La trasparenza dei processi di accoglienza e il dialogo con le popolazioni sono un antidoto al razzismo

orgosolo 13 giu 15
di Antonietta Mazzette

La vicenda degli immigrati che per la prima volta, in modo significativo, sembra riguardare anche la Sardegna, può essere l’occasione per noi di sperimentare un modello diverso di accoglienza e integrazione. Le esperienze negative che si sono diffuse altrove possono essere un monito per i nostri governanti. A tale proposito, mi permetto di sottoporre alla riflessione i seguenti elementi.

Il primo è di tipo conoscitivo. Considerato che il numero di persone, seppure destinato a crescere, è abbastanza modesto (si aggirerebbe intorno alle 2-3 mila unità), sarebbe opportuno conoscere le vite di ognuna di queste persone. E, giacché, dalle parole del questore di Cagliari, emergerebbe il fatto che non si tratterebbe di una fase di provvisoria sosta, bensì della “meta definitiva”, sarebbe utile capire da quale sistema (seppure dissestato) sociale, culturale e di regole questi immigrati provengano.

Il secondo riguarda la necessità, fin da subito, di creare un canale comunicativo tra le nuove popolazioni e quelle locali. Per far ciò, è preliminare insegnare a questi stranieri la nostra lingua, non solo perché gli addetti ai lavori (forze dell’ordine, volontari, intermediari culturali e amministratori) siano messi in condizione di lavorare meglio, quanto, soprattutto, per consentire agli stranieri di conoscerci. I luoghi più idonei di insegnamento sono le scuole che, nella fase estiva, possono rimanere aperte a questa esigenza.

Il terzo elemento, conseguentemente, ha a che fare con il dare ai nuovi arrivati gli strumenti per capire in quale contesto sociale essi si trovino e quale sistema di regole debbano rispettare, non ultimo perché, al pari di ogni altro cittadino, anche per loro il rispetto dei diritti dovrebbe andare di pari passo con quello dei doveri.

Il quarto è far sì che il processo di integrazione non appaia ai sardi come un’usurpazione delle risorse, di per sé scarse. Ciò è tanto più necessario quanto più è elevato il livello di sofferenza dei sardi in termini di disoccupazione e povertà. Perché ciò non accada, è necessario coinvolgere più attori sociali e istituzionali (comprese l’università e la scuola) ed anche rendere noti e trasparenti tutti i passaggi, in particolare quelli riguardanti il concreto uso dei finanziamenti (a chi vanno, come vengono spesi, chi ne beneficerà anche in termini lavorativi). Le variegate forme di razzismo e intolleranza che si stanno diffondendo nel resto d’Italia, a partire dal Nord, sono anche il frutto di una cattiva gestione e di politiche che troppo spesso si alimentano di lacerazioni e contrapposizioni sociali, ma anche di poca trasparenza.

Il quinto elemento riguarda il bisogno di evitare forme di segregazione e ghettizzazione. Non solo perché ciò creerebbe disagi oltre che per gli stranieri, anche per le popolazioni locali, inducendo il cosiddetto effetto NIMBY (non nel mio giardino), ma anche perché l’accoglienza si tradurrebbe prevalentemente in una questione di controllo dell’ordine pubblico piuttosto che di controllo sociale. Mi rendo conto che c’è una prima fase di emergenza in cui gli stranieri devono essere accentrati, controllati (anche per motivi di salute pubblica), e così via. Ma la fase successiva la dovrebbero gestire direttamente i singoli territori e le amministrazioni comunali, naturalmente sotto la regia complessiva del governo regionale.

La vicenda degli arrivi di bambini, uomini e donne che fuggono dagli orrori della guerra e dalla fame è un fenomeno complicato ma che può essere governato con intelligenza, umanità e senza sprechi. I diffusi fatti corruttivi che hanno accompagnato anche questo fenomeno e di cui continuano ad arrivare mediaticamente gli echi, dovrebbero sollecitare la nostra attenzione ed allerta, a partire da quella degli amministratori.

