Risultato della ricerca: elezioni e legge elettorale

Potere al Popolo: Siamo sempre presenti nelle lotte e non partecipiamo alla scadenza elettorale. Una posizione coerente e da rispettare.

img_3442[Nota stampa di Potere al Popolo - Sardegna]
Perché non troverete una vera alternativa di classe sulla scheda elettorale
Chi, alle prossime elezioni regionali, sperava di poter sostenere un progetto popolare di alternativa al polo unico che da decenni gestisce il potere in Sardegna, rimarrà delusə.
Noi di Potere al Popolo abbiamo iniziato a ragionare molto presto sull’esigenza di costruire un blocco di reale alternativa per le Regionali del 2024, e abbiamo in più occasioni, già all’indomani delle elezioni politiche del 2022, indicato la strada maestra nell’esperienza di Unione Popolare – fiduciosз, del resto, che il Partito della Rifondazione Comunista, che ha condiviso con noi quel percorso, sentisse la medesima esigenza, pur nella comune volontà di mettere quella piattaforma a disposizione di tutte le soggettività interessate a partecipare ad un processo di discussione pubblica, inclusivo e senza preconcetti, che portasse all’unità delle sinistre anticapitaliste sarde.
Su proposta del Partito della Rifondazione Comunista abbiamo, con pazienza e senso di responsabilità, partecipato per mesi ad un confronto con altre sigle, organizzato eventi pubblici perché un tale dialogo fosse trasparente e partecipato, mostrato la nostra disponibilità a superare certe rigidità in nome dell’urgenza del momento. Infine, pur manifestando una serie di perplessità, abbiamo fatto un passo indietro sulla nostra proposta di continuità del simbolo di Unione Popolare, favorendo l’inclusione del campo indipendentista nel nascente fronte di opposizione, per costruire in esso una proposta fondata sui temi decisivi dei beni comuni e del diritto all’autodeterminazione aggrediti dalla barbarie capitalistica. È da queste premesse che nasceva il “Secondo Polo”.
Dopo mesi di discussione, durante i quali il tentativo di rimuovere ogni riferimento alla sinistra di classe ha prevalso sull’esigenza di ragionare sui programmi, le e gli indipendentistз hanno deciso di abbandonare il tavolo del “Secondo Polo” per entrare nella coalizione padronale e leaderistica di Renato Soru. Per quanto il nostro giudizio su tale scelta sia severo, essa non ci sorprende; riteniamo invece assai più incongruente che, a stretto giro, la stessa risoluzione sia stata assunta dal Partito della Rifondazione Comunista, non tanto e non solo perché le nostre organizzazioni partecipano al comune progetto di Unione Popolare, ma anche e soprattutto in quanto una tale alleanza – al di là delle formule con cui la si è giustificata, parlando di “desistenza” – è oggettivamente irricevibile per ragioni che non dovrebbe essere necessario spiegare a chi si dichiara comunista.
Le acrobazie retoriche non ci appartengono.

Oggi mercoledì 20 dicembre 2023

img_3099 Premierato inammissibile ed eversivo perché contro la sovrantà popolare
20 Dicembre 2023
A.P. Su Democraziaoggi

Da quando sono scomparse le maggiori forze costituenti (DC, PCI, PSI) ha avuto inizio un sistematico attacco alla Carta, volto a modificarne l’impianto fondamentale. Non solo la destra, anche il PD di Renzi ha fatto la sua parte in questa vicenda. Ma quale il punto centrale dell’attacco? La sovranità popolare e il continuum che assicura […]
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img_3442L’ultimo valzer di Renato Soru
19/12/2023 alle 21:56 di Vito Biolchini su vitobiolchini.it

C’è qualcosa di tragico, di comico e di tragicomico in questa campagna elettorale per le elezioni regionali che il prossimo 25 febbraio vedrà i sardi chiamati alle urne per decidere del loro futuro.

Un po’ di serietà signori (poco) onorevoli!

img_3442Diario elettorale #1 Andremo alle urne il 25 febbraio: in onore di Pulcinella e Arlecchino
16/12/2023 alle 10:48 Vito Biolchini su vitobiolchini.it
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Con chi si candiderà?
Caro Diario,

Indipendenti(sti) da chi?

img_3442Indipendentisti per Soru: poche opportunità, tanto opportunismo
12/12/2023 alle 08:55. Vito Biolchini su vitobiolchini.it .

“Coalizione” o “Coalitzione”?
Ho sempre avuto un grande rispetto per chi fa politica e che, a costo di grandi sacrifici e tormenti esistenziali, si mette in gioco e si candida alle elezioni. La mia stima cresce se poi chi ci mette la faccia milita in una formazione piccola, che ha poche o nulle possibilità di vittoria. In questo caso, apprezzo soprattutto le motivazioni, la linearità del percorso, la capacità di non mollare. La tenacia. La coerenza.

Riflessioni d’attualità

50ee1f07-1130-46ba-a88d-8f37e86af43eIstituzionalizzazione delle primarie per legge (in Sardegna): arrivarci male, arrivarci tardi.
di Marco Meloni Lai
Nella letteratura di Scienze Politiche a riguardo:_
Le primarie sono una procedura aggregativa di Democrazia Intra-Partitica (IPD nella letteratura delle scienze politiche internazionali), si basa sul principio democratico elettorale (a discapito del principio deliberativo) aggregando preferenze su incarichi interni o candidati attraverso il voto di iscritti/simpatizzanti/votanti.
Tra fine anni ’90 e prima decade del 2000 sono passate da essere uno strumento esplorativo ed innovativo ad una realtà affermata in molti partiti occidentali, con un movimento di diffusione da sinistra a (lentamente) destra, passando per l’impulso dei partiti cosiddetti non allineati (o populisti).
Si pensava che sarebbero state una realtà imperitura (con la loro istituzionalizzate nei partiti) con effetti democratizzanti, sia in termini di processo decisionale che ti ri-connessione tra partiti e cittadini.

