LA SEDIA di VANNI TOLA

sedia-van-gogh-5-150x150-bis11

Don Chisciotte contro i mulini a vento …

Alcuni titoli di quotidiani locali di queste settimane. “ Basta impianti eolici e fotovoltaici, Cossoine dice no alla centrale termodinamica, Arborea insorge contro la Saras che intende avviare la ricerca e l’eventuale impiego del metano in quei territori. Che sta succedendo? Il Sindaco di Stintino protesta contro la nuova centrale eolica che sta sorgendo a poche centinaia di metri da Pozzo San Nicola, in prossimità di Stintino in nome della tutela del patrimonio ambientale e archeologico e denuncia il fatto che le torri eoliche stanno sorgendo a poca distanza dallo stagno di Pilo, dallo stagno Cesaraccio e dall’area denominata le Saline, zone riconosciute e classificate di protezione speciale. Il paese di Cossoine insorge all’idea che nel proprio territorio possa sorgere una centrale solare (per intenderci quelle che studia, sperimenta e diffonde nel mondo il premio Nobel per la fisica Rubbia) e promuove un referendum popolare contro “ l’ecomostro”, una sterminata distesa di pannelli solari. Arborea si prepara a contrastare il progetto della Saras tendente a realizzare una ricerca e la successiva utilizzazione del metano che pare essere presente in quell’area. Le motivazioni, nelle diverse realtà sono di solito le stesse, l’integrità violata dell’ambiente, la modifica del paesaggio, i danni al patrimonio naturalistico e perfino archeologico. Si potrebbe fare della facile ironia su alcuni di questi aspetti domandandosi, per esempio, quale danno possa arrecare a un sito archeologico millenario una pala eolica che gira lì vicino. Si potrebbe far notare che da oltre cinquanta anni, a un tiro di schioppo degli stagni e dalle spiagge dei comuni di Portotorres e Stintino, sorge e opera uno dei più grandi scempi ecologici presenti in Sardegna, il polo petrolchimico dell’Eni (con centrali elettriche a carbone, inquinamento dei suoli, dell’aria e del mare). Si potrebbe obiettare sul fatto che nessuno, in passato ha avuto nulla da ridire sugli orribili elettrodotti aerei che attraversano l’isola in tutte le direzioni.  Superando le facili polemiche, sarebbe il caso di riflettere ed esaminare questi problemi con obiettività, cognizione di causa e pacatezza. Intanto e fuor di dubbio che uno dei fattori di crisi del sistema industriale isolano è rappresentato dall’alto costo dell’energia che dovrà assolutamente essere ridotto ricorrendo a fonti energetiche alternative al fossile. In secondo luogo penso si sia tutti d’accordo che il rapporto tra l’inquinamento dell’ambiente prodotto con le fonti energetiche tradizionali è incommensurabilmente maggiore di quello delle fonti energetiche alternative, solare ed eolico in particolare che hanno dei costi proporzionalmente molto modesti. Un altro spunto di riflessione dovrebbe essere rappresentato dal fatto che sia le torri eoliche sia i pannelli solari sono assolutamente e facilmente rimovibili qualora fosse necessario, per una qualunque altra scelta di sviluppo, di utilizzare le aree nelle quali sono collocate. Resta il fatto estetico, l’impatto visivo che potrebbe disturbare alcuni, le pale eoliche che girano silenziose e non disturbano neppure gli uccelli (contrariamente a quanto afferma un diffuso luogo comune) e i pannelli solari che, in silenzio, direi quasi con discrezione, raccolgono e utilizzano la fonte energetica primaria del nostro universo per produrre energia elettrica pulita con costi prossimi allo zero e inquinamento inesistente. Perfino l’impianto che potrebbe sorgere nell’agro di Arborea per sfruttare l’eventuale gas metano presente nel sottosuolo, se realizzato con le necessarie garanzie di tutela ambientale, avrebbe un impatto certamente accettabile se rapportato ai vantaggi che ne deriverebbero per l’industria sarda in termini di costi energetici. Naturalmente queste sono soltanto opinioni, per definizione opinabili e confutabili. Resta l’impressione però che si tenda a ragionare non in termini di costi-ricavi o in termini di reale convenienza per l’ambiente bensì sotto l’influsso di un generico e diffuso rifiuto di tutto ciò che è nuovo. Magari perché non si conoscono a sufficienza le caratteristiche tecnologiche dell’intervento o perché colpiti da recenti scandali e speculazioni su alcuni discutibilissimi interventi per l’impiego di energie alternative che sono oggetto d’indagine della Magistratura ed hanno visto coinvolti, oltre le organizzazioni malavitose, perfino amministratori locali compiacenti. Sono questi motivi validi per respingere a priori qualunque nuovo intervento?

