Prima di tutto l’istruzione. Scuola: È «cura» la parola chiave, non successo, non competitività, non occupabilità

lampada aladin micromicro
Ogni anno all’apertura dell’anno scolastico i media ci ricordano che la scuola italiana non gode di buona salute. Problemi per quanto riguarda gli edifici (tanti vetusti e non “a norma”), ritardi burocratici nelle nomine dei docenti, nonché precariato diffuso e instabilità delle sedi per gli stessi, e così via elencando nei noti cahiers de doléances. La situazione della scuola sarda è ancor più preoccupante sia per gli aspetti ricordati sia per i dati allarmanti della dispersione scolastica. Il tasso di abbandono scolastico è, infatti, tra i più elevanti in Italia, e la percentuale di giovani inattivi, in costante crescita. Nel 2014, il 29,6% dei ragazzi e il 17% delle ragazze in età 18-24 anni ha abbandonato gli studi e oltre il 27% dei giovani tra i 15 e i 24 anni (30,6 per i ragazzi e 24,7% per le ragazze) non studia e non lavora (i c.d. “giovani scoraggiati” o NEET – Not in Education, Employment nor Training). A fronte di questa situazione – ormai strutturale, visto che ha origini non recenti e nel tempo tende ad aggravarsi – la Regione ha messo in campo nel passato diversi programmi, sostenuti da ingenti finanziamenti (comunitari, governativi, regionali), tutti dimostratisi praticamente inefficaci, visto che non hanno contribuito a modificare in meglio alcuno dei parametri citati, anzi. Speriamo nell’ultimo progetto “di contrasto alla dispersione e per una nuova scuola”, denominato “Iscol@”, recentemente avviato (con qualche ritardo rispetto al cronoprogramma approvato). Prevede interventi per la riqualificazione edilizia degli istituti e la diffusione della banda larga, nonché l’ampliamento dell’offerta formativa e professionale. Il progetto Iscol@ è stato aperto al confronto sul web e in presenza – coinvolgendo cittadini, docenti e famiglie, Agenzie formative, Comuni e altri enti locali – che in qualche modo lo ha migliorato. Avrà durata triennale e i fondi a disposizione ammontano a 358,2 milioni (a cui si aggiungono 360,9 milioni per l’università, per un totale di quasi 720 milioni di euro). Situazione altrettanto preoccupante per l’università, se solo si pensa al numero dei laureati, considerato che “…nel 2014 appena il 17,4% delle persone tra i 30-34 anni ha conseguito un titolo di studio universitario (l’obiettivo europeo è fissato al 40%) e ogni 100 donne nella stessa fascia d’età almeno 22 sono laureate mentre tra gli uomini solo 12,7. Gli studi in materie tecnico-scientifiche (STEM – Science, Technology, Engineering and Mathematics) continuano a essere poco attrattivi tra i giovani studenti. Solo il 15,5% della popolazione attiva ha conseguito una laurea in queste materie, dato non lontanissimo dalla media italiana (19,3%) e inferiore alla media EU (38,9%)” [fonte Rapporto Crenos 2016].
Una “unità regionale di progetto” segue l’attuazione del progetto Iscol@. Allo stato non è possibile una attendibile valutazione. Cioè capire se si è riusciti a escogitare qualcosa di efficace o se si registrerà l’ennesimo insuccesso.
Citando il nostro grande conterraneo Antonio Gramsci, certo è per contrastare “il pessimismo della ragione” a cui naturalmente portano gli esiti fallimentari dei programmi finora concretamente realizzati, occorre una straordinaria dose di “ottimismo della volontà”. Non ci aiutano certo le politiche di “dimensionamento” degli interventi in materia di utilizzo delle sedi scolastiche stabilite dalla Giunta regionale, laddove per ragioni di risparmio si chiudono le scuole dei piccoli paesi, concentrando le classi nei paesi più grossi. Problemi di scarsa efficienza dei collegamenti tra i diversi paesi rischiano di vanificare i programmati provvedimenti e poi con queste politiche si contribuisce allo spopolamento dei paesi della Sardegna. Più degli amministratori lo hanno capito le mamme dei bambini che si oppongono alla chiusura delle scuole. In tema, l’illustre economista Paolo Savona ha espresso tempo fa un concetto che da loro ragione: “Una buona scuola oggi vale più di una buona azienda per la disseminazione degli effetti positivi che essa crea. Ovviamente sarebbe meglio averle entrambe, ma se si dovesse scegliere sotto vincolo di bilancio, la risposta sarebbe opposta a quella che abbiamo sentito finora, cioè meno assistenza e più informazione-formazione”.
Ma al di la delle pur importanti strutture, con Fiorella Farinelli concordiamo che la “(…) La domanda di fondo, allora, quella che tutti dovrebbero porsi, diventa provocatoriamente un’altra. Da esaminare non sono solo le cause per cui un settore ampio di giovani esce dai circuiti formativi prematuramente, c’è piuttosto da chiedersi perché, nelle condizioni date, i ragazzi di oggi dovrebbero apprezzare la scuola e l’apprendimento che gli viene imposto. Perché dovrebbero farlo se quella stessa scuola e quegli stessi apprendimenti sono con tutta evidenza poco apprezzati dai loro stessi insegnanti. Perché dovrebbero appassionarsi a contenuti culturali proposti spesso in modi ripetitivi, freddi, senza inventiva e fantasia didattica, senza un rapporto con la loro esperienza, le loro domande, le loro inquietudini. Perché dovrebbero credere in una scuola che promette un ascensore sociale che la società e il mondo del lavoro non sono più in grado di assicurare. E poi, come utilizzare l’esperienza scolastica per crescere in autonomia e responsabilità quando la scuola attuale non permette scelte o percorsi individualizzati e non assicura nessuna flessibilità di funzionamento? (..) C’è spazio, ovviamente, anche per una critica di fondo delle politiche scolastiche di questi anni. (…) È «cura» la parola chiave, non successo, non competitività, non occupabilità. Ed è il come si può fare, e dove e con chi. Nelle scuole e nei territori, con gli insegnanti e con il privato sociale, con il mondo produttivo e con l’associazionismo. Con la musica, il teatro, le università, la ricerca scientifica, le botteghe artigiane, il lavoro, il volontariato, la cooperazione, la solidarietà. Ci vuole intelligenza, certo. E anche professionalità. Ma la risorsa più importante, forse, è la passione educativa, la convinzione che è su questo terreno più che su altri che si giocano le partite decisive. Per i ragazzi di oggi e anche per il destino del paese. Vale la pena di provarci”.

