Monthly Archives: novembre 2015

con gli occhiali di Piero…

GLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501419CONTRO IL MALOCCHIO
FUEDDA SARDU
PREGADORIA PO S’OGU PIGAU
Susanna at fattu a Sant’Anna,
Sant’Anna at fattu a Maria,
Maria at fattu a Gesus,
ogu pigau no bias prus.
Naraddi a mamma mia
chi andit a su mari
a bettiri trigu e sali
a bettiri sali e fogu
ca m’anti pigau a ogu.

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Storia sarda. 17 novembre 1850. Rivolta a Sedilo contro l’esattore regio. Il babbeo aveva ordinato il sequestro di pane, lardo e carne salata, risorse della povera gente.

Addio, Franca

La morte di una bella persona. Che brutta notizia.
Franca Piredda Lutto nella scuolaMi legava a Franca Piredda un’antica amicizia, che si rinnovava anche a distanza di anni. Fu tanto gentile con me quando, anni ’90, scrissi “Gemellus”, versione sarda dei Menaechmi di Plauto, che volle proporre agli studenti del Dettori.
Mi presentò definendomi (bontà sua) “il Plauto cagliaritano”, e fece un’analisi profondissima dell’opera, evidenziando non solo gli aspetti linguistici, ma quelli culturali e storici, fino al dettaglio del diverso consumo dei cibi tra il tempo plautino e quello sardo-campidanese contemporaneo.
Sapevo che era malata, ma la brutta sorpresa e il dispiacere restano identici.
GLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501419Addio carissima (p.m.).
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- Il cordoglio dei colleghi e degli studenti del suo Liceo Dettori.
- Il cordoglio di tanti amici e della Scuola Popolare di Is Mirrionis.
La professoressa Franca Piredda, stimata docente del Liceo Dettori e, in gioventù, stimata docente e amica anche della nostra Scuola Popolare è morta il 16 novembre. Condoglianze e vicinanza ai familiari e a tutti coloro che l’hanno apprezzata e le hanno voluto bene come noi.

Sankara 18 nov 2015Vertenza unica Sardegna. I volti e il racconto della crisi. La ricerca di trame di relazione, proposte e soluzioni. Oggi al circolo Sankara a Cagliari una interessante iniziativa. Saranno i lavoratori a raccontarsi/ci e a confrontarsi/ci.

‘Inferru’, Dante visto da Salvator Ruju

LocandinaInferruVenerdì 20 novembre alla Biblioteca universitaria di Sassari la presentazione della traduzione inedita del primo canto dell’Inferno dantesco
Verrà presentato venerdì prossimo alle 17,30 presso la Biblioteca universitaria di Sassari in piazza Fiume “Inferru”, inedita traduzione in sassarese del primo canto dell’Inferno dantesco ritrovata tra le carte del poeta Salvator Ruju (1868-1966). Nel corso dell’incontro si parlerà anche altre traduzioni in sardo di opere celebri. Insieme alla direttrice della Biblioteca Maria Rosaria Viviana Tarasconi e al presidente della “Dante Alighieri” di Sassari Mario Tola, interverrano Mario Marras (“L’Inferru di Ruju e le versioni dialettali della Divina Commedia”), Marcello Sechi (“La catalogazione del Fondo Ruju. L’esperienza di un giovane ricercatore”) e Salvatore Tola (“Salvator Ruju, Pedru Casu e gli altri traduttori sardi”), con il coordinamento di Cosimo Filigheddu.

Oggi mercoledì 18 novembre 2015

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ape-innovativaLogo_Aladin_Pensieroaladin-lampada-di-aladinews312sardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413. .
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pazza idea conf st

  • CONFERENZA STAMPA
  • . Oggi mercoledì 18 novembre alle ore 10,00 nel Centro comunale d’arte e cultura Exmá.
    PAZZA IDEA. PROGETTO CREATIVO
    logo luna scarlattaTalento e forza creativa ci guidano in un percorso tra narrazioni e nuovi scenari, per nutrire i pensieri, ampliare le visioni e dar forma al progetto. Intorno a questo filo si anima la terza edizione di Pazza idea. Progetto creativo
    Il programma completo della manifestazione, che si svolgerà a Cagliari dal 26 al 29 novembre, sarà presentata agli organi di stampa mercoledì 18 novembre alle ore 10,00 nel Centro comunale d’arte e cultura Exmá da Mattea Lissia (Associazione Cult. Luna Scarlatta) e tutti i presidenti e i rappresentanti degli enti e della associazione che collaborano al progetto.
    Pensieri creativi, talenti liberi, progetti possibili.