La trasparenza dei processi di accoglienza e il continuo dialogo con le popolazioni locali costituiscono un antidoto certo. Inoltre, per i tanti giovani laureati e no, potrebbe costituire un’occasione (anche lavorativa) per mettersi in gioco, così come può esserlo per tutti quegli adulti che potrebbero prestare la loro opera volontaria: penso ai tanti insegnanti ora in pensione. Ciò che appare evidente è che le istituzioni regionali non devono essere lasciate sole in un momento così difficile.
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By sardegnasoprattutto/ 14 giugno 2015/ Città & Campagna/
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- Spopolamento e accoglienza su Aladinews-aladin.aladinpensiero.
- Nel riquadro “Siamo tutti clandestini”, particolare murales di Orgosolo (fto aladin 13 giugno 2015).

cavalcata assessoratoape-innovativa2Non crediamo vi sia sufficiente diffusa consapevolezza della questione “spopolamento e desertificazione” di grandi parti della Sardegna. Eppure gli studi degli esperti ne segnalano la gravità e le conseguenze disastrose proiettando i dati sui prossimi (non lontani) anni. Nella convegnistica e nei singoli interventi di intellettuali e politici (pochi) sono state avanzate proposte di intervento, assai differenziate, ma comunque serie e meritevoli di discussione e, una volta trovate quelle migliori, di traduzione operativa. Siamo convinti che tra le risposte debba esserci una diversa “politica di accoglienza e integrazione”, soprattutto dei migranti del nord Africa, che non deve essere connotata come “buonista”, ma inserita in un robusto programma economico, che riguardi soprattutto l’agricoltura (in senso lato, quindi anche pastorizia, allevamento, etc). E’ una problematica complessa e delicata, tuttavia particolarmente urgente da affrontare. Una proposta che ci convince è che il Consiglio regionale affronti di petto la questione, anche attraverso un’apposita legge regionale che istituisca una commissione di indagine su detta problematica, fissando finalità, modalità e tempi precisi di svolgimento (tre mesi prorogabili a sei, per es.). Si dovrebbe cominciare, come d’obbligo, con una rilevazione dello “stato dell’arte”, già ricco di studi e proposte, per poi arrivare a concretizzare linee di intervento, sostenibili, condivise dalla maggioranza delle parti sociali e dalle istituzioni territoriali e, ovviamente, finanziabili, anche con l’utilizzo dei fondi europei (diretti e indiretti) della programmazione 2014-2020. Una legge regionale, così come proposta, costringerebbe il Consiglio a un forte coinvolgimento, come è indispensabile sia, ma la cosa più importante è che la maggioranza dei sardi venga attivamente coinvolta. (da Aladinews del 7/2/2015 https://www.aladinpensiero.it/?p=37738)
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- I Comuni attaccano la Finanziaria: “Manca un piano anti-spopolamento”
di Alessandra Carta, su SardiniaPost 19 febbraio 2015
- DOCUMENTAZIONE. La problematica dello spopolamento su Aladinews.

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SardiniaPost loghettpI Comuni attaccano la Finanziaria: “Manca un piano anti-spopolamento”
di Alessandra Carta, su SardiniaPost 19 febbraio 2015
“In tutti i documenti programmatori della Giunta, a cominciare dalla Finanziaria, manca un piano di investimenti contro lo spopolamento“. A lanciare l’allarme – mentre in Consiglio regionale è cominciato l’esame del bilancio 2015, il primo del centrosinistra – sono le associazioni degli enti locali. Cioè Anci, Cal, Aiccre e Asel. “Tra una trentina d’anni – spiegano i rispettivi presidenti Pier Sandro Scano, Giuseppe Casti, Tore Sanna e Rodolfo Cancedda – spariranno i 166 Comuni isolani sotto i mille abitanti. Ciò vuol dire nei successivi venti la stessa sorte toccherà ai centri che oggi contano tra i mille e i 3mila residenti”.