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“Nel 2014 appena il 17,4% delle persone tra i 30-34 anni ha conseguito un titolo di studio universitario (l’obiettivo europeo è fissato al 40%) e ogni 100 donne nella stessa fascia d’età almeno 22 sono laureate mentre tra gli uomini solo 12,7. Gli studi in materie tecnico-scientifiche (STEM – Science, Technology, Engineering and Mathematics) continuano a essere poco attrattivi tra i giovani studenti. Solo il 15,5% della popolazione attiva ha conseguito una laurea in queste materie, dato non lontanissimo dalla media italiana (19,3%) e inferiore alla media EU (38,9%). I dati più allarmanti riguardano il tasso di abbandono scolastico, tra i più elevanti in Italia, e la percentuale di giovani inattivi, in drastica crescita rispetto al 2010. Nel 2014, il 29,6% dei ragazzi e il 17% delle ragazze in età 18-24 anni ha abbandonato gli studi e oltre il 27% dei giovani tra i 15 e i 24 anni (30,6 per i ragazzi e 24,7% per le ragazze) non studia e non lavora (i c.d. “giovani scoraggiati” o NEET – Not in Education, Employment nor Training). Il dato sulla formazione permanente degli adulti è invece in crescita: con il 9,7% della popolazione in età 25-64 anni impegnata in attività di istruzione e/o formazione, la Sardegna è sopra la media Italiana (pari all’8%) ed è vicina alla media UE (10,7%) anche se l’obiettivo europeo è fissato al 15%”.

