In morte di un amico prete

di Gianni Loy

“Grazie don Benigno”. E’ piccolo il manifesto affisso sulla porta della drogheria. Neppure una parola in più. Solo la sua fotografia, coi paramenti, sull’altare. Ed io incavolato per le urgenze, che la drogheria mi aiuta a risolvere. Il cielo prepara un temporale, ed è il 23 di luglio. Non ho scampo. Scendo dall’auto per chiedere spiegazioni. Spero, ardentemente, che sia il saluto per un trasferimento, immagino che la malattia non gli consenta di continuare la sua missione. Ma so di illudermi. E’ morto. Lo abbiamo seppellito sabato scorso. Se solo lo avessi saputo prima. Ma che importa. La giornata, la sera, l’orizzonte mentale, cambiano dimensione. Avverto, ancora una volta, la morte, quella morte che mi accompagna, ogni giorno, a volte silente, a volte drammatica, perché la morte degli altri è anche la mia morte. Solo non ancora compiuta. E neppure posso dire che Benigno, Benigno Lai, mi fosse amico, ma qualche mese fa lo era, lo è stato, almeno per qualche decina di minuti, quando stentava a sillabare i pensieri che sgorgavano dall’intelletto suo colpito dal male. Le parole non gli uscivano coerenti, ed allora smetteva, per un attimo, e lasciava che a parlare fosse il suo sorriso di ragazzino. 

Sì. Proprio quello. Perché per me, Benigno è stato, e rimane, un interminabile sorriso.

Non so se siamo stati amici, ma tutto è incominciato molto prima, quasi mezzo secolo fa. Quando, poco più che ragazzi, ci siamo incontrati in un fondamentale crocicchio della storia, quando immaginavamo che questo mondo potesse essere migliore e che noi potessimo far qualcosa per migliorarlo. Lui con il suo vangelo, appena ordinato sacerdote, ed io con il mio, che a volte coincideva, e tanti altri intorno a noi animati dello stesso animo. Quegli anni a cavallo del ’68, che è facile parlarne a tavolino, adesso, ma che allora ci facevano tremare i polsi, e con le consegne, fresche ed entusiasmanti, di un Concilio che ci aveva promesso grandi cose, anche ai laici. E tutti eravamo impegnati a leggere “i segni dei tempi”. Ed il vecchio ed il nuovo non erano concetti. Vivevamo l’incontro, o lo scontro, a tutti i livelli. Benigno era animato dall’idea di questa grandiosa trasformazione della Chiesa, ma era soltanto un viceparroco, ed il suo parroco, devo supporre, aveva probabilmente ancora molto di preconciliare, anche in quelle incrostazioni di potere che, anche in un piccolo paese, facevano del parroco un’autorità anche mondana. Benigno ci raccontava di questa sua difficoltà. Ricordo che ai margini delle nostre riflessioni, dei nostri incontri formativi, scrissi un testo, sul tono di una canzone popolare, che descriveva, con qualche ironia, quella sua dura esperienza. Qualche verso non si è perduto, l’incipit, almeno quello, me lo porto a memoria sin d’allora: “Io sono un vice parroco/ in cerca di comunità/ il parroco è chiuso in canonica/ io busso ma non mi fa entrar”. Ahimè, nel vero senso della parola. Quel difficile avvio della sua vita sacerdotale, tuttavia, non gli faceva perdere l’allegria ed il buon umore. Benigno era tutto in un sorriso, in quel suo sorriso intelligente e buono capace di parlare, di trasmettere emozioni. Era un ragazzino, un ragazzino vivace, magari un po’ discolo, che stava bene in quella nostra compagnia di allora. Poi, da un giorno all’altro, senza una ragione, ci siamo persi di vista. Ognuno è andato per la sua strada. Ma l’ho sempre conservato all’interno dei miei pensieri. Ho continuato ad avvertire, per anni e anni, la sua presenza, con la sensazione che continuasse in quella sua strada con lo stesso entusiasmo di allora: quel viceparroco in cerca di comunità…