Oggi lunedì 4 dicembre 2023

img_3099 Cambiare la legge elettorale sarda
4 Dicembre 2023
Gianni Pisanu su Democraziaoggi

La Legge Elettorale è sempre quella.
La questione irrisolta della Legge elettorale si ripropone sempre quando è ormai troppo tardi. Le elezioni regionali sono vicine. Ritengo che una discussione sul tema possa comunque costituire un’opportunità da prendere in considerazione per tutti gli schieramenti. Le criticità che destra, sinistra, partiti, movimenti, che di volta in volta […]
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Alessandra Todde über alles

img_3442Da Nuoro un messaggio forte e chiaro: la candidata è Alessandra Todde, indietro non si torna.
Vito Biolchini su vitobiolchini.it .
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Alessandra Todde è la candidata del centrosinistra e nulla potrà più farla tornare indietro. Nemmeno i tentativi destabilizzanti di Renato Soru e dei Progressisti, e neanche l’interessata ambiguità di Graziano Milia (che presto dovrà decidere da che parte stare) o i malumori incrociati dei militanti del Pd e dei Cinquestelle. Il dado è tratto, la decisione è presa, la partita è chiusa: la candidata è lei, il tempo delle trattative e dei sottili ricatti è finito. Chi vuole, può unirsi: oppure, andare per la sua strada. […]

Oggi martedì 28 novembre 2023

img_3099 Autonomia differenziata, va in aula al Senato il pasticcio della pseudo secessione
28 Novembre 2023 – Alfiero Grandi, su Democraziaoggi.
La Commissione Affari Costituzionali del Senato ha concluso l’esame del testo del disegno di legge del Governo sull’autonomia regionale differenziata, testo presentato dal solo Ministro Calderoli.
Dopo il voto su emendamenti e ordini del giorno riguardanti i 10 articoli del ddl ora ci sono le dichiarazioni di voto dei senatori e dopo il voto […]
img_3442 Soru-Todde: ecco perché un accordo è (quasi) impossibile
27/11/2023 alle 15:54 di Vito Biolchini su vitobiolchini.it
Oggi l’Unione Sarda e la Nuova Sardegna danno la stessa notizia: ci sarebbero delle trattative sottotraccia per ricomporre la frattura tra il centrosinistra che ha espresso la candidatura di Alessandra Todde e Renato Soru.

Israele Palestina: il sogno necessario

di Mariano Borgognoni*
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*Su Rocca n. 22/2023
E dunque ora che fare? Cosa immaginare per il futuro della terra dolorante e insanguinata di Israele e di Palestina? Dentro lo spessore di un odio seminato nel tempo dell’indifferenza della comunità internazionale e nel prevalere dentro i due campi delle forze più ciniche, miopi e aggressive? Nel periodo caratterizzato da un lato dal crescente logoramento della democrazia israeliana fino alle ripetute e grandi manifestazioni di piazza contro l’attacco da parte di Netanyahu e del suo governo di iperdestra alla magistratura costituzionale di cui anche Rocca ha ripetutamente parlato, e dall’altro dalla sempre più irriducibile spaccatura dentro il mondo palestinese tra Fatah e Hamas fino alla rottura tra l’Amministrazione della Cisgiordania e quella di Gaza. Per ricreare le condizioni di sbocco di un conflitto senza fine bisogna prima di tutto cercare di comprendere la situazione, le forze in campo e le loro dinamiche. Mai come ora valgono, soprattutto per quanti amano questa terra e i suoi popoli, le parole di un grande ebreo perseguitato anche dalla sua comunità, Baruch Spinoza: nec ridere, nec lugere, neque detestari, sed intelligere. Non si tratta di mettere tutto sullo stesso piano. È evidente che tra un Paese pluralista e una organizzazione terrorista con basi di massa non c’è equidistanza però anche un Paese pluralista può con le sue scelte alimentare tensioni così profonde sulle quali finiscono per germinare e ingigantirsi le forze peggiori. Quelle che hanno portato a quello shabat di inizio ottobre che non solo deve essere condannato ma che, occorre dirlo, rappresenta un abominio senza precedenti. Ce lo dicono con grande sofferenza anche quanti, David Grossman e tanti altri intellettuali e pacifisti israeliani spesso residenti nei kibbuzzim violentati, hanno sempre combattuto per la pace e la convivenza ed hanno compreso e sostenuto la causa palestinese. Tuttavia il diritto di Israele a difendere la propria sicurezza non può, come sta avvenendo, scaricarsi sulla popolazione civile di Gaza nelle forme terribili cui stiamo assistendo e in violazione del diritto internazionale di guerra e di qualsiasi senso di umanità. C’è uno straordinario pensiero che Etty Hillesum scrive nel proprio diario di internata e poi di martire su cui varrebbe la pena riflettere: “È proprio l’unica possibilità che abbiamo, non vedo alternative, ognuno di noi deve raccogliersi e distruggere in se stesso ciò per cui ritiene di dover distruggere gli altri. E convinciamoci che ogni atomo di odio che aggiungiamo al mondo lo rende ancor più inospitale…”

