Monthly Archives: novembre 2018

Risolleviamo la bandiera dell’Europa

rocca-23-2018Europa flagITALIA-EUROPA. verso la sfida finale
di Roberta Carlini, su Rocca, ripreso da AladinewsEditoriali.
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Oggi mercoledì 28 novembre 2018

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ora3f555ee7-6c23-42b0-b6e2-6df7df3b95b0Elezioni regionali, dall’impegno contro il centrodestra alla convergenza intorno al principio dell’autodeterminazione
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7bd10200-1683-4e2a-96e2-ac8d1f0c4010Intervista a Tonino Dessì: quale voto alle regionali?
3f555ee7-6c23-42b0-b6e2-6df7df3b95b0Tonino Dessì a domanda di Andrea Pubusa risponde su Democraziaoggi.
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. Ripreso da AladiNewsEditoriali.
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Caro Maninchedda, permetti due domandine su is Primarias? Ma prima “nara cixiri!”
28 Novembre 2018
Amsicora su Democraziaoggi.
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Risolleviamo la bandiera dell’Europa

Europa flagITALIA-EUROPA. verso la sfida finale
di Roberta Carlini, su Rocca

Il governo del cambiamento, dopo mesi di tante parole e pochi fatti, ci porta il primo vero cambiamento. La complicata e cervellotica macchina messa in piedi dai costituenti europei per garantire la stabilità finanziaria degli Stati viene per la prima volta avviata. L’eurogruppo ha appena girato la chiavetta dell’accensione, e i tempi sono più lenti di quelli di un diesel d’annata. Ma la sostanza è chiara: il Paese che non si adegua alle prescrizioni europee – l’Italia, il primo nella storia – sarà punito con multe e nuove prescrizioni. A prima vista, la ricetta è bizzarra: per punire un Paese che spende troppo rispetto a quanto incassa (questo è, alla fin fine, il cuore del problema), lo si costringe a spendere di più, stavolta per pagare le multe. Come punire un bambino che ha mangiato troppa cioccolata con un vassoio di profiteroles.
Come abbiamo cercato di argomentare nel precedente articolo su Rocca, la Commissione europea ha i suoi buoni motivi per essere preoccupata e anche per intervenire in materia di conti pubblici italiani. Condividiamo con gli altri Paesi dell’eurogruppo la moneta e la banca centrale, dunque la stabilità dell’Italia – che ha un peso specifico importantissimo nell’economia dell’Unione – è essenziale. Non c’è motivo per gridare alla lesa sovranità, finché siamo dentro alla moneta e ai patti, e l’attuale governo, nonostante le ambiguità che si sono viste e sentite in campagna elettorale, ha scritto nero su bianco di non volere una Italexit. Anche nel merito, le perplessità (per usare un eufemismo) dell’eurogruppo sono fondate: la manovra del governo italiano ha come obiettivo la crescita economica, ma le sue misure sono assolutamente inadatte a stimolarla, poiché sono dirette a trasferimenti correnti a specifiche fasce sociali, e non a investimenti capaci di rilanciare l’economia.
A questo quadro generale si aggiungono due aggravanti non da poco, ossia il fatto che le stesse previsioni sono basate su dati già superati dai fatti, poiché l’economia reale è entrata in una fase di forte rallentamento e la spesa per interessi è lievitata per colpa dello spread; e il fatto che le misure principali della manovra (reddito di cittadinanza e quota 100) sono vaghe, di incerta o difficile attuazione, ancora non si sa esattamente quando entreranno in vigore e per chi. Dunque, nessuno sconto sul merito per una manovra che non è espansiva, che sicuramente aumenta i debiti dello Stato cioè di tutti noi, e che ha come unico obiettivo il mantenimento del consenso elettorale dei due partiti al governo in vista della prossima tornata elettorale, europea e amministrativa.

i duellanti
Il fatto che l’Italia stia meritatamente dietro la lavagna degli indisciplinati non giustifica però, di per sé, l’insipienza dei professori. Ossia i dirigenti dell’Unione che, applicando le regole scritte a Maastricht e nelle revisioni successive dei patti, si avviano a comminare al nostro Paese la più alta delle pene. Le procedure di infrazione prevedono infatti due possibili esiti: che siano comminate salate multe, da pagare a carico del bilancio pubblico; e/o che l’Italia sia obbligata a fare manovre più drastiche, di portata enorme, per ridurre progressivamente il suo debito. Non è una novità né un imprevisto, dato che a questo esito si è andati, passo dopo passo, dalla campagna elettorale alla formazione del governo alla scrittura della manovra: deliberatamente fatta per sfidare l’Europa e addebitare alle sue rigidità ogni colpa, compresa quella di non riuscire, di fatto, a mettere in atto la manovra stessa. Questo il disegno politico di Salvini e Di Maio, chiarissimo. Ma anche l’Unione ha una sua strategia politica, quella di non consentire sconti all’Italia, per dare a tutti il buon esempio, tanto più alla vigilia della campagna elettorale. Come previsto da tutti e due gli schieramenti, i due sfidanti a duello si apprestano alla fase finale, decisiva, nella quale potrebbero però perire – politicamente – entrambi.