Dunque è allarme spopolamento in Sardegna, un tema tornato al centro del dibattito politico con il piano di dimensionamento scolastico. “Noi – ha chiarito Scano – non siamo per la conservazione dello status quo, e mi riferisco su tutto alle pluriclassi. Ma se la chiusura di una scuola non è inquadrata in un più ampio scenario che riassetti anche mobilità e sanità, i tagli all’istruzione vengono percepiti dai sindaci come una ferita. Ecco perché l’Anci è al fianco dei primi cittadini sul piede di guerra contro la cancellazione delle pluriclassi: la Regione, sbagliando il metodo, non sta dando alcuna prospettiva futura ai Comuni”.

Sotto la lente degli enti locali è finita l’intera programmazione della giunta di Francesco Pigliaru. “E questo vuol dire Finanziaria, Piano regionale di sviluppo regionale (Prs), quello europeo Fesr e l’altro, sempre targato Ue, relativo all’agricoltura (Fears). Serve – ha aggiunto Scano – una correzione immediata, magari nello stesso bilancio 2015. Di certo la Regione deve tenere aperto il tavolo permanente con gli enti locali, cui spetta decidere gli investimenti: bisogna programmare secondo uno schema paritario e non verticistico“.

E se la Finanziaria vale 7,813 miliardi, il presidente Anci chiarisce che i fondi Ue ne pesano altri 4. “Si tratta – continua Scano – di risorse sulla cui gestione ha sollevato pesanti dubbi la stessa commissione di Bruxelles. Per questo chiediamo che la Giunta ripensi la governance dei fondi europei, destinandoli sì alle aree urbane, ma anche a quelle interne. Diversamente non è possibile agganciare l’uscita dalla crisi”.

I conti precisi sui soldi che sollecitano gli enti locali li ha fatti Casti. “Serve ripristinare interamente il Fondo unico (ovvero la cassaforte degli enti locali). In Finanziaria sono stati destinati 551 milioni a fronte dei 580 del 2014. Significa 29 milioni in meno. Si aggiunga l’Irap per i Comuni: l’aliquota passa dal 2,55 all’8,5. Vero che è stato aumentato il fondo per le povertà, con con cui i Comuni finanziano i servizi sociali, ma chiediamo un ulteriore liquidità di 10 milioni, dagli attuali 30 a 40.Ancora: “È necessario l’alleggerimento del patto di stabilità, una possibilità che lo Stato riconosce agli enti locali con un margine finanziario assegnato a ogni Regione. Sollecitiamo pure la revisione del Piano sui rifiuti: il problema della Sardegna non sono i costi di raccolta, ma quelli di conferimento in discarica. Si arriva a 200 euro a tonnellata, il doppio della media nazionale. La Giunta deve imporre la tariffa unica“.

Sanna ha allungato la scure contro “lo strisciante neocentralismo che si sta affermando a Roma e, a catena, arriva nei territori. Noi non vogliamo una Regione debole, ma nemmeno accettiamo diktat e imposizioni: i sindaci non sono ragionieri, ma rappresentano gli interessi generali di una comunità. Per superare la crisi la Sardegna ha bisogno di un governo diffuso. È corretto che i poli urbani siano la locomotiva della nostra Isola, ma ciò non può andare a scapito delle zone interne, anche se io preferirei venissero chiamate aree svantaggiate. Nella programmazione della Sardegna devono affermarsi i principi della solidarietà e dell’equità per costruire tutti insieme una strategia di sviluppo”.

La conferenza stampa è stata chiusa da Cancedda: “È ora che la Regione si metta a lavorare coi Comuni per definire un piano contro lo spopolamento. Non c’è davvero più tempo da perdere, perché entro i prossimi cinquant’anni l’entroterra della Sardegna rischia di essere totalmente disabitato”.

Al. Car.
(SardiniaPost 19 febbraio 2015)

One Response to La trasparenza dei processi di accoglienza e il dialogo con le popolazioni sono un antidoto al razzismo

  1. […] un’osservazione critica di Tonino Dessì, che ci invita ad approfondire il confronto. Anche l’editoriale di Antonietta Mazzette ci fa intravedere proposte di immediata operatività, sulle quali occorre far convergere ulteriori […]

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