    Noi ripudiamo la guerra. Riconosciamo legittima una sola forma di guerra, non necessariamente cruenta: quella degli oppressi contro gli oppressori, purchè volta a escludere per sempre nuove oppressioni

    luciIo non sono in guerra
    17 Novembre 2015

    democraziaoggidi Tonino Dessì su Democraziaoggi

    Nonostante tutto l’amore che ho per la Francia e, più ancora, nonostante tutto il dolore che ho provato per le vittime del crudele attentato dell’IS a Parigi, io la bandiera francese sui miei profili social non l’avrei postata. Sono i colori dipinti sulle ali degli aerei inviati a bombardare la Libia dal governo francese, il più intraprendente nel provocare l’ultima, in ordine di tempo, destabilizzazione violenta e proditoria di un Paese nordafricano affacciato sul Mediterraneo. Quei colori attendono di essere riabilitati agli occhi di chi quei bombardamenti ha subito e di chi oggi si trova su un suolo insanguinato da una guerra che doveva essere evitata.
    Non mi sarei unito a coloro che hanno pubblicato quella bandiera, ma che pochi giorni prima hanno passato come di routine la notizia dei morti libanesi e palestinesi, vittime anch’essi di un attentato dell’IS, nè a coloro che poche lacrime hanno versato per i passeggeri prevalentemente russi, uomini, donne e bambini, dell’aereo, distrutto anch’esso pochi giorni prima, da una bomba dell’IS nel cielo dell’Egitto nè ancora a coloro che in queste ore non tengono in gran conto la mostruosa contabilità dei morti ad opera di Boko Haram in Nigeria.
    Non mi unisco a chi dice che “siamo in guerra”. Non mi unisco nemmeno a chi dice che lo siamo “per difendere la continuità del nostro modo di vivere”.
    Io non ho dichiarato guerra a nessuno. E se dovessi essere incidentalmente vittima di un attentato terroristico dell’IS, pur maledicendo questi bastardi assassini, condannerei senz’appello all’inferno i governi occidentali e i governi, non solo arabi, alleati dell’Occidente che hanno favorito il nascere l’IS, che l’hanno finanziato e che in qualche misura l’utilizzano ancora per mantenere destabilizzato il mondo islamico.
    Non ho pagato le tasse al mio Governo pensando che anche un solo centesimo avrebbe finanziato direttamente o indirettamente fondamentalisti di alcuna osservanza: semmai pago perché protegga me e la mia famiglia, anzitutto evitando di infilarsi anche a nome mio in avventure militari.
    Ho conosciuto da spettatore, nella mia esperienza di vita di più di mezzo secolo, una sola forma di guerra, del tutto illegittima: quella dei forti contro i deboli, per perpetuare il proprio dominio. Riconoscerei legittima una sola forma di guerra, non necessariamente cruenta: quella degli oppressi contro gli oppressori, purchè volta a escludere per sempre nuove oppressioni, perché altrimenti bisognerebbe riprendere le armi.
    Non condivido lo slogan “dobbiamo continuare come prima, difendendo il nostro modo di vivere”.
    Dobbiamo difendere per principio tutti i modi di vivere pacificamente, ma non solo il nostro, ingiustificatamente presupposto “migliore”. Chi si prendesse la briga di guardare emittenti internazionali il lingua inglese come Al Jazeera, in questi giorni, potrebbe constatare che, ben prima dell’attentato di Parigi e quantomeno dopo l’attentato al Bardo in Tunisia, misure antiterrorismo ferree ed efficaci sono state prese, dovunque possibile, nei Paesi islamici, per consentire alla gente di pregare nelle moschee, di mandare i bambini nelle scuole, di andare al lavoro prevenendo il pericolo di essere dissolti e fatti a pezzi dagli uomini neri. Anche quello è un modo di vivere da difendere: anzi, prima ancora, da non minacciare.