senza un «piano B»
Il duellante più debole è senza dubbio il nostro Paese. Non ha un «piano B», a meno che non venga tirato sciaguratamente fuori dal cassetto quello del ministro Savona, per un’uscita dall’euro nell’arco di un week end; speriamo che non succeda, visto che il nostro Paese, che dipende in larga parte dalle esportazioni di merci e dall’ingresso di capitali, avrebbe tutto da perdere da un ritorno alla moneta nazionale, e in particolare avrebbero da perdere le classi più deboli e precarie della società. Non solo. Non abbiamo alleati, poiché gli stessi governi a guida «sovranista» tanto cari a Salvini si sono su- bito messi alla guida del fronte rigorista, e non hanno alcuna intenzione di fare sconti all’Italia. Inoltre – cosa più importante – i mercati sono e restano aperti, cosa che ha già comportato la fuga dai titoli del debito pubblico italiano di quasi 70 miliardi di euro prima acquistati dall’estero. Un Paese che deve cercare, solo per il 2019, 260 miliardi sul mercato dei capitali, non può permettersi di perdere la fiducia né dei fondi esteri né dei propri cittadini. E invece questo è già successo, come le ultime aste dei titoli pubblici hanno dimostrato.

la solitudine dell’Italia
L’altro duellante, la Commissione, ha trovato nella battaglia sull’Italia una nuova coesione. In via generale la leadership europea si presenta alle prossime elezioni molto ammaccata, con i partiti nazionalisti in crescita un po’ ovunque e la mancanza di personalità in grado di incarnare e trasmettere l’ideale dell’Europa unita. Divisa sul problema dell’immigrazione, lentissima sull’unione bancaria, inesistente in politica estera, lontana da una riforma del bilancio, inefficace sulla crisi ambientale, l’Unione si presenta senza altra identità se non quella di difendere se stessa; paradossalmente i guai italiani possono aiutare, nel breve periodo, a darsi una funzione, che è ancora e sempre quella di guardiano del rigore fiscale. Ma non può bastare per sanare la frattura sociale in Europa, semmai può succedere che si trasformi in tante fratture nazionali.
Per tutto il suo cammino l’Europa ha puntato sulla politica dei piccoli passi, nella certezza che ogni passo avrebbe reso più facile quello successivo e avvicinato la meta finale dell’unione politica. Adesso, mentre i passi sono tutti all’indietro, sarebbe il momento di un balzo in avanti, con una reale democratizzazione dell’Unione europea; che però è impossibile a farsi se nessuno ci crede, nessun partito ne fa una bandiera, e quelli che lo fanno ci scrivono sopra solo le pagelle e le punizioni dell’Europa, e non i benefici, sia monetari che politici, che in tutti questi anni i suoi popoli hanno avuto dal processo di unificazione. Le grandi sfide che abbiamo di fronte sono tutte senza frontiere: quella economica, quella ambientale dovuta al cambiamento climatico, quella dell’immigrazione. Pensare di affrontarle ricostruendo i confini è più di un semplice errore: è una colpa grave, della quale i nostri figli e nipoti non ci perdoneranno.

Roberta Carlini
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Venerdì 30 novembre 2018 Beni Comuni

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buco – Per correlazione. Su Aladinews.

Appuntamento per giovedì 29 novembre 2018

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Domani

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Da oggi Artigiani in piazza

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Elezioni Elezioni

7bd10200-1683-4e2a-96e2-ac8d1f0c4010Intervista a Tonino Dessì: quale voto alle regionali?
27 Novembre 2018

3f555ee7-6c23-42b0-b6e2-6df7df3b95b0Tonino Dessì a domanda di Andrea Pubusa risponde su Democraziaoggi
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- Caro Tonino, con la definizione delle candidature presidenziali del centrodestra e del centrosinistra il puzzle delle elezioni regionali sarde va componendosi…
- Proprio così, manca ancora la candidatura presidenziale del M5S…