L’ho ritrovato qualche anno fa, per caso, per strada, parroco di Pula, al margine dei festeggiamenti di una sagra d’estate. Immutabile, con quel suo stesso sorriso accattivante. Come se il tempo, un lungo tempo, non fosse trascorso, o fosse trascorso invano. Senza neppure farci delle domande. Uno sguardo appena, sufficiente per rassicurarci del fatto che nessuno dei due avesse saltato il fosso. Ed il piacere dell’incontro, il dialogo. Alla vigilia dello scorso Natale, mi hanno informato al termine della novena, ho saputo della sua malattia. Il giorno dopo sono andato a casa sua. Ho atteso che rientrasse dalla terapia. Si è sdraiato nella poltrona, per non affaticarsi. Mi ha sorriso con il suo sorriso di sempre, seppure un poco fiaccato dalla malattia. Mi ha raccontato. Per un momento, il suo sguardo è stato velato dalla tristezza, perché si è reso conto, ha dovuto rendersi conto, che l’ufficio di parroco è anche un posto. Magari anche ambito, proprio come tanti anni fa. E lui, in quel momento, non aveva le forze per condurre il suo gregge.

Eppure, nonostante quella sensazione di tristezza, continuava a sperare, ed a sorridere. Caro Benigno, amico mio, questa volta non avrai bisogno di bussare: troverai la porta spalancata.

Gianni Loy

3 Responses to In morte di un amico prete

  1. Mariella scrive:

    Belle parole per il caro Don Benigno . Ricordo anche io il sorriso di quel giorno, al rientro dalla terapia ha trovato a casa un suo grande amico , non riusciva a parlare bene ma è riuscito a farci capire la contentezza . mi ha anche spiegato che questo suo amico è un grande . Grazie , ho seguito don Benigno nel percorso della sua malattia , molto sofferente ma sempre sorridente . Ci manca tanto . Un saluto

  2. Benjamin Robinson scrive:

    Mi Homenaje a Don Benigno

    Chiedo scuse a tutti. Scuse per gli errori che avrò nella scrittura di questi umili pensieri (non sono italiano) ma anche per il fatto di fare con tanto ritardo questo mio emozionato omaggio alla persona di Don Benigno Lai.
    Lui è stato un vero uomo di Cristo, un Servo fedele di Dio che ha fatto il bene a mani piene. Ho ricevuto di lui tanto aiuto, tanta comprensione e tanto affetto, che mi mancaranno giorni il resto di vita mia per ringraziarlo. Don Benigno è stato un Padre, un saggio consegliere, sempre sostenuto dalla verità divina ma anche con moltissimi sensibilità umana. Egli fù così: un uomo straordinario, di grande intelligenza e sensibilità, attento alle necessità del suo gregge in particolare modo davanti ai rischi affrontati dei più giovani.
    Grazie Don Benigno!
    Grazie per l’amicizia che mi hai dato generosamente!
    Dalla Argentina, mio Paese d’origine, dove sono rientrato 23 anni fà, dopo aver goduto la esperienza di aver visuto quasi due anni in Sardegna -terra e persone che amo a caro prezzo-, rendo grazie a Dio per aver permesso che le nostre strade si siano trovate. Oh Signore, grazie per averci dato Don Benigno!

    Benjamín Robinson – Tucumán – República Argentina

  3. Stefania P. scrive:

    Don Benigno era un Prete moderno che ha dato tanto alla nostra piccola comunità. Ero alle Scuole Medie quando arrivò in Paese, a Muraminis e ricordo che per i Giovani fu un periodo di vera rinascita:riuscì a portarci tutti in Chiesa e fece tante belle cose per la nostra piccola realtà. Tra le tante fondò un bel coro di cui facevo parte.In 3a media ci accompagnò a Firenze insieme agli altri insegnanti della Scuola e fu un viaggio piacevolissimo: non gli mancava mai il sorriso e il buonumore. Io me lo ricordo così Don Benigno sempre con il sorriso e lo ringrazio tanto per aver contribuito alla mia crescita e per aver dato tanto alla nostra comunità.

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