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lampadadialadmicromicro1Ecco perché le mamme di Goni hanno ragione!
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sardegna-dibattito-si-fa-carico-181x300I fattori di crescita e sviluppo
L’analisi conferma il ben noto svantaggio della Sardegna in termini di dotazione di capitale umano. Nel 2014 appena il 17,4% delle persone tra i 30-34 anni ha conseguito un titolo di studio universitario (l’obiettivo europeo è fissato al 40%) e ogni 100 donne nella stessa fascia d’età almeno 22 sono laureate mentre tra gli uomini solo 12,7. Gli studi in materie tecnico-scientifiche (STEM – Science, Technology, Engineering and Mathematics) continuano a essere poco attrattivi tra i giovani studenti. Solo il 15,5% della popolazione attiva ha conseguito una laurea in queste materie, dato non lontanissimo dalla media italiana (19,3%) e inferiore alla media EU (38,9%). I dati più allarmanti riguardano il tasso di abbandono scolastico, tra i più elevanti in Italia, e la percentuale di giovani inattivi, in drastica crescita rispetto al 2010. Nel 2014, il 29,6% dei ragazzi e il 17% delle ragazze in età 18-24 anni ha abbandonato gli studi e oltre il 27% dei giovani tra i 15 e i 24 anni (30,6 per i ragazzi e 24,7% per le ragazze) non studia e non lavora (i c.d. “giovani scoraggiati” o NEET – Not in Education, Employment nor Training). Il dato sulla formazione permanente degli adulti è invece in crescita: con il 9,7% della popolazione in età 25-64 anni impegnata in attività di istruzione e/o formazione, la Sardegna è sopra la media Italiana (pari all’8%) ed è vicina alla media UE (10,7%) anche se l’obiettivo europeo è fissato al 15%.
I dati sull’innovazione indicano la necessità di adeguate politiche atte a rinforzare la competitività regionale. Nel 2013, la Sardegna è lontana dall’obiettivo europeo (3%) se si considera quante risorse dedica alla R&S: lo 0,76% del PIL. La debolezza degli investimenti in R&S è riconducibile soprattutto al settore privato, che copre il 5,6% della spesa totale. Per quanto concerne la quota di occupati nei settori high-tech, i dati sono sconfortanti e assegnano alla Sardegna la maglia nera a livello europeo: nel quinquennio 2010-2014 si registra un lievissimo aumento di questo indicatore che passa dal 1,5% al 1,6% e si evidenzia una forte disparità di genere a sfavore delle donne. Questo dato mette in evidenza la difficoltà del settore produttivo a collegare la propria attività con gli input provenienti dai centri di ricerca pubblica e dalle università. Inoltre i dati confermano una forte resistenza delle imprese sarde ad adottare nuovi modelli organizzativi e nuovi meccanismi di comunicazione: solo il 48% delle imprese con almeno 10 addetti è dotato di un sito internet e solo il 10% di queste effettua vendite on line.
(Da Sintesi Rapporto Crenos n. 23 del 2016)

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Il presidente della Regione Sardegna, Francesco Pigliaru, ha presentato lo stato di avanzamento del Piano triennale di edilizia scolastica Iscol@, approvato un anno fa dall’Esecutivo e recentemente aggiornato.

Con Pigliaru sono intervenuti l’assessore regionale della Pubblica Istruzione Claudia Firino, i sindaci di Sassari Nicola Sanna, di Nuoro Andrea Soddu, di Oristano Guido Tendas, di Orotelli Nannino Marteddu e l’assessore di Olbia Giovanni Antonio Orunesu.

“Nel nostro programma di governo avevamo annunciato di voler innalzare i livelli qualitativi di almeno l’80% degli edifici scolastici entro la legislatura. Bene, siamo già al 73%, pronti a raggiungere l’obiettivo fissato entro il 2016, cioè con due anni e mezzo di anticipo. Ciò è stato possibile grazie al buon funzionamento della struttura di missione, l’innovativa modalità di lavoro che ci ha permesso di affrontare il progetto in modo integrato, superando i tradizionali paletti tra competenze che incidono tanto negativamente nell’azione della pubblica amministrazione. Ma ci siamo riusciti, soprattutto, grazie alla fondamentale collaborazione portata avanti con i Comuni, concentrandoci insieme su cose concrete che portano reale beneficio ai cittadini. I nostri ragazzi hanno diritto a scuole più belle e sicure, in cui andare più volentieri: la dispersione scolastica si combatte anche così”, ha affermato il presidente Francesco Pigliaru che ha poi illustrato i numeri di Iscol@, dal 2014 ad oggi.

Con gli interventi previsti nell’ultima delibera di Giunta, del 12 aprile 2016, si aprono ulteriori cantieri di lavoro e si arriva a coinvolgere il 73% degli edifici scolastici della Sardegna che ospita il 74,5% degli studenti. Si tratta di nuove opere per la messa in sicurezza e manutenzione di 304 scuole frequentate da 57.400 alunni, per le quali la Giunta ha stanziato 44,7 milioni di euro.

