Tag Archives: Vito Biolchini

ZONA FRANCA? FRANCAMENTE, SE NE INFISCHIANO!

Quei ciarlatani della zona franca: perché è la dispersione scolastica la vera emergenza in Sardegna!

di Vito Biolchini (by vitobiolchini blog)

Sapete chi sono i ciarlatani? Ce lo spiega Wikipedia: “Un ciarlatano è una persona che esercita pratiche da guaritore, o si approfitta in modo simile della buona fede delle persone, allo scopo di ottenere denaro o altri vantaggi grazie a false promesse”. Ne conoscete qualcuno? Ehh, io a cascioni! Avete presente tutti i politici che ora stanno cavalcando questa cazzata della zona franca, spacciata per panacea di tutti i mali della Sardegna? Sono loro: Ugo Cappellacci, Mauro Pili, Claudia Lombardo, Doddore Meloni, e tutte le altre improbabili comparse dei vari comitati che, con trasse da rivoluzionari, finiranno tutte in una lista a sostegno del centrodestra alle prossime elezioni regionali, in un gioco delle parti patetico.
I comitati dicono infatti che la Regione (cioè Cappellacci) ha già in mano tutti gli strumenti per attivare la zona franca; però poi invece che occupare ad oltranza l’ufficio di viale Trento, gli lisciano il pelo (l’accordo elettorale è più che evidente). Il presidente da parte sua si dà arie da padre della nazione sarda, per farci dimenticare quanto le sue decisioni siano state mosse solamente da logiche di potere berlusconiano. Ma chi pensano di prendere per il culo?
Beh, con un centinaio di consigli comunali li hanno già infinocchiati. Storditi dalla potenza demagogica della proposta, le assemblee civiche hanno approvato delibere farsa, come se la zona franca fosse innanzitutto uno strumento subito attivabile (falsissimo) e soprattutto potesse avere ricadute notevoli per l’economia dell’isola (ancora più falsissimo).
L’unica zona franca attivabile subito è quella doganale al porto di Cagliari, sulla cui efficacia però non credono manco i responsabili né del Cacip né dell’Autorità Portuale né tantomeno Cappellacci, visto che per iniziare servirebbero 10 milioni di euro per recintare l’area e la Regione mica li ha messi nell’ultima Finanziaria!
Poi c’è il mito contemporaneo della zona franca integrale. È la parola “integrale” che eccita la fantasia di noi sardi (tipo il nudo integrale), e quando c’è di mezzo l’eccitazione noi isolani non capiamo più niente, ci lasciamo trascinare alle passioni e farci ragionare è impossibile.
La celeberrima zona franca integrale per la Sardegna deve essere chiesta all’Unione Europea dallo Stato italiano, con tempi, modi e possibilità di successo assolutamente scarse (come sanno tutti coloro che con un minimo di onestà intellettuale hanno affrontato il problema, anche l’Unione Sarda l’ha scritto a caratteri cubitali, salvo dimenticarselo poi nei suoi editoriali).
Insomma, la zona franca integrale è solo l’ultimo mito messo in campo da una politica stracciona e irresponsabile, incapace di guardare in faccia la realtà. Perché ci sono ben altri problemi che, se risolti, darebbero alla Sardegna la possibilità di affrontare la crisi con strumenti veri.
Per esempio, se noi abbattessimo la percentuale di abbandoni scolastici, in pochi anni avremmo un beneficio economico ben maggiore di quello che discenderebbe dall’introduzione della zona franca. Peccato che, come ha registrato l’ultimo rapporto Crenos a partire dal 2007, in Sardegna la percentuale di abbandoni scolastici è cresciuta dal 21,8 al 25,1%, una cifra superiore di 12 punti percentuali rispetto alla media europea. Nel triennio precedente (2005-2007) la dispersione scolastica era invece diminuita di circa il 10%.
Dopo gli anni virtuosi della giunta di centrosinistra guidata da Renato Soru, anni in cui la dispersione fu veramente combattuta, la Sardegna sta di nuovo tornando nel baratro dell’ignoranza, dell’impreparazione, della sottovalutazione dell’istruzione come motore di ogni sviluppo economico.
Ma noi qui parliamo di zona franca integrale, parliamo di cose che non esistono, con un centrosinistra incapace di dire qualunque parola di verità di questa nuova coglionata spacciata ai sardi. Che, a differenza del proverbiale asinello, li gabbi tutte le volte che vuoi.

