Donne Rom: discriminazioni multiple, azioni positive e politiche in Europa

DOCUMENTAZIONE  Convegno di studi - Cagliari 26 Ottobre 2012,  Aula Magna di Scienze Politiche, Viale S. Ignazio, 78

Donne Rom:discriminazioni multiple, azioni positive e politiche in Europa

Il testo che segue è stata la base d’appoggio per la comunicazione di Luisa Milia (nella foto piccola),  della Fondazione “Anna Ruggiu”, nella sessione pomeridiana del convegno dedicata a ESPERIENZE ED AZIONI POSITIVE A FAVORE DELLE DONNE ROM IN EUROPA. Ci si scusa quindi per l’andamento del testo che nella suaattuale forma scritta mantiene il suo legame con il parlato e numerosi riferimenti alle diapositive che loaccompagnavano.


 
Cercherò di illustrare le attività  relative al progetto Rompere la discriminazione svolte dal novembre 2011 al marzo 2012  e la prospettiva con cui le abbiamo organizzate come Fondazione Anna Ruggiu. Le attività erano destinate a donne di etnia rom e sono state proposte come momenti di formazione specifica, forme di “alfabetizzazione” nei diversi campi con cui le donne rom residenti nei nostri comuni si devono confrontare nel “qui e ora” – della salute, del diritto, della socialità, dei servizi pubblici, delle abilità scolastiche di base, finalizzate al favorire l’inclusione sociale delle donne rom e l’inserimento lavorativo.
Nell’ideazione e nella realizzazione la Fondazione ha potuto contare sul valido contributo anche di competenze esterne: un gruppo di giovani che tra il 2010 e il 2011 facevano parte dell’osservatorio per le politiche sociali della provincia di Cagliari, una mediatrice culturale sempre della provincia di Cagliari, esperti dei vari settori – docenti dell’università di Cagliari, di professionisti e funzionari della sanità, di un magistrato, di un imprenditore delle cooperative agricole biologiche, personale dei servizi sociali del comune di Cagliari ed altri ancora che hanno risposto al nostro invito con entusiasmo e interesse.  Il coordinamento ha rappresentato il filo rosso che ha tenuto insieme le varie attività collocandole in uno sfondo e in una prospettiva comune.
Desidero ricordare che il progetto si colloca all’interno dell’impegno storico della Fondazione che ha un’attenzione particolare alla discriminazione di cui le donne rom sono vittime, discriminazione multipla appunto. Anna Ruggiu, a cui la fondazione è intitolata, era stata l’ideatrice e l’animatrice della scuola riservata a donne rom, tenuta nei primi anni ’90 con successo nel campo sosta di via San Paolo a Cagliari. Abbiamo lavorato nel segno della continuità.
Qui userò i termini attività e corso come sinonimi ma le nostre, dal punto di vista formale, sono state attività.
L’insieme delle attività, è quello che potete vedere nella diapo 1.

Moduli Ore Incontri Sedi
Salute 21 7 Monserrato, Cagliari,
Alimentazione 28 8 Varie
Immigrazione, Permessi, Documenti 9 3  Cada Foddis  Monserrato
Diritti di previdenza e assistenza 10 4 Comune di Cagliari e/o di Monserrato
Scuola 21 7 Cada Foddis  Monserrato
Visite guidate a luoghi di interesse culturale e/o economico 20 4 Barumini, Carbonia, Cagliari, Monserrato
Attività culturali e del tempo libero 16 4 Sala multimediale Monserrato, Casa Foddis
Documentarsi attraverso la rete 9 3 Monserrato, Casa Foddis
I processi identitari: una costruzione dinamica 15 5 Monserrato, Casa Foddis
Totale   9 Moduli 159 47

 

Articolazione per moduli, intorno a grosse tematiche che incidono e determinano la qualità della vita; in termini di ore prevalgono i moduli alimentazione, salute,  scuola.