    Ma poi, ora che sappiamo, degli attentatori di Parigi, che erano tutti giovanissimi e tutti nati in Europa, sia pur di origini nordafricane, ora che sappiamo che il loro probabile luogo di provenienza era un quartiere modesto, ma non disperato del Belgio, siamo sicuri che non sono anch’essi un prodotto del nostro “modo di vivere”? Non sono uno psicologo, ma ho vissuto e vivo in un Paese dove non è stato difficile assoldare giovani al servizio di terrorismi di varia natura e non lo è tuttora assoldarli al servizio della mafia e ancor più della camorra.
    E’ vero: abbiamo continuato a vivere, a coltivare il nostro “modo di vivere”, ma sempre meno siamo avvezzi a fare i conti con le ragioni per le quali, nella nostra società, esistono serbatoi dai quali è facile prelevare pulsioni di ribellione, un tempo sociali, anche ideologici, oggi addirittura religiosi, per cause sbagliate. Se dovesse crescere l’odio interno verso le diversità di qualsiasi genere, se dovesse attenuarsi il dovere della politica, delle istituzioni, della cultura, dell’informazione, di promuovere universalmente ragioni di giustizia, da quei serbatoi scaturirebbero ancora strumenti di morte: di quella altrui, anche mediante la propria.
    Ieri la Francia ha bombardato nuovamente un “quartier generale” di IS, “per rappresaglia”. Ma nelle scorse settimane cos’altro stava facendo? L’anno scorso, nelle stesse ore in cui Israele bombardava Gaza, un autonominatosi Mullah nero, sull’improbabile scenario rappresentato da un balcone con dietro un ventilatore acceso, proclamava il Califfato in Iraq, iniziando la strage in loco dei Cristiani e degli Yaziti e aggredendo i Curdi. Nessuno si è mosso per fermarlo, in quelle ore, nelle quali una non difficile operazione di polizia militare internazionale avrebbe potuto stroncarlo sul nascere. Se lo si è lasciato arrivare in Siria, financo in Libia, è stato perché tornava comodo.
    Mentre si proclama che “Siamo in guerra per difendere la nostra civiltà”, intanto, da noi non ci si limita in queste ore a invocare misure di sicurezza più efficienti (almeno rispetto a quelle che per ben due volte, nell’irta Francia delle frontiere chiuse ai migranti provenienti dall’Italia e a quelli diretti in Gran Bretagna, non hanno funzionato per nulla), ma si anticipa, contraddittoriamente, che dovremo cominciare a rinunciare a qualche pezzo della nostra civiltà, per esempio alla libertà di riunirci e di manifestare, protetti e non solo autorizzati dai nostri governi.
    Qualcosa non torna. Se c’è una differenza tra la nostra civiltà democratica ed altre forme di organizzazione politica e civile, essa sta nella libertà di manifestare il nostro pensiero non solo individualmente, ma più ancora collettivamente, riunendoci e se occorre scendendo in piazza.
    In discoteche o a concerti o a partite di calcio, si può andare in forma blindata anche in Paesi meno liberi dei nostri. Ma se lo stato di guerra in realtà è “interno” ed evoca una limitazione della libertà di agire collettivamente per fini civili, sociali, politici, vuol dire che in campo si cerca di mettere qualcos’altro. Forse quel qualcos’altro che ci ha portato altre volte, sia pur sempre più flebilmente, a scendere in piazza per chiedere che ogni risposta alle violenze e ai terrorismi sia razionale, proporzionata, efficiente e non finalizzata a restringere la nostra democrazia e la nostra libertà.
    Non perché, come banalmente si sostiene, sia quello, il fine dei terrorismi -nel loro scacchiere immaginario o reale, essi pensano piuttosto a sé stessi come poteri organizzati che si scontrano con altri poteri organizzati, perciò ignorano in radice il valore delle vite che sopprimono- ma perché sappiamo che questa restrizione è da sempre la tentazione di altri poteri, più interni, che noi ben abbiamo conosciuto e che tuttora conosciamo, o che dovremmo riconoscere.
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    A chi giova?
    Parigi terrore 13 11 15di Nicolò Migheli