Post scriptum 1
Sulla zona franca vi segnalo questo bel dossier di Cagliaripad.
Se invece volete farvi quattro risate, leggete cosa scrisse Panorama lo scorso 26 febbraio. Il manifesto di tutti i comitati.
Sul rapporto fra dispersione scolastica e bilinguismo vi segnalo gli ultimi interessantissimi post di Roberto Bolognesi sul suo blog.

Post scriptum 2
L’ultima volta che ho scritto di zona franca mi sono arrivati commenti assai scomposti e ho lasciato correre. Da questo momento in poi mi rivolgerò alla Polizia Postale. Grazie.
——————–


di Piero Marcialis
ZONA FRANCA. Ma cosa c’entra il referendum con la zona franca. Basta con gli iter e le procedure inventate! La mania di protagonismo ai soli fini propagandistici continua a sbagliare il bersaglio e a confondere. Come ormai tutti sanno esiste il Dlgs 75/98 il quale stabilisce l’istituzione, in Sardegna, dei punti franchi nei porti di Cagliari, Portovesme, Oristano, Porto Torres, Olbia, Arbatax. Il Decreto legislativo, legge rinforzata, stabilisce che possano essere incluse in tali punti franchi anche le aree industriali collegate o collegabili. Questo significa che le zone industriali collegate ai porti, possono già oggi essere dichiarate zona franca. Non serve alcuna nuova Legge né alcun Referendum. Serve che la Regione avvii le procedure. Il porto franco di Cagliari (300ha) è addirittura già perimetrato e la gestione è affidata alla società Free Zone, presieduta dall’autorità portuale. Cappellacci può attivare subito queste zone franche ma non lo fa perché è più facile il populismo. L’incapacità di governo si maschera da mesi con il ribellismo e il rivendicazionismo, veri nemici del sovranismo e dei sardi. Ora ci si mette anche il Referendum con tanta enfasi data dall’Unione Sarda, giornale che ancora una volta tace sulle posizioni elaborate dai sovranisti come Rossomori e dal nuovo indipendentismo responsabile. Si continua a privilegiare la voce di chi rappresenta se stesso e la propria icona, forse proprio con l’intenzione di ridurre a caricatura il vero sovranismo e il vero indipendentismo, da cui deriva un nuovo corso progettuale e di governo per la Sardegna.

DOCUMENTAZIONE PER UN DIBATTITO OLTRE IL POPULISMO E LA DEMAGOGIA: sul blog Valorest-Aladinews

——-

Sul “Partito dei Sardi”: sì o no. E se sì: come farlo?

Dibattito animato da Vito Biolchini

I commenti sul blog vitobiolchini

Festeggiamo Sa die de sa Sardigna 2013. “Sas chimbe preguntas de su 2013, a nois”

Sa die de sa Sardigna 2013

Salone di Palazzo Viceregio,  CAGLIARI, sabato 27 aprile 2013, ore 10,00

SAS CHIMBE PREGUNTAS DE SU 2013, A NOIS   -    LE CINQUE DOMANDE DEL 2013, A NOI STESSI – L’evento su fb

“Sas chimbe preguntas de su 2013, a nois”, “Le cinque domande del 2013, a noi stessi” è il tema dell’iniziativa con la quale la Fondazione Sardinia,  le associazioni Tramas de Amistade e ‘Riprendiamoci la  Sardegna’, e il blog del giornalista Vito Biolchini vogliono celebrare Sa die de sa Sardigna. Un incontro pubblico e aperto a tutti, una sorta di assemblea nella quale cittadini, intellettuali, politici e amministratori saranno chiamati a rispondere a cinque domande intorno a cui ruota il futuro della nostra isola. Appuntamento sabato 27 aprile a partire dalle 10 nel salone del Palazzo Viceregio, in piazza Palazzo a Cagliari. Coordinerà l’iniziativa il giornalista Piersandro Pillonca.