Composizione della classe: Diapo 2 25 donne di etnia rom residenti in centri dell’hinterland cagliaritano – nei campi di Monserrato e di Selargius, due residenti in abitazioni, una nel centro urbano abitato di Ussana, una nelle campagne di Dolianova, due comuni agricoli sempre dell’hinterland cagliaritano. Le corsiste hanno avuto una borsa di studio a titolo di rimborso per la frequenza. Rispetto alle iscrizioni non abbiamo avuto nessuna defezione se non quella di una giovane dell’ex campo di Cagliari iscritta anche ad un corso di sartoria che si sovrapponeva con il nostro.
Siamo consapevoli del fatto che la borsa di studio è parte fondamentale del successo delle nostre attività. Ma non solo questa.
Le donne si conoscevano tra loro ma non avevano frequentazione eccetto due famiglie; le attività sono state anche un’occasione per incontrarsi tra loro, per favorire la comunicazione dato che le piccole comunità confinanti non si frequentano  “non ci facciamo tra noi” dice Elisabetta (una corsista) “e invece qui parliamo, c’è confidenza, scherziamo”. Insomma incontrarsi nell’ambito delle nostre attività piace e scioglie anche comportamenti di non comunicazione tra piccole comunità quasi confinanti.
.
Classi di età Diapo 3 : sia molto giovani (qualcuna ha compiuto i 18 anni durante il corso) che di età avanzata (qualcuna 50 anni), quindi compresenza di più generazioni.
Questo fatto ci ha permesso di osservare che il desiderio di autonomia, di affrancarsi da rigidi controlli della comunità è presente in tutte le fasce d’età; alcune donne mature mostravano di aver impostato la loro vita verso pratiche di autonomia e il loro racconto personale funzionava come spinta/esempio per le giovani. Ma va anche detto alcune donne adulte erano portatrici di atteggiamenti di osservanza verso la tradizione che assegna alla donna una posizione subalterna e questo talvolta ha sconsigliato alle giovani di parlare apertamente delle contraddizioni o delle loro spinte e desideri di autonomia; qualche volta abbiamo percepito la posizione delle giovani come suggerita più dalla presenza delle donne adulte che non da reale convinzione. Tanto più che quando si è lavorato divise per piccoli gruppi omogenei per fasce di età emergevano da parte delle giovani opinioni diverse.
Un gap generazionale si è creato proprio durante uno degli incontri dedicati alla salute delle donne, alla prevenzione di malattie legate all’apparato genitale, e alla contraccezione: il parlare, da parte di una ginecologa, dei temi legati alla sessualità apertamente davanti alle giovani non sposate è stato criticato da alcune anziane e ha creato una situazione problematica.
Livello di istruzione Diapo  4
Più del 50% delle nostre corsiste sono prive di qualsiasi istruzione, non hanno mai frequentato una scuola, anche tra le giovani; tra le più giovani in qualche caso abbiamo l’abbandono delle scuole medie inferiori. Il modulo scuola è stato quindi utilizzato come miglioramento delle abilità di base ma in moltissimi casi per una prima alfabetizzazione. Durante le ore del modulo scuola  venivano ripresi i contenuti trattati per rielaborare.
Sui modi della rielaborazione abbiamo messo in atto una bella sfida per la nostra cultura scolastica: nelle nostre attività abbiamo usato prevalentemente l’oralità; quando si passava alla scrittura bisognava organizzare piccoli gruppi di lavoro in cui ci fosse almeno una corsista alfabetizzata che potesse scrivere sotto dettatura anche il pensiero di chi non poteva scrivere con un lavoro di cooperazione. È stata una bella sfida per la nostra cultura scolastica, molto spesso troppo centrata sulla scrittura tanto da sottovalutare l’insegnamento al parlato o all’ascolto con effetti negativi.
I luoghi delle attività Diapo 5: la gran parte delle ore si sono svolte a Casa Foddis, una bella casa comunale che ci è stata messa a disposizione dal comune di Monserrato, ma per le attività che lo richiedevano, e sono state tante, anche il territorio.
I tempi: 159 le ore complessive, 2 volte alla settimana, qualche volta tre, per tre ore e mezzo minimo ad ogni incontro, prevalentemente il pomeriggio talvolta al mattino (di lunedì su indicazione delle donne). Il numero delle ore dedicate a ciascun tema è stato rimodulato nel corso dello svolgimento delle attività rispetto all’ipotesi iniziale sia per adeguarci alla rispondenza del territorio sia per rispondere all’interesse delle donne sul tema.
Frequenza: la frequenza è stata assidua, le assenze sono state poche e sempre motivate – salute propria o di familiari stretti.
Interessanti alcuni aspetti più direttamente collegati alle tematiche di genere
Per esempio il ruolo dei maschi nella fase di contatto e proposta del corso: ho contattato personalmente ciascuna donna per proporre l’iscrizione al corso; mi rivolgevo direttamente a loro ma, alcune apertamente altre in modo più velato, mi inducevano a parlarne con lui, a chiedere a lui – dove lui era di volta in volta il padre o il marito.
Durante le mie visite ai campi i maschi si inserivano nelle conversazioni tra me e le donne e domandavano informazioni, dando al termine il loro assenso (solo in alcuni casi la conversazione ha assunto toni poco gradevoli negli altri in generale i maschi erano abbastanza navigati da saper simulare come un interesse generale quello che in realtà si configurava come una vera e propria richiesta di informazioni per dare il proprio permesso).
Durante il corso poi il loro contributo è stato essenziale per esempio per l’accompagnamento delle corsiste da uno dei due campi che essendo situato fuori dal centro abitato, in aperta campagna, è isolato rispetto ai mezzi pubblici. Delle 25 donne solo due hanno la patente. I passaggi in auto venivano rigorosamente compensati dalle donne quando non erano madri o mogli.
Atteggiamento dei maschi verso il corso: Il primo mese di attività gli uomini venivano in anticipo rispetto alla chiusura e tentavano di entrare in aula con un atteggiamento che esigeva che si chiudesse il lavoro subito; gentilmente abbiamo fatto in modo che aspettassero fuori, che non venissero in anticipo; altre volte li abbiamo invitati, per esempio ad uno spettacolo teatrale, oppure abbiamo discusso con loro dell’insofferenza, in qualche caso dichiarata incapacità, a tener testa per tante ore ai bambini.