    By sardegnasoprattutto/14 novembre 2015/ Società & Politica/

    È sicuramente presto per stabilire chi realmente ha voluto le stragi di Parigi. L’ interventismo francese di questi anni in Libia, Siria ed Africa sub sahariana, ha certamente creato motivazioni e risentimenti. L’avere la Francia una politica nel Medio Oriente totalmente filo sunnita, con interscambi commerciali e vendite di armi nei Paesi del Golfo, introduce altre varianti sulle probabili cause degli attentati.

    Gli anni della strategia della tensione ci hanno abituato a guardare oltre il fatto immediato. La scoperta di formazioni come Gladio, sono poi diventate conferma a sospetti che venivano liquidati come dietrologie inutili. Anche oggi si pone la domanda: a chi giovano le stragi parigine?

    1– All’Isis Daesch, visto che fino ad ora sono gli unici ad averla rivendicata con un tweet. Le rivendicazioni però lasciano spesso il tempo che trovano, visto che spesso è impossibile determinarne l’autenticità. Ai tempi delle BR la firma era una testina rotante di una macchina per scrivere Olivetti che ne garantiva l’origine. Dopo l’intervento russo in Siria, l’avanzata dei curdi in Iraq e Siria, lo Stato autodefinitosi islamico si trova in difficoltà. L’abbattimento dell’aereo russo sul Sinai, la strage nei quartieri sciiti di Beirut, gli attentati parigini, forse sono un segno di debolezza; è la strategia della lotta al nemico vicino, che cede a quella contro il nemico lontano, seguendo in questo la strategia dei rivali di Al Qaeda.

    2– Ad Al Assad, ringalluzzito dal sostegno russo, iraniano e di Hizbollah, recupera le città e i territori perduti. Gli attentati potrebbero essere una rappresaglia per l’intransigenza francese nei suoi confronti, per l’appoggio dato ai ribelli, anche jihadisti, dalla Francia. Quel “Bere nella stessa coppa” del comunicato Isis si può leggere in molti modi, compreso un richiamo del regime alawita ad uno schierasi dei francesi contro il nemico comune.

    3– All’Iran per gli stessi motivi di Al Assad, più una vendetta per aver ostacolato fino all’ultimo l’accordo sul nucleare.

    4– Agli ex gheddafiani, ci sono ancora e sono molto attivi. Per loro potrebbe essere una vendetta per la cacciata e morte del loro leader e un invito sanguinoso ad Hollande di stare lontano dalla Libia.

    5– Ai turchi per rinsaldare la loro alleanza con i francesi e coinvolgerli in operazioni che blocchino sul nascere ogni possibilità di un Kurdistan indipendente. Un altro aspetto potrebbe essere un riconoscimento più accentuato della semidittatura che Erdoğan sta imponendo al proprio paese.

    6– Ai russi, per distrarre l’attenzione sull’Ucraina e avvertire nel contempo i francesi per coinvolgerli maggiormente nella guerra contro l’Isis lasciando da parte ogni tentativo di deposizione di Al Assad e degli alawiti.

    7– Agli israeliani. Dopo Charlie Hebdo, Nethanyau si recò a Parigi invitando gli ebrei francesi a trasferirsi in Israele, paese considerato più sicuro.

    8– Agli Usa, che aspirano ad avere “stivali sul terreno” europei nel tentativo di risparmiare un impegno diretto che non siano i bombardamenti aerei.