Nel 1793 i sardi rivolsero cinque domande al re sul futuro dell’isola, con un atto che segnò un passaggio cruciale di quella “sarda rivoluzione” che aprì la Sardegna ai valori della modernità (libertà, uguaglianza, fraternità) e che la festa del 28 aprile vuole ricordare. Oggi resta la necessità di interrogarsi sul futuro dell’Isola ma l’interlocutore non possiamo che essere noi stessi, noi sardi.

1) La Sardegna ha una classe dirigente e politica all’altezza della crisi che sta vivendo? [INTRODUZIONE AL TEMA A CURA DI SALVATORE CUBEDDU]

2) L’Italia serve alla Sardegna? In che misura il superamento della crisi passa da un deciso cambio dei rapporti istituzionali tra la Sardegna e lo Stato italiano? [INTRODUZIONE AL TEMA A CURA DI NICOLO' MIGHELI]

3) Un “Partito della Sardegna”, slegato dalle grandi formazioni nazionali, può essere una risposta alla crisi istituzionale e alla mancanza di una adeguata rappresentanza sia nel parlamento romano che in quello europeo? [INTRODUZIONE AL TEMA DI VITO BIOLCHINI]

4) L’introduzione del bilinguismo può essere una risorsa per la Sardegna? [INTRODUZIONE AL TEMA DI PAOLA ALCIONI]

5) Quale proposta fare ai giovani sardi che hanno ripreso ad emigrare? [INTRODUZIONE AL TEMA DI FABRIZIO PALAZZARI ]

L’incontro non ha una scaletta precostituita. Dopo i saluti e gli interventi introduttivi che illustreranno il senso di ciascuna delle cinque domande (proposte da Salvatore Cubeddu, Nicolò Migheli, Vito Biolchini, Paola Alcioni e Fabrizio Palazzari), il dibattito sarà aperto a chiunque vorrà partecipare e che avrà a disposizione cinque minuti per portare il suo contributo alla discussione.

All’iniziativa sono stato invitati esponenti del mondo culturale, delle attività produttive, amministratori e politici, con l’intento di condividere un momento di confronto sui problemi e sulle possibili soluzioni alla crisi culturale, economica ed istituzionale che sta colpendo la Sardegna.

Cagliari 23 aprile 2013      Firmato: Fondazione Sardinia, P.za S. Seplcro, 5,  CAGLIARI – Associazione ‘Riprendiamoci la Sardegna’,  www.vitobiolchini.it

P.S. Per le informazioni e per i contributo al dibattito, entrate nei siti:www.fondazionesardinia.euwww.vitobiolchini.it , www.aladinpensiero.it

LE INIZIATIVE ISTITUZIONALI

Le nuove cinque domande. ORA SARDEGNA!

Cando si tenet su bentu
Est prezisu bentulare.

E ORA IMPEGNAMOCI PER NOI SARDI E PER LA NOSTRA SARDEGNA!