- Sono stati resi noti dai media i nomi degli aspiranti, ma non pare ci siano persone di spicco…
- Son tutti nomi sconosciuti nel dibattito pubblico regionale, quindi, salvo sorprese, il nome dei 5 Stelle non sembra destinato ad avere un impatto significativo sulla competizione elettorale…

- I pentastellati sembrano credere che i voti giungano sempre portati dal vento, a prescindere…
- Sì per ora è stato così, ma alle regionali contano anche i nomi, la qualità delle candidature non va mai presa sottogamba…

- Anche perché dai sondaggi pare che fra i 5 stelle e e il centrosinistra ci sarà una lotta per il secondo posto, importante per la distribuzione dei seggi. Non vanno sottovalutate le candidature ne’ alleanze. Le coalizioni son chiuse secondo te?
- No, resta da vedere se il Partito dei Sardi resterà nel csx oppure andrà da solo.

- In effetti Paolo Maninchedda, anche al nostro Convegno CoStat di venerdì ha detto che pur dopo le Primarias la porta non sarà chiusa, si può trattare fino all’ultimo minuto…
- Sì, a leggere la stampa regionale, questo concetto lo ha manifestato anche nell’Assemblea del PDS di Macomer sabato…

- Qualcuno dice che alla fine se a Maninchedda viene offerta la presidenza del Consiglio e due assessorati, più una generica apertura sulla Natzione, rimarrà nel centrosinistra, dove già è…
- Non so, può darsi, ma al momento è solo una congettura. Puo’ darsi che Paolo e Franciscu usino le Primarias come arma per alzare il prezzo nella trattativa…

- Una situazione ingarbugliata, di difficile lettura. Tu, che sei un profondo conoscitore e protagonista delle vicende sarde, come la vedi?
- Mi rendo conto che si tratta di una situazione complessa e delicata, con tanti fronti aperti.

- Neanche le coalizioni sono definite…
- E’ quanto dicevamo. Riterrei pertanto intempestivo anticipare decisioni di voto ed eventualmente ancora una volta di non voto.

- Ma qualche distinguo si può già fare, non ti pare?
- Mi atterrò a discriminanti di principio che ho già più volte puntualizzato.

- Quali?
- La prima è che non voterò candidati presidenziali (e conseguentemente nemmeno gli schieramenti e le forze ad essi collegati) i quali non si siano impegnati personalmente ed esplicitamente contro la legge di revisione costituzionale in occasione del referendum del 2016…

- Bene, questa è la posizione che abbiamo assunto fin dalla battaglia referendaria, che abbiamo condotto assieme nel Comitato per il NO. Son d’accordo. Come dimenticare l’attacco eversivo di Renzi alla Costituzione e i silenzi di Zedda? E la seconda discriminante?

- La seconda è che non voterò candidati presidenziali (e conseguentemente nemmeno gli schieramenti e le forze ad essi collegati) i quali non esprimano, anche a nome e per conto dei soggetti che rappresentano, una chiara, esplicita posizione di rigetto del razzismo e della xenofobia, sia in riferimento alle politiche italiane dell’immigrazione, sia nella prospettiva di una Sardegna aperta, accogliente, civile.

- Ineccepibile, sui principi a cui ci siamo richiamati fin da ragazzi non si arretra neanche di un millimetro. E poi nel merito come ti poni?
- Poste queste discriminanti, non mi sottrarrò alla valutazione di proposte e di programmi attraverso le chiavi di lettura che mi appartengono….

- Cioè?
- Quelle di una soggettività sarda specifica, di ispirazione federalista, di matrice radicalmente democratica, con una proiezione fortemente innovativa sul piano economico, sociale, istituzionale.

- Quasi una rivoluzione…
- Più o meno. Ciò ovviamente comporterebbe una discontinuità con la politica, con i modi di governare, col personale che ha rappresentato la Sardegna a tutti i livelli in questi ultimi vent’anni almeno.

- Non credi che ci sia un’emergenza e un voto utile per battere le destre? Vedrai che, in campagna elettorale, sarà un ritornello molto cantato da varie parti…
- Ho anticipato e ribadisco che non mi convincerà nessun appello al “voto utile”, per quanto importanti e indispensabili siano il momento e lo strumento del voto…

- Quindi totale libertà, compresa quella di astensione?
- Certamente! La scelta di votare, come quella di non votare, è un fatto di responsabilità e di coscienza, ma anche di assoluta libertà individuale.