Non esiste altra strada di superamento di questo antico conflitto (lo Stato binazionale è solo una fuga in avanti pericolosa) se non quello di riprendere la via verso la costituzione di due Stati per due popoli avendo come bussola le risoluzioni delle Nazioni Unite e i diversi accordi disattesi lungo questi decenni. Forse quando si tocca il fondo dell’errore e dell’orrore si possono riaprire ipotesi apparentemente, sul momento, irrealistiche ma che costituiscono quel sogno necessario che abbiamo scelto come titolo di copertina di questo sofferto numero della rivista. Due popoli, due Stati con un rapporto confederativo che possa coinvolgere anche la Giordania, Paese i cui cittadini sono palestinesi per più del cinquanta per cento, in una terra che va dal Giordano al Mediterraneo. Per Israele è l’unico modo di garantirsi una sicurezza che non si fondi esclusivamente sulle armi, per i palestinesi l’unico modo per avere, per la prima volta, uno Stato, in un territorio che, lungo la storia, ha conosciuto solo una infinità di dominazioni. La comunità internazionale e in primo luogo l’Europa, se riesce ad uscire dalla sua invertebrata nanità politica, debbono sostenere con ogni sforzo questo processo. È fondamentale per la pace dentro un quadrante simbolico, culturale, economico e strategico tendenzialmente deflagrante. L’alternativa a questo è solo l’imporsi con la forza di uno dei soggetti in campo con la prospettiva di un ampliarsi della guerra fin dove non si sa e del dilagare del terrorismo interno e internazionale. In questo senso gli opposti fondamentalismi religiosi sono un veleno mortale. Israele non è tout court il popolo ebraico e il popolo ebraico è popolo che ha avvertito la chiamata di Dio non perché più virtuoso degli altri ma per essere, semmai, segno di pace tra gli altri, essendo come tutti gli altri, per dirla con uno dei fondatori del moderno Israele popolo di lavoratori, di donne e di uomini virtuosi, di ladri e di puttane. E cosi per il popolo arabo di Palestina sarebbe certo auspicabile che emergesse con più forza la compresenza di musulmani, cristiani, laici come per molti anni è stato che lascino immaginare un futuro non solo di indipendenza ma anche di libertà soprattutto per i giovani e le donne.

È ovvio che se si continua a coltivare il retropensiero secondo cui il male sta nella decisione delle Nazioni Unite di consentire la nascita dei due Stati prima inesistenti e che Israele deve essere espulso dall’area con le buone o con le cattive, allora non resta che il terrorismo e la guerra. E analogamente se in Israele si pensa ad un grande Stato “ebraico” non c’è che l’insicurezza permanente, la tensione, l’armarsi fino ai denti e l’aumento dell’odio e dello spirito di vendetta da parte di un popolo oppresso e privato dei propri diritti.

Capisco che questo ragionamento riposa ancora largamente su desideri ed auspici e tuttavia essi non sono campati in aria ma radicati in una terra che, in alcuni momenti preziosi, ha avvertito l’esistenza di una via d’uscita tanto ardua quanto reale e praticabile, un’altra via, per la quale valga la pena deporre le armi delle ragioni che, dall’una parte e dall’altra, possono essere accampate.

Le condizioni per seguire questa strada, l’unica realistica a dispetto delle apparenze contrarie, sono certamente difficili ma chi è fuori dal fuoco del conflitto ha il dovere di aiutare a definirle.

Innanzi tutto che cessi il massacro della popolazione civile a Gaza;

che si interrompa la crescente colonizzazione della Cisgiordania;

che l’Autorità Nazionale Palestinese, magari rinnovandosi e ponendosi all’altezza di questo tempo cruciale, prenda le distanze dal terrorismo e rilanci la proposta di un accordo sulla base del diritto internazionale;

che il mondo arabo moderato assuma la questione della costituzione dello Stato di Palestina dentro la cornice dei cosiddetti accordi di Abramo che invece stavano passando sulla testa dei palestinesi;

che la comunità internazionale accompagni un percorso sul quale, almeno a parole, i diversi Stati che la compongono si dicono concordi.

La via del terrorismo e della guerra non ha consentito di realizzare in settant’anni né la sicurezza di Israele né la nascita dello Stato palestinese. Avrà un senso o no imboccarne un’altra? Con molto realismo, senza massimalismi, senza integralismi e sovraeccitazioni religiose, si può immaginare non l’amore reciproco ma una convivenza decente. Il resto potrà farlo la scoperta progressiva di quanto quella terra, curata da due popoli, possa divenire ricca di benessere per tutti.

Non è troppo sperare in questa prospettiva, è troppo poco non fare tutto il possibile perché essa muova dei passi.
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PER CINQUE ANNI NON CI SARÀ NIENTE DA FARE
8 NOVEMBRE 2023 / COSTITUENTE TERRA / L’UNITÀ UMANA /
Il governo sarà al potere senza dipendere dalla fiducia parlamentare. L’ “antiribaltone” significa che potrà occupare tutte le istituzioni e fare qualsiasi fino alle riforme costituzionali

di Gustavo Zagrebelsky

Per una volta e contro l’indole dei vecchi che vedono sempre tutto nero, prometto di pensare positivo. Perciò non mi accodo alle prefiche e dico che la riforma è buona, molto buona, chiara, tecnicamente perfetta, democraticamente impeccabile. Direi, convincente. Si vede che vi hanno lavorato fini intelletti. Sarà certamente invidiata e imitata in giro per il mondo. I rancorosi dicono che saremmo i soli con questa riforma. E con ciò? È una critica? No, è che semplicemente siamo più svegli e più avanti. Il genio giuridico italico ancora una volta riluce.

Se le novità le guardiamo dal punto di vista del mondo politico, ci sono e ci saranno dissensi. Ma, se le guardiamo dal punto di vista dei cittadini – il nostro punto di vista – dobbiamo ammettere che è una riforma fatta per noi. Quantomeno, per il futuro ci libereremo di fastidiose incombenze.

Prevedibilmente, voteremo una volta sola ogni cinque anni per scegliere contemporaneamente il presidente del Consiglio e il Parlamento. Non abbiamo tante volte detto che in Italia si vota troppo? Le elezioni sono state una nostra persecuzione e, difatti, sempre più sono i cittadini che si sottraggono, disertando le urne elettorali. Ecco qua, allora: una volta sola ogni lustro. In più, si voterà “tramite un’unica scheda elettorale”. Non ci avevamo mai pensato finora: un voto che vale due. Altro che complicazioni nelle cabine elettorali, con l’elettore che ha in mano più schede, ci si perde, magari gli viene in mente di dare un “voto disgiunto” o qualcosa del genere.

Finalmente, le Camere la smetteranno di intralciare il lavoro del governo. Sapranno che, se mai passerà per la testa di sfiduciare il presidente del Consiglio che è stato “eletto per cinque anni”, oppure anche solo se gli daranno qualche fastidio inducendolo a “cessare dalla carica”, cioè a dimettersi di sua iniziativa, andranno incontro alla propria rovina, lo scioglimento. Parlamento e Governo saranno strettamente avvinghiati in vita e in morte ed entrambi vorranno vivere, mica morire. Basta tensioni; e basta anche prevaricazioni governative (l’altro lato della medaglia) come i decreti-legge a pioggia; i voti di fiducia per stroncare gli emendamenti del Parlamento; le forzature regolamentari: non ce ne sarà più bisogno.

