Risultato della ricerca: CAGLIARI CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA 2019

Sardegna Che fare? Si rompe il silenzio degli intellettuali? Si ricomincia da quelli fuori dai libri paga

sardegna-dibattito-si-fa-carico-181x300Per uscire dalla crisi, un nuovo sviluppo fondato su beni comuni e bravi maestri.
SardiniaPost loghettpdi Antonio Sassu su SardiniaPost
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La programmazione “dal basso” e la politica territoriale si trovano oggi in condizioni completamente diverse rispetto a vent’anni fa dal punto di vista del mercato, della tecnologia e della globalizzazione. E’ necessario che esse vengano rivisitate e con esse la politica economica regionale.
Il territorio cambia continuamente. La Sardegna ha intrapreso nella seconda metà dell’Ottocento e nella prima metà del Novecento uno sviluppo industriale notevole. Sono sorti nuovi settori industriali (il vino, le granaglie, la farina, i tessuti, i laterizi, le miniere) e sono state applicate nuove tecniche (il trasporto dell’acqua, l’idrovora, l’energia elettrica, il sistema bancario) che hanno dato vita a uno sviluppo economico in qualche modo diffuso nel territorio regionale, talora ad opera di imprenditori locali, talaltra con l’intervento di uomini e capitali esterni.

Tutti, però, avevano una caratteristica di fondo: idee, conoscenze, connessioni con imprese e persone, erano basate sul territorio: su ciò che in esso avveniva, su ciò che esso poteva dare. Si può dire uno sviluppo “dal basso”. Erano gli imprenditori che partivano dai territori per considerarne la dimensione fisica, le caratteristiche, le persone. Il territorio regionale aveva pecore e latte, campi e grano, argille e pietre, minerali di diverso tipo, e aveva bisogno di acqua da distribuire a uomini, animali e campi, di idrovore per prosciugare paludi, di energia da diffondere presso abitati, imprese e aziende.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, quasi per tutta l’ultima metà del secolo ventesimo, l’Isola viene considerata un luogo di arretratezza da combattere con una politica “dall’alto”, con il Piano di Rinascita prima e con la legge 164 poi. Il territorio è assente. Ciò su cui ci si focalizza sono le necessità economiche e l’occupazione, indipendentemente dalle peculiarità, dalle conoscenze, dalle attività e dall’identità di un popolo.

Nel periodo 1990- 2010 si ritorna al territorio con la politica “dal basso”, si forma prima la politica dei distretti e successivamente quella della programmazione negoziata. Il territorio è il protagonista dello sviluppo, sono i suoi saperi, i suoi mestieri, le sue caratteristiche culturali e sociali, oggetto di scambio e di compravendita, quindi, di valore. Così sono analizzati e promossi il sughero, i formaggi, il vino, i tessuti, la bottarga, il pane, ma anche la meccanica, l’informatica e le comunicazioni (Video on line e Tiscali) ecc.

Ma anche questa politica si rivelerà insoddisfacente. Non sono solo le delusioni della programmazione negoziata, ma anche il fatto che, poiché il territorio cambia rapidamente, le conoscenze, che chiamiamo codificate, diventano sempre più trasferibili e possono essere copiate o addirittura trasferite altrove. Il valore che prima veniva creato all’interno del territorio è ora prodotto anche da altri soggetti più competitivi. In parte la globalizzazione ci porta conoscenze di altri, in parte i nostri beni vengono da noi assemblati e prodotti con tecniche e beni di altri. Complessivamente lo sviluppo diventa sempre più esogeno e, per questa via, comunque, va comparativamente diminuendo.

Da noi, nel nostro territorio, rimangono (sempre che non ci sia esportazione di capitale umano) le conoscenze tacite, derivanti dal DNA, legate all’ambiente e alla famiglia, che si imparano naturalmente e che difficilmente possono essere trasferite se non con gli uomini. Si capisce, quindi, come il territorio sia sempre importante perché permette di sviluppare queste conoscenze, queste abilità che possono dare luogo a innovazioni (la gran parte sono “locali”, cioè incrementali), o a progetti e a idee.

Dal punto di vista delle conoscenze codificate siamo molto indietro rispetto alla media europea e da quello delle conoscenze tacite facciamo molto poco per mantenere e incrementare le specializzazioni e le abilità. In questo modo l’allargamento del gap rispetto ai paesi più avanzati è sempre più ampio.

Bisognerebbe dotare il territorio di beni comuni, di beni collettivi, di bravi “maestri” che possano sviluppare tutte le conoscenze: quelle codificate, che gli altri possono replicare, ma che possiamo replicare a nostra volta, e soprattutto quelle tacite, che difficilmente sono acquisibili dagli altri. Fra queste metterei, al primo posto, quelle relative alla trasformazione della Pubblica Amministrazione e delle nostre imprese tramite investimenti di diverso tipo (corsi, tirocini, concorsi tra imprese, esperienze all’estero, nuovi modelli da sviluppare).

Va precisato, comunque, che i “capitani capitalisti” da soli non possono farcela anche mettendo in campo tutte le energie possibili. E’ necessaria la volontà politica, la volontà di sistema, che agisca come input e testimonianza e trascini e muova uomini e imprese. Regole, impegni, connessioni e collegamenti, disponibilità di infrastrutture e servizi, talvolta sussidi, sono strumenti necessari.

Antonio Sassu
(docente di Politica economica europea all’università di Cagliari)
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Sardegna universitaria F Figari
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Anthony e Vito rianimano il dibattito fra i sovranisti
7 Ottobre 2016
democraziaoggiAndrea Pubusa su Democraziaoggi

Non essendo dentro la costellazione “sovranista-indipendentista” le mie considerazioni sono certamente approssimative. Leggo di un arricchimento dell’area con l’imgresso militante di Anthony Muroni, liberato dal fardello della direzione de L’Unione Sarda e vedo subito una presa di posizione di Vito Biolchini che mette dei paletti sulle modalità di scelta della leadership di quell’area. Sono comprensibili schermaglie in vista delle elezioni regionali del 2019, a cui tutti iniziano a pensare.
Devo dire, che, pur non avendo avuto particolari ragioni per apprezzare la direzione di Antony nel maggior quotidiano sardo, giudico condivisibili le sue posizioni sul referendum costituzionale. In particolare, lui stimola alla ragionevolezza quell’area, che abbagliata dal programma massimo (la sovranità e/o l’indipendenza), non vede che lo scempio costituzionale di Renzi va nella direzione di un duro neocentralismo statale. Dice giustamente Muroni che c’è un grosso passo indietro nella revisione del titolo V e che la modifica preclude qualsiasi avanzamento delle istanze di autodecisione dei sardi. Muroni ha anche diffuso un documento programmatico, che sembra preordinato ad una sua autocandidatura alla leadership. Così l’ha intesa Vito Biolchini, che, memore della autocandidatura di Michela Murgia, ragionevolmente obietta: dobbiamo prima fare un programma comune e poi scegliere il leader, e – come avviene in tutti i casi in cui non c’è un gruppo dirigente sedimentato e autorevole – lo strumento di scelta viene affidato alle primarie.
Già in passato mi sono permesso di fare alcune osservazioni critiche, che Vito ha interpretato come attacco, anche se non lo erano, così come non lo sono ora che le riformulo. Quest’area a me sembra peggio di quella sinistra che, non ricordo in quale anno, si presentò alle elezioni con la lista arcobaleno e scomparve dal parlamento nazionale. Mi pare più incasinata. Perché dico questo? Perché in Sardegna ci sono sovranisti a dir poco stravaganti. Per esempio, l’amico Paolo Maninchedda, che rimane in giunta e sostiene un esecutivo a maggioranza PD, ossia un gruppo dirigente che a Roma fa scempio del regionalismo e delle autonomie locali. Stessa cosa per i Rossomori. Ritengono Maninchedda e Muledda che l’abolizione del carattere elettivo delle province dia ai territori maggior peso e più efficace rappresentanza? E quei bizzarri enti intermedi che stanno creando (Carbonia sarà il capoluogo della provincia di Cagliari coast to coast!) daranno più potere decisionale alle periferie? E un senato non elettivo con Zedda e Pigliaru a Palazzo Madama darà al Sulcis, all’Ogliastra o alla Gallura più peso di quanto ne aveva con l’attuale Senato, a cui talora i territori hanno inviato valenti rappresentanti? Si dirà, ma queste formazioni sono per il NO al referendum costituzionale di dicembre. D’accordo, ma, scusate, la sovranità non è un’entità astratta, è capacità di decisione autonoma ai vari livelli. Questa capacità verrà rafforzata da queste riforme che generano mostri, appendici di burocrazie regionali (le attuali province) o partitiche (il futuro senato)? Non so chi altri fra i sovranisti sostenga la giunta. Ricordo Sale che, con l’abito nuovo del consigliere regionale grazie alla genuflessione al PD, è giunto perfino a ritenere positivo l’intervento degli emiri del Qatar in Gallura, buttando alle ortiche tante belle e spettacolari battaglie del passato.
Orbene, lo dico senza astio e senza animosità, se queste forze non tagliano netto con le appendici renziane locali, che credibilità possono avere? Qui Muroni ha ragione, come l’aveva Michela Murgia nel non accettare il bacio alle pantofole dei dirigenti PD per entrare nella coalizione del centro-sinistra. Non è entrata in consiglio per una legge regionale antidemocartica, di cui altri sedicenti sovranisti hanno approfittato, ma una battaglia dignitosa l’ha fatta (salvo poi abbandonare il campo e le truppe!).
Caro Vito, questa è una forbice che va ricomposta se si vuole il programma comune e le primarie. E il programma, per essere credibile, deve essere accompagnato da fatti politici concreti. Può il fronte avere un programma comune con due spezzoni così divaricati: uno (Maninchedda e Muledda) con Renzi-Pigliaru e l’altro fuori e contro? Il programma, se non vuole essere fittizio, deve pur partire da un’analisi dell’oggi e da condotte coerenti e convergenti. So che Vito fa parte di un’associazione d’ispirazione sovranista formata da persone serie, che sta fuori dalle dinamiche filogovernative regionali e dunque nazionali e che tenta di introdurre nel dibattito in seno all’area sovranista elementi di unità e ragionevolezza, ed anche la sua proposta, programma e primarie, è sensato. E’ tuttavia astratta. Già Muroni replica che, semmai gli venisse l’idea di candidarsi, non chiederebbe il permesso a nessuno. Paolo sta riunendo transughi e ingrossando le fila non certo col proposito di farsi da parte e i Rossomori non saranno da meno. Della Murgia si son perse le tracce e non si sa cosa le frulla per la testa. Al momento l’esito più credibile è che quest’area vada alle future elezioni in ordine sparso (una parte, insieme a SEL, col PD, l’altra con lista autonoma) e perda in termini elettorali e anzitutto di credibilità, di capacità di politica autonoma. E, sia detto per inciso, poco importa che Maninchedda faccia qualche strada e o qualche ponticello, se poi gli spazi di autogoverno dei sardi si chiudono ulteriormente sotto la scure renziana. L’unico beneficiario di questa insipienza è il M5S, che diventa l’unica alternativa a questa situazione di crisi e degrado a marca PD. Certo ci sono due anni davanti e strada se ne può fare tanta. Ma al momento le direzioni dei movimenti sovranisti sembrano divergenti tanto da apparire opposte. Per creare un senso unico bisogna avere concretamente la stessa collocazione politica e istituzionale rispetto al PD e al renzismo. E qui vorrei, ma non vedo riavvicinamenti. Comunque, la storia e la cronaca offrono esempi di impensabili ricomposizioni politiche, chi vivrà, vedrà. Good luck!
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Per completezza informativa
RossomoriJPG-160x1591Dalla pagina fb di Gesuino Muledda (Rossomori)
Oggi ho letto un saggio di Paolo Maninchedda nel quale dice che ai Sardi non deve interessare niente del referendum costituzionale. Lui deve fare lo stato. Con Renzi. E noi e gli indipendentisti di Sardegna votiamo NO. I maligni dicono che voglia affiliare il suo partito della nazione a quello di Renzi. Ora non più perché Renzi non ne parla più. Altri maligni dicono che si aspetta la benedizione di Renzi per la sua candidatura a presidente della Regione. E noi e i sardisti e gli indipendentisti votiamo. Noi vogliamo una Sardegna forte. Che sappia e possa difendere se stessa il suo Popolo con tutti gli strumenti statutari e con un grande movimento di POPOLO. NOI VOTIAMO NO. PRO SARDINNA