Con un cronoprogramma più rapido rispetto alle previsioni iniziali, dal 2014 a oggi sono stati dunque avviati – e alcuni sono già conclusi – lavori di manutenzione, efficientamento energetico e messa in sicurezza in 848 scuole frequentate da oltre 145 mila studenti. Sono stati stanziati 109 milioni di euro e aperti 1.174 cantieri in tutta l’Isola, che generano oltre 3.000 occupati. “Il progetto fa parte di una strategia che impegna la Regione su due fronti di intervento: l’azione strutturale che stiamo illustrando e l’azione di sistema dei bandi Tutti a iscol@ per la lotta alla dispersione scolastica e per l’incremento delle competenze degli studenti sardi. Al centro, in entrambi i casi, le necessità degli studenti e dei docenti”, ha affermato l’assessore Claudia Firino.

Grande apprezzamento per il lavoro voluto dalla Giunta, portato avanti con un approccio innovativo dall’Unità di missione appositamente istituita, è stato espresso dagli amministratori locali presenti, che hanno condiviso il percorso di Iscol@ fin dall’inizio, trovando riscontro alle esigenze dei territori e con l’immediato trasferimento delle risorse necessarie. Il percorso ha infatti cercato la massima semplificazione, risultato delle attività del parternariato economico sociale: gli enti locali si sono impegnati a realizzare, secondo massimali di costi standard condivisi, gli interventi di manutenzione, entro termini determinati. Solo con riferimento ai presenti, sono 29 gli interventi su Nuoro, 15 su Olbia, 19 su Oristano, 2 ad Orotelli e 32 a Sassari.

Il presidente Pigliaru ha infine citato Iscol@ quale strumento anche per combattere la dispersione e potenziare la qualità dell’istruzione, assieme agli interventi dell’asse I “Scuole per il nuovo millennio” e a quelli di Tutti a Iscol@, contro la dispersione scolastica e per l’incremento delle competenze. Diversi studi hanno infatti valutato l’incidenza della qualità architettonica sul livello degli apprendimenti. In particolare, lo studio pubblicato su sciencedirect.com condotto su un campione di oltre 3.500 alunni della scuola primaria, distribuiti su 27 scuole del Regno Unito, ha valutato l’incidenza della qualità architettonica in una misura pari al 16% nel miglioramento delle competenze degli alunni.

Assieme al miglioramento dei locali e degli spazi, dell’offerta formativa e riduzione della dispersione scolastica, Iscol@ ha anche riattivato la filiera dell’edilizia con la conseguente creazione di opportunità di lavoro e reddito per le imprese dell’Isola. Gli interventi di manutenzione del triennio 2014-2016 hanno infatti generato occupazione stimata per almeno 3000 addetti del settore per un totale di 1174 cantieri aperti. Ogni cantiere realizza mediamente lavori per oltre 93 mila euro.

La valutazione circa il conseguimento degli obiettivi finali deve essere ancora svolta, tuttavia un risultato preliminare è stato conseguito, ovvero si è oltrepassata la logica tradizionale di realizzazione di interventi infrastrutturali attraverso l’allocazione delle risorse finanziarie per sperimentare, con successo, l’integrazione delle reti finalizzata alla realizzazione di un progetto.
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- Interviste 20 maggio 2015.
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“Una buona scuola oggi vale più di una buona azienda per la disseminazione degli effetti positivi che essa crea. Ovviamente sarebbe meglio averle entrambe, ma se si dovesse scegliere sotto vincolo di bilancio, la risposta sarebbe opposta a quella che abbiamo sentito finora, cioè meno assistenza e più informazione-formazione”
Paolo Savona “Cagliari e la Sardegna. Meno assistenza e più formazione” Cittàquartiere, n. 6, luglio 2000
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“Iscol@, la nuova scuola”, un programma di interventi per riqualificare gli istituti sia dal punto di vista strutturale (con interventi edili e la diffusione della banda larga) sia dell’offerta formativa, più ampia e professionale. Insomma, la Sardegna sta puntando molto sulla scuola. Il progetto Iscol@ è stato aperto al confronto sul web, interpellando cittadini, Comuni, enti locali, docenti e famiglie. Avrà durata triennale e i fondi messi sul piatto per rinnovare da cima a fondo gli istituti dell’isola ammontano quasi a 720 milioni: 358,2 milioni per la scuola (di cui 8 milioni solo per quest’anno) e 360,9 milioni per l’università (di cui 169,9 nel 2015). Ma vediamo nel dettaglio come il progetto Iscol@ vuole portare le scuole sarde nel futuro.

