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“Mediterraneo frontiera di pace” (Bari 19-23 febbraio 2020)

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Dialogo e parole nuove per il Mare nostrum
18 febbraio 2020 – 12:20, da Azione Cattolica Italiana fb.

Promosso dalla Conferenza episcopale italiana, si apre domani a Bari l’incontro di riflessione e spiritualità “Mediterraneo, frontiera di pace”, al quale parteciperanno 58 vescovi cattolici di 20 Paesi che si affacciano sul Mare Nostrum e che sarà chiuso dal discorso e dalla messa celebrata da Papa Francesco. Come sottolineato dal card. Gualtiero Bassetti, «ascolto e dialogo per costruire la pace è lo spirito che animerà l’incontro», nella speranza che il Mediterraneo torni ad essere il mare attraverso cui passano storie e pace, e non le rotte dei trafficanti di armi ed esseri umani. Dal confronto, stimolato da due introduzioni e portato avanti in otto tavoli di discussione, scaturirà un documento che sarà consegnato a Francesco. Quella del dialogo è un esigenza teologica, per la Chiesa. Basti rileggere il magistero degli ultimi pontefici. E il Mediterraneo è il naturale laboratorio in cui coniugare le parole e le azioni di persone, famiglie e nazioni che si incontrano.

Nell’enciclica Ecclesiam suam (1964), quasi un’anticipazione della «svolta» conciliare in ecclesiologia, Paolo VI ricordava l’impegno della Chiesa di oggi ad essere «colloquium», luogo non solo della Parola ma anche dell’ascolto, segno di una carità attuale. Benedetto XVI, nell’enciclica Caritas in veritate (2009), ricorda che non solo Logos, ma Dia-logos è il nome del Dio cristiano. Oggi è Francesco che fin dall’inizio del suo pontificato ha posto il dialogo a motto centrale della sua missione e nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium – il testo nel quale ne viene offerta la trattazione più ampia – si fa erede delle vie indicate dal Vaticano II, praticate dai suoi predecessori e riproposte dal Sinodo del 2012 dedicato alla nuova evangelizzazione. Sia all’interno che all’esterno della Chiesa, Papa Bergoglio propone la sua «pedagogia dell’incontro» e ribadisce che proprio la centralità della missione richiede il dialogo con tutti.
Dialogo, dunque, come esigenza teologica. Prodromo all’incontro e all’accoglienza.

Dialogare, però, non significa cedere al relativismo o perdere la propria identità. Anzi. La testimonianza di Pierre Claverie, vescovo domenicano ucciso in un attentato in Algeria il 1° agosto 1996, ci aiuta a focalizzare questo compito decisivo per gruppi e minoranze attive: «Ci siamo trovati a realizzare con mezzi poveri luoghi d’incontro e piattaforme per conoscersi e comprendersi meglio, con le nostre differenze e la pesante eredità dei nostri conflitti passati e presenti. Oggi non c’è nulla di più necessario e di più urgente che creare questi luoghi umani, in cui s’impara a guardarsi in faccia, ad accettarsi, a collaborare e a mettere in comune le eredità culturali che fanno la grandezza di ognuno. La parola d’ordine della mia fede oggi è perciò dialogo. Non per tattica o per opportunismo, ma perché il dialogo è alla base del rapporto tra Dio e gli uomini e tra gli uomini stessi»[1]. Il dialogo, che valorizza le esperienze umane, cristiane e religiose diverse, con quattro attenzioni forti: a) Il dialogo della vita, che si ha quando le persone si sforzano di vivere con lo spirito aperto e pronte a farsi prossimo, condividendo le loro gioie e le loro pene, i loro problemi e le loro preoccupazioni umane. b) Il dialogo dell’azione, nel quale i cristiani e gli altri credenti collaborano per lo sviluppo integrale e per la liberazione del loro prossimo. c) Il dialogo dello scambio teologico, nel quale gli specialisti cercano di approfondire la propria comprensione delle loro rispettive eredità spirituali, e di apprezzare ciascuno i valori spirituali dell’altro. d) Il dialogo dell’esperienza religiosa, nel quale le persone, radicate nelle loro tradizioni religiose, condividono le loro ricchezze spirituali, per esempio nel campo della preghiera e della contemplazione, della fede e dei modi di ricercare Dio o l’Assoluto[2].