Le elezioni sono finite e i problemi “naturalmente” si aggravano. L’interrogativo è sempre comunque: che fare? Ci servono ora riflessioni e proposte non addomesticate. Perciò non si spenga il dibattito, soprattutto quello più critico, a cui bisogna garantire fiato e spazi. A questo serviamo.

circo SeuratZedda: vittoria con quale progetto?
di Ottavio Olita su il manifesto sardo
(…) Mai come in questo momento abbiamo bisogno di un’azione politica che partendo dai quartieri e dalle aggregazioni di base faccia ripartire la partecipazione, la discussione, il confronto. L’errore è stato, ancora una volta, attendere l’appuntamento della consultazione elettorale.
Quanto di quel 38 per cento che, a Cagliari, stanco, demotivato, amareggiato, deluso, ha scelto di non andare a votare potrebbe tornare a partecipare alla vita pubblica se coinvolto? E non basta certo darsi da fare solo nelle settimane a ridosso delle elezioni. Ai vincitori le astensioni servono e come. Gli astenuti hanno bisogno di capire che il loro silenzio è autodistruttivo.
Faremo lo stesso errore anche con l’appuntamento referendario? Lì la partita è molto più pericolosa. C’è in gioco la qualità della democrazia. I comitati per il “No”, già operativi, devono incrementare la propria azione per scuotere tanti cittadini dall’apatia e dal disamore per la politica. Lì non si vince o si perde per un colore, un partito o una coalizione. Lì si definisce il futuro del Paese.
In questi ultimi anni abbiamo visto cosa succede affidandoci all’
‘uomo solo al comando’. Bisogna impedire che questo schema, approvato da un Parlamento illegale perché eletto sulla base di una legge giudicata incostituzionale, venga istituzionalizzato dal voto popolare.
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Zedda ha vinto la sua sfida: i cittadini sono sempre sovrani
di Pierluigi Marotto su blogmar8
(…) La coalizione che sosteneva il progetto di Cagliari Città Capitale e la candidatura di Enrico Lobina a Sindaco non raggiunge il quorum, pertanto è da annoverare tra coloro che perdono perdono. L’idea di aprire una fase nuova, a partire da Cagliari, è certamente stata veicolata molto di più attraverso i candidati e le candidate di associazioni e movimenti che sostenevano il progetto (i numeri confermano), che non dai due partiti ufficiali presenti in coalizione (ProgReS e Verdi). La sconfitta nulla toglie ai contenuti di una battaglia politica e culturale (…) per aprire una fase nuova che rimane tutta in piedi e da giocare e che ha ora come seconda tappa il Referendum sulla Riforma della Costituzione e poi la scadenza delle elezioni Regionali del 2019, o forse anche prima in concomitanza delle politiche del 2018 (…).
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Zedda riconquista Cagliari: circo senza pane
di Andria Pili, su Contropiano – giornale comunista online
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Cagliari Capitale della Sardegna. Sì, ma: quale Cagliari e per quale Sardegna? Riaffiora il dibattito che non deve svilirsi nella propaganda elettorale

Discuss cagliari

ape-innovativadi Franco Meloni, aladinews

Senza togliere nulla al merito della Fondazione Segni per aver creato una nuova occasione di riflessione sul ruolo di Cagliari capitale della Sardegna, vogliamo ricordare come il dibattito su tale tematica, con tutte le implicazioni e connessioni che si porta dietro, è ben presente nella realtà culturale della città. Segue un andamento di tipo “carsico”: corre in modo prevalentemente sotterraneo, ogni tanto riaffiorando con i contributi di singoli intellettuali o, in misura più partecipata, di diversi soggetti singoli o associati, in relazione a scadenze elettorali (di cui parliamo più avanti) o ad altre particolari circostanze. Tra queste ultime le più importanti negli ultimi anni sono state le fasi di elaborazione del “piano strategico della città” e del “piano strategico dell’area vasta”. A dire il vero il rilevante lavoro prodotto è stato in gran parte ignorato e quindi sprecato. E meno male che di esso resta disponibile un’interessante documentazione, fruibile sul sito web del Comune (1) (2). Sono tutte parole, per fortuna in questo caso scritte, che però tali rimangono, senza tradursi, se non in minima parte, in effettive realizzazioni; sono elaborazioni interessanti ma in gran parte inutilizzate, come ha dimostrato il piano del Comune per la candidatura a “capitale europea della cultura 2019″, che è sembrato prescinderne. Si è ripetuto anche in questo caso il vizio del “ripartire da zero” che fa sprecare risorse e fa perdere di efficacia all’azione politica e amministrativa delle Istituzioni. Speriamo che la partecipazione dei cagliaritani alla procedura di adozione del piano particolareggiato per il centro storico apporti significative correzioni all’impostazione scarsamente democratica che caratterizza la pratica politica odierna, purtroppo comune a tutti gli schieramenti politici.
Ma torniamo al tema di Cagliari capitale. Al riguardo l’attuale ravvivamento del dibattito è chiaramente ascrivibile, in modo preponderante, all’imminente scadenza elettorale per l’elezione del Sindaco e del Consiglio comunale di Cagliari, a cui si aggiunge la discussione sulla riforma degli Enti locali, che, tra l’altro, prevede l’istituzione della città metropolitana di Cagliari, coinvolgente la città e la sua area vasta.
Le campagne elettorali hanno aspetti ambivalenti e contraddittori: da un lato sono occasioni di strumentalizzazioni di ogni tipo, dall’altro costringono i cittadini e soprattutto le forze politiche a una disponibilità al dibattito, sconosciuta in altri periodi. Tocca a noi, opinione pubblica, fornire un terreno di confronto che diminuisca i rischi del primo aspetto e consenta ai cittadini elettori di farsi un’opinione di programmi e persone che li rappresentano, misurandone la credibilità. Altrimenti c’è la sfiducia e la conseguente diserzione delle urne, che, badate bene, fa premio a una classe politica il cui motto è diventato “meno siamo (gli elettori), meglio stiamo (gli eletti)”. Noi pratichiamo una linea virtuosa, quella della partecipazione popolare per la città di tutti. Ecco perchè pensando alle elezioni comunali di Cagliari del prossimo anno, prendendo atto che la campagna elettorale è ormai aperta, diamo spazio a un dibattito sulla città, senza limiti e pregiudizi o rispetto reverenziale per chicchessia.
Con queste motivazioni (e questa apertura che non prevede necessariamente adesione alle idee, tutte rispettabili, di quanti intervengono, purchè animatrici di senso critico) abbiamo pubblicato una serie di interventi che ci sono sembrati particolarmente “utili alla causa” e che sotto elenchiamo. Chiaramente la nostra è una scelta “arbitraria” che vuole esplicitamente portare acqua al mulino del rinnovamento nei programmi e nelle persone che vorremmo al governo della nostra città, obiettivo che ci vede precisamente schierati.
- Il 23 giugno un articolo di Paolo Fadda (ripreso da Sardinia Post del 20 giugno), intitolato: Cagliari e il mistero della borghesia scomparsa .
- Il 24 giugno un articolo di Vito Biolchini, ripreso dal suo seguitissimo blog: Molentargius, rifiuti, Camera di Commercio, Tuvixeddu e Teatro Lirico: a Cagliari fare gli equilibristi non funziona più. Vito Biolchini su vitobiolchini.it.
- Ecco perché solo con la riscoperta della sua memoria Cagliari potrà risorgere.. Nanni Spissu su SardiniaPost. Un articolo anch’esso apparso su SadiniaPost, che trae spunto dall’intervento di Paolo Fadda per fare nuove interessanti riflessioni.
- Cagliari, baronessa senza baronia (e senza classe dirigente), un articolo di Paolo Fadda su SardiniaPost, ripreso il 26 agosto da Aladinews.
- Casteddajos! … procurad’’e moderare …, un articolo di Salvatore Cubeddu su SardegnaSoprattutto.
- Di seguito pubblichiamo inoltre un intervento del consigliere comunale Enrico Lobina, leader della coalizione Cagliari Città Capitale.
Infine ci permettiamo ripubblicare due correlati interventi del direttore.