Infatti, le tante ore d’impegno delle donne nella frequenza del corso, l’orario prolungato delle attività hanno posto il problema di trovare una diversa organizzazione della famiglia e dell’affidamento dei bambini – sia lattanti che grandicelli.  Diapo 6
Abbiamo dovuto trovare con le corsiste soluzioni praticabili per contenere la tendenza a portare tutti i bambini in aula ma anche nelle uscite sul territorio.
Abbiamo adottato soluzioni diversificate, anche valorizzando situazioni preesistenti: in un campo una gagè conosciuta dalle famiglie rom perché sostiene come volontaria i ragazzi nelle attività scolastiche, si è occupata come baby sitter dietro compenso da parte nostra  mettendo in atto una forma interessante di fiducia e di affidamento che ha anche un valore simbolico.
Per un altro campo, una nonna e uno zio hanno svolto, sempre dietro compenso il ruolo di baby sitter. Anche qui è interessante il fatto che il giovane zio lo abbia considerato un lavoro.
Vengono posti molti vincoli: i bambini devono essere custoditi nelle loro case non possono essere messi insieme e tenuti a turno nelle case dei vicini; le discordie o le diffidenze tra i membri adulti vieta questa intimità tra bambini all’interno delle case.
La separatezza tra i diversi nuclei familiari, oltre che le rivalità, sentimenti di gelosia emergono spesso tra le nostre corsiste come parametri per interpretare il mondo e molta parte delle relazioni tra loro. 
I bambini comunque, e non solo i lattanti, hanno comunque continuato a essere presenti.
Due corsiste hanno partorito nei mesi del corso e hanno poi ripreso prestissimo la frequenza con il neonato.
Le donne hanno portato nel corso il loro desiderio di autonomia, e non solo le giovani come ci si potrebbe attendere ma anche le mature avanti nell’età, con marito e figli. E, allo stesso tempo, hanno portato anche il desiderio di segnare positivamente la loro appartenenza culturale. E parlare liberamente, lasciando emergere anche l’intreccio tra i due atteggiamenti o le contraddizioni è stato molto interessante. Le nostre corsiste sanno essere critiche su aspetti della loro cultura oltre che della nostra. Criticano la generalizzazione sui rom cattivi tipica dei gagè, la discriminazione, i pregiudizi e il ruolo della stampa;
Si esprimono criticamente rispetto all’uso di avviare precocemente le ragazze al matrimoni. Ci tengono a precisare che certi comportamenti non sono generalizzati e fanno molti esempi anche rispetto al modo in cui le più grandi intendono regolarsi per le proprie figlie. Purtroppo, in qualche caso, il proposito di non avviare precocemente al matrimonio una propria figlia non si accorda con il fatto che viene accolta come nuora una giovanissima, minorenne.
Nelle discussioni emerge che il matrimonio è visto dalle corsiste mature come un dovere, come qualcosa di fondamentale per essere rispettata come donna. Le ragazze più giovani in conversazioni di piccoli gruppi omogenei dicono che per loro è più importante trovare un lavoro che sposarsi e che questo non significa di certo tradire la propria famiglia o tradizione. Spesso parlano del loro desiderio di uscita dal campo e di vita in una casa nello spazio urbano.
Le attività sono state progettate anche con l’obiettivo di creare occasioni in cui le donne rom si muovessero nel territorio con scopi diversi da quelli in cui solitamente noi gagè le vediamo e che funzionano spesso come filtri esclusivi con cui viene spesso letta la loro presenza nelle nostre città – dal chiedere al raccogliere abbigliamento usato o liberare appartamenti da ingombri di vario tipo.
Abbiamo creato occasioni in cui le corsiste si sono mosse nello spazio urbano con scopi attinenti all’istruzione, in modo mirato e organizzato –  per visitare un museo, Diapo 7- 8 -9-10, </strong> un sito archeologico, <a href=” /> 
Diapo  11-
12-
13
, fare attività una biblioteca 
Diapo 14 in cui anche le donne non alfabetizzate hanno goduto della lettura dei libri perché qualcun altro lo legge ad alta voce per loro.