Dieci parole del Mediterraneo: apertura, accoglienza, incontro, dialogo, democrazia, cooperazione, tutela dei diritti, canali migratori, rispetto del creato, intercultura
Il nostro mare, il Mediterraneo, può diventare un laboratorio culturale dove si coniugano le parole e le azioni di persone, famiglie e nazioni che si incontrano. Alla luce del prossimo riassetto geopolitico europeo che si va configurando, con la nascita di macroregioni, politicamente appartenenti a più Stati, ma anche con la presenza del Gect (Gruppo europeo di cooperazione territoriale), il Mediterraneo può costituire un luogo naturale, culturale, politico, economico dove unire non solo regioni europee, ma anche di continenti diversi (Africa del Nord e Medio Oriente). Ci sono dieci parole che possono costituire il lessico su cui costruire percorsi culturali, economici, politici e sociali.

Oltre all’apertura, all’accoglienza, all’incontro e al dialogo – di cui già abbiamo parlato – è importante rileggere la democrazia. Illuminante a questo proposito è la tesi di Amartya Sen in La democrazia degli altri. Anzitutto, che la dittatura non favorisce meglio della democrazia lo sviluppo economico – e la primavera del Nord Africa lo ha dimostrato. Sen, però, afferma anche che a fare la democrazia non è semplicemente l’estensione del diritto di voto o il diritto ad essere eletti per rappresentare idee, persone o mondi economici o sociali, ma il diritto di esprimere opinioni e proposte, e, quando occorra, anche protestare. Questa è la differenza tra una vera democrazia ed una solo formale, ed anche un regime autoritario. Sen continua con il dire che la democrazia, così intesa, non è affatto un’invenzione occidentale. Esisteva in Africa, in Cina, nell’India dell’imperatore buddhista Asoka e persino in quella dei Moghul: esisteva anche quando Alessandro giunse in India. Questo significa che, nonostante tutto, anche nel Nord Africa è rimasto in questi anni un germe di democrazia nella cultura e nell’esperienza religiosa, che è cresciuto e si è manifestato.

Con la democrazia cresce la cooperazione, intesa come condivisione di risorse e non semplicemente esportazione o delocalizzazione di risorse. Cooperazione che parte dai bisogni essenziali delle persone (salute, scuola, casa), guarda a tutti (uomini e donne, giovani e adulti), ma soprattutto indica modelli ed esperienze nuove di condivisione, più che di omologazione economico-sociale.

Democrazia e cooperazione chiedono una nuova tutela dei diritti, una nuova advocacy. Nella tutela dei diritti oggi, soprattutto a partire dai paesi che si affacciano al Mediterraneo, occorre guardare alla tutela dei diritti di chi è in mobilità, non solo per lavoro, ma anche per guerra e disastri ambientali, e chiedono asilo. Non si può abbandonare ai soli canali della tratta degli esseri umani questi spostamenti, ma accompagnarli con canali umanitari. La tragedia di molte delle persone in fuga nasce anche da un non rispetto del creato, dallo sfruttamento sregolato dei beni ambientali che rendono sempre più poveri i pin via di sviluppo. Infine, una parola importante è intercultura: un rinnovato scambio culturale, un nuovo progetto culturale che guarda anche fuori dalla propria tradizione e storia per incrociare culture e storie differenti che, nella storia del Mediterraneo, hanno reso nuove le nazioni.

[1] P. Claverie, Lettere dall’Algeria, Rizzoli, Milano pp. 31-33. In un altro testo del gennaio 1996 (Humanité plurielle), Pierre Claverie scrive: «Scoprire l’altro, vivere insieme con l’altro, ascoltare l’altro, lasciarsi anche modellare dall’altro, non significa perdere la propria identità, rifiutare i propri valori, significa concepire un’umanità plurale, non esclusiva».

[2] Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, Dialogo e annuncio, 1991, n. 41.

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- APPROFONDIMENTI.
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- L’evento di Bari sul sito web dedicato.

