con ciò abbracciare un’altra fede.
Ernesto Cardenal è un esempio, ha sostenuto un progetto politico, compromettendosi personalmente, sinché coincideva con il suo ideale di credente; poi, quando gli è sembrato che non corrispondesse più ai suoi ideali, non ha avuto alcuna remora a criticarlo ed a prenderne le distanze.
Conservando la sua anima di poeta, di persona semplice, di uomo di fede che così predicava il vangelo: “L’uomo è stato creato per l’amore; soltanto per amare il suo creatore. E tutto il tempo che non impiega in questo amore, è tempo perduto.“
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