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Alcune domande su Cagliari Città Capitale ed i problemi della città
di Enrico Lobina
Un amico, un collega, un compagno, mi annuncia che sosterrà Cagliari Città Capitale, e che “Mi piacerebbe leggere proposte che sviluppino lavoro, connessioni città campagna, arte, e dare alla città l’identità di una capitale europea, pure se piccola”.
Rispondo alle sollecitazioni, sperando che vengano poi riprese, ed utilizzate di continuo, così come tanti altri elementi di programma che si possono trovare nel web e negli scritti dei componenti di Cagliari Città Capitale.
CCC non ha grandi finanziatori, e ci basiamo sull’impegno di chi ci sostiene per far conoscere le nostre posizioni.
Sviluppare lavoro
Cagliari ha potenzialità enormi nel settore primario, secondario e terziario. Chi dice che in materia di lavoro il comune non può fare nulla dice una stupidaggine.
Il settore primario, per Cagliari, è la pesca, a mare e negli stagni, e l’acquacoltura. Si occuperà del tema il circolo Me-Ti, che sta organizzando per domenica 18 ottobre la festa della Laguna insieme al Consorzio ittico Santa Gilla. Il primario può essere una miniera di posti di lavoro.
Il resto del settore primario (agricoltura e pastorizia) interessa indirettamente il comune, che può mettere tutta la sua forza e le sue strutture (mercati comunali) per far diventare la città l’emporio dei prodotti di Sardegna, la vetrina di ogni paese
Riguardo il settore secondario, l’area industriale non è stata minimamente oggetto di interesse dalle amministrazioni comunali di questi anni. Perché? Non può più essere così. Anzi, essa si deve collegare alla zona franca intorno al porto canale, che deve necessariamente decollare in tempi certi.
Sul settore terziario, dal turismo alla riqualificazione urbana, da nuove politiche sociali alle politiche per l’innovazione, da un nuovo approccio allo sviluppo locale alle politiche per l’internazionalizzazione, dalla zona franca all’economia blu (blue economy, l’economia che sfrutta il mare), dalla transizione energetica ad una rivoluzione nel ciclo dei rifiuti, passa la capacità di creare ricchezza della città.
Connessioni città campagna
Cagliari, se vuole essere capitale, deve ripensare il suo rapporto con la Sardegna, essere all’altezza del ruolo di capitale. Bisogna instaurare un rapporto continuo con le altre città, e porsi strategicamente l’obiettivo del riequilibrio territoriale.
Lo spopolamento dei paesi, drammatico, può essere combattuto con fortissime politiche anticicliche. Attualmente non se ne vedono all’orizzonte.
Dalla fine del 2010 il comune di Sadali ha istituito tre misure di incentivazione:
- un bonus bebè di 200 € mensili per 24 mesi da erogare ai genitori (con almeno uno dei genitori con residenza a Sadali) di bambini iscritti al registro anagrafico del comune di Sadali;
- Un bonus famiglia di 200 € mensili per 24 mesi da erogare a chi trasferisce la residenza da un Comune con popolazione superiore a 3 mila abitanti a Sadali;
- Un bonus scuola di 200 € mensili per 24 mesi da erogare ai genitori dei bambini iscritti a scuola.
Il bonus consiste in un “ticket nominativo” attraverso il quale il beneficiario può acquistare, presso gli esercenti convenzionati, beni e servizi necessari per una vita dignitosa.
Dopo 20 anni di saldi negativi, negli anni 2011, 2012 e 2013 si registra un aumento complessivo della popolazione del 4%.
A Sadali non tutti sono felici di queste politiche, ma è un inizio.
In Emilia-Romagna, Calabria, ma anche Galles e Finlandia, e per la verità in altre realtà della Sardegna, si prova, quasi in maniera artigianale, a designare politiche contro lo spopolamento davvero efficaci e forti, concrete.
La politica regionale, al contrario, non va oltre la normale amministrazione di politiche già esistenti.
Si tratta di mettere a sistema politiche che, ritagliate sulle esigenze di ogni singola comunità, vadano nella direzione di salvare dall’estinzione i sardi e ridare forza produttiva alla Sardegna.
Da questo punto di vista, segnalo come il Comune di Cagliar spenda, quasi fosse un bancomat, milioni di euro in sussidi sociali che non provocano nessun incentivo alla riqualificazione produttiva e all’emancipazione in chi li riceve. Al contrario, si abitua una piccola e povera casta all’assistenzialismo.
Se quelle stesse risorse, di concerto con altri comuni e con attività di accompagnamento pubbliche, fossero spese per garantire una emancipazione personale ed uno sviluppo produttivo guidato da quei nuclei familiari, non avremmo fatto un enorme passo in avanti?
Lavorare per una comunità produttiva, libera e felice significa anche rigettare l’assistenzialismo, senza mai lasciare indietro nessuno.
Arte
Sul ruolo dell’arte a Cagliari vi propongo, dipendendoli dal mio blog, alcuni video un po’ datati, ma che contengono diversi spunti: http://www.enricolobina.org/wp/2015/10/05/alcune-domande-su-cagliari-citta-capitale-ed-i-problemi-della-citta/
La rinascita catalana, dopo la fine della dittatura franchista, si è basata sull’arte. Noi dobbiamo immaginare qualcosa di simile.
Dare alla città l’identità di una capitale europea
Cagliari deve, innanzitutto, diventare capitale della Sardegna, e dialogare, con l’Italia, il Mediterraneo e l’Europa, senza alcun complesso di inferiorità.
Sul Mediterraneo abbiamo avanzato una proposta http://www.enricolobina.org/wp/2013/11/01/mediterraneo-pace-e-immigrazione-per-unazione-del-comune-di-cagliari/

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Il ruolo di Cagliari per l’Europa che vogliamo
di Franco Meloni