SA DIE DE SA SARDIGNA 2013: “Sas chimbe preguntas” sabato 27 aprile a Palazzo Viceregio
di Piero Marcialis
Importante incontro questa mattina al Palazzo Viceregio per celebrare Sa Die.
Importante per non aver lasciato cadere nel silenzio le voci di quell’aprile 1794 che fu e rimane l’evento che dimostra che il popolo sardo unito può vincere; importante per aver attualizzato con 5 domande che oggi abbiamo diritto di porre, prima di tutto a noi stessi e non al sovrano distante e distratto, come sardi; importante per le 5 relazioni (Cubeddu, Migheli, Biolchini, Alcioni, Palazzari) che hanno introdotto il dibattito; e poi per i tanti interventi appassionati e le presenze prestigiose. Forse si è addirittura indicato un cammino possibile lungo il quale proseguire verso un diverso e migliore destino che questa nostra nazione aspetta da troppo tempo.
NEREIDE RUDAS
L’illustre studiosa ha inviato al convegno di oggi su Sa Die, non potendo essere presente, un intervento scritto su uno dei temi (domande) proposti, l’emigrazione. Cito da esso: “…alla cospicua emorragia del Novecento sembra aver fatto seguito un sanguinamento per cos’ dire “a goccia”, ma non meno nocivo del massivo flusso emorragico precedente. Esso infatti depaupera la Sardegna di soggetti forti, qualificati e preparati, in cui l’Isola ha investito a lungo risorse e speranze che ora vanno a dare il loro frutto altrove.
Occorre quindi un vasto progetto politico e culturale collettivo e condiviso che tenti di fermare lo stillicidio e renda reversibile e recuperabile la perdita umana, culturale e sociale. Nel giorno di “Sa Die” sento l’esigenza di ribadire che la Sardegna ha bisogno di un grande e orgoglioso sforzo identitario per uscire dalla crisi e avviarsi su una strada più avanzata di modernità, libertà e sviluppo”.
—————————-

Ne discutiamo il 27 aprile per festeggiare Sa die de Sa Sardigna

Nel 1793 i sardi rivolsero cinque domande al re sul futuro dell’isola, con un atto che segnò un passaggio cruciale di quella “sarda rivoluzione” che aprì la Sardegna ai valori della modernità (libertà, uguaglianza, fraternità) e che la festa del 28 aprile vuole ricordare. Oggi resta la necessità di interrogarsi sul futuro dell’Isola ma l’interlocutore non possiamo che essere noi stessi, noi sardi.

- La Sardegna ha una classe dirigente e politica all’altezza della crisi che sta vivendo?

- L’Italia serve alla Sardegna? In che misura il superamento della crisi passa da un deciso cambio dei rapporti istituzionali tra la Sardegna e lo Stato italiano?

- Un “Partito della Sardegna”, slegato dalle grandi formazioni nazionali, può essere una risposta alla crisi istituzionale e alla mancanza di una adeguata rappresentanza sia nel parlamento romano che in quello europeo?

- L’introduzione del bilinguismo può essere una risorsa per la Sardegna?

- Quale proposta fare ai giovani sardi che hanno ripreso ad emigrare?

L’evento su fb
——-

Sa die de sa Sardigna, ecco le cinque domande che chiedono una risposta. Oggi e sabato 27 al Palazzo Viceregio

di Vito Biolchini (dal blog vitobiolchini)

Vi ricordate di Sa die de sa Sardigna? La festa nazionale del popolo sardo è sempre lì, che ci attende ogni 28 aprile. La data prescelta fu da subito contestata da alcuni intellettuali con argomentazioni storiche e politiche, ma in realtà a non piacere era proprio l’idea che, per legge, venisse istituita una festa “nazionale” e per giunta del “popolo sardo”. Scandalo.

Quest’anno le celebrazioni organizzate dalla Regione sono state ridotte ai minimi termini. È per questo motivo che con Salvatore Cubeddu della Fondazione Sardinia, dopo aver organizzato le chiacchierate in sardo nel quartiere della Marina, ci siamo detti: “Perché non facciamo qualcosa?”.

E così siete tutti invitati sabato 27 aprile, a partire dalle 10, al Palazzo Viceregio di Cagliari per l’iniziativa “Sas chimbe preguntas de su 2013, a nois – Le cinque domande del 2013, a noi stessi”.

Perché le cinque domande? Perché nel 1793 i rappresentanti del popolo sardo inviarono alla corona dei Savoia cinque domande con le quali chiedevano un maggiore protagonismo delle élite isolane e una maggiore autonomia alla Sardegna. Ma le rivendicazioni furono rigettate, diventando così il motivo scatenante che portò alla ribellione del 1794.