­-  o per esplorare le modalità per accedere ai servizi sanitari con lo scopo non solo di far conoscere diritti non noti ma anche di sperimentare in modo protetto dei percorsi funzionali che poi le stesse donne potranno fare in autonomia.
Così abbiamo scoperto il COSSI (Centro per l’Orientamento ai Servizi Sanitari per gli Immigrati), un Servizio di Promozione della Salute dell’ASL di Cagliari e i responsabili del Cossi – che hanno collaborato con noi con grande disponibilità e sensibilità – hanno preso atto di quanti rom residenti da una vita qui non solo non hanno il tesserino sanitario per mancanza di documenti ma non hanno neanche quello provvisorio! Emerge durante la discussione il desiderio di – Accesso alle cure senza paura di essere portate in questura (es. di Sana), – Richiesta di esenzione (sempre Sana ma anche Violetta). Le corsiste prive di tesserino provvisorio vengono avviate al percorso per averlo, per sé e per i loro familiari: chi è privo di documenti non va in ospedale a farsi controllare pur avendone necessità per paura di essere portato in questura per la mancanza del permesso di soggiorno. Sempre attraverso il COSSI le corsiste nell’età prevista dalla legge sono state iscritte nel registro per l’accesso al servizio di screening sul tumore al collo dell’utero e della mammella che la ASL effettua.
Il nostro sforzo maggiore è consistito in questa circostanza nell’indurre le corsiste a confrontarsi con questi percorsi, a spingerle ad accedere ai servizi in modo consapevole e non clientelare o caritatevole – come spesso loro mostrano di privilegiare – e non solo per le urgenze – per le quali vanno al pronto soccorso – ma anche per le questioni meno gravi o per la prevenzione.
Era un nostro scopo, dicevamo, abituare il territorio ad una presenza diversa dalla solita con cui vediamo le donne rom, una presenza anche organizzata, gradevole. Mentre percorriamo in gruppo la strada per andare al ristorante Gusto bio -  per una lezione con uno chef sulla conservazione degli alimenti, sul trattamento pre cottura, e sulla cottura stessa
Diapo -15-16-17 DIAPO 18
– non passiamo inosservate: alcune donne gagè si fermano a fare complimenti alle donne rom per l’abbigliamento e a conversare in modo simpatico. Piccoli segnali di atteggiamenti che cambiano tuttavia importanti.

Insieme ai segnali positivi abbiamo avuto modo di rilevare anche alcune contraddizioni da parte di gagè pure disponibili: un esempio per tutti: uno dei ristoratori contattati nell’accogliere la nostra richiesta tuttavia si pone alcuni interrogativi non privi di segno, quando gli vien detto che la classe è composta di donne dei campi Rom si è posto il problema che il locale ha le sedie rivestite di panno bianco,  si domanda e ci domanda: saranno persone pulite ed attente? E portava a sua  giustificazione un elemento per noi rivelatore del come funzionano le catene dei pregiudizi; infatti la sua domanda nasce da una precedente esperienza negativa con personale extracomunitario.

 La relazione, l’interazione che si è sviluppata durante i cinque mesi di attività merita qualche osservazione. Avevamo diversi assetti comunicativi: Docenti e tutor con corsiste / Corsiste tra loro / Corsiste e esperti.

Intanto va detto che la discussione ordinata nel gruppo classe è stato un obiettivo fortemente voluto e faticosamente raggiunto.