- Credo che la tua posizione sia quella di una larga fetta dell’elettorato. Oramai non esistono più zoccoli duri, sciolti come neve al sole a seguito dell’abbandono del rigore e dei principi, che tu hai evocato. La palla passa alle forze politiche, che hanno la responsabilità primaria di presentare candidati, proposte e programmi all’altezza dei tempi e dei problemi. Per ora i risultati sono deludenti e non vedo all’orizzonte novità entusiasmanti. Noi – son d’accodo con te – saremo esigenti. E, ovviamente, sempre in campo a difesa e per l’affermazione dei valori democratici.
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disperazione Aladin
Per correlazione impertinente: da Aladinews e da Democrazioggi (10 settembre 2014)
democraziaoggiGiunta regionale di ordinaria amministrazione
10 Settembre 2014
Amsicora su Democraziaoggi

Non c’è bisogno d’essere indipendentisti o sovranisti, basta un moderato spirito autonomistico per avere molti motivi di critica verso questo esecutivo regionale. Non c’è un settore in cui abbia marcato una discontinuità rispetto a quello precedente, non c’è un campo in cui sia riuscito ad imporre al governo nazionale il proprio punto di vista. La questione delle basi militari è paradigmatica di questa irrilevanza politica. Qui non c’entra la vecchia distinzione fra governi amici e non. La Regione, quale ente rappresentativo della comunità regionale, ne cura e manifesta gli interessi, così come lo Stato esprime quelli nazionali. Ognuno ha un potere-dovere istituzionale di perseguire l’interesse affidato dall’ordinamento alla loro cura, senza alcuna influenza determinata dall’appartenenza politica o partitica dei rispettivi governanti. Pertanto, confronti duri sono fisiologici e non hanno alcunché di anomalo o straordinario, anche quando si è tutti, amministratori regionali e nazionali, dello stesso partito o coalizione. Nel caso delle servitù militari gli interessi sono particolarmente forti, dai produttori di aemamenti all’antico vizietto capitalistico di rapinare le risorse nel terzo mondo. In questa materia la convergenza fra governo locale e nazionale è possibile solo ove quest’ultimo promuova, con chiarezza, una politica pacifista, di contrasto degli interventi armati (idest, delle politiche neocoloniali). Ma questo non è il caso di Renzi, che anzi, almeno verso la Russia, è meno moderato di Berlusconi. Un governo con una politica estera totalmente subalterna all’asse anglo-americano non può restringere la presenza di basi sul proprio territorio. E non è un caso che, mentre Pigliaru farfugliava qualcosa sul tema, la Ministra della Difesa annunnciasse il raddoppio della base di Teulada, dove si è recata in visita senza neanche avvertire il Presidente della Regione Sarda. Sarebbe stato più che un gesto di cortesia e di galeteo istituzionale, un segno di attenzione. Il fatto che non ci sia stato indica come l’opinione di Pigliaru sia ritenuta dal governo irrilevante.
C’è stata una levata di scudi contro il gesto della ministra; tuttavia, se badiamo alle cose senza infingimenti, che credibilità ha un Presidente di Regione che dice d’essere contrario agli insediamenti in Sardegna, mentre afferma di condividere la politica interventista del governo nazionale? Quale forza di contrasto può avere se ad ogni piè sospinto afferma di essere un convinto sostenitore del capo del governo che enuncia tale indirizzo politico? La credibilità è pari a zero perché tale posizione si limita a contestare la presenza delle basi nell’orto di casa nostra, la terra sarda, ma non lo contrasta sul suolo italiano. La posizione è debolissima perché è fuor di dubbio che l’ubicazione di installazioni di rilevanza strategica fuoriesce dall’ambito di competenza regionale per rifluire in quella del governo nazionale. Ben altra credibilità anche personale, oltre che istituzionale, hanno quelle personalità e quei partiti politici che contestano la presenza militare nel quadro di una adesione integrale al principio pacifista sancito dall’art. 11 Cost.
Queste considerazioni spiegano perché questa giunta è poco incisiva e priva di mordente. Poi c’è un’altra questione che è vecchia come il cucco. Il “governo dei filosofi”, dei sapienti, sconta un deficit democratico, mentre la scelta democratica talora dà governanti non all’altezza. Oggi in Sardegna i difetti si cumulano perché la pesca dall’università non ha garantito la “filosofia”, la qualità (basta vedere i mediocri risultati che taluni dei nostri prof-assessori hanno prodotto come amministratori all”interno dell’Università), e sono sicuramente privi di un supporto democratico. Non c’è collegamento coi settori importanti della società né spinta popolare. Pigliaru non rappresenta nessuno. E’ stato scelto come foglia di fico di un ceto politico impresentabile, che entra ed esce dalle procure. Gli altri sono stati scelti perché amici suoi o amici di questo o quell’indagato. In queste condizioni andare oltre l’ordinaria amministrazione, la navigazione a vista, non è possibile. Solo un sommovimento popolare potrebbe cambiare le cose. Ma il gatto si morde la coda: i movimenti richiedono forze e classe dirigente capaci di suscittarli e guidarli. Torniamo al punto di partenza.