Un tempo contestando il malgoverno della cosa pubblica in diverse realtà si diceva che anche la sola “buona amministrazione” costituisce di per se un fatto rivoluzionario. Mi è venuto in mente pensando all’esperienza amministrativa del sindaco di Cagliari Massimo Zedda e della sua Giunta. Fare una buona amministrazione per la nostra città come il sindaco ha cercato di fare ha aspetti positivi a vantaggio dei cittadini cagliaritani. E di questo occorre dare atto, come abbiamo fatto in diverse circostanze. Ma certamente non basta. L’amministrazione Zedda ha finito per rinchiudersi nell’ambito dell’ordinario, senza azzardare progetti strategici di lungo respiro dei quali la città ha invece ineludibile bisogno, pena l’acuirsi di processi di decadenza e marginalità. Ecco perché si avverte l’inadeguatezza degli attuali amministratori unita alla non credibilità che siano in grado di prospettare esiti diversi per il futuro. Cagliari non ha finora saputo esercitare quel ruolo decisivo che le compete: di guida dell’intera regione, di peso paragonabile a quello dell’Istituzione Regione. Come capita a tutte le capitali di questo mondo, per esercitare questa funzione dispone (e dovrebbe poter disporre in misura maggiore) di risorse specifiche, che, al di là delle critiche universalmente rivolte a tutte le capitali del mondo, deve congruamente restituire in benefici non solo ai suoi abitanti ma a tutti i cittadini che gliele hanno affidate, cioè a tutti i sardi. In Sardegna abbiamo bisogno di praticare nuove politiche di sviluppo attraverso la realizzazione di nuovi modelli sociali ed economici. Siamo proprio in questa fase, come necessità, non certo, purtroppo, come visioni politiche egemoni e concrete realizzazioni e come attuale classe dirigente in grado di farsene carico. Al riguardo è richiesto soprattutto a Cagliari – ovviamente insieme alla Regione e agli altri Enti locali – di cimentarsi in una sfida epocale. Ci sono tanti modi per farlo. Io credo che la stella polare della ricerca di nuove strade debba essere l’Europa, non certo l’attuale Europa, che in questa fase storica sta dimostrando la sua inadeguatezza, proprio perché chiusa nella cura dei mercati e degli interessi dei mercanti, quanto invece una nuova Europa che dobbiamo costruire: l’Europa dei popoli, capace di accogliere nuove genti e con esse rigenerarsi. In questo recuperando i valori delle origini, quando, all’indomani della seconda guerra mondiale, i padri fondatori dell’Europa comunitaria misero le basi della cooperazione economica pensando e preconfigurando come un sogno l’integrazione politica europea. Purtroppo tuttora, dopo tanti decenni, l’integrazione dell’Europa attraverso una vera e propria Confederazione o Federazione di Stati è solo ancora un sogno, e l’integrazione politica rischia di arretrare anche rispetto agli scarsi attuali livelli.
Allora Cagliari deve conquistare sul campo il ruolo di “città capitale”, sarda e insieme europea, in grado di tracciare nuove strade per se stessa, per la Sardegna e per l’Europa, della quale può rappresentare in certa parte le politiche per il Mediterraneo (soprattutto della sua sponda sud). Un’impostazione di questo tipo, appena qui tratteggiata, ha moltissimi risvolti pratici, concretizzandosi pertanto anche nelle scelte del quotidiano amministrare. In questo quadro la stessa “opzione indipendentista” (comunque la vogliamo nominare) per la Sardegna può essere praticata con condivisione maggioritaria, non quindi come concezione separatista minoritaria o scelta estremista, proprio in quanto si può sviluppare con piena cittadinanza e dignità nell’ambito della possibile nuova Europa che abbiamo prospettato.

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A Cagliari il mare come strategia di sviluppo per sbloccare e liberare la città. Ma occorre una diversa classe dirigente
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di Franco Meloni

Il dibattito su Cagliari, intendendo quello che non si ferma alla contingenza dei problemi quotidiani dei suoi abitanti, che riesce a riflettere sul suo ruolo rispetto alla Sardegna e all’Europa, che prefigura scenari futuri rispetto ai quali organizzare le energie sociali, e così via, è presente anche se carente nella realtà culturale della città. Segue un andamento di tipo “carsico”: corre in modo prevalentemente sotterraneo, ogni tanto riaffiorando con i contributi di singoli intellettuali o, in misura più partecipata da diversi soggetti singoli o associati, in relazione a scadenze elettorali o ad altre particolari circostanze. Tra queste le più importanti negli ultimi anni sono state le fasi di elaborazione del “piano strategico della città” e del “piano strategico dell’area vasta”. A dire il vero il rilevante lavoro prodotto è stato in gran parte sprecato, seppure resta disponibile un’interessante documentazione, fruibile sul sito web del Comune (1) (2). Sono tutte parole, per fortuna in questo caso scritte, che però tali rimangono, senza tradursi, se non in minima parte, in effettive realizzazioni; sono elaborazioni interessanti ma in gran parte inutilizzate, come dimostra il piano del Comune per la candidatura a “capitale europea della cultura 2019″, che sembra prescinderne.
Si ripete anche in questo caso il vizio del “ripartire da zero” che fa sprecare risorse e fa perdere di efficacia all’azione politica e amministrativa delle Istituzioni.

Occorre invece rilanciare il dibattito su Cagliari, raccogliendo tutti i contributi del passato che mantengono validità insieme a quelli che si sono aggiunti e vanno aggiungendosi di recente, lasciando alla politica il compito di portare a sintesi operativa le indicazioni su cui si trova la più estesa convergenza.

Prima di riproporre le questioni strategiche vogliamo soffermarci su un altro comportamento patologico delle nostre Istituzioni: quello dei “compartimenti stagni”, cioè dell’incapacità di agire “a sistema” (la leale collaborazione istituzionale). Forse ci si illude che le decisioni prese in solitaria dai singoli Enti possano essere inserite da una “mano invisibile” in un coerente disegno complessivo, purtroppo inesistente. Così non si va molto lontano. Tra i molti esempi che si potrebbero fare al riguardo ci limitiamo a due, importanti ed emblematici: la zona franca e la questione delle abitazioni.

. Per quanto si riferisce alla zona franca, parliamo dei punti franchi doganali (non quindi delle fantasie demagogiche di Cappellacci o della pessima e inutile leggina approvata di recente dal Consiglio regionale), cioè di quelli che potrebbe essere già operativi (per il punto franco di Cagliari il ritardo assomma a oltre dodici anni) e che inspiegabilmente non si fanno, per colpevole inerzia di molte Istituzioni a partire dalla Regione. I punti franchi porterebbero benefici in termini di occupazione e di incremento di attività economiche innovative, se attuati con modalità intelligenti, come, per esempio, dimostra l’esperienza di Barcellona (ampiamente studiata dai nostri politici in innumerevoli viaggi-studio). Per quanto riguarda Cagliari (ma discorso analogo può farsi per gli altri 5 punti franchi previsti dalla normativa vigente) perchè la zona franca possa concretizzarsi con questa valenza occorre che si impegnino più soggetti, raccolti in una compagine sociale a cui partecipino la Regione, l’Autorità portuale, la Camera di Commercio, l’Università e, infine, il Comune capoluogo, che dovrebbe assumerne la guida politica.
Cosa si è fatto al riguardo? Quasi nulla, se si eccettuano alcune iniziative, pur apprezzabili, dell’attuale autorità portuale, Piergiorgio Massidda, giunto peraltro al capolinea del suo incarico. Per il resto i possibili partner si ignorano, quando non sono l’un contro l’altro armati.

. Veniamo ora della questione delle abitazioni. Cagliari, in costante emorragia di abitanti in favore dei centri limitrofi, non può pensare di risolvere il problema riattirando gli abitanti perduti per i quali costruire nuove abitazioni, che andrebbero a saturare le poche aree disponibili. L’operazione già di per sè non condivisibile di “Su Stangioni” potrebbe essere letta in questa luce, specie pensando al possibile aumento dell’edificabile (vedasi al riguardo l’ottimo dossier predisposto dal circolo PD Copernico di Cagliari) (3). Piuttosto occorrerebbe rimettere in gioco le numerose case sfitte e riqualificare il patrimonio edilizio esistente, soprattutto in favore dei ceti meno abbienti e delle fasce giovanili. Si deve pertanto affrontare la questione abitativa in termini di “area vasta urbana”, con appositi piani intercomunali. Occorre al riguardo pianificare il territorio insieme con gli altri Comuni dell’area vasta. Cosa che si dovrebbe fare subito e che non si fa, ma che sarebbe più agevole (e obbligatorio) fare con la costituzione della città metropolitana (vedasi al riguardo lo studio della Società geografica italiana in collaborazione con il CNR) (4). Le responsabilità di questa situazione negativa sono tutte della classe politica. Ne vogliamo parlare?

Tornando al dibattito sulle linee strategiche, volendo individuarne una prioritaria, ovviamente discutibile, ci sembra interessante proporre quella avanzata da Paolo Fadda, storico e studioso cagliaritano, nel suo recente libro “Da Karel a Cagliari”, riassunta nella rappresentazione di una “Cagliari città d’acqua”, che punta sui suoi stagni e soprattutto sul mare come nuova opportunità di sviluppo. Sostiene Fadda: “La nuova centralità assunta da Mediterraneo, per l’emergere di nuove potenzialità ed aspirazioni economiche fra i popoli rivieraschi, fa ben sperare che il mare ritorni ad essere la locomotiva trainante del progresso cittadino”.
In questa proposta, che condivido, trovo un ideale accordo, con Giovanni Lilliu, nel momento in cui invitava i sardi (e qui Cagliari può dare l’esempio e dimostrare l’intraprendenza dei cagliaritani) a “riconquistare” il mare (“per riconquistare la libertà”, diceva Lilliu), facendo leva, valorizzando e, se vogliamo, anche superando, la famosa “costante resistenziale” (al riguardo facciamo riferimento all’intervista fattagli da Francesco Casula per Cittàquartiere, nel maggio 1987) (5).