One Response to LA SEDIA di VANNI TOLA

  1. admin scrive:

    Da La Nuova Sardegna di martedì 19 marzo 2013
    MARTEDÌ, 19 MARZO 2013
    Pagina 9 – Sardegna

    La nuova industria si lega all’agricoltura con la chimica verde
    Un primo bilancio positivo a un anno dall’inizio del progetto L’apporto di filiere diverse, materie prime dal territorio
    La Cisl: «Cosa fa la Regione per il gasdotto»?

    «Il governo continua a dimenticare la Sardegna. Nel piano nazionale per l’energia, presentato la settimana scorsa dal ministro Passera non c’è alcun riferimento al carbone Sulcis e ci sono solo generiche citazioni sulla realizzazione del gasdotto con l’Algeria». Lo denuncia il segretario della Cisl, Giovanni Matta, (nella foto). «il governo sfugge alle sue responsabilità nei confronti dell’isola e rimuove dalle sue strategie la questione energetica, condizione fondamentale per lo sviluppo della Sardegna». Per questo – a giudizio della Cisl – acquista notevole importanza politica la riunione di giovedì 21 marzo in sede ministeriale per affrontare i problemi relativi alla filiera del carbone Sulcis. Sul metanodotto, invece, la Cisl si rivolge alla Regione e chiede quali iniziative saranno prese dalla giunta.
    di Gianni Bazzoni wPORTO TORRES Non solo biomassa e olio, ma anche latte ovino e caprino e miele. Si intrecciano filiere diverse nel progetto del cardo – indicato come nuova risorsa dell’economia sarda – con interessanti opportunità di reddito per gli agricoltori. Ieri mattina a Porto Torres, nello stabilimento petrolchimico che cambia lentamente pelle per aprire alla chimica verde, sono stati presentati i dati del bilancio di un anno di coltivazione e sperimentazione. Nei campi della Nurra, il cardo mediterraneo ha raggiunto l’altezza di un metro e venti e – a conclusione della stagione di crescita – può raggiungere quota due metri. La specie erbacea scelta da Matrìca – la joint venture tra Eni-Versalis e Novamont – rappresenta la materia prima (tra biomassa e olio) per la bioraffineria di terza generazione che sta nascendo nell’area industriale di Porto Torres e che produrrà intermedi chimici e bioplastiche. Dopo il chiarimento definitivo dei giorni scorsi (la centrale, per quanto riguarda la riserva, sarà alimentata con Gpl e non dal contestato Fok come ipotizzato nella prima fase), l’altro aspetto critico era quello di riuscire a coniugare il modello di business innovativo del progetto industriale di Matrìca con le esigenze delle imprese agricole del nord Sardegna. Così ieri dirigenti e esperti, ricercatori e imprenditori agricoli, rappresentanti di categoria del mondo delle campagne, si sono ritrovati per un nuovo faccia a faccia. «Potevamo costruire l’impianto e portare le materie prime da fuori – ha detto Catia Bastioli, amministratore delegato di Matrìca e di Novamont – ma non avrebbe avuto alcun senso. La nostra idea è, e rimane, quella di creare una filiera radicata nel territorio, nel pieno rispetto delle realtà locali. La gente deve scegliere questa opportunità, non siamo noi che dobbiamo costringerli. Siamo per le scelte condivise». L’incontro tecno-divulgativo di ieri ha visto la presenza di una folta rappresentanza del settore agricolo sardo, insieme a quello della ricerca (guidato dal rettore dell’Università di Sassari Attilio Mastino) che vede in campo i Dipartimenti di Chimica e Agraria. Gli agricoltori hanno dato una disponibilità di massima per entrare attivamente nel progetto, con la produzione del cardo da coltivare soprattutto in terreni marginali (oggi abbandonati) ma anche in aree non secondarie. La sperimentazione scientifica ha evidenziato che il cardo si adatta perfettamente ai climi aridi, vegeta nel periodo autunnale-invernale, con ottime produzioni di biomassa anche senza irrigazione (da 15 a 20 tonnellate per ettaro) e di olio. «Il cardo non è solo biomassa e olio – ha detto Mauro Marchetti del Cnr di Sassari – ma anche sostanze ad alto valore aggiunto, come farina proteica e nettare». La sperimentazione in Sardegna è iniziata nell’autunno del 2011 con la semina di 15 ettari su terreni marginali della Nurra e di Ottana. E’ poi proseguita con ulteriori 180 ettari su aree non più coltivate da anni. «Su queste terre – ha detto Salvatore Raccuia del Cnr di Catania – il frumento non è più remunerativo». La produttività del cardo, al primo anno, è stata di circa 11 tonnellate per ettaro di biomassa e 0,76 tonnellate/ettaro di seme. Quella stimata a partire dal secondo anno è di circa 17 tonnellate/ha di biomassa e 1,9 di seme. Il margine per l’agricoltore è di 280-380 euro per ettaro, al netto dei premi comunitari.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>