Oggi non c’è nessun re al cui rivolgere alcuna domanda, ma ci siamo noi, noi sardi, che dobbiamo interrogarci su alcune questioni di importanza fondamentale per il nostro futuro. E lo faremo proprio in quel Palazzo Viceregio dove tutto, 219 anni fa, ebbe inizio.

- La Sardegna ha una classe dirigente e politica all’altezza della crisi che sta vivendo?

- L’Italia serve alla Sardegna? In che misura il superamento della crisi passa da un deciso cambio dei rapporti istituzionali tra la Sardegna e lo Stato italiano?

- Un “Partito della Sardegna”, slegato dalle grandi formazioni nazionali, può essere una risposta alla crisi istituzionale e alla mancanza di una adeguata rappresentanza sia nel parlamento romano che in quello europeo?

- L’introduzione del bilinguismo può essere una risorsa per la Sardegna?

- Quale proposta fare ai giovani sardi che hanno ripreso ad emigrare?

L’incontro non ha una scaletta precostituita. Dopo i saluti della presidente della Provincia Angela Quaquero e del presidente del Consiglio provinciale Roberto Pili, ci saranno gli interventi introduttivi (proposti da Salvatore Cubeddu, Nicolò Migheli, Vito Biolchini, Paola Alcioni e Fabrizio Palazzari) che illustreranno il senso di ciascuna delle cinque domande.

Dopodiché il dibattito, coordinato dal giornalista Piersandro Pillonca, sarà aperto a chiunque vorrà partecipare e che avrà a disposizione cinque minuti per portare il suo contributo alla discussione. Sarà una sorta di assemblea, chi vorrà intervenire potrà farlo, non ci sono interventi già previsti, in tanti sono stati invitati a prendere la parola e ad ascoltare. Con uno spirito costruttivo e non di contrapposizione, perché in ogni giorno di festa che si rispetti bisogna trovare i punti di contatto e non di divisione anche fra chi generalmente è portatore di visioni e interessi diversi.

Le relazioni introduttive verranno pubblicate già dai prossimi giorni, oltre che su questo blog, anche su i siti della Fondazione Sardinia e aladinpensiero.it.

Insieme a questo blog e alla Fondazione Sardinia, promuovono l’iniziativa le associazioni Tramas de Amistade e Riprendiamoci la Sardegna. Di sicuro molti interverranno in sardo, perché ormai dobbiamo abituarci a praticare il bilinguismo anche in occasioni come questa.

A voi ora non resta che far girare la notizia (abbiamo creato anche un evento su Facebook) e rispondere a ciascuna delle cinque domande che vi abbiamo proposto (e anche chi dice che le domande sono stupide, sbagliate, fuori luogo, non è esentato dal dare una risposta).

Gli OCCHIALI di PIERO

A TUTTI GLI INTERESSATI
Mi assento fino a venerdì. Venerdì alle 18 potremmo vederci al Municipio di Oristano
per Sa Die de sa Sardigna. Sarò là con Salvatore Cubeddu. Racconterò del 28 aprile 1794. Sabato 27 dalle ore 10 a Cagliari Palazzo viceregio festeggeremo Sa Die ponendoci le 5 domande, quelle del 1794 e quelle di oggi. Per maggiori informazioni vedete nei siti della Fondazione Sardinia, di Vito Biolchini e di Aladinews (Aladinpensiero).
Siate felici intanto, io lo sarò.
Piero Marcialis

L’evento su fb: iscrivetevi!