Bene! Dunque guardare al mare come nuova frontiera. Ma non si può ridurre tutto alla suggestiva enunciazione.
Cosa può significare questa “scelta strategica”, ovviamente se condivisa (ed è tutto da verificare)?
Possiamo trovare molte e significative implicazioni, che lasciamo all’approfondimento e alle integrazioni del dibattito, riconoscendo come in molti casi si tratta di sviluppare quanto di positivo si sta già facendo (porto, porto-canale, Poetto). Voglio però qui indicarne alcune, solo a mo’ di esempio, in aggiunta a quanto già detto. Si potrebbe:
- predisporre un utilizzo turistico del complesso lagunare;
- riprendere un utilizzo produttivo delle saline;
- riconvertire la Fiera internazionale e aprirla al mare;
- rafforzare le pratiche sportive sull’acqua;
- orientare investimenti d’impresa sulla cantieristica da diporto, proiettandoli verso nuovi mercati come quelli del nord Africa;
- rafforzare il sistema formativo, a partire dagli Istituti professionali nautici fino a dare vita all’ “Università del mare”, basandosi sulle competenze esistenti negli Atenei sardi, anche con l’utilizzo delle aree e strutture da smilitarizzare.
Volutamente in queste riflessioni si tralasciano gli aspetti che attengono all’incontro tra differenti culture dei paesi del bacino del Mediterraneo, che potrebbero vedere Cagliari come centro di scambi e iniziative di rilevante importanza. Questo è un ulteriore filone di riflessione.

Per concludere: pensare, progettare e fare tutte queste cose nella dimensione sarda, europea e internazionale implica una condizione: che emerga e si consolidi una nuova classe dirigente, non solo politica, che sappia ragionare e agire, con unità d’intenti, e che sappia coinvolgere i cittadini nelle scelte che li riguardano. Le elezioni regionali ed europee in questo senso sono la prima ravvicinata opportunità da non sprecare.
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(1) Piano strategico Cagliari: http://www.comune.cagliari.it/portale/it/terrirtorio_areavasta.page
(2) Piano strategico Area vasta Cagliari: http://www.comune.cagliari.it/portale/it/contentview.page?contentId=SCH50524
(3) Circolo Pd Copernico di Cagliari, dossier “Su Stangioni”: http://circolocopernico.wordpress.com/2013/05/27/lo-strano-caso-di-su-stangioni-politiche-residenziali-a-cagliari/
(4) Studio Società geografica italiana-CNR: http://www.societageografica.it/images/stories/Pubblicazioni/e-book_il_riordino_territoriale_dello_stato.pdf
(5) Intervista a Giovanni Lilliu: http://www.aladinpensiero.it/?p=545“%3Ehttp://www.aladinpensiero.it/?p=545
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Ilario Principe Cagliari libro
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Cagliari: il mare come strategia di sviluppo per sbloccare e liberare la città. Ogni occasione è buona se va verso questa direzione

StemmaAraldico_ComuneCagliari_feb2015_d0
Domani, martedì 15 settembre, il Consiglio comunale di Cagliari discuterà e, speriamo, approverà una mozione presentata da diversi consiglieri comunali (Dore e altri) per proporre Cagliari come luogo per lo svolgimento di competizioni olimpiche sul mare, in occasione delle Olimpiadi 2014, nel caso auspicato di accettazione della candidatura dell’Italia e, specificamente, di Roma. E’una bella proposta, totalmente condivisibile, la cui validità prescinde dalla stessa opportunità che l’ha generata. Nel senso che il mare di Cagliari, per le sue pregevoli caratteristiche si può proporre, più di quanto abbia saputo fare fino ad adesso, come sede ottimale delle molte competizioni sportive marinaresche. Ma andiamo oltre, molto oltre, nel momento in cui inquadriamo queste iniziative in una vera e propria strategia per lo sviluppo della città, così come l’avevamo rilanciata in una nostra riflessione sull’argomento, pubblicata su Aladinews l’11 novembre 2013 e su altri siti dell’editoria di base, ripresa poi sullo stesso Aladinews (19 aprile 2015)
F-Figari-cantiere-navale-3 CCIAA-Cavela olimpica LobinaMozione per proporre la città di Cagliari quale località nella quale potrebbero svolgersi le competizioni velistiche ed eventuali altre discipline nell’ambito della candidatura dell’Italia e la città di Roma ai Giochi Olimpici e Paralimpici del 2024 presentata dai Conss. Dore, Secchi, Carta, Lobina e più – (prot. n. 211 del 10.09.2015);

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A Cagliari il mare come strategia di sviluppo per sbloccare e liberare la città. Ma occorre una diversa classe dirigente
Navicella_nuragica-300x221
di Franco Meloni

Sardi navigatori

navicella nuragica 1Sardegna preistorica: Navicella nuragica. (Età del bronzo / del ferro ).
Un tempo noi Sardi eravamo grandi navigatori… poi sono arrivate la Tirrenia e compagnia cantante…
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In un incontro promosso da Sardegna Sostenibile e Sovrana si rilancia il dibattito su “Cagliari in Sardegna”

CAGLIARI STAMPA Cagliari Città-Capitale

Care e cari,

L’Associazione Sardegna Sostenibile e Sovrana d’intesa con la componente istituzionale Sardegna Sovrana in seno al Consiglio Comunale di Cagliari intende promuovere l’apertura di un luogo di discussione ed elaborazione comune sulla città di Cagliari e sulla Sardegna.

Voi tutti siete organizzazioni politiche, sociali, singoli intellettuali o espressioni del mondo culturale, sociale ed economico cagliaritano.

E nostro intendimento dialogare con Voi perché crediamo, e speriamo, che siano maturi i tempi per incontrarci e ragionare collettivamente e fattivamente e nei giusti tempi, sulla possibilità di costituire una prospettiva politica comune capace di misurarsi con pari dignità con gli schieramenti tradizionali di centrodestra e di centrosinistra.
- SEGUE –

Settimana di ordinaria servitù

miliziani-1-5-14-300x214di Salvatore Cubeddu *
Cagliari, sabato 18 ottobre 2014
Si fa in fretta a fare il collegamento: mentre la Banca Popolare dell’Emilia Romagna va completando la sua definitiva presa di possesso delle banche sarde (Banco di Sardegna e Banca di Sassari), ora una cooperativa emiliana andrà a scavare il monumento più vissuto della storia dei Sardi, i giganti di Mont’e Prama: la scoperta archeologica dell’area mediterranea più importante negli ultimi cinquant’anni, nel cuore della civiltà occidentale. Aggiungiamoci il cedimento della giunta Pigliaru agli italo-cinesi di Narbolia nel fotovoltaico, il consenso del tribunale italiano in Sardegna alle esigenze dei militari (italiani) in barba a Pigliaru: avremo così una normale settimana di servitù della Sardegna agli organismi dello stato italiano. (Una parentesi: non è però da considerare un torto fatto ai Sardi la scelta di Matera rispetto a Cagliari. Dei limiti dell’amministrazione di questa nostra città nel campo culturale sarà bene iniziare a porci le domande che urgono da tempo, a costo di affermare delle verità non proprio piacevoli).
Siamo da mesi (anni?) in costante mobilitazione anti/servitù: militare (Capo Frasca, e via elencando); industriale (Matrica e gli emuli di Macchiareddu, P. Vesme, Chilivani e per la chimica verde), energetica (i precedenti, più le incursioni fotovoltaiche promosse e protette dai ministeri romani), territoriale (l’acquisto in corso dei terreni agricoli delle pianure con l’appoggio della Coldiretti), bancaria e culturale (i giganti ‘romagnoli’, non a caso promossi dalla sinistra in entrambi i casi).
C’è la generazione dei post-sessantenni, ormai quasi tutta pensionata, che continua nei modelli comportamentali della sua militanza giovanile e si sposta di qua e di là per l’Isola, accompagnata da non molti giovani volenterosi, senza che la difesa dei diritti dell’oggi diventi una sicura conquista per il domani.
Ma: come ci si muove allorchè un provvisorio armistizio sui poligoni concesso al presidente Pigliaru diventa decisione a favore dei militari da parte del tribunale della stessa Repubblica? E’ possibile andare avanti senza che le nostre conquiste vengano difese da nostre leggi, ad iniziare da quella fondamentale dello Statuto-costituzione della Sardegna?
Dobbiamo approvare una legge dove si dica che sui beni archeologici della Sardegna decidono i sardi, che le terre sarde non si vendono perché sono un bene identitario destinato a restare disponibili per noi, che all’Eni non si concede alcuna fiducia finchè non risana le terre che già ha rovinato, che le banche devono ritornare a essere gestite da e per la Sardegna, che l’energia la produciamo noi e per i nostri interessi. Con tutto il resto che si scrive nelle costituzioni dei popoli.
Il Consiglio regionale, nella sessione estiva dedicata alle riforme istituzionali, ha invece deciso di rimandare tutto. In realtà non ha deciso niente in maniera chiara. Quello che è successo va interpretato. Alla sarda. Perché da noi si parla ancora soprattutto con il silenzio o in suspu, direbbero i barbaricini.
Il Partito Democratico ‘in Sardegna’ (non esistono i ‘democratici sardi’) attenderà le decisioni di Renzi dopo l’approvazione in parlamento delle riforme istituzionali. Allora dovremo adeguarci alle decisioni assunte a Roma. Perché qui la dirigenza del Partito Democratico tende a rappresentare (ed a rappresentarsi in) Roma e non mostra di avere una propria idea del futuro dell’Isola. Se l’avesse, si metterebbe all’opera per formalizzare un proprio progetto sul nostro futuro in un testo a valore costituzionale che, ad iniziare dallo Stato italiano, tutti dovrebbero rispettare.
Questa settimana di ordinaria servitù è stata preceduta da tante altre, e ad essa ne seguiranno sempre di nuove, finchè … Finchè non ci lasceremo guidare come servi?