Ciò malgrado, se qualche pur inimmaginabile incidente si verificasse, cioè se si incrinasse quel tacito patto di vita e di morte, poco male. I patti si basano sulla fiducia: fiducia per tutti i cinque anni successivi. Data la simultanea elezione del presidente del Consiglio e del Parlamento sarebbe assai strano che il governo non ottenga la fiducia all’inizio della sua vita. Ma, se per assurda ipotesi, ciò accadesse, poco male. Il presidente del Consiglio può riprovarci e, se di nuovo non ci riesce, c’è la sanzione: scioglimento delle Camere, a riprova che esse sono lì solo per dire sì al governo. Se invece la fiducia venisse meno in corso d’opera, cioè nel quinquennio, il presidente del Consiglio potrebbe – primo – tentare la pacificazione; oppure – secondo – un parlamentare della maggioranza potrebbe essere chiamato a sostituirlo, purché s’impegni ad attuare lo stesso programma del presidente del Consiglio precedente, sfiduciato; infine, se nemmeno questo risultasse possibile, allora scioglimento delle Camere. È l“anti-ribaltone”, invenzione al posto della “sfiducia costruttiva” che, sia pure piuttosto ipoteticamente, consentirebbe la formazione di un altro governo con diversa maggioranza. Qualche malpensante (non noi, che abbiamo deciso di pensare positivo) potrebbe rilevare una contraddizione: il presidente del Consiglio si vuole che nasca per il voto popolare diretto, invece così potrebbe essere uno dei tanti che sono stati, sì, eletti, ma per fare altro, cioè il parlamentare. E potrebbe anche pensare che così si voglia dare a un uomo forte della compagine governativa la possibilità di insidiare il presidente eletto direttamente, trafficando e tramando dentro la coalizione. Ma, insomma, qualche difetto siamo disposti ad accettarlo, anche a costo di complicazioni e raffazzonamenti.

Chiaro, comunque, è che non avremo più “governi tecnici”. Di fronte alla paralisi della politica, almeno ci saranno risparmiati i Ciampi, i Monti, i Draghi che tanto male hanno fatto al nostro Paese. Se la politica non riuscisse a produrre un governo, pazienza. Sempre meglio che mettersi nelle mani di qualcuno che dalla politica non proviene. C’è comunque, a garanzia, l’elezione diretta del capo del Governo, ogni volta “per cinque anni”. Questo è il cuore della riforma. Come si può dubitare che un tale “eletto” non sarà capace di governare, avendo dietro di sé una tale immensa spinta popolare? Come debba essere eletto, su questo la riforma è reticente. In unica tornata, bastando, per vincere, un voto in più rispetto agli altri; oppure, in due tornate, la seconda di ballottaggio? Sono due sistemi molto diversi, il secondo aprendo la strada alle coalizioni. Speriamo che non si finisca per scegliere quest’ultima: di coalizioni ne abbiamo avute fin troppe e ora è il tempo dell’uomo o della donna soli al potere, con la loro corte, anzi coorte, senza dover cedere a mediazioni e compromessi.

Basta, poi, con limiti, controlli, contrappesi. Sono zavorre. Perciò ben venga un sistema elettorale che garantisca a chi vince comunque, anche se con pochi voti, il 55% dei seggi in Parlamento. Garantirà la “governabilità”. Secondo il significato passivo della parola, saremo tutti felici d’essere governati: noi, così fastidiosamente indisciplinati e indocili. Con quel facile e bel premio a portata di mano, la maggioranza da sola potrà eleggere “il suo” presidente della Repubblica, rendendo obsolete le discussioni attuali circa la riduzione delle sue attuali prerogative; potrà con poca difficoltà eleggere “i suoi” giudici costituzionali e “i suoi” componenti del Consiglio superiore della Magistratura. Avendo vinto le elezioni, potrà occupare tutte le istituzioni, come è giusto che sia. Insomma, c’è un gran bisogno che ci si metta in riga, e la riforma promette bene. Se poi non basta, con quella maggioranza si potrà anche cercare di cambiare e ricambiare ancora la Costituzione, finché non si arrivi a ciò che serve. Insomma, stiamo tranquilli perché siamo in una botte di ferro.

Sì, stiamo tranquilli perché la volontà di questo governo di procedere senza sbavature è chiara, fin nei dettagli. Ne è l’esempio l’abolizione futura dei senatori a vita e la “categoria a esaurimento” in cui saranno messi e umiliati gli attuali. Esaurimento a uno a uno, fino a che morte non sopraggiunga o essi stessi non decidano di andarsene. Bene anche qui: chi credono di essere? Hanno “illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”. E con ciò? Forse che anche noi non siamo ugualmente patrioti? Dove va a finire l’uguaglianza se tolleriamo la presenza di questi signori che, la Patria, se la possono benissimo illustrare a casa loro?

Ma, il maggior merito di questa riforma sta indubbiamente nel “presidente eletto” direttamente. È il modo migliore per animare la competizione elettorale: si combatte per vincere e umiliare. Un poco di verve in più sarà benvenuta. Già ora, anche da noi, lo scontro elettorale è “personalizzato”, ma non basta. Altri sono molto più avanti di noi, quando si tratta di eleggere il “capo del Governo”. Dossieraggi, maldicenze, insulti, sicofanti, “macchine del fango”, intimidazioni, violenze sono tutte cose utili. Non che non le conosciamo già, ma si può certo migliorare per spaccare il Paese e poi reprimere chi non ci vuole stare.

C’è solo un timore, il timore che le componenti minoritarie della maggioranza, si accorgano, dati alla mano, che la riforma servirebbe solo alla componente più forte, mentre loro diventerebbero quasi irrilevanti. Qualora si accorgessero – e speriamo di no – che rischiano di essere poi ricordati come i classici utili idioti, gli auspici di quanti pensano positivo andrebbero facilmente in fumo. Ora, però, deve venire – se pur superfluo – l’avvertimento ai lettori che siano giunti fin qui.

