Lavorare meglio lavorare tutti

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“Lavorare meglio, lavorare tutti”.
“Da Cagliari, dove lo scorso ottobre abbiamo vissuto la 48ª Settimana sociale dei cattolici italiani, siamo ripartiti con alcune proposte concrete sul lavoro. Quest’esperienza, ampiamente positiva, non va sprecata, ma rafforzata e fatta crescere insieme con tutti coloro che vorranno impegnarsi in questo campo. Gli obiettivi sono grandi e impellenti: creare lavoro, combattere la precarietà e rendere compatibile il tempo di lavoro con il tempo degli affetti e del riposo. Come ha detto Francesco, «il lavoro è sacro», fornisce «dignità» ad ogni «persona umana» e alla «famiglia». Vorrei riassumere questi obiettivi con un’affermazione ambiziosa: lavorare meglio, lavorare tutti.”
Così il card. Gualtiero Bassetti, nella relazione introduttiva della recente conferenza dei Vescovi italiani, da lui presieduta.
L’esigenza imperativa è di passare dal dire al fare. Non che il mondo cattolico non sia fortemente concretamente impegnato attraverso le sue organizzazioni sulla problematica del lavoro, sarebbe ingeneroso affermarlo. E poi, si dice giustamente: la Chiesa non è un “ufficio di collocamento” e ad altri soggetti compete farsi carico del problema, in primis le Istituzioni pubbliche. Tuttavia la situazione della disoccupazione, soprattutto giovanile, ci dice che quanto pur positivamente si fa da parte delle Istituzioni come pure della Chiesa e di altri permanga drammaticamente inadeguato. Proprio perché le dimensioni del problema sono notevoli (e in Sardegna ancor peggio) occorrono risposte globali e politiche. La Chiesa non può non intervenire, per tutte le risorse di cui dispone, comprese quelle materiali (i beni), ma soprattutto quelle spirituali e intellettuali (la dottrina sociale e i cattolici impegnati) che possono orientare politiche più appropriate. C’è forse il rischio di percorrere vecchie strade storicamente superate (il collateralismo)? Non lo crediamo. Del passato ricuperiamo piuttosto le migliori esperienze, come accadde nella fase costituente. Una cosa è certa: non si può stare fermi per evitare critiche, non si può rimanere in silenzio. La Settimana ha dato indicazioni per nuove politiche credibili. Come dar loro gambe? Si percorra la strada indicata dal presidente della Settimana mons. Filippo Santoro: in ogni diocesi si costituisca un “gruppo di collegamento tra cattolici impegnati in politica stimolato ed animato dall’iniziativa degli Uffici e delle Commissioni per i problemi sociali, del lavoro giustizia, pace e custodia del creato… impegnati secondo lo spirito del IV capitolo della Evangelii Gaudium. E così, continua Santoro: “Tale prospettiva si allarga coinvolgendo nell’azione persone di buona volontà anche se provengono da esperienze culturali differenti. Qualcosa di simile è accaduto con il contributo dei parlamentari cattolici nella stesura della nostra costituzione repubblicana” [1].
Dunque tutto è stato saggiamente previsto. La strada è tracciata. Molti la stanno già percorrendo. Occorre un maggiore impegno anche qui in Sardegna.
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[1] Al riguardo solo un bellissimo esempio tratto dal recente libro di Luigi Ferrajoli, filosofo del diritto: “Manifesto per l’uguaglianza”.
La prima formulazione dell’articolo 1 della Costituzione (L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.), il 16 ottobre 1946, si deve, nella prima sottocommissione, alla proposta di Giorgio La Pira della Democrazia Cristiana: “Il lavoro è il fondamento di tutta la struttura sociale, e la sua partecipazione adeguata negli organismi economici, sociali e politici è condizione del nuovo carattere democratico”. Dopo due giorni di discussioni, su proposta di Togliatti e La Pira, viene approvato il seguente testo: “Il lavoro e la sua partecipazione concreta negli organismi economici, sociali e politici, è il fondamento della democrazia italiana”. Il 28 novembre 1946 il testo viene nuovamente modificato: “Lo Stato italiano è un Repubblica democratica. Esso ha per suo fondamento il lavoro e la partecipazione concreta di tutti i lavoratori all’organizzazione economica, sociale e politica del Paese”; e due mesi dopo, il 24 gennaio 1947: “L’Italia è una Repubblica democratica. Essa ha per fondamento il lavoro e la partecipazione effettiva di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Infine, il 22 marzo, l’Assemblea Costituente, su proposta di Amintore Fanfani e di Aldo Moro, approva l’articolo 1 nel suo testo attuale.
(fm)
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(Santoro, stralcio dalle conclusioni del 29 ottobre 2017)
(…)

In ogni diocesi potrebbe strutturarsi organicamente un gruppo di collegamento tra cattolici impegnati in politica stimolato ed animato dall’iniziativa degli Uffici e delle Commissioni per i problemi sociali, del lavoro giustizia, pace e custodia del creato, riprendendo le proposte di questa Settimana.
5. Ecco perché in tutte le diocesi appare necessario costituire e rinnovare l’impegno per la pastorale sociale intesa come fonte e mezzo di evangelizzazione. Qualora le diocesi non abbiano questi organismi essi vanno costituiti anche grazie all’apporto di laici competenti ed impegnati con grande disponibilità secondo lo spirito del IV capitolo della Evangelii Gaudium.

Questo coinvolgimento delle migliori energie positive dei nostri territori, questo muoversi del Popolo come soggetto aiuterà a far nascere nuove leadership che contribuiscano ad una rinnovata politica come presenza laicale nelle attività temporali in fedeltà alla attuazione dei principi costituzionali.

6. Il metodo sinodale è in sé un vero contenuto perché raccorda esperienze diverse orientate a dare risposta ai bisogni della gente e specificamente al bisogno di lavoro. Da questa realtà già esistente in forme variegate, ma connesse fra loro delle modalità di impegno di varie associazioni e movimenti si può sviluppare una unità operativa che nasce dal fermento evangelico.
7. Tale prospettiva lo ripetiamo si allarga coinvolgendo nell’azione persone di buona volontà anche se provengono da esperienze culturali differenti. Qualcosa di simile è accaduto con il contributo dei parlamentari cattolici nella stesura della nostra costituzione repubblicana.
8. Abbiamo arato il terreno, abbiamo individuato semi di vita che hanno bisogno di essere sviluppati per germogliare e dar frutto ed essere “lievito sociale”. Aratura semina e coltura che hanno bisogno di un popolo che raccoglie la sfida della realtà e promuove la formazione di uno strumento di coordinamento che possa incidere sulla politica nella prospettiva di una conversione culturale e di una rinnovata presenza dei cattolici nella società come ci è indicato dai ripetuti interventi del Santo Padre e del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana.
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