P.S. Cosa c’entra tutto questo con la nuova Carta di sovranità argomentata recentemente da Franciscu Sedda, segretario del partito dei sardi? C’entra. Ha a che vedere con la questione di fondo: se esistano per i sovranisti/indipendentisti dei punti programmatici irrinunciabili e se il nuovo statuto sia tra di essi. Dovremo tornare su questo punto.

* L’articolo di Salvatore Cubeddu viene pubblicato anche sui siti di FondazioneSardinia, Vitobiolchini, Tramasdeamistade, Madrigopolis, Sportello Formaparis, Tottusinpari e sui blog EnricoLobina e RobertoSerra, SardegnaSoprattutto.
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Cagllari corrre maratona-6apr14ape-innovativa2

A cura di Aladin

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Hanno ragione quanti, pur dispiaciuti per la mancata nomina di Cagliari a “Capitale europea della cultura per il 2019″, apprezzano il lavoro che ha condotto l’amministrazione comunale, sindaco Zedda e assessore Puggioni in testa, insieme con molti altri, a ottenere comunque un ottimo risultato (essere tra le sei finaliste) e ritengono che occorra ripartire da qui, intanto per cercare di fare quanto ci si era proposti in caso di vittoria, certo con minori mezzi a disposizione; poi si tratta di migliorare il programma da attuare, correggendo gli errori, modificando impostazioni sbagliate o ricercando altre iniziative. A questo punto occorre avviare (anzi riprendere con più vigore) un grande dibattito che, a nostro parere, non può che muoversi per rispondere a questo interrogativo: “Quale è il ruolo di Cagliari rispetto alla Sardegna e, insieme ad essa, all’Europa?” Questo dibattito non può che svilupparsi nella logica del cambiamento. Cioè: “Come deve cambiare Cagliari per giocare un ruolo in e per una Sardegna che deve cambiare per rispondere agli interessi dei sardi. Noi diciamo che questa Sardegna nuova e possibile non possa che realizzarsi come regione d’Europa, di un’Europa che noi vogliamo evidentemente diversa e che pertanto ci impegniamo a cambiare.
Ecco allora una serie di (pochi) appunti per continuare a riflettere e, speriamo, che le idee, le buone idee, si trasformino almeno in buona parte in opere.
cagliari acq
Appunti
Il ruolo di Cagliari per una possibile nuova Europa*
Cagliari ha in Sardegna un ruolo decisivo, una funzione fondamentale di guida dell’intera regione, di peso paragonabile a quello dell’Istituzione Regione. Come capita a tutte le capitali di questo mondo, per esercitare questa funzione dispone di risorse specifiche, che al di là delle critiche universalmente rivolte a tutte le capitali del mondo, deve congruamente restituire in benefici non solo ai suoi abitanti ma a tutti i cittadini che gliele hanno affidate. Nel caso di Cagliari a tutti i sardi. La Sardegna e i sardi abbiamo bisogno di praticare nuove politiche di sviluppo attraverso la realizzazione di nuovi modelli sociali ed economici. Siamo proprio in questa fase. Al riguardo è richiesto sopratutto a Cagliari – ovviamente insieme alla Regione e agli altri Enti locali, in modo speciale insieme alle altre città della Sardegna e, pertanto, in primo luogo ai Sindaci di queste città – di cimentarsi in una sfida epocale. Ci sono tanti modi per farlo concretamente. Io credo che la stella polare della ricerca di nuove strade sia l’Europa. Certo non si tratta di accontentarsi dell’attuale Europa, peraltro in crisi perchè troppo chiusa nella cura dei mercati e degli interessi dei mercanti, quanto invece di una nuova Europa che dobbiamo costruire: l’Europa dei popoli. In questo ritornando al passato, alle origini, quando, all’indomani della seconda guerra mondiale, i padri fondatori dell’Europa comunitaria misero le basi della cooperazione economica pensando e preconfigurando come un sogno l’integrazione politica europea. Purtroppo tuttora, dopo tanti decenni, l’integrazione dell’Europa attraverso una vera e propria Confederazione di Stati è solo un sogno, e l’integrazione politica è attuata solo in piccola parte, carenza che costituisce la principale causa dei guai attuali dell’Unione Europea.
Allora Cagliari deve essere città sarda e insieme europea, in grado di tracciare nuove strade per se stessa, per la Sardegna e per l’Europa. Un’impostazione di questo tipo, appena qui tratteggiata, ha moltissimi risvolti pratici, concretizzandosi pertanto anche nelle scelte del quotidiano amministrare. In questo quadro, appena delineato, la stesse “opzione indipendentista” (comunque la vogliamo nominare) per la Sardegna può essere praticata con condivisione maggioritaria, non quindi come concezione separatista minoritaria o scelta estremista, proprio in quanto si può sviluppare con piena cittadinanza e dignità nell’ambito europeo, nella costruzione della possibile nuova Europa che abbiamo prospettato.
* Tratto da un editoriale di Aladinews del 12 marzo 2012
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Matera 2019
Tonino Dessì su fb
Diciamoci la verità. Era, quella di Cagliari, un’impresa improvvisata, nella quale pochi cagliaritani sono stati coinvolti e della quale alla più parte dei sardi poco importava. Ora non cominciamo col vittimismo. In un largo immaginario mediatico (e non solo) certi riconoscimenti si conquistano se si è, per storia passata o almeno per vicende recenti, assunti come un simbolo, come qualcosa di emblematico. Piaccia o meno, Matera e i suoi Sassi sono uno degli emblemi del passato dolente del Sud Italia intero e ogni suo progresso un simbolo di un possibile futuro per l’Italia suo insieme. Non possiamo coltivare differenza e alterità senza sapere che si paga un prezzo.
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Nicolò Migheli su fb
Matera ha vinto perché è da anni che lavora per questo risultato. Ha avuto come sponsor Radio 3 con una trasmissione dedicata come Materadio. Ha vinto perché evidentemente aveva il miglior progetto. Cerchiamo di essere un po’ sportivi, non guasta.
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Ferdinando Secchi su fb
A mente fredda, abbiamo partecipato ad una competizione di straordinaria importanza e siamo arrivati ad un passo dalla vittoria. Abbiamo iniziato per ultimi questo percorso mentre Matera ha programmato la sfida nel 2007. Nella prima fase la nostra idea ha battuto cittá di cultura come Aosta, Bergamo, Caserta, Valle di Diano e Cilento con la Campania e il Mezzogiorno, Erice, Grosseto-Maremma, L’Aquila, Mantova, Palermo, Pisa, Reggio Calabria, Siracusa, Taranto-Sudest, Urbino e Venezia-Nordest. “La cosa più importante della sfida vinta da Matera è la straordinaria capacità progettuale d’insieme che hanno messo in campo le 6 città della short list. Il presidente della Commissione Green ieri ha affermato che nessun’altra competizione è mai stata di questo livello qualitativo”. Il ministro dei beni e delle attività culturale e del turismo, Dario Franceschini. Ha dichiarato “Per questo sono importantissime le due norme approvate dal parlamento con decreto Art Bonus. La prima è il programma Europa 2019 che prevede di sostenere la realizzazione del lavoro progettuale anche delle città che non hanno vinto. La seconda è l’introduzione dal 2015 della Capitale Italiana della cultura e sará una opportunità di competizione virtuosa a tutte le città italiane grandi e piccole, in grado di far scattare gli stessi meccanismi positivi e straordinari in termine di progettazione unitaria e creatività che abbiamo visto ora tra le sei città finaliste”. Mi dispiace per le cugurre e i detrattori ad ogni costo, ma Cagliari ha fatto un lavoro stupendo e otterrà lo stesso grandi risultati e poi come dice Francesco Frisco Abate siamo sempre, ogni anno, la Capitale del Piricocco!
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Cagliari2019 continua
Francesca Ghirra su fb
È stata una sfida bella ed emozionante che ci ha restituito la fiducia e la possibilità di sognare. Sappiamo che uniti siamo capaci di grandi cose. Continuiamo a costruire insieme un futuro migliore per noi e la nostra città. Ce lo meritiamo! ‪#‎cicreu‬ ‪#‎Cagliari2019‬
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L'UnioneSarda testata
- Rimane da vincere la sfida di sempre. Leader vera della Sardegna.. Gianni Filippini su L’Unione Sarda.