    9– All’Unione Europea che con il programma “Sicurezza” del 7°PQ (e con quelli analoghi successivi) intende: – sviluppare le tecnologie e le conoscenze che permetteranno di costruire le capacità necessarie al fine di assicurare la sicurezza dei cittadini dalle minacce quali il terrorismo, le catastrofi naturali e la criminalità, pur nel rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo compresa l’intimità della vita privata; – consentire un utilizzo ottimale e concertato delle tecnologie disponibili e in evoluzione a beneficio della sicurezza civile europea; – incentivare la cooperazione tra fornitori e utenti al fine di trovare soluzioni in materia di sicurezza civile; – migliorare la competitività dell’industria europea della sicurezza; – produrre risultati di ricerche mirate al fine di ridurre le lacune in materia di sicurezza. Una sorta di grande fratello che ci farà vivere dentro una dimensione di controllo capillare.

    10– Tutte le imprese del settore sicurezza e difesa che vedranno lievitare i propri guadagni.

    11– Tutte quelle formazioni politiche che sulla paura dello straniero e dell’Islam ricavano consensi elettorali.

    12– Tutti quegli enti ed organizzazioni che non conosciamo ma che da questo stato di cose ricavano ragion d’essere e profitti.

    Il gioco del a chi giova, finisce qui. È servito a far capire che la complessità della geopolitica del caos vede molti attori, e ancor più chi dalle azioni scellerate trae vantaggio. L’equazione Islam- Terrorismo serve solo a loro. A noi gente comune restano le vittime, le vite controllate e la paura. Paura che da sempre è una pessima consigliera. Un ultimo pensiero a tutte le vittime che da sempre nel mondo, costruiscono altari per il trionfo dei criminali.

    Ma esiste ed è esistita una letteratura sarda?

    museo Cadi Francesco Casula

    Ma è esistita ed esiste una letteratura sarda? C’è chi lo nega. Alcuni dubitano perfino che la Sardegna abbia avuto una storia tout court.

    Emilio Lussu ha scritto che noi non abbiamo avuto una storia. La nostra storia è quella di Roma, di Aragona ecc. Lo storico francese Le Roy Ladurie ha sostenuto che la Sardegna giace in un angolo morto della storia. Francesco Masala, il nostro più grande poeta etnico, parla di storia dei vinti perché i vinti non hanno storia. Fernand Braudel, il grande storico francese, direttore della rivista “Annales” che rivoluzionerà la storiografia contemporanea, alludendo ad alcuni popoli mediterranei, fors’anche all’Isola, ammette che la loro storia sta nel non averne e non si discosta molto da questa linea raccontando che viaggiare nel mediterraneo significa incontrare il mondo romano nel Libano e la preistoria in Sardegna.

    Il mestiere dello storico di cose sarde, diventa difficile senza dubbio. Anche a proposito della nostra letteratura. A meno che non la si voglia ridurre a una sezione o, peggio, a un’appendice di quella italiana: magari gerarchicamente inferiore e comunque da confinare nella letteratura “dialettale”.
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    LA DOMOTICA: OUR TECHNOLOGIZED LIFE

    domotica 20 nov 2015 aservice
    Direttori Paolo Castaldi – Marco Espa – Alessandro Pisano
    20 Novembre 2015 Caesar’s Hotel, Cagliari. Informazioni e iscrizioni sul sito di Aservice.

    OGGI martedì 17 novembre 2015

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    ape-innovativaLogo_Aladin_Pensieroaladin-lampada-di-aladinews312sardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413. .
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    ‘Inferru’, Dante visto da Salvator Ruju

    LocandinaInferruVenerdì 20 novembre alla Biblioteca universitaria di Sassari la presentazione della traduzione inedita del primo canto dell’Inferno dantesco
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    Verrà presentato venerdì prossimo alle 17,30 presso la Biblioteca universitaria di Sassari in piazza Fiume “Inferru”, inedita traduzione in sassarese del primo canto dell’Inferno dantesco ritrovata tra le carte del poeta Salvator Ruju (1868-1966). Nel corso dell’incontro si parlerà anche altre traduzioni in sardo di opere celebri. Insieme alla direttrice della Biblioteca Maria Rosaria Viviana Tarasconi e al presidente della “Dante Alighieri” di Sassari Mario Tola, interverrano Mario Marras (“L’Inferru di Ruju e le versioni dialettali della Divina Commedia”), Marcello Sechi (“La catalogazione del Fondo Ruju. L’esperienza di un giovane ricercatore”) e Salvatore Tola (“Salvator Ruju, Pedru Casu e gli altri traduttori sardi”), con il coordinamento di Cosimo Filigheddu.