Le politiche della Sardegna verso il Mediterraneo. L’interesse della Sardegna a partecipare alle Euroregioni (o altre entità cooperative similari) del Mediterraneo

Sardegna Corsica dich intenti A proposito dell’accordo Sardegna Corsica verso una macroregione insulare del Mediterraneo…Archimed
di Franco Meloni
Ripubblichiamo con alcune precisazioni di carattere giuridico l’articolo del 22 giugno 2014. In particolare viene dato atto della distinzione tra i nuovi strumenti di cooperazione europea, come le macroregioni e le euroregioni, argomenti tuttora da approfondire in tutti gli aspetti. La sostanza dei ragionamenti mantiene inalterata validità. Per la Sardegna si tratta di utilizzare nel miglior modo possibile gli strumenti di cooperazione territoriale disponibili e di partecipare al più vasto dibattito per individuare anche altre forme per perseguire principalmente il benessere della sua comunità (f.m)
ape-innovativa2 Nei giorni scorsi sulla nostra news abbiamo dato rilievo alla notizia dell’approvazione da parte della Commissione Europea della costituzione della Macroregione europea Adriatica-Ionica, per la quale si attende ora l’approvazione finale da parte del Consiglio europeo prevista il prossimo 24 ottobre. Di questa Macroregione non fa parte la Sardegna (1) in quanto la nostra isola è situata nella parte tirrenica del mar Mediterraneo. Ma, allora, perchè siamo così interessati a questa nuova realtà istituzionale? La risposta sta in quello che appare, dai documenti pubblicati, un progetto serio e credibile, che va dandosi un’organizzazione robusta in grado di sostenere un programma ambizioso e, cosa estremamente importante, che raccoglie il consenso e l’impegno di tutte le istituzioni interessate. Al riguardo il coordinatore dell’iniziativa Gian Mario Spacca, presidente della Regione Marche, sostiene che la costituzione della Macroregione “è il frutto di un intenso lavoro svolto dalla comunità adriatica e ionica, dalle città, Università, Camere di Commercio e Istituzioni territoriali che hanno trovato a Bruxelles, nel Comitato delle regioni, il luogo per dare forza al loro progetto”. Noi che siamo del parere che una delle ragioni della situazione disastrosa della Sardegna sia imputabile in gran parte alla incapacità delle istituzioni sarde di cooperare per l’attuazione di una buona politica nell’interesse dell’Isola, non possiamo che plaudire alla capacità costruttiva delle diverse Istituzioni coinvolte nel processo di realizzazione di questa Macroregione, la quale per i protagonisti, per il percorso effettuato, per i progetti strategici e così via, costituisce un modello per altre Macroregioni o per altre Entità similari di cui fa parte o potrà far parte la Sardegna. Attualmente la Sardegna non partecipa ad alcuna Macroregione, che ha una propria caratterizzazione normativa europea, ma a un’altra aggregazione cooperativa, molto somigliante denominata Euroregione (su queste nuove Istituzioni occorrerebbero approfondimenti soprattutto di carattere giuridico; intanto si segnala l’ottimo saggio di Laura Berionni “La strategia macroregionale come nuovo strumento di cooperazione territoriale” ). Partecipa infatti alla Euroregione delle Isole, chiamata Archimed, la quale sembra versare in una situazione di precarietà, decisamente lontana dalla vitalità impressa alla Macroregione Adriatica-Ionica. Forse la causa della inconsistenza di Archimed sta nel suo vizio originario di un nuovo soggetto nato senza grande coinvolgimento istituzionale e sociale, che “si aggiunge” a tanti altri quasi una nuova bottega di generi alimentari in una città già ricca di tali esercizi. Che male c’è? Qualche posto di lavoro in più, qualche nuova prebenda per qualche amico, qualche occasione in più di turismo congressuale a spese della collettività, qualche occasione per fare fotografie di gruppo per far finta che qualcosa si fa. La gestione di Ugo Cappellacci della vicenda Archimed da proprio questa sensazione di superficialità e spreco di risorse pubbliche. Di interesse per la Sardegna esiste poi un’altra Euroregione, denominata Alp-Med, che allo stato coinvolge diverse regioni francesi e italiane (2), ma non la Sardegna né la Corsica, anche se sussisterebbe un interesse delle stesse isole, evidenziato dal fatto che ambedue fanno parte di una struttura parallela di associazionismo delle Camere di Commercio della stessa Euroregione, in attesa di un allargamento istituzionale. Peraltro anche l’euroregione Alp-Med sembra allo stato poco attiva, prova ne sia il non aggiornamento del sito web ufficiale gestito dalla regione Piemonte, fermo al 2013).