Peccato, peccato davvero! Sarebbe stata una gran bella occasione per tirar su la testa e mostrare quell’orgoglio di appartenenza che troppo spesso affoga nel grigiore della quotidianità. Avere il titolo di “Capitale europea della cultura”, poterlo vantare davanti al mondo, sarebbe stata infatti una carta con buone probabilità di essere vincente. E anche un irresistibile e vantaggioso richiamo per milioni di turisti. Di certo avrebbe funzionato da frustino per confermati impegni, rinnovate energie e coinvolgimenti convinti. E più nitida e stimolante sarebbe stata l’apertura di prospettive esaltanti per una crescita socioeconomica promossa e trainata dalla cultura, il potente motore così spesso maltrattato, in generale, da guidatori miopi e da meccanici impreparati. Anche senza il riconoscimento ufficiale, Cagliari può però proporsi – a buon diritto – come città dalle molte, singolari bellezze. Tutte caratteristiche, fra l’altro, che un clima di invidiata mitezza sa esaltare e tradurre in forte attrazione.
I progetti ci sono, bisogna comunque attuarli. Per tentare di vincere la difficile sfida, le cose, bisogna dire, erano state fatte con appassionata determinazione. Le carte presentate dal Comune restano di ottimo livello. Pur con qualche colpevole esclusione, una pattuglia politica e amministrativa ( sindaco Zedda e assessore Puggioni in testa) – con il contributo di qualificati esperti – aveva sottoposto all’esame della giuria un robusto e articolato dossier di idee creative, di buoni programmi, persino di qualche sogno. Insomma, poco o nulla era stato tralasciato per ottenere il prestigioso titolo. Quindi, il verdetto che nega a Cagliari la particolarissima chance non è il frutto di un impegno inadeguato. Perciò, un condivisibile filo di delusione non può prevalere sulla consapevolezza di aver fatto – persino con risorse limitate – il possibile.
Grave e imperdonabile errore sarebbe adesso il progressivo affievolirsi dell’apprezzato entusiasmo. Senza prospettive Cagliari ripiomberebbe nella fastidiosa routine di città che volta le spalle alla propria straordinaria ricchezza per vivere la soffocante normalità di tante piccole e grandi emergenze. La tensione deve invece restare alta, ogni energia va trasferita sulla sfida di sempre: saper essere veramente la capitale della Sardegna.
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Chiasteddu Onlài
17/10/14
chiasteddu onlai logo nuovo
La Chiapitale della Cultura è Mattera: ma noi tanto ci riproviamo l’anno prossimo

Alla fine no ce l’abbiamo fatta, nonostante ghe no c’è più Ciellino ma Giuliano alla fine il Chiagliari non è la capitale Europea della cultura. Stitzia si coddidi.
Alla fine su youtub hanno deciso ched’è Mattera, sempre ched’esiste e molti già urlano al gomblotto.

Cosa c’è a Mattera alla fine? I sassi, ma là ghe forse non hanno capito che di perdigoni ce n’abbiamo talmente tanti anche noi ghe Calamosca e Calafighera Massi li aveva chiusi a marolla appunto ghe erano fisso arrumbullonando perdigoni sopra la gente.

Dispiaciutissimo Massi ghe però assicura ghe anche se il Cagliari non è diventato Capitale Europea della Cultura gli aperitivini tattici promessi già si faranno l’ostesso, tanto l’ordinanza anticasini della Marina è finita e quindi Mattera ghe la marina manco cel’ha può tranquillamente cagarsi in mano e prendersi a schchiaffi.

Alla fine l’occhialino tattico di Massi non è bastato ad arrettare i livelli di cultura a Chiagliari, ghe comunque rimane sempre la Chiapittale del Mediterranio e quindi tutte le altre possono tranquille tirare in casino.

Ma poi, la verità? La-verità-la-verità? A sfreggio noi ci ritentiamo l’anno prossimo!
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- Per correlazione. Intervento di Franco Meloni su Cagliari e nuove strategie di sviluppo

APPUNTI. Dalla sfida perduta un grande stimolo per ripensare Cagliari e il suo ruolo nella Sardegna e in Europa

Cagllari corrre maratona-6apr14ape-innovativa2

A cura di Aladin

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Hanno ragione quanti, pur dispiaciuti per la mancata nomina di Cagliari a “Capitale europea della cultura per il 2019″, apprezzano il lavoro che ha condotto l’amministrazione comunale, sindaco Zedda e assessore Puggioni in testa, insieme con molti altri, a ottenere comunque un ottimo risultato (essere tra le sei finaliste) e ritengono che occorra ripartire da qui, intanto per cercare di fare quanto ci si era proposti in caso di vittoria, certo con minori mezzi a disposizione; poi si tratta di migliorare il programma da attuare, correggendo gli errori, modificando impostazioni sbagliate o ricercando altre iniziative. A questo punto occorre avviare (anzi riprendere con più vigore) un grande dibattito che, a nostro parere, non può che muoversi per rispondere a questo interrogativo: “Quale è il ruolo di Cagliari rispetto alla Sardegna e, insieme ad essa, all’Europa?” Questo dibattito non può che svilupparsi nella logica del cambiamento. Cioè: “Come deve cambiare Cagliari per giocare un ruolo in e per una Sardegna che deve cambiare per rispondere agli interessi dei sardi. Noi diciamo che questa Sardegna nuova e possibile non possa che realizzarsi come regione d’Europa, di un’Europa che noi vogliamo evidentemente diversa e che pertanto ci impegniamo a cambiare.
Ecco allora una serie di (pochi) appunti per continuare a riflettere e, speriamo, che le idee, le buone idee, si trasformino almeno in buona parte in opere.
cagliari acq
Appunti
Il ruolo di Cagliari per una possibile nuova Europa*
Cagliari ha in Sardegna un ruolo decisivo, una funzione fondamentale di guida dell’intera regione, di peso paragonabile a quello dell’Istituzione Regione. Come capita a tutte le capitali di questo mondo, per esercitare questa funzione dispone di risorse specifiche, che al di là delle critiche universalmente rivolte a tutte le capitali del mondo, deve congruamente restituire in benefici non solo ai suoi abitanti ma a tutti i cittadini che gliele hanno affidate. Nel caso di Cagliari a tutti i sardi. La Sardegna e i sardi abbiamo bisogno di praticare nuove politiche di sviluppo attraverso la realizzazione di nuovi modelli sociali ed economici. Siamo proprio in questa fase. Al riguardo è richiesto sopratutto a Cagliari – ovviamente insieme alla Regione e agli altri Enti locali, in modo speciale insieme alle altre città della Sardegna e, pertanto, in primo luogo ai Sindaci di queste città – di cimentarsi in una sfida epocale. Ci sono tanti modi per farlo concretamente. Io credo che la stella polare della ricerca di nuove strade sia l’Europa. Certo non si tratta di accontentarsi dell’attuale Europa, peraltro in crisi perchè troppo chiusa nella cura dei mercati e degli interessi dei mercanti, quanto invece di una nuova Europa che dobbiamo costruire: l’Europa dei popoli. In questo ritornando al passato, alle origini, quando, all’indomani della seconda guerra mondiale, i padri fondatori dell’Europa comunitaria misero le basi della cooperazione economica pensando e preconfigurando come un sogno l’integrazione politica europea. Purtroppo tuttora, dopo tanti decenni, l’integrazione dell’Europa attraverso una vera e propria Confederazione di Stati è solo un sogno, e l’integrazione politica è attuata solo in piccola parte, carenza che costituisce la principale causa dei guai attuali dell’Unione Europea.
Allora Cagliari deve essere città sarda e insieme europea, in grado di tracciare nuove strade per se stessa, per la Sardegna e per l’Europa. Un’impostazione di questo tipo, appena qui tratteggiata, ha moltissimi risvolti pratici, concretizzandosi pertanto anche nelle scelte del quotidiano amministrare. In questo quadro, appena delineato, la stesse “opzione indipendentista” (comunque la vogliamo nominare) per la Sardegna può essere praticata con condivisione maggioritaria, non quindi come concezione separatista minoritaria o scelta estremista, proprio in quanto si può sviluppare con piena cittadinanza e dignità nell’ambito europeo, nella costruzione della possibile nuova Europa che abbiamo prospettato.
* Tratto da un editoriale di Aladinews del 12 marzo 2012
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Matera 2019
Tonino Dessì su fb
Diciamoci la verità. Era, quella di Cagliari, un’impresa improvvisata, nella quale pochi cagliaritani sono stati coinvolti e della quale alla più parte dei sardi poco importava. Ora non cominciamo col vittimismo. In un largo immaginario mediatico (e non solo) certi riconoscimenti si conquistano se si è, per storia passata o almeno per vicende recenti, assunti come un simbolo, come qualcosa di emblematico. Piaccia o meno, Matera e i suoi Sassi sono uno degli emblemi del passato dolente del Sud Italia intero e ogni suo progresso un simbolo di un possibile futuro per l’Italia suo insieme. Non possiamo coltivare differenza e alterità senza sapere che si paga un prezzo.
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Nicolò Migheli su fb
Matera ha vinto perché è da anni che lavora per questo risultato. Ha avuto come sponsor Radio 3 con una trasmissione dedicata come Materadio. Ha vinto perché evidentemente aveva il miglior progetto. Cerchiamo di essere un po’ sportivi, non guasta.
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Ferdinando Secchi su fb
A mente fredda, abbiamo partecipato ad una competizione di straordinaria importanza e siamo arrivati ad un passo dalla vittoria. Abbiamo iniziato per ultimi questo percorso mentre Matera ha programmato la sfida nel 2007. Nella prima fase la nostra idea ha battuto cittá di cultura come Aosta, Bergamo, Caserta, Valle di Diano e Cilento con la Campania e il Mezzogiorno, Erice, Grosseto-Maremma, L’Aquila, Mantova, Palermo, Pisa, Reggio Calabria, Siracusa, Taranto-Sudest, Urbino e Venezia-Nordest. “La cosa più importante della sfida vinta da Matera è la straordinaria capacità progettuale d’insieme che hanno messo in campo le 6 città della short list. Il presidente della Commissione Green ieri ha affermato che nessun’altra competizione è mai stata di questo livello qualitativo”. Il ministro dei beni e delle attività culturale e del turismo, Dario Franceschini. Ha dichiarato “Per questo sono importantissime le due norme approvate dal parlamento con decreto Art Bonus. La prima è il programma Europa 2019 che prevede di sostenere la realizzazione del lavoro progettuale anche delle città che non hanno vinto. La seconda è l’introduzione dal 2015 della Capitale Italiana della cultura e sará una opportunità di competizione virtuosa a tutte le città italiane grandi e piccole, in grado di far scattare gli stessi meccanismi positivi e straordinari in termine di progettazione unitaria e creatività che abbiamo visto ora tra le sei città finaliste”. Mi dispiace per le cugurre e i detrattori ad ogni costo, ma Cagliari ha fatto un lavoro stupendo e otterrà lo stesso grandi risultati e poi come dice Francesco Frisco Abate siamo sempre, ogni anno, la Capitale del Piricocco!
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Cagliari2019 continua
Francesca Ghirra su fb
È stata una sfida bella ed emozionante che ci ha restituito la fiducia e la possibilità di sognare. Sappiamo che uniti siamo capaci di grandi cose. Continuiamo a costruire insieme un futuro migliore per noi e la nostra città. Ce lo meritiamo! ‪#‎cicreu‬ ‪#‎Cagliari2019‬
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- Rimane da vincere la sfida di sempre. Leader vera della Sardegna.. Gianni Filippini su L’Unione Sarda.