Per contribuire, nel nostro piccolo, alla libertà dell’informazione pubblichiamo il documento dei redattori de L’Unione Sarda, censurato dalla direzione

Aladinews per la libertà dell’informazione

(Fonte sito vitobiolchini) L’Unione Sarda censura… se stessa! Ecco il documento dei giornalisti contro Zuncheddu, mai apparso sul quotidiano!
by vitobiolchini

Questo è un documento sindacale che l’assemblea dei giornalisti dell’Unione Sarda ha presentato al direttore del quotidiano lo scorso 6 febbraio, chiedendone la pubblicazione. E’ una riflessione sui motivi della crisi che ha investito anche il giornale cagliaritano e che per i giornalisti è riconducibile anche alle scelte operate dall’editore, Sergio Zuncheddu. Voi avete visto qualcosa? Così è intervenuto il sindacato dei giornalisti (la Fnsi), che ha rinnovato al giornale l’invito a pubblicare il documento sindacale. Di fronte alla negazione di questo elementare principio, il sindacato si è visto costretto a rendere pubblico il documento. Che io vi propongo integralmente. L’Unione Sarda, uno dei pochi giornali al mondo che censura se stesso.

***

L’assemblea dei giornalisti dell’Unione Sarda ritiene inaccettabile e respinge l’insistenza dell’azienda sulle ipotesi di azioni legali contro i rappresentanti sindacali della redazione. Dopo la lettera inviata ai colleghi a dicembre, cui seguì uno sciopero di protesta e solidarietà, la società editrice pubblicò una nota in cui minimizzava il senso dell’iniziativa, affermando di “aver solo invitato i sindacalisti interni… ad avere rispetto della testata L’Unione Sarda”.

DIBATTITO sulla città a partire dal Carnevale a Cagliari: come muore una tradizione. Cancioffali non brucia più. Perché?

Dal suo sito, riprendiamo una riflessione di Vito Biolchini che parte dalla morte del tradizionale carnevale cagliaritano per proporre temi di più ampia portata:  “Nel Carnevale si rispecchia l’anima popolare di questa città. Far morire il carnevale vuol dire sottrarre senso, impoverire Cagliari. Non alimentare una tradizione significa rompere quel filo che lega il passato al futuro. Il centro storico si salva anche preservando le sue tradizioni, e il Carnevale lo è. Nella decisione dell’amministrazione Zedda di azzerare di fatto tutte le manifestazioni legate al carnevale si intuisce un deficit preoccupante di “cagliaritanità”. Sto esagerando? Ognuno tiene al suo mondo e cerca di proteggerlo. La morte del carnevale cagliaritano come espressione di una cultura popolare cittadina per me è una pessima notizia. Cagliari ha bisogno di riflettere su se stessa e di salvare la sua anima popolare più autentica. Bisogna riprendere a studiare questa città, a coglierne i nessi più profondi. Ripartiamo da Alziator, da Romagnino, da Giuseppe Podda, da Sergio Atzeni. Cagliari ha bisogno di riprendere a produrre un’elaborazione culturale su di sé e di trasformarla in atti di governo, ha bisogno di riscoprire la sua antica identità di città con 2500 anni di storia alle spalle, ha bisogno di ricucire quella trama spezzata da quasi vent’anni di centrodestra berlusconiano. Altrimenti si corre il rischio di far morire una tradizione o di snaturare un luogo, e poi di vantarsi pure di averlo fatto, magari low cost. Ed è chiaro non stiamo parlando di soldi, ma di cultura”.

Il Carnevale a Cagliari: come muore una tradizione. Niente “cambara e maccioni”, Cancioffali non brucia più. Perché?
di Vito Biolchini
(dal sito, 10 febbraio 2013 alle 11:06)

Dopo una lunga agonia, il Carnevale a Cagliari è morto. Quest’anno niente sfilate, niente carri allegorici, niente di niente. Un giro per le strade di Castello, un ritrovo in piazza del Carmine e poi tutti a casa (ecco lo scarno programma). A Stampace non risuona più il grido “cambara e maccioni!”, Cancioffali non brucia più. Perché?

Elezioni & Dintorni. Agenda Sardegna: il dibattito è aperto

ape sola IMG_4812

Ecco alcuni materiali per il dibattito:
- Dal blog di Vito Biolchini
- Da Il Sole 24 ore del 2 gennaio 2013 (Mariano Maugeri)