Perchè siamo così interessati alle Macroregioni europee e alle Euroregioni? Perchè crediamo possano essere utili per la Sardegna. Ci pensiamo da molto tempo. Ma diverse recenti occasioni di dibattito hanno riacuito l’interesse per questa questione. Innanzitutto mi riferisco al dibattito sulla necessità di un nuovo Statuto per la Sardegna. In particolare, trattando di politica di relazioni esterne della Sardegna, che devono avere riconoscimento anche nello Statuto, mi riferisco alle relazioni della Sardegna con il Mediterraneo. L’argomento è stato specificamente oggetto dell’intervento di Pietrino Soddu al Convegno sullo Statuto promosso dalla Fondazione Sardinia, dalla Carta di Zuri e da Sardegna Soprattutto il 9 giugno, con l’ulteriore approfondimento nell’iniziativa del 23 del corrente mese.
Nel citato intervento (non ancora trascritto in atti, ma tuttavia presente in audio/video tra i materiali del Convegno, nel sito web della Fondazione Sardinia) Pietrino Soddu sostiene che la Sardegna fino all’inizio del periodo sabaudo (1720) era saldamente collocata nel contesto Mediterraneo, specificatamente quello del Sud, verso cui intratteneva le sue relazioni più consistenti, sia in termini economici, sia di natura culturale. Gli interessi prevalenti dei nuovi dominatori sabaudi erano invece prevalentemente rivolti al Nord, in particolare alla Lombardia, circostanza che avrebbe, gioco forza, mutato la direzione dello “sguardo” della Sardegna verso il Continente italiano e verso l’Europa continentale, disinteressandosi sostanzialmente del campo passato. Secondo Soddu questa diversa prospettiva ha portato anche notevoli conseguenze positive per la Sardegna, laddove era proprio su quel versante europeo che maggiormente correva il fiume della modernità e del progresso. Oggi non si tratta di abbandonare questa collocazione, quanto di riscoprire e rilanciare l’interesse verso il Mediterraneo, nel suo complesso, e verso il Mediterraneo del Sud. Come fare? Soddu non lo ha detto, confessando di non avere idee al riguardo, se non la certezza della strada da compiere. Per questo occorre superare le incertezze e perfino le paure legate all’ancestrale timore de “su moru, che viene a rapirci le nostre donne e ad impadronirsi delle nostre risorse materiali”. I nuovi mori oggi hanno precise sembianze: sono soprattutto (e non solo) gli emiri arabi, interessati al comprarsi la Sardegna. Tutto ciò non deve portare ad un atteggiamento di chiusura, quanto piuttosto di apertura, di scambi paritari, consentiti nella misura in cui abbiamo una buona classe dirigente, espressa dalla maggioranza dei “sardi padroni in casa propria” e rafforzati sempre più nella loro identità. Ecco la migliore garanzia perchè non si venda la Sardegna a nessuno! L’intervento di Pietrino Soddu si è fermato proprio al punto che forse costituiva una prima risposta al suo interrogativo e insieme auspicio su “Sardegna: che fare verso una politica di interesse, partecipazione e integrazione nell’area mediterranea”, cioè alla seconda parte del settimo principio della Carta di Zuri: «La Sardegna (…) offre amichevole collaborazione alle comunità e alle regioni vicine per formare, a partire dal Mediterraneo, una euroregione per il progresso degli interessi comuni». Un’euroregione, appunto! E perchè, allora, non approfondire gli strumenti che l’Unione Europea mette a disposizione per realizzare concretamente questa opportunità. Sono strumenti utili e adeguati? Parliamo quindi della proposta di mandare avanti seriamente, al contrario di quanto si sia fatto finora, la realizzazione dell’euroregione Archimed, con la partecipazione di tutte le isole del Mediterraneo appartenenti all’Unione Europea, con l’intento di rafforzare una politica di pace, di solidarietà di scambi a tutti i livelli con i paesi del Mediterraneo del Sud, compresi quelli non facenti parte dell’Unione Europea e con i quali esistono già interessanti relazioni, a volte incentivate dalla stessa UE (pensiamo al programma ENPI), che potrebbero estendersi all’interno della specifica politica di favore prevista per la condizione di insularità. Ma, anche per corrispondere alla esigenza prospettata da Soddu che la Sardegna non abbandoni il fronte continentale europeo: non sarebbe utile e opportuno coltivare la piena realizzazione dell’Euroregione Alp-Med, con l’ingresso della Sardegna e della Corsica nella compagine