Oggi martedì 27 novembre 2018

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ora3f555ee7-6c23-42b0-b6e2-6df7df3b95b0Elezioni regionali, dall’impegno contro il centrodestra alla convergenza intorno al principio dell’autodeterminazione
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A Salvini la prossima volta sarà il coro dell’ANPI a cantare “Bella ciao”
27 Novembre 2018
Amsicora su Democraziaoggi.
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In Sardegna la politica è immobile. Zedda, Solinas, indipendentisti e 5 Stelle: è tutto esattamente come cinque anni fa.
di vitobiolchini su vitobiolchini.it
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Il bene fa bene

6606ba35-0ed0-4a08-870a-87a6c0d07ac7Gli angeli esistono, anche sulla terra.
di Raffaele Deidda.

Il Censis, in collaborazione con la Fondazione Magis, ha recentemente realizzato l’indagine “Missione, solidarietà internazionale e stili di vita degli italiani”. I dati emersi dicono che per il 77% degli italiani è fondamentale continuare ad aiutare i popoli del Sud del mondo, mentre solo il 19% ritiene sbagliato farlo. Questo è un atteggiamento diffuso soprattutto nel Nord Italia (20%), tra i non occupati (32%) e tra le persone con bassa scolarizzazione (20%). Solo il 20% degli intervistati però è disposto a dare un proprio contributo economico e a impegnarsi in prima persona.
Chissà a quali di queste categorie percentuali appartengono gli italiani che con efferata volgarità hanno insultato Silvia Romano, (l’ennesima oca giuliva… poteva stare in Italia e aiutare gli italiani) la volontaria di 23 anni dell’organizzazione “Africa Milele Onlus”, rapita in Kenya in seguito ad un attacco armato. Magari sono fra quelli che sostengono il respingimento dei migranti affermando come sia più giusto ed opportuno “aiutarli a casa loro” !
Sono considerazioni che rattristano e che fanno pensare come sia ancora terribilmente distante l’obiettivo di riuscire a portare pace e ad aiutare le comunità più svantaggiate del mondo a diventare protagoniste del cambiamento sociale, perseguendo uno sviluppo umano integrale e sostenibile. Eppure esistono esempi bellissimi di creature meravigliose, che sono riuscite nel corso della loro vita ad avvicinare persone delle società ricche a quelle più misere, creando una corrente di amore, di vicinanza e di solidarietà.
Una di queste creature è Madre Flora Zippo, delle Suore Francescane dei Sacri Cuori, oggi novantaduenne. Una donna dal fisico minuto ma dal cuore e dalla volontà immensamente grandi, che ha vissuto ed operato sempre a fianco degli ultimi, soprattutto nelle missioni delle isole Filippine. Una religiosa con carisma tale da conquistare anche le persone più “laiche” come Costantino Flore, il medico sardo docente di Medicina del Lavoro che avendo conosciuto Madre Flora nel corso di un viaggio nelle Filippine ne è diventato un grande sostenitore, promuovendo insieme ad altri numerose iniziative per supportare l’azione dell’instancabile missionaria. [segue]

Elezioni

ora
3f555ee7-6c23-42b0-b6e2-6df7df3b95b0Elezioni regionali, dall’impegno contro il centrodestra alla convergenza intorno al principio dell’autodeterminazione
di Fernando Codonesu*