Si saranno chiesti se il “pensare positivo” proposto all’inizio non sia altro che un artificio paradossale per mettere in guardia e non cadere in trappola. Cioè per sollecitare proprio il contrario, cioè un “pensiero negativo” o oppositivo o almeno circospetto. Norberto Bobbio ha scritto: «Non dico che gli ottimisti siano sempre fatui, ma i fatui sono sempre ottimisti».

La posta in gioco non è da poco.

Molto meglio cauti che fatui.

Gustavo Zagrebelsky

(da “La Repubblica” del 4/11/2023)

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Verso il Convegno su Adriano Olivetti e la Sardegna – Documentazione

img_4862img_4876Verso il Convegno di Cagliari del 27 e 28 ottobre 2023. ADRIANO OLIVETTI E LA SARDEGNA, quando il comunitarismo incontrò il sardismo.
di Salvatore Cubeddu, sul sito della Fondazione Sardinia.
La storia del rapporto tra Adriano Olivetti e il partito sardo nelle elezioni politiche del 1958. Il racconto dell’intellettuale lussurgese Antonio Cossu inviato da Ivrea in Sardegna. Il testo dell’accordo elettorale tra Adriano Olivetti e Titino Melis, segretario del PSd’A(z) (i due nelle foto). Il programma politico-economico-culturale (stralcio). Le elezioni politiche del 1958 in Sardegna.
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Elezioni e oltre

img_3442LABORATORIO POLITICO SARDEGNA 2024 – di ANTONIO SECCHI.
- Sep 26, 2023 – CEST, su PoliticaInsieme: https://www.politicainsieme.com/laboratorio-politico-sardegna-2024-di-antonio-secchi/.
Il prossimo anno la Sardegna, quasi senza averne consapevolezza, rappresenterà un laboratorio politico che travalicherà i confini isolani per assumere rilevanza almeno nazionale e per certi aspetti anche europea. Si celebreranno infatti nel primo semestre del 2024 in ordine cronologico, prima le elezioni regionali poi a seguire le amministrative dei grandi comuni e a giugno quelle europee per l’elezione del nuovo Parlamento di Strasburgo.

Verso le elezioni sarde

img_3442Riapriamo una finestra sulla seconda riunione del tavolo di alleanza progressista/elezioni regionali 2024: è stata dimostrata una larga consapevolezza dell’enorme significato della tornata elettorale del prossimo 2024 nell’isola (regionali, amministrative, europee) e che i giocatori della partita non sono solo la destra e la sinistra perché c’è anche il terzo incomodo, “l’astensionismo”. E nella domenica 10 settembre potrebbe apparire a Oristano un quarto giocatore formato da indipendentisti e identitari sardi che danneggerebbe la forza dell’alleanza di sinistra, arricchitasi da Sardegna chiama Sardegna, giovane movimento guidato dal trentenne Danilo Lampis, presentatosi con le idee chiare (diagnosi spietata dell’emergenza della crisi democratica sarda e dell’urgenza di una nuova dinamica partecipativa con la presentazione di 5 progetti di legge nella nuova consiliatura: 1.Energia/eolico, 2.Sanità pubblica, 3.Attuazione poteri Statuto sardo, 4.Nuova legge elettorale regionale abrogando quella vergognosa vigente, 5.Istruzione)
[a cura di Tonino Secchi]
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Una grande convergenza politica ed elettorale con un “governo di scopo”

img_3442Prima che si conosca l’esito della consultazione per supportare il movimento nelle scelte elettorali, la dirigenza di SardegnachiamaSardegna a tarda sera di oggi ha pubblicato un appello perché di arrivi quanto prima a “… una grande convergenza politica ed elettorale che provi a dare alla Sardegna un ‘governo di scopo’“. Appare evidente che il movimento propenda verso una partecipazione elettorale dentro la coalizione di centro sinistra, pur ponendo una serie di condizioni raccolte nei 5 punti denominati “proposte per la Sardegna”. Certo sulla carta sono presenti anche altre opzioni, che vanno dalla partecipazione ad altro raggruppamento fino alla non presentazione. Vedremo cosa succederà, prima di tutto: quale orientamento risulterà maggioritario? I dirigenti del movimento chiariscono che la consultazione non ha carattere vincolante, ma è evidente sarebbe difficile prescindere dai suoi esiti. Il gruppo dirigente sembra avere già maturata una scelta e che chieda alle altre forze della coalizione di centro sinistra di dare una risposta che soddisfi, anche se non in toto le condizioni poste. Realisticamente un accordo è possibile.
img_3910Sardegna chiama Sardegna, in vista delle elezioni regionali del 2024, fa una chiamata inedita, ma necessaria, a tutte le forze politiche del centrosinistra, al mondo dell’autodeterminazione e a tutto il tessuto di comitati e amministrazioni locali. Proponiamo la costruzione di una grande convergenza politica ed elettorale che provi a dare alla Sardegna un “governo di scopo”, per farla uscire dal guado delle tante crisi che la attraversano, dando risposte adeguate alle urgenze vissute della maggior parte dei sardi e delle sarde con serietà, visione e concretezza.