Dalla iniziale situazione proposta dalle corsiste di presa di parola assolutamente libera senza il minimo rispetto dei turni, dell’ascolto, con la tendenza a ignorare le regole della comunicazione e a far prevalere la legge del chi parla più forte siamo faticosamente approdate ad una regolamentazione e una riflessione su alcune regole. Su questo aspetto abbiamo ottenuto risultati diversificati per le singole corsiste e certamente non stabili e, anche in funzione delle diverse motivazioni.

Il desiderio di prendere la parola, di esporre il proprio p. d. v. , di interrogare gli esperti delle varie  tematiche era diffuso e forte tra le corsiste. Le corsiste si sono mostrate capaci di intervenire, spesso con senso dell’ironia e dell’autoironia anche rispetto ai più comuni cliché (come quando si dicono in disaccordo col numero altissimo di rotonde che si stanno costruendo nelle nostre strade, tolgono i semafori, punti privilegiati per il chiedere).

Per certi aspetti il corso ha confermato quanto sapevamo: le donne rom hanno molti problemi, sono disposte a porli all’attenzione dei gagè in genere e degli specialisti dei vari settori nello specifico. Hanno bisogno dei luoghi e del clima che consenta loro di farlo. Sanno farlo in modo chiaro ed efficace: gli esperti rimanevano piacevolmente colpiti dalla capacità e volontà di interagire da parte delle donne. Qualcuno di loro è rimasto affascinato da questo mondo che a malapena sa scrivere il proprio nome ma è pronto e cerca in tutti i modi di andare avanti e sopravvive in questo “nostro” (e loro) mondo.”  Su altri aspetti ci ha fornito un quadro nuovo: oltre a quelli che citavo all’inizio abbiamo scoperto una disponibilità al lavoro delle donne fortissima, in una misura che forse non immaginavamo.

Abbiamo potuto osservare delle ricadute, alcune materiali e immediate, altre meno visibili ma altrettanto importanti come una maggiore e più convinta attenzione da parte delle madri all’istruzione dei propri figli – spesso ci chiedevano i materiali per portarne copia ai figli; molti dei loro figli, insieme alle corsiste alfabetizzate, si sono iscritti alla Biblioteca comunale di Monserrato la sera in cui le nostre attività si sono svolte nella biblioteca.


Uno strumento utilissimo per noi sono stati i diari di bordo, scritti appunti sui singoli incontri e sull’osservazione dell’interazione, finalizzati anche a un automonitoraggio per tessere quel filo rosso di coordinamento e per aggiustare il tiro all’occorrenza; ci hanno fornito molti spunti per una riflessione che continueremo a fare.

Farò ancora un esempio tratto appunto dai nostri diari di bordo:

Durante una visita ad una cooperativa agricola che pratica coltivazione biologica è emerso che alcune delle corsiste provengono da famiglie che anche attualmente fanno coltivazione, es. i genitori di V. e i fratelli di V. che racconta che anni fa stava ad Asti in un terreno di loro proprietà e lo coltivava ma ha preferito andar via e venire in Sardegna perché era isolata, tutti i suoi famigliari sono qui a Selargius. Qualcuna dice che se avessero qualche pezzo di terra non sporca – il riferimento è al campo di Selargius – a loro piacerebbe coltivare. Quando il responsabile della cooperativa parla di orto condiviso sono incuriosite, interessate. Domandano se tra i dipendenti ci sono immigrati.

In fase di autovalutazione l’attività più gettonata è stato lo scambio con un Istituto alberghiero all’interno del modulo Alimentazione. Diapo 19

Su questo tema, infatti, si è concretizzato uno dei legami più proficui con la scuola come  istituzione. Si è trattato di uno scambio tra la nostra classe e una del corso serale per adulti dell’Istituto alberghiero di Monserrato. Diapo 20 Lo scambio si è realizzato con due laboratori lunghi, di circa sei ore l’uno, durante i quali le due classi hanno lavorato insieme sotto la guida della docente di cucina dell’istituto ospitante in un ambiente super attrezzato. Diapo 21-22-23

Le donne rom hanno cucinato alcuni piatti della tradizione rom balcanica, Diapo 24 hanno distribuito  all’altra classe le ricette precedentemente scritte e illustrate con i disegni,  anno mostrato la preparazione.