Peccato, peccato davvero! Sarebbe stata una gran bella occasione per tirar su la testa e mostrare quell’orgoglio di appartenenza che troppo spesso affoga nel grigiore della quotidianità. Avere il titolo di “Capitale europea della cultura”, poterlo vantare davanti al mondo, sarebbe stata infatti una carta con buone probabilità di essere vincente. E anche un irresistibile e vantaggioso richiamo per milioni di turisti. Di certo avrebbe funzionato da frustino per confermati impegni, rinnovate energie e coinvolgimenti convinti. E più nitida e stimolante sarebbe stata l’apertura di prospettive esaltanti per una crescita socioeconomica promossa e trainata dalla cultura, il potente motore così spesso maltrattato, in generale, da guidatori miopi e da meccanici impreparati. Anche senza il riconoscimento ufficiale, Cagliari può però proporsi – a buon diritto – come città dalle molte, singolari bellezze. Tutte caratteristiche, fra l’altro, che un clima di invidiata mitezza sa esaltare e tradurre in forte attrazione.
I progetti ci sono, bisogna comunque attuarli. Per tentare di vincere la difficile sfida, le cose, bisogna dire, erano state fatte con appassionata determinazione. Le carte presentate dal Comune restano di ottimo livello. Pur con qualche colpevole esclusione, una pattuglia politica e amministrativa ( sindaco Zedda e assessore Puggioni in testa) – con il contributo di qualificati esperti – aveva sottoposto all’esame della giuria un robusto e articolato dossier di idee creative, di buoni programmi, persino di qualche sogno. Insomma, poco o nulla era stato tralasciato per ottenere il prestigioso titolo. Quindi, il verdetto che nega a Cagliari la particolarissima chance non è il frutto di un impegno inadeguato. Perciò, un condivisibile filo di delusione non può prevalere sulla consapevolezza di aver fatto – persino con risorse limitate – il possibile.
Grave e imperdonabile errore sarebbe adesso il progressivo affievolirsi dell’apprezzato entusiasmo. Senza prospettive Cagliari ripiomberebbe nella fastidiosa routine di città che volta le spalle alla propria straordinaria ricchezza per vivere la soffocante normalità di tante piccole e grandi emergenze. La tensione deve invece restare alta, ogni energia va trasferita sulla sfida di sempre: saper essere veramente la capitale della Sardegna.
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Chiasteddu Onlài
17/10/14
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La Chiapitale della Cultura è Mattera: ma noi tanto ci riproviamo l’anno prossimo

Alla fine no ce l’abbiamo fatta, nonostante ghe no c’è più Ciellino ma Giuliano alla fine il Chiagliari non è la capitale Europea della cultura. Stitzia si coddidi.
Alla fine su youtub hanno deciso ched’è Mattera, sempre ched’esiste e molti già urlano al gomblotto.

Cosa c’è a Mattera alla fine? I sassi, ma là ghe forse non hanno capito che di perdigoni ce n’abbiamo talmente tanti anche noi ghe Calamosca e Calafighera Massi li aveva chiusi a marolla appunto ghe erano fisso arrumbullonando perdigoni sopra la gente.

Dispiaciutissimo Massi ghe però assicura ghe anche se il Cagliari non è diventato Capitale Europea della Cultura gli aperitivini tattici promessi già si faranno l’ostesso, tanto l’ordinanza anticasini della Marina è finita e quindi Mattera ghe la marina manco cel’ha può tranquillamente cagarsi in mano e prendersi a schchiaffi.

Alla fine l’occhialino tattico di Massi non è bastato ad arrettare i livelli di cultura a Chiagliari, ghe comunque rimane sempre la Chiapittale del Mediterranio e quindi tutte le altre possono tranquille tirare in casino.

Ma poi, la verità? La-verità-la-verità? A sfreggio noi ci ritentiamo l’anno prossimo!
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- Per correlazione. Intervento di Franco Meloni su Cagliari e nuove strategie di sviluppo

La Capitale europea della Cultura per il 2019 è Matera. Cagliari è comunque tra le vincitrici. E questo basta per impegnarci tutti a migliorare (e a migliorarci) per noi, per la Città e per la Sardegna. Viviamola dunque come una Vittoria!

Matera 2019Matera logo 2019
CagliaRI CAP CULTURA 2019
- Per saperne di più.

in giro con la lampada di aladin sulle risorse per lo sviluppo…

lampada aladin micromicroSerracchiani: cofinanziamenti Ue via dal patto di stabilità
(Regioni.it 2579 – 08/10/2014) Escludere i cofinanziamenti Ue dal patto di stabilità, lo evidenzia il presidente della regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani: “E’ necessario che anche le quote di co-finanziamento nazionale dei Fondi strutturali siano escluse dal Patto di stabilita’. Su un tema come questo la stessa Commissione europea deve attivarsi”.
stemma_regione_sardegna- Presentato dall’assessore Raffaele Paci il Piano Regionale di Sviluppo.
- segue -

in giro con la lampada di aladin…

lampada aladin micromicro- Il miraggio del lavoro e la Sardegna svenduta agli speculatori. Athony Muroni su L’Unione Sarda (ripreso da SardegnaSoprattutto).
- Zedda, tre ostacoli in 17 giorni per la ricandidatura a sindaco di Cagliari. Ce la farà a superarli?. Vito Biolchini su vitobiolchini,it
- ll jobs act è un manifesto della malafede. Su Democraziaoggi

in giro su Cagliari con la lampada di aladin…

lampadadialadmicromicro133Cagliari, ex Manifattura Tabacchi. Firino: “Confronto serrato col Comune”. Su L’Unione Sarda on line. Vedi precedenti su Aladinpensiero.

in giro con la lampada di aladin…

lampadadialadmicromicro132- Cagliari, ex Manifattura Tabacchi
Pd punta a “hub” per imprese cultura
. Su L’Unione Sarda on line.
ape-innovativaSull’argomento vedi Aladin dello scorso 7 settembre. – segue -

Europa Creativa ospite di Cagliari-Sardegna 2019: infoday sul Sottoprogramma Cultura martedì 16 settembre

cagliari europa crativa info day Europa creativaCagliari, 16 Settembre 2014*, Sala Conferenze del Centro Culturale Il Ghetto – Via Santa Croce, 18 – Cagliari.
- EuropeCreative Guidelines.
- Sottoprogramma EuropaCreativa Cultura.

in giro con gli occhiali di Piero e la lampada di Aladin

GLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x15014131aladin-lampada-di-aladinews312ANNIVERSARI. Su Aladinpensiero il primo agosto di un anno fa.
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- Ecco come il Parco della Musica è stato negato al jazz! I consiglieri Lobina e Dore scrivono al sindaco Zedda e lui… by vitobiolchini.it
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- Anteprima dei Google Glass alla Turandot. Su Ttecnologico.
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disperazione- Disoccupazione giovanile: nuovo record con il 43,7.
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- Crisi, Pil ed economisti nel pallone: in realtà è la fine di un sistema. Andrea Saba su La Nuova Sardegna.