«Intelligenze artificiali e pace» il messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale della Pace il primo gennaio 2024

img_3998dc21647d-bc11-491c-9c4b-09b4895e040eTRA ALGORITMI E CUORE: L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE SIA STRUMENTO DI PACE
[Da Famiglia Cristiana 10/08/2023] Che le nuove tecnologie siano a servizio della casa comune. Il tema del messaggio della prossima Giornata mondiale che si svolgerà il primo gennaio 2024 reso noto dal Dicastero per lo sviluppo umano integrale

di Annachiara Valle su Famiglia Cristiana.
Sarà dedicato al tema «Intelligenze artificiali e pace» il messaggio per la prossima Giornata Mondiale della Pace che si svolgerà il primo gennaio 2024. «I notevoli progressi compiuti nel campo delle intelligenze artificiali hanno un impatto sempre più profondo sull’attività umana, sulla vita personale e sociale, sulla politica e l’economia», sottolinea la nota il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, che ha divulgato il tema, «Papa Francesco sollecita un dialogo aperto sul significato di queste nuove tecnologie, dotate di potenzialità dirompenti e di effetti ambivalenti. Egli richiama la necessità di vigilare e di operare affinché non attecchisca una logica di violenza e di discriminazione nel produrre e nell’usare tali dispositivi, a spese dei più fragili e degli esclusi: ingiustizia e disuguaglianze alimentano conflitti e antagonismi».
Il Dicastero aggiunge che «l’urgenza di orientare la concezione e l’utilizzo delle intelligenze artificiali in modo responsabile, perché siano al servizio dell’umanità e della protezione della nostra casa comune, esige di estendere la riflessione etica all’ambito dell’educazione e del diritto. La tutela della dignità della persona e la cura per una fraternità effettivamente aperta all’intera famiglia umana sono condizioni imprescindibili perché lo sviluppo tecnologico possa contribuire alla promozione della giustizia e della pace nel mondo».
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Comunicato del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale: Tema del Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2024, 08.08.2023

[B0555 sala stampa vaticana]

“Intelligenze artificiali e Pace”. Questo è il tema del prossimo Messaggio della Giornata Mondiale della Pace.

I notevoli progressi compiuti nel campo delle intelligenze artificiali hanno un impatto sempre più profondo sull’attività umana, sulla vita personale e sociale, sulla politica e l’economia.

Papa Francesco sollecita un dialogo aperto sul significato di queste nuove tecnologie, dotate di potenzialità dirompenti e di effetti ambivalenti. Egli richiama la necessità di vigilare e di operare affinché non attecchisca una logica di violenza e di discriminazione nel produrre e nell’usare tali dispositivi, a spese dei più fragili e degli esclusi: ingiustizia e disuguaglianze alimentano conflitti e antagonismi. L’urgenza di orientare la concezione e l’utilizzo delle intelligenze artificiali in modo responsabile, perché siano al servizio dell’umanità e della protezione della nostra casa comune, esige di estendere la riflessione etica all’ambito dell’educazione e del diritto.

La tutela della dignità della persona e la cura per una fraternità effettivamente aperta all’intera famiglia umana sono condizioni imprescindibili perché lo sviluppo tecnologico possa contribuire alla promozione della giustizia e della pace nel mondo.

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“Artificial Intelligence and Peace”. This is the theme of the next Message of the World Day of Peace.

The remarkable advances made in the field of artificial intelligence are having a rapidly increasing impact on human activity, personal and social life, politics and the economy.

Pope Francis calls for an open dialogue on the meaning of these new technologies, endowed with disruptive possibilities and ambivalent effects. He recalls the need to be vigilant and to work so that a logic of violence and discrimination does not take root in the production and use of such devices, at the expense of the most fragile and excluded: injustice and inequalities fuel conflicts and antagonisms. The urgent need to orient the concept and use of artificial intelligence in a responsible way, so that it may be at the service of humanity and the protection of our common home, requires that ethical reflection be extended to the sphere of education and law.

The protection of the dignity of the person, and concern for a fraternity effectively open to the entire human family, are indispensable conditions for technological development to help contribute to the promotion of justice and peace in the world.