Da alcune settimane su questo blog, sull’onda lunga oltre di due anni di impegno sul fronte politico, democratico e culturale che contraddistingue l’attività del Comitato di iniziativa costituzionale e statutaria, ad iniziare dal tema del lavoro su cui abbiamo concentrato larga parte del nostro tempo e delle nostre energie, abbiamo ripreso a parlare delle ormai prossime elezioni regionali.
3e45830d-b4f4-44d3-83c0-797ffabbc8dbSu iniziativa del CoStat venerdì 23 si è svolta a Cagliari una importante assemblea dibattito sulla scadenza elettorale invitando ad un confronto le forze politiche che hanno votato NO al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, con esclusione di quelle di centrodestra, con l’auspicio che si trovino terreni unitari di confronto, per aggredire la crisi che sembra non finire mai, che è certo crisi economica, ma anche crisi politica di rappresentanza e difficoltà di identificazione in un partito, in uno schieramento o in un movimento di un elettorato, quello sardo, che per metà non vota più.
Ha introdotto il dibattito Andrea Pubusa che ha, tra l’altro, toccato i temi principali che dovrebbero caratterizzare l’attività politica del Consiglio regionale: lavoro, economia, riequilibrio e sviluppo territoriale, welfare, riforme istituzionali, neocentralismo regionale, ecc.
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Dal mio punto di vista è doveroso prima di affrontare gli aspetti principali del dibattito riprendere uno dei punti più significativi sviluppati da Gianfranco Sabattini che, con il rigore scientifico che lo contraddistingue, il 21 novembre in un suo intervento su questo blog ci ha ricordato che i risultati di due recenti ricerche demoscopiche dell’Università di Cagliari mostrano che per i sardi “i problemi prioritari sono quelli di carattere economico-sociale e non quelli di carattere etnico-cultural-territoriale; di fronte alla richiesta di esprimere le loro preferenze (con l’assegnazione di un punteggio, in una scala da 1 a 10, sulle priorità d’intervento riferite a diversi settori: Identità e cultura, Economia, Lavoro, Trasporti e infrastrutture, Riforme e istituzioni, Ambiente e territorio, Welfare, Sicurezza) i risultati hanno evidenziato la massima priorità assegnata al Lavoro, seguito da Trasporti e infrastrutture, Economia, Sicurezza, Welfare, Ambiente e territorio; penultimo il settore Identità e cultura e, ultimo, il settore Riforme e istituzioni”.
Bisogna far tesoro delle rilevazioni oggettive e approfondite che vengono da fonti autorevoli.
Detto questo, che ci impegna al rispetto della realtà e delle priorità maggiormente sentite dalla popolazione sarda, credo che sia indispensabile riconoscere alla politica che si occupa del bene pubblico e soprattutto alle forze politiche nostre interlocutrici del dibattito che abbiamo promosso, il diritto-dovere di osare, di superare i vincoli attuali che comprimono le aspirazioni di un popolo che intende essere nazione e che lavora per una sua collocazione ben definita all’interno dell’Europa. Si tratta di appunto di intravedere un percorso di superamento dei vincoli attuali, senza fretta e senza forzature perché la lezione che ci viene dalla storia e da esperienze recenti in campo europeo, prima di tutte l’esito del referendum catalano, suggeriscono un cammino che risponda alle esigenze espresse dai sardi come ci ha ricordato Sabattini e sia il risultato di una sperimentazione di lunga durata sul campo, per una politica che crei innanzitutto consenso per evitare che una minoranza, per quanta vasta, colta e per certi versi agguerrita, pensi di potersi imporre alla maggioranza dei cittadini. Le istituzioni, il governo e il potere si ottengono solo con una lavoro lungo e faticoso, nel rispetto delle regole, senza scorciatoie e proponendo uno scenario, ancorché non facilmente percorribile, sicuramente ricco di suggestione e tale da poter convogliare importanti energie della nostra isola verso una prospettiva comune.
Di questo si è parlato nel nostro incontro.
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I protagonisti del dibattito, Andrea Murgia candidato presidente di AutodermiNatzione, Gianni Marilotti per il M5S, Claudia Zuncheddu di Sardigna Libera, Roberto Mirasola di Sinistra Italiana, Giovannino Deriu di Potere al Popolo e Paolo Maninchedda del Partito dei Sardi, hanno avuto modo di riprendere alcuni dei temi introdotti da Pubusa, sviluppare le loro proposte e rispondere ad interventi e domande del pubblico.
Le aree politiche rappresentate nel dibattito erano fondamentalmente due: una vasta area dell’autodeterminazione e dell’indipendentismo rappresentata da Murgia, Zuncheddu e Maninchedda, due formazioni a sinistra del PD rappresentate da Mirasola e Deriu e una forza di governo, il M5S rappresentato da Marilotti.
