Dolore, lutto e poi?

Naufragio con 700 morti, lutto cittadino in tutti i Comuni sardi
Necessità di una una Mare Nostrum Europea
lutto700 persone in cerca di speranza muoiono annegate nel nostro mare, è una tragedia immane.
Tragedia nella tragedia sono molte, sicuramente troppe, delle reazioni violente e razziste ad essa.
Vorrei giustificarci, vorrei poter almeno sostenere che un popolo in http://www.aladinpensiero.it/wp-admin/options-permalink.phpcrisi, schiacciato e con le spalle al muro, sia naturalmente spinto all’odio, all’egoismo e alla rabbia contro chiunque.
Ma ho conosciuto e vissuto realtà di povertà estrema dove si divide il poco pane che c’è, dove la solidarietà e l’empatia non si fermano neanche davanti all’indigenza.
Possiamo essere migliori di così. Restiamo umani. Sempre.
Piangiamo queste morti come nostre e agiamo con la forza e la determinazione di chi ha perso dei fratelli.
(marcomeloni)
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Tutti i giorni migliaia di persone tentano di attraversare una frontiera per cercare condizioni di vita migliori e si sentono come puntini neri dispersi nel cielo e sospinti dal vento e dal destino.
(Lhasa de Sela – La Frontera)
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- La sorda Europa
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medici senza frontiere per i 7oo morti
700 migranti morti nel #CanalediSicilia: la responsabilità è delle politiche europee che, di fronte a migliaia di disperati in cerca di protezione sul continente, chiudono le frontiere costringendoli a rischiare la vita in mare.
Chiediamo agli stati membri dell’Unione Europea l’avvio urgente di attività di ricerca e soccorso in mare su ampia scala, per evitare altre morti nel Mediterraneo. ► http://bit.ly/1OYEsfL

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Verso Sa die sa Sardigna. Riconquistare il mare per riconquistare la libertà
logo-sa-die-F-Figari-300x173Giovanni Lilliu, intervista rilasciata a Francesco Casula per Cittàquartiere, nel maggio del 1987.

Dall’intervista a Giovanni Lilliu di Francesco Casula su Cittàquartiere del maggio 1987 (Nuova serie anno II n. 3-4 marzo-maggio 1987).

Professore, contro un luogo comune diffuso qui da noi ma anche fuori, di una Sardegna storicamente “chiusa” nel suo guscio, lei ha sostenuto anche recentemente proprio in occasione dell’inaugurazione dell’Anno accademico [si trattava dell'Anno accademico 86-87 dell'Università di Cagliari], la tesi del popolo sardo “navigatore”.
Esattamente. Ho parlato della Sardegna aperta alle comunicazioni esterne, a relazioni e al commercio, anche contro la tesi dello storico Lucien Febvre che contrappone la nostra Isola “conservatoire” alla Sicilia, crocicchio di incontri e commerci. Fonti storiche, letterarie, reperti archeologici alla fine del secondo millennio a.C. ci documentano che la Sardegna riceve ceramiche dal mondo Miceneo e nello stesso tempo esporta manufatti, ceramiche e prodotti minerari nell’Italia centrale e nella Sicilia.
(…) Ancora oggi inoltre possediamo centinaia di navicelle di bronzo delle botteghe sarde, conservate nei musei della Sardegna – a Cagliari in particolare – e all’estero. Moltissime ne sono state trovate nelle necropoli etrusche. Lo storico e geografo Strabone parla dei Sardi che pirateggiavano le coste di Pisa.

Professore, ma quand’è allora che i Sardi si “chiudono” e iniziano a porre in atto quella che lei chiama “costante resistenziale”? Fin dai Fenici?.
No, dopo. I Fenici praticarono un colonialismo di mercato non di piantagione. Non tolsero la libertà all’isola: la loro egemonia fu mercantile non politico-militare. Questa iniziò con i Cartaginesi e i Romani. I Sardi la “resistenza” iniziarono a dimostrarla nelle guerre combattute contro Cartagine e poi via via – ecco la “costante” contro i Romani, nelle grandi guerre sardo-catalane, durante quasi un secolo, nella cacciata dei Piemontesi, nei Moti Angioini, nelle sommosse di “Su Connotu”. E poi vi è la resistenza  ”passiva”, contro la gente che viene da fuori, dal mare. In sintesi direi che la resistenza inizia quando l’isola perde la libertà e sovranità ed è assoggetata alle potenze straniere, quando intorno al 510 i Cartaginesi sconfiggono gli indigeni e respingono i Sardi verso le riserve (le zone interne) privati del mare. Di qui la battaglia strategica, oggi quanto mai attuale, di “riconquistare” il mare per riconquistare la libertà.


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F Figari-cantiere navale CCIAA Ca

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