[01215-XX.01] [Testo originale: Plurilingue]
[B0555-XX.01]
——————————Costituzione Via Maestra————
coordinamento-dcostimg_4024DIFENDERE LA COSTITUZIONE IL 7 OTTOBRE
Da Milano arriveremo in molti a Roma per la manifestazione nazionale “LA VIA MAESTRA- Insieme per la Costituzione, non solo perché tra le organizzazioni che hanno firmato ce sono alcune di cui sono associato da più di un decennio e di altre sono stato addirittura tra i fondatori, ma perché in contrasto agli attacchi alla Costituzione è uno dei miei impegni permanenti, come dimostrano i miei scritti e le azioni giudiziarie.
Proprio perché la manifestazione deve riuscire a sensibilizzare l’opinione pubblica, non solo le minoranze attive e militanti, anche attraverso i mezzi di informazione e comunicazione generali e di massa devo esprimere una perplessità, che è anche una seria preoccupazione perché nell’appello non c’è una parola sulla legge elettorale.
Se è una dimenticanza è sorprendente, perché è stato definitivamente accertato dalla Corte Costituzionale con una sentenza, la n. 1/2014 di annullamento parziale della legge n. 270/2005, più conosciuta come il Porcellum, che abbiamo rinnovato il Parlamento nel 2006, 2008 e 2013 con una legge incostituzionale non in aspetti secondari ma per l’assegnazione di un premio di maggioranza e la previsione di liste di candidati totalmente bloccate. Non solo maggioranze costituzionalmente illegittime hanno adottato, grazie all’imposizione al Camera dei Deputati di tre voti di fiducia a richiesta del Governo, una nuova legge elettorale, la n. 52/2015, dichiarata costituzionalmente illegittima in parti qualificanti prima che fosse mai applicata, con la sentenza n. 35/2015.
È sufficiente una lettura di queste due sentenze per capire che non è indenne da problemi di costituzionalità anche la terza legge elettorale, la n. 165/2017, con cui abbiamo votato nel 2018 e nel 2022, con le modifiche della legge n. 51/2019 e gli effetti gravemente distorsivi del taglio medio del 36,50% dei parlamentari.
Basta un dato la coalizione vincente con un consenso del 43,79% alla Camera ha 237 seggi su 400 ha più del 59% dei seggi e al Senato con il 44,02% 115 su 200 elettivi, il 57,5% dei seggi.
Se è stata una scelta è grave e non solo perché non è stata motivata o almeno enunciata come riflessione in corso ovvero come segno di una mancanza di un’ idea di riforma condivisa.
Tra il centinaio di organizzazioni, che hanno indetto una Manifestazione nazionale per la difesa della Costituzione, non figura nessun partito politico, malgrado l’art. 49 della Costituzione e gli articoli 10 par. 4 TUE, 224 TFUE e 12 CDFUE, che li individuano come soggetti essenziali per determinare, come strumenti di partecipazione dei cittadini, la politica nazionale ed europea.
Se è una scelta per non mettere in imbarazzo i partiti, responsabili delle leggi elettorali e del taglio eccessivo dei parlamentari, sarebbe ancora più grave perché senza una critica a una legge elettorale vigente frutto dei governi Gentiloni e Conte 1 e delle mancate promesse del Conte 2 non è credibile la difesa della Costituzione, ma anche l’opposizione a Presidenzialismo/Semipresidenzialismo/ Premierato , che sono cose diverse: hanno in Comune solo l’elezione diretta del Presidente della Repubblica o del Premier, quest’ultima soluzione la maggioranza in Parlamento anche per l’apporto di settori non di maggioranza.
I vincitori delle ultime elezioni hanno nel Parlamento in seduta comune il 58% dei seggi, decisivi per l’elezione di un Presidente della Repubblica o per controllarlo ex art. 90 Costituzione. Se l’ottimo Presidente in carica si agitasse, questa maggioranza potrebbe richiamarlo o eleggere, anche grazie ai 31 delegati regionali su 58, alla quarta votazione un burattino al suo posto se lasciasse.
Non è credibile nemmeno la giusta e netta opposizione all’Autonomia differenziata, senza questa maggioranza artificiale non sarebbe neppure iniziata
Tutto ciò grazie ad una legge elettorale incostituzionale per violazione dei principi della sentenza della Corte costituzionale, in particolare della sentenza costituzionale n. 1/2014 Considerato in diritto paragrafi 3.1 e5.1. Si tenga presente che il primo paragrafo riguarda l’uguaglianza del voto e il secondo la sua libertà dell’elettore e la personalità del voto dell’elettore al candidato quindi violazione grave degli articoli 3, 48 e 51 Cost, e anche degli artt. 6, 56, 58 e 67 Cost. Se gli elettori non possono scegliere i candidati, questi se eletti non possono rappresentare la Nazione ( con iniziale maiuscola come Patria) senza vincolo di mandato, ma saranno agli ordini dei partiti che li hanno nominati con le liste bloccate e le multicandidature in violazione dell’art. 49 della Costituzione come dice in un passaggio la Suprema Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 12060/2013 di rinvio alla Consulta del Porcellum.
Ci sono poi le violazioni delle minoranze linguistiche gravissime nella legge elettorale europea che ne riconosce solo tre ignorando le altre 9 tutelate dalla legge n. 482/1999 di attuazione dell’art. 6 COST, che sono penalizzate anche dal Rosatellum se vivono come l’albanese in sei regioni a statuto ordinario (Calabria, Basilicata, Campania, Puglia, Molise, Abruzzo) il grecanico in due (Calabria e Puglia) e l’occitano in Piemonte.
Se non si contesta per incostituzionalità la legge elettorale significa non accettare il risultato elettorale con una legge non approvata solo da Fratelli d’Italia, una posizione debole e controproducente. Bisogna essere pronti a presentare riforme della procedura di approvazione degli emendamenti costituzionali e del referendum ex art. 138 Cost. per potere far rispettare l’art. 139 Cost e la sentenza n. 1146/1988. e se passa il premierato cambiare il metodo di elezione del Capo dello Stato.
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sbilanciamociSeguendo l’appello La via Maestra
[Redazione Sbilanciamoci!]

30 Luglio 2023 | Sezione: Italie, primo piano Sbilanciamoci.
Il titolo dell’Altra Cernobbio (*) di quest’anno (La strada maestra) prende ispirazione dalla iniziativa “ La via maestra”, promossa dieci anni fa da Rodotà, Landini, Zagrebelsky, Carlassarre, don Luigi Ciotti. A dieci anni di distanza, ripubblichiamo il testo dell’appello.

LA VIA MAESTRA

1. Di fronte alle miserie, alle ambizioni personali e alle rivalità di gruppi spacciate per affari di Stato, invitiamo i cittadini a non farsi distrarre. Li invitiamo a interrogarsi sui grandi problemi della nostra società e a riscoprire la politica e la sua bussola: la Costituzione. La dignità delle persone, la giustizia sociale e la solidarietà verso i deboli e gli emarginati, la legalità e l’abolizione dei privilegi, l’equità nella distribuzione dei pesi e dei sacrifici imposti dalla crisi economica, la speranza di libertà, lavoro e cultura per le giovani generazioni, la giustizia e la democrazia in Europa, la pace: questo sta nella Costituzione. La difesa della Costituzione non è uno stanco richiamo a un testo scritto tanti anni fa. Non è un assurdo atteggiamento conservatore, superato dai tempi. Non abbiamo forse, oggi più che mai, nella vita d’ogni giorno di tante persone, bisogno di dignità, legalità, giustizia, libertà? Non abbiamo bisogno di politica orientata alla Costituzione? Non abbiamo bisogno d’una profonda rigenerazione bonificante nel nome dei principi e della partecipazione democratica ch’essa sancisce?

Invece, si è fatta strada, non per caso e non innocentemente, l’idea che questa Costituzione sia superata; che essa impedisca l’ammodernamento del nostro Paese; che i diritti individuali e collettivi siano un freno allo sviluppo economico; che la solidarietà sia parola vuota; che i drammi e la disperazione di individui e famiglie siano un prezzo inevitabile da pagare; che la partecipazione politica e il Parlamento siano ostacoli; che il governo debba essere solo efficienza della politica economica al servizio degli investitori; che la vera costituzione sia, dunque, un’altra: sia il Diktat dei mercati al quale tutto il resto deve subordinarsi. In una parola: s’è fatta strada l’idea che la democrazia abbia fatto il suo tempo e che si sia ormai in un tempo post-democratico: il tempo della sostituzione del governo della “tecnica” economico-finanziaria al governo della “politica” democratica. Così, si spiegano le “ineludibili riforme” – come sono state definite –, ineludibili per passare da una costituzione all’altra.