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Da anni sono convinto che in Sardegna ci siano le condizioni per una vasta convergenza di forze politiche, gruppi, associazioni e singole personalità che si rifanno agli stessi principi cardine, che guardano ad un necessario avanzamento e superamento dell’autonomia regionale che, per molti aspetti, non ha nemmeno saputo attuare lo Statuto, ad un ruolo della Sardegna in quegli Stati Uniti dell’Europa che avevano pensato alcuni dei suoi padri fondatori.
Una convergenza, si badi bene, non di facciata e frutto di cartelli elettorali dell’ultima ora, ma che si radichi in un lavoro comune nei territori perché è di questo che c’è bisogno, perché un’area politica che si riconosce in un unico raggruppamento ha una forza d’urto e di cambiamento maggiore della somma delle singole componenti, una capacità di attrazione dell’elettorato senza pari, decisamente superiore a quella derivante da qualunque cartello elettorale o giustapposizione insiemistica di sigle partitiche.
Fatti salvi i vincoli nazionali del M5S per cui non si fanno alleanze, tema però non chiuso nemmeno da Marilotti che ha anzi ribadito la necessità che il M5S discuta e affronti questo tema, è risultato evidente nel dibattito di ieri che tutti stanno cercando di superare le divisioni e le diffidenze reciproche.
deriu1Così è stato a partire dall’area dell’autodeterminazione e dell’indipendentismo e così è anche per le due forze rappresentate da Deriu e Mirasola.
In questo senso sono state molto significative le aperture reciproche registrate soprattutto nella seconda parte del confronto, ad iniziare da Maninchedda
maninchedda1 che chiude dicendo che “le porte sono aperte fino all’ultimo minuto” e passando per gli appassionati interventi di Murgia per la soluzione dei tanti problemi della Sardegna, così come dell’avviso da parte di Deriu di non basarsi sul “programmismo” o sull’appello al voto utile. Le risposte concrete sono
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venute anche da Claudia Zuncheddu con il suo approfondimento sul sistema sanitario e da Mirasola che ha concentrato il suo ragionamento proprio sulle possibili convergenze.
Oggi conosciamo anche gli altri candidati presidente: Solinas su indicazione di Salvini per il centrodestra e Zedda che mette la sua faccia su un centrosinistra gattopardesco e trasformista come non mai. Di Pigliaru non si parla più: è scomparso anche come nome dal dibattito politico. Eppure Pigliaru è padre, figlio e fratello di ciascuno dei componenti della maggioranza in carica!
Non sappiamo se Pili e il suo movimento Unidos si presenteranno da soli, ma in tal caso Pili non entrerà in Consiglio a causa della legge elettorale pur superando la soglia della lista unica, oppure se preferirà far parte dello schieramento di centrodestra (ad oggi non è presente nell’elenco delle varie sigle componenti) avendo più di una chance di entrare in Consiglio dal portone principale.
In ogni caso è utile ricordare che una elezione si affronta con i numeri e se consideriamo le soglie di sbarramento del 5% per l’unica lista e del 10% per le coalizioni, a me pare evidente che un’unica lista che comprenda tutte le aree politiche presenti al dibattito di ieri, ovvero una lista che comprenda PDS, AutodetermiNatzione, Sardigna Libera, Sinistra Italiana (la componente alternativa a Zedda e al PD) e Potere al Popolo, avrebbe una forza dirompente, sarebbe capace di attrarre voti anche in larga parte dell’astensione e dell’area democratica, e conseguirebbe una larga rappresentanza in Consiglio regionale fino a poterne condizionare l’agenda politica.
In base al dibattito di ieri, che finalmente si è concentrato sui temi politici e non sui personalismi, credo che ci siano tutte le condizioni per lavorare unitariamente su un’unica lista, ma se proprio ciò non fosse nelle corde di qualcuno, che almeno si ragioni in termini di coalizione.
Sono i temi che uniscono. E’ il lavoro comune nei territori che può creare sintonie, affinità, modi di sentire e di vedere il mondo con uno scenario così ampio da valorizzare anche sensibilità differenti. Con il lavoro comune sperimentato nel tempo e direttamente nella risoluzione dei problemi che viviamo quotidianamente si possono superare le diffidenze reciproche e costruire una comune prospettiva di progresso per l’intera regione.
Personalmente lavorerò in questa direzione perché ritengo che la cosa più sbagliata da fare sia che ognuno vada incontro alle elezioni per conto proprio.
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* Anche su Democraziaoggi.
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“La prospettiva della creazione di una lista che possa mettere al centro i problemi concreti dei sardi dando però delle risposte in completa discontinuità con le politiche sino ad oggi portate avanti deve a mio parere essere perseguita con fiducia e umiltà.”
di Roberto Mirasola.