    Riflettiamo…

    Saverio Tommasi fbINTERVISTA
    Franco Cardini: “La guerra si vince con l’intelligence e non con i bombardamenti a tappeto. E’ una guerra prima di tutto ideologica da vincere con il soft power e non con le dimostrazioni di forza. Chiudere 80 moschee in Tunisia, come è avvenuto, fa il gioco del Califfo, al quale si regalano simpatie. Fare lo stesso in Italia, come ha suggerito una certa stampa di destra, vorrebbe dire aumentare il rischio. Il Califfo sta alzando il tiro perché vuole che i governi occidentali rispondano con misure dure e indiscriminate come queste che gli porteranno consensi. Più la tensione si alza, più porterà avanti politiche di crudeltà per indurre a reazioni sbagliate. Dicono bene Obama e Papa Francesco quando invitano al dialogo con l’Islam moderato.”
    Parla lo storico, grande esperto di Islam e Medio Oriente. Le stragi islamiste sono figlie del tentativo di strumentalizzare gli jihadisti. E anche l’Occidente e i suoi alleati hanno gravi responsabilità
    DI LUCA STEINMANN
    Su L’Espresso del 29 giugno 2015

    Franco Cardini: Ecco chi finanzia il Califfato
    Una commemorazione dopo l’attentato dell’Is a Sousse, in Tunisia
    In questo momento così delicato per gli equilibri del Mediterraneo abbiamo intervistato una delle voci più auterevoli. Franco Cardini è il Direttore del Centro di Studi sulle Arti e le Culture dell’Oriente dell’Università Internazionale dell’Arte di Firenze e storico di fama mondiale.
    - segue –

    La Camera di Commercio di Cagliari abbandona il progetto della Zona Franca. Ma il Commissario non ha il potere di modificare la politica espressa fino ad oggi dagli organi di governo della Camera in sintonia con gli indirizzi della Regione Sarda

    porto-pan“Buttare via il bambino con l’acqua sporca”. E’ quanto ha fatto il Commissario straordinario della Camera di Commercio di Cagliari con riferimento alla parrtecipazione della stessa alla compagine di gestione del punto franco doganale di Cagliari. Sull’argomento una presa di posizione di Cagliari Città Capitale.
    Cagliari città Capitale 1La Camera di Commercio di Cagliari abbandona il progetto della Zona Franca. Ma il Commissario non ha il potere di modificare la politica espressa fino ad oggi dagli organi di governo della Camera, in sintonia con gli indirizzi della Regione. Cagliari Città Capitale chiede la revoca della determina e chiarimenti sull’iter di attuazione del Punto franco doganale di Cagliari

    Apprendiamo dal sito della Camera di Commercio di Cagliari che il Commissario straordinario ha stabilito – con propria determinazione (n. 22 dell’11 novembre 2015), avente per oggetto “Approvazione Piano di razionalizzazione delle società partecipate (art. 1, comma 611 della legge n. 190/2014, n.190)” – di comunicare alla società “Zona Franca di Cagliari S.c.p.A.” la volontà di non dar seguito a quanto stabilito dalla Giunta camerale con deliberazioni n.73 dell’8 maggio 2007 e n.64 del 28 giugno 2013.
    - SEGUE -

    con gli occhiali di Piero…

    Dionigi Scano aladinGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501419 DIONIGI SCANO.
    16 novembre 1949 muore, a Cagliari, Dionigi Scano, architetto e scrittore. Nato a Sanluri il 23 febbraio 1867, laureato a Torino e richiamato a Cagliari da Filippo Vivanet, fu autore dell’inventario dei beni artistici della Sardegna, di saggi sull’arte e sulla storia sarda, tra cui saggi su Sigismondo Arquer, su Giommaria Angioy, su Donna Francesca Zatrillas.
    Consigliere comunale e assessore a Cagliari, restaurò la Torre di S.Pancrazio e progettò la costruzione del Museo Archeologico nazionale e di alcuni palazzi, tra cui la villa Pattarozzi e il palazzo Accardo.