La difesa della Costituzione è dunque innanzitutto la promozione di un’idea di società, divergente da quella di coloro che hanno operato finora tacitamente per svuotarla e, ora, operano per manometterla formalmente. È un impegno, al tempo stesso, culturale e politico che richiede sia messa in chiaro la natura della posta in gioco e che si riuniscano quante più forze è possibile raggiungere e mobilitare. Non è la difesa d’un passato che non può ritornare, ma un programma per un futuro da costruire in Italia e in Europa.

2. Eppure, per quanto si sia fatto per espungerla dal discorso politico ufficiale, nel quale la si evocava solo per la volontà di cambiarla, la Costituzione in questi anni è stata ben viva. Oggi, ci accorgiamo dell’attualità di quell’articolo 1 della Costituzione che pone il lavoro alla base, a fondamento della democrazia: un articolo a lungo svalutato o sbeffeggiato come espressione di vuota ideologia. Oggi, riscopriamo il valore dell’uguaglianza, come esigenza di giustizia e forza di coesione sociale, secondo la proclamazione dell’art. 3 della Costituzione: un articolo a lungo considerato un’anticaglia e sostituito dall’elogio della disuguaglianza e dell’illimitata competizione nella scala sociale. Oggi, la dignità della persona e l’inviolabilità dei suoi diritti fondamentali, proclamate dall’art. 2 della Costituzione, rappresentano la difesa contro la mercificazione della vita degli esseri umani, secondo le “naturali” leggi del mercato. Oggi, il dovere tributario e l’equità fiscale, secondo il criterio della progressività alla partecipazione alle spese pubbliche, proclamato dall’art. 53 della Costituzione, si dimostra essere un caposaldo essenziale d’ogni possibile legame di cittadinanza, dopo tanti anni di tolleranza, se non addirittura di giustificazione ed elogio, dell’evasione fiscale. Ecco, con qualche esempio, che cosa è l’idea di società giusta che la Costituzione ci indica.

Negli ultimi anni, la difesa di diritti essenziali, come quelli alla gestione dei beni comuni, alla garanzia dei diritti sindacali, alla protezione della maternità, all’autodeterminazione delle persone nei momenti critici dell’esistenza, è avvenuta in nome della Costituzione, più nelle aule dei tribunali che in quelle parlamentari; più nelle mobilitazioni popolari che nelle iniziative legislative e di governo. Anzi, possiamo costatare che la Costituzione, quanto più la si è ignorata in alto, tanto più è divenuta punto di riferimento di tante persone, movimenti, associazioni nella società civile. Tra i più giovani, i discorsi di politica suonano sempre più freddi; i discorsi di Costituzione, sempre più caldi, come bene sanno coloro che frequentano le aule scolastiche. Nel nome della Costituzione, ci si accorge che è possibile parlare e intendersi politicamente in un senso più ampio, più elevato e lungimirante di quanto non si faccia abitualmente nel linguaggio della politica d’ogni giorno.

In breve: mentre lo spazio pubblico ufficiale si perdeva in un gioco di potere sempre più insensato e si svuotava di senso costituzionale, ad esso è venuto affiancandosi uno spazio pubblico informale più largo, occupato da forze spontanee. Strade e piazze hanno offerto straordinarie opportunità d’incontro e di riconoscimento reciproco. Devono continuare ad esserlo, perché lì la novità politica ha assunto forza e capacità di comunicazione; lì si sono superati, per qualche momento, l’isolamento e la solitudine; lì si è immaginata una società diversa. Lì, la parola della Costituzione è risuonata del tutto naturalmente.

3. C’è dunque una grande forza politica e civile, latente nella nostra società. La sua caratteristica è stata, finora la sua dispersione in tanti rivoli e momenti che non ha consentito di farsi valere come avrebbe potuto, sulle politiche ufficiali. Si pone oggi con urgenza, tanto maggiore quanto più procede il tentativo di cambiare la Costituzione in senso meramente efficientistico-aziendalistico (il presidenzialismo è la punta dell’iceberg!), l’esigenza di raccogliere, coordinare e potenziare il bisogno e la volontà di Costituzione che sono diffusi, consapevolmente e, spesso, inconsapevolmente, nel nostro Paese, alle prese con la crisi politica ed economica e con la devastazione sociale che ne consegue.

Anche noi abbiamo le nostre “ineludibili riforme”. Ma, sono quelle che servono per attuare la Costituzione, non per cambiarla.

Lorenza Carlassare, Don Luigi Ciotti, Maurizio Landini, Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky
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Aladinpensiero è formalmente in ferie, fino al 31 agosto… Tutto ciò che verrà pubblicato in detto periodo è lavoro volontario e gratuito (!). Buone ferie agostane a tutte e a tutti!

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Addio a Michela Murgia

luttoimg_3995Ce lo aveva detto con disarmante (per noi) sincerità, ma speravamo in un miracolo, e, invece inesorabilmente la morte si è presentata togliendole la vita a soli 51 anni. Che profonda tristezza per una grande sarda che lascia un vuoto nel mondo e soprattutto in Sardegna. img_3996Personalmente (e in numerosa compagnia) l’avrei voluta governatrice della Sardegna, quando nel 2014 si presentò alle elezioni sarde, perdendo, ma con un grande successo di oltre il 10 per cento di voti dei sardi, che però per la pessima legge elettorale sarda non le hanno consentito neppure di entrare in Consiglio regionale. Un vero peccato. L’avremmo voluta assessora della Giunta di centrosinistra: avanzammo anche questa richiesta (senza interpellarla), ma, si sa, il sistema partitico troppo spesso non è fatto per i migliori! Bravissima scrittrice, donna libera e coraggiosa, puntigliosa polemista, senza sconti per nessuno, neppure per la sinistra, a cui indiscutibilmente apparteneva. Fieramente e irriducibilmente antifascista (come Emilio Lussu), strenuamente schierata a difesa delle donne e per il rispetto di tutte le diversità. Credente e capace di profonda religiosità che la rendeva ancor più vicina al popolo.