Diapo 25 La classe dell’alberghiero ha cucinato e mostrato la preparazione di piatti tipici della cucina sarda. C’è stato uno scambio reale di saperi e si sono messe in atto competenze:

Diapo 26-
27
Le nostre corsiste hanno mostrato la loro bravura – specie le più mature – nel preparare la pasta sfoglia tirata a mano in modo magistrale per la pita, il gulash e l’hurmasice, un dolce.

Le classi si sono amalgamate bene, hanno interagito positivamente, si è creato un clima di scambio e di reciproca curiosità. Al termine di ciascun laboratorio tutti insieme abbiamo gustato tutte le pietanze che intanto erano state disposte sui tavoli con grande cura, Diapo 28 – 29

L’esperienza della ristorazione si è caricata non solo della piacevolezza dell’incontro con la classe del corso serale ma anche del valore simbolico che assume il preparare cibo insieme e consumarlo nell’incontro tra persone e in particolare tra persone con diverse provenienze. Richiama i concetti di dono, di offerta di condivisione e amicizia…..di diverso che si è disposti ad accogliere “assaggiandolo”, tutti valori che di fatto hanno agito in quel contesto ….

E proprio legate alla ristorazione abbiamo avuto le due ricadute più immediatamente visibili dell’azione del nostro corso:

1)    una esperienza di lavoro che alcune delle nostre corsiste hanno potuto realizzare in un bel ristorante di Cagliari dove  abbiamo organizzato una breve rassegna culinaria che si è svolta in tre serate nell’arco di tre settimane, durante la quale le corsiste che avevano manifestato una particolare bravura, divise in piccoli gruppi, si sono alternate nel lavoro in cucina e in sala a preparare e servire i piatti della tradizione rom balcanica. Si è trattato di una esperienza protetta ma che in prospettiva potrebbe funzionare in modo autonomo.

È stato un successo, tutti i posti disponibili sono stati prenotati con largo anticipo per tutte le tre serate.

 2) la partecipazione dei rom a ETNICÀ, la festa dei popoli che da alcuni anni la provincia di Cagliari organizza nel parco di Monte Claro il 1 maggio; una giornata all’insegna della musica, della danza e del cibo con cui ciascuna etnia si presenta.

I rom hanno partecipato attraverso due gruppi di donne che abbiamo sostenuto nell’organizzazione; i loro banchetti, il cibo cucinato hanno avuto successo; la maggior parte di loro pur conoscendo il parco non vi era mai entrata, sono state felicissime dell’occasione di conoscenze nuove, specie le giovani. Diapo 30-31 Alcune anziane commentavano piacevolmente la situazione festosa, la libertà di consumare il cibo sul prato “è proprio come da noi, la gente con i bambini, si siedono per terra e si mangia, c’è musica, non sapevo che lo facevano anche qua”. Basandoci su competenze culinarie preesistenti ma accompagnate da alcune regole e accorgimenti nella presentazione e nel servire il cibo abbiamo supportato la loro partecipazione ma con un loro impegno diretto nell’organizzazione; vedo realistico l’obiettivo che il prossimo anno la loro partecipazione a Etnicà si realizzi in forma pienamente autonoma.

————-
Donne Rom: discriminazioni multiple, azioni positive e politiche in Europa
Con l’espressione “discriminazioni
multiple” si intende rappresentare la condizione
delle persone che possono essere oggetto di discriminazione
sotto diversi profili contemporaneamente.
Ad esempio perché donne ed allo stesso tempo
appartenenti ad una etnia oggetto di discriminazione.
Le donne rom, frequentemente vittime di tali
comportamenti, sono pertanto, più di altre categorie,
esposte al rischio al rischio di esclusione sociale
e povertà. Le istituzioni internazionali, al fine di
superare tale condizione di svantaggio, apprestano
specifiche politiche e azioni volte sia a combattere
ogni forma di discriminazione, sia a favorire
l’inclusione sociale delle persone che a caso della
loro condizione, sono private di diritti fondamentali
quali l’istruzione ed il lavoro.
Il Convegno, realizzato al termine di un intervento
promozionale a favore delle donne rom promosso
dalla Regione autonoma della Sardegna e realizzato
dalla Fondazione Anna Ruggiu onlus, intende esplorare
a fondo questa problematica, sia dal punto
di vista teorico che dal punto di vista delle esperienze
pratiche con la dichiarata finalità di contribuire
ad una migliore conoscenza nella prospettiva di un
superamento delle condizioni di discriminazione
che ancora persistono.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>