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Portare le scuole sarde nel nuovo millennio
In alcune zone della Sardegna ci sono ancora oggi condizioni di estrema arretratezza per quanto riguarda la scuola: un esempio sono le pluriclassi, classi che raccolgono bambini dalla prima alla quinta elementare. Iscol@ punta a riqualificare degli edifici scolastici esistenti, mettendoli in sicurezza, e di costruire nuove scuole. Il focus del progetto è realizzare edifici in cui ci sia “una forte correlazione tra progetto architettonico e progetto didattico”, cioè creare aule flessibili e adattabili a una didattica che metta al centro lo studente (invece del docente). Il tutto con un potenziamento delle tecnologie presenti. Si calcola che saranno riqualificati o costruiti edifici per almeno il 20% degli alunni sardi.

Più scuolabus
La Regione punta all’aggregazione delle scuole: si cercherà di accorpare gli edifici scolastici con pochi alunni e pochi docenti, chiudendone alcune, e potenziando d’altra parte il servizio di scuolabus. L’obiettivo è quello di riuscire, in questo modo, a dare agli alunni un’offerta didattica più qualificata, all’interno di istituti improntati all’innovazione. Per i servizi di trasporto la Regione metterà a disposizione dei Comuni 8 milioni di euro per il triennio 2015-2017.

Wifi e registri elettronici
Scuole dai muri resistenti, aule dagli ambienti flessibili, e dotazioni hi-tech. L’obiettivo del progetto è fornire tutte le scuole della rete wifi e delle tecnologie per l’erogazione di contenuti digitali da parte degli insegnanti: ciò significa dotare gli istituti di Lim, laboratori informatici e registri elettronici. Le scuole della Sardegna saranno connesse alla Rete Telematica Regionale permettendo una gestione unitaria dei contratti di connettività internet e di telefonia, oltre a poter usufruire di una serie di servizi quali backup, VoiP, e-Learning, timbro digitale, sistema documentale, web conference e sistemi di comunicazione multimediale, servizi di segreteria, con l’obiettivo di superare il digital divide fra le sedi scolastiche ubicate all’interno del territorio regionale rispetto a quelle di Cagliari e Sassari.

Fonte: http://ischool.startupitalia.eu/education/36788-20150701-iscol-sardegna-scuola
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Fiorella Farinelli su Rocca n.19-2016

“(…) La domanda di fondo, allora, quella che tutti dovrebbero porsi, diventa provocatoriamente un’altra. Da esaminare non sono solo le cause per cui un settore ampio di giovani esce dai circuiti formativi prematuramente, c’è piuttosto da chiedersi perché, nelle condizioni date, i ragazzi di oggi dovrebbero apprezzare la scuola e l’apprendimento che gli viene imposto. Perché dovrebbero farlo se quella stessa scuola e quegli stessi apprendimenti sono con tutta evidenza poco apprezzati dai loro stessi insegnanti. Perché dovrebbero appassionarsi a contenuti culturali proposti spesso in modi ripetitivi, freddi, senza inventiva e fantasia didattica, senza un rapporto con la loro esperienza, le loro domande, le loro inquietudini. Perché dovrebbero credere in una scuola che promette un ascensore sociale che la società e il mondo del lavoro non sono più in grado di assicurare. E poi, come utilizzare l’esperienza scolastica per crescere in autonomia e responsabilità quando la scuola attuale non permette scelte o percorsi individualizzati e non assicura nessuna flessibilità di funzionamento? (..) C’è spazio, ovviamente, anche per una critica di fondo delle politiche scolastiche di questi anni. (…) È «cura» la parola chiave, non successo, non competitività, non occupabilità. Ed è il come si può fare, e dove e con chi. Nelle scuole e nei territori, con gli insegnanti e con il privato sociale, con il mondo produttivo e con l’associazionismo. Con la musica, il teatro, le università, la ricerca scientifica, le botteghe artigiane, il lavoro, il volontariato, la cooperazione, la solidarietà. Ci vuole intelligenza, certo. E anche professionalità. Ma la risorsa più importante, forse, è la passione educativa, la convinzione che è su questo terreno più che su altri che si giocano le partite decisive. Per i ragazzi di oggi e anche per il destino del paese. Vale la pena di provarci”.

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