“Dopo la débâcle delle sinistre il 4 marzo scorso alle elezioni politiche e il continuo crescere, perlomeno nei sondaggi, del consenso nei confronti di Lega e M5S è evidente che ci si chiede come si possa fermare questa avanzata, soprattutto nei confronti della Lega xenofoba e razzista. Cosa fare dunque?
Io credo non esistano ricette sicure e tantomeno mi sento di rassicurare a cuor leggero in un contesto di difficoltà sopratutto per responsabilità nostre. E’ inutile girarci intorno se a sinistra non torniamo ad essere credibili è difficile poter ritornare a vincere, anche perché ciò che si propone riguarda soltanto nomi e il vecchio mascherato con l’utilizzo di parole in perfetto politichese ma lontane dalla gente: “coalizioni progressiste ampie, una volta civiche un’altra autonomiste” ma prive di contenuti. Nella politica Sarda sembra sia diventato centrale il leaderismo.
A monte manca totalmente un’analisi dell’attuale situazione in Sardegna. Un recente studio dell’Università di Cagliari, menzionato tra l’altro in questi giorni da Prof. Sabattini, ricorda che le preoccupazioni dei Sardi e dunque le loro priorità si concentrano su: Lavoro, Trasporti e infrastrutture, Riforme e istituzioni, Ambiente e territorio, Welfare. Da qui bisogna dunque ripartire e dare risposte concrete finalmente con coraggio voltando pagina con decisione rispetto al passato. Perché non possiamo dimenticare che, dati ISTAT alla mano, la disoccupazione si attesta al 16% contro una media nazionale del 10% per non parlare della disoccupazione giovanile.
Come ci ricorda spesso Fernando tra il 2007 e il 2016 ben 21.746 sardi sono emigrati all’estero e il trend negli ultimi anni è in aumento. E’ chiaro dunque che si è fatto poco ed è anche vero che per “creare” posti di lavoro bisogna avere una prospettiva di sviluppo locale avendo le idee chiare. Sino ad oggi abbiamo puntato su un sistema industriale completamente estraneo al contesto Sardo basato sulle importazioni più che sulle esportazioni con industrie come la chimica, la petrolchimica, la produzione dell’alluminio che hanno portato disoccupazione lasciando tra l’altro l’ambiente circostante fortemente compromesso avendolo inquinato. E’ necessario, dunque, ripensare un modello di sviluppo che debba essere sostenibile, ponendo al centro il rapporto ambientale che deve salvaguardare la salute e la qualità della vita. Puntare sull’agroalimentare, sul turismo, sull’economia del mare, investire nell’agricoltura e sulle energie rinnovabili, tutelando la piccola e media impresa. Questo non significa dire NO all’industria, significa perseguire altre vie.
Vorrei però approfondire ancora questo ragionamento, analizzandolo da un’altra prospettiva. E’ curioso che in un contesto di neo centralismo che da Bruxelles arriva sino a Roma, contestato da tutte le forze politiche, la stessa Regione abbia introdotto delle riforme che tendono ad accentrare. Ora una prospettiva di crescita economica si potrebbe avere se le risorse venissero adeguatamente redistribuite nei territori con un’adeguata programmazione territoriale. Invece l’ente Regione ha assorbito nel tempo competenze crescenti, sottraendole agli Enti Locali e allontanando le decisioni dal livello più vicino alle popolazioni, disconoscendo il principio di sussidiarietà che pure è ribadito nei principi europei e nazionali. Provvedimenti legislativi come la riforma degli enti locali proposta dalla Giunta Pigliaru e approvata dal Consiglio regionale hanno sancito per l’ennesima volta la situazione di una Regione che mentre rivendica maggiore autonomia nei confronti dello Stato è ben lontana dal riconoscerla all’interno del territorio regionale.
Ma quella degli Enti Locali non è stata la sola riforma in questa direzione. L’accentramento della organizzazione sanitaria, con la creazione dell’Azienda unica regionale è un altro esempio negativo. Noi siamo fortemente e decisamente contrari all’attuale riorganizzazione del sistema sanitario così come scritto nel nuovo piano sanitario che lascia sguarniti i territori dei livelli essenziali di assistenza facendo aumentare i rischi per i pazienti, le disuguaglianze e le iniquità. La nostra azione sarà improntata al sostegno della sanità pubblica, non accettando riforme sanitarie con trasformazioni decise dall’alto senza essere concertate con i territori.
Ora mi par di capire che su queste tematiche le differenze, perlomeno a livello programmatico, non siano tante tra SI, AutodetermiNatzione e Sardigna Libera. Il che impone uno sforzo di dialogo tra noi per superare con il dovuto tatto le piccole diversità che ci possono essere. La prospettiva della creazione di una lista che possa mettere al centro i problemi concreti dei sardi dando però delle risposte in completa discontinuità con le politiche sino ad oggi portate avanti deve a mio parere essere perseguita con fiducia e umiltà.”
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- Le foto sono tratte dal servizio fotografico di Renato d’Ascanio Ticca su fb.

Oggi 26 novembre 2018 lunedì

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