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LA SCUOLA POPOLARE DI OGGI DOVRA’ IMPEGNARSI PER L’ISTRUZIONE E LA FORMAZIONE DEGLI IMMIGRATI
Su lavoro e immigrazione papa Francesco va ascoltato
di CLAUDIO GIUA su La Nuova Sardegna di sabato 29 novembre 2014
Restituire dignità e ritornare alla legalità senza far venire meno politiche di accoglienza: questo dovrebbe essere l’obiettivo dei legislatori
Lavoro e immigrazione sono questioni cruciali che s’incrociano costantemente nel dibattito sia pubblico, sia privato. Ha detto martedì scorso il Papa davanti al Parlamento di Strasburgo: “È tempo di favorire le politiche di occupazione, ma soprattutto bisogna ridare dignità al lavoro, garantendo anche adeguate condizioni per il suo svolgimento”. E subito dopo: “È necessario affrontare insieme la questione migratoria”. Francesco si riferiva all’Europa ma parlava a tutto il mondo. Un esempio: milioni di immigrati senza alcuna autorizzazione hanno un reddito, seppure minimo, spendono qualcosa per casa, cibo e vestiti, mandano quel che resta alle famiglie in Ecuador, in Perù, in Bangladesh, in Messico. La destra conservatrice periodicamente denuncia le “conseguenze negative” dalla loro presenza perché “contendono lo scarso lavoro ai cittadini regolari e autoctoni”: mente, sono soprattutto uomini di fatica, giardinieri, muratori, badanti, mungitori, impieghi che i residenti accettano solo se spinti dalla necessità. Sono tanti, questo sì: il 5,2 per cento degli occupati. Non è un dato europeo e nemmeno italiano. Succede in America. Dove il 10,2 per cento dei lavoratori del Nevada è entrato nel paese con un visto turistico o dopo un avventuroso attraversamento del confine tra El Paso e Nogales. In California la quota è del 9,4 per cento, in Texas dell’8,9. Le aziende li assumono volentieri, i consumatori li tollerano: la concorrenza di altri immigrati “senza carte” pronti a sostituirli consente alle prime di tenere bassi gli stipendi con indiretti effetti sui prezzi finali di prodotti e servizi, graditi agli utenti. Adesso, dopo la sconfitta alle elezioni di midterm, Barack Obama vuole regolarizzare gli immigrati-lavoratori fantasma almeno per quel che concerne la posizione lavorativa. Il presidente non ha nulla da perdere in quanto non rieleggibile nel novembre 2016, dunque fa quel che crede giusto pur sapendo che la prossima amministrazione s’ingegnerà, se repubblicana, a cancellare o depotenziare le sue riforme più radicali. Che lui intende completare in fretta per radicarle e blindarle. Attenzione, però. Negli Stati Uniti non si parla di “lavoratori illegali” bensì di “immigrati senza autorizzazione nel mercato del lavoro”: tant’è che sul valore da loro prodotto gli imprenditori pagano regolari tasse a meno che, come accade nei ristoranti di New York, il compenso sia costituito solo dalle mance (se scoperti, i gestori vengono puniti). Non è una sottigliezza semantica: il lavoro come tale non può essere illegale. Mai. Anche nel nostro paese sta ingiustificatamente crescendo il timore che gli “immigrati clandestini ci rubino i posti”. Il problema del lavoro fuori da ogni regola e senza dignità è invece affare quasi esclusivo di italiani. Un conto parziale, perché riferito ai settori di sua competenza, l’ha fatto qualche giorno fa la Confartigianato valutando in dodici miliardi di euro l’evasione fiscale e contributiva realizzata da idraulici, muratori, tassisti, collaboratori familiari, parrucchieri, massaggiatori che per scelta o per necessità nulla sanno di fatture o di pensioni. Tra di loro, pochi gli stranieri. Ogni abusivo evade in media 14mila euro l’anno. Sulla mappa dei renitenti nazionali all’Iva, all’Irpef, all’Irap e ai contributi sociali tre regioni, Campania, Sicilia e Lombardia, appaiono ipertrofiche e altre due, Lazio e Puglia, molto pingue. Anche se percentualmente è la Calabria la Bengodi/Cajenna dei lavoratori-che-non-ci-sono, pari al 35 per cento del totale degli occupati. Siccome vogliamo tutti escludere che, in presenza di un’alternativa adeguata, chi lavora in nero s’ostini a non essere regolarizzato, dovremo verificare che i decreti attuativi del Jobs Act aiutino a far rientrare nell’alveo della legalità chi è costretto a restarne fuori. Analogamente, controlleremo che questa normalizzazione non avvenga a scapito di politiche d’accoglienza e inclusive, come invece vorrebbero Matteo Salvini e i molti che hanno votato per la sua Lega in Emilia Romagna. Il Papa è stato chiarissimo: “Servono legislazioni adeguate che sappiano allo stesso tempo tutelare i diritti dei cittadini europei e garantire l’accoglienza dei migranti”. Ascoltiamolo, per una volta.

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