    CROBU (o Corbu ?) e GAIA primi rapiti in Sardegna.
    Monte_Gonare wkSARDEGNA. PRIMI SEQUESTRI DI PERSONA
    Il 16 novembre 1875 vicino a Nuoro una banda sequestrò l’avvocato Pasquale Crobu. Pagò un riscatto di 25 mila lire.
    Era andata meglio ad Antonio Meloni Gaia, nobile mamoiadino. primo caso assoluto di rapimento in Sardegna.
    Nel maggio dello stesso anno, forse dalla stessa banda, fu sequestrato mentre lavorava la propria vigna e fu condotto sul monte Gonare.
    Qui i malviventi arrostirono una pecora (rubata, ovvio), la mangiarono, innaffiandola con vino abbondante, e ne offrirono al sequestrato, che in quel momento non aveva un grande appetito, poi tutti si addormentarono profondamente, tranne il rapito che ne approfittò per sciogliersi e fuggire.
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    E I CARRI ARMATI SI SONO MOLTIPLICATI
    Esattamente 1 anno fa

    SERVITÙ MILITARI
    Son contento che Pigliaru non ha firmato,
    ma sento che ieri è sbarcato un carro armato.

    Oggi lunedì 16 novembre 2015

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    ape-innovativaLogo_Aladin_Pensieroaladin-lampada-di-aladinews312sardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413. .
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    Come costruire dal basso l’alternativa al sistema dominante?

    Landini 1Coalizione sociale Landini7764_10206652631588549_4144064663820347520_nCome costruire dal basso l’alternativa al sistema dominante? La proposta di Landini è credibile, ma come può crescere nelle realtà locali? Su Democraziaoggi una riflessione di Andrea Pubusa all’indomani del Convegno cagliaritano con Landini

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    Landini a Cagliari. Facciamo la Coalizione sociale
    15 Novembre 2015
    democraziaoggi loghettoAndrea Pubusa su Democraziaoggi

    Un tempo si diceva “praticare l’obiettivo“, oggi Landini la chiama “pratica sociale“, ma il concetto è lo stesso: creare movimenti che nelle cose anticipano le riforme, il mondo che vorremmo. Come negli anni ‘50, quando per creare occupazione nei paesi, il PCI e il sindacato organizzavano squadre di operai per fare lavori utili, o ancor prima l’occupazione delle terre. Non è solo movimentismo. Landini non ha fatto citazioni, dietro il suo discorso però s’intravede l’idea di “egemonia” di Gramsci, e quella conquista di tante postazioni sociali e istituzionali, le “casematte” di Nino da Ales, che messe insieme ti fanno prevalere sugli avversari. Ecco, se vogliamo tornare a vincere, ci vogliono, ma non bastano, le lotte del sindacato e quelle di spezzoni di movimento, pur importanti. Ci vuole qualcosa di più: bisogna creare un senso comune, che fa camminare le idee del Landini 2mondo del lavoro, un comune sentire che fa sì che il punto di vista, la visione del mondo dei lavoratori diventi prevalente anche negli altri settori della società. Oggi, infatti, ci sono state battaglie durissime ma è egemone l’idea di concorrenza, il punto di vista del grande padronato che fa dell’impresa l’ombelico del mondo. E’ per questo che è passata la controriforma di Renzi sul lavoro, con la cancellazione dell’art. 18 dello Statuto, e passa anche lo scasso della Costituzione, perché anche l’ancoraggio ai principi della Resistenza è stato soppiantato da una voglia di nuovo autoritarismo, di stivali dei tanti commissari straordinari, prefetti e questori, che già oggi sono organi decisori al posto di una ormai inesistente rappresentanza. E così la questione democratica, la riconquista della partecipazione è ridiventata la trincea avanzata del mondo del lavoro di fronte all’attacco convergente dei potentati imprenditoriali e finanziari con in testa Renzi in Italia e i grandi gruppi finanziari internazionali nella UE. – segue –