societaria? Temi evidentemente da approfondire, che richiedono innanzitutto una “presa in carico” della Regione e, insieme, uno specifico filone d’impegno per i nostri parlamentari italiani ed europei (peraltro questi ultimi rappresentano già la circoscrizione Sardegna-Sicilia; facciamo dunque di “necessità” virtù). Peraltro, in questa sede, giova apportare un qualche correttivo all’analisi di Pietrino Soddu secondo cui la Sardegna ha abbandonato ogni interesse per il Mediterraneo a far data dal passaggio dalla Spagna al Piemonte. L’interesse per il Mediterraneo infatti se pur sopito è stato sempre coltivato e non mancano le riflessioni politiche e culturali al riguardo. Tra le prime (anch’esse culturali, ma di maggior valenza poltica) ricordiamo quanto scritto recentemente da Federico Francioni in un articolo critico proprio nei confronti del pluricitato intervento di Pietrino Soddu, pubblicato sul sito della Fondazione Sardinia, laddove Francioni ricorda che “(…) l’idea di una Federazione mediterranea – di uno Stato che avrebbe dovuto raggruppare Baleari, Corsica, Sardegna e Sicilia – fu delineata dopo il primo conflitto mondiale” proprio dal PSd’Az . Ma è giusto anche in questa sede ricordare il dibattito e gli interventi di carattere culturale (basti citare per tutti le riflessioni di Giovanni Lilliu) e l’impegno di ricerca delle Università sarde nei paesi dell’Africa mediterranea. Tutto occorre riprendere e rilanciare, perchè non si parte da zero. Anzi! E questo è il nostro e altrui impegno. Certo da rafforzare e estendere, chiamando in causa soprattutto le Istituzioni sarde.
Voglio ora concludere con una proposta operativa, sicuramente riduttiva, ma, a mio parere, importante e immediatamente fattibile.
Il 28 febbraio 2012 fu siglato dal presidente della Camera di Commercio di Cagliari e dal direttore del Dipartimento di Scienze Sociali e Istituzioni dell’Università di Cagliari un “Accordo di collaborazione” tra le due Organizzazioni per l’elaborazione di progetti per rafforzare i rapporti della Sardegna con i paesi della sponda sud del Mediterraneo, anche come possibile rappresentanza/terminale avanzato della Sardegna verso i paesi del nord Africa, soprattutto attraverso l’associazionismo camerale (Ascame, Insuleur, Alpmed). I progetti elaborati e gestiti congiuntamente si dovevano proporre l’obiettivo di dare concreta attuazione alla normativa di cui all’art. 4 della legge regionale 28 dicembre 2009, n.5, finanziata dalla Regione Autonoma della Sardegna*. Tale legge regionale prevedeva un impegno della Regione così definito: “La Giunta regionale è autorizzata al finanziamento, anche con il concorso di risorse di provenienza statale e comunitaria, di progetti speciali finalizzati:
a) alla definizione di un sistema internazionale e mediterraneo di osservatori per l’intercettazione degli allarmi di crisi economico-sociale e dei settori produttivi o delle prospettive di sviluppo delle attività produttive e dell’occupazione;
b) alla predisposizione e sperimentazione di modelli di intervento per prevenire e scongiurare gli effetti derivanti dallo stato di crisi economico-sociale o per anticipare e cogliere integralmente ogni opportunità di sviluppo dei settori produttivi e dell’occupazione (…)”. A quell’accordo di collaborazione non seguì nulla. La ragione fondamentale, mi dicono, fu (e purtroppo tuttora è, considerato che al riguardo nulla è cambiato) che non si trovò un interlocutore a livello di Esecutivo politico e di organizzazione amministrativa regionale che consentisse di passare dalle parole ai fatti. Insomma, il solito problema di grandi idee (già molto che quelle ci furono) ma miseria di comportamenti e nullismo organizzativo. Non potevamo permettecerlo allora e tanto meno oggi. La proposta è dunque riprendere quell’Accordo, riscriverlo coinvolgendo in dimensioni regionali l’Unioncamere e l’Università della Sardegna, ridefinirne l’ambito, allargandolo, per esempio, al supporto alla realizzazione delle Euregioni, prima tra tutte quella esistente Archimed, di cui, per inciso, di recente è diventato presidente, in virtù della sua carica, Francesco Pigliaru.
Per questo e altro l’imperativo è: muoviamoci!

Note
1) Della Macroregione fanno parte: Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia-Herzegovina, Serbia, Montenegro, Albania, Grecia. In Italia le regioni interessate sono Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Lombardia, Trentino Alto Adige. Come si vede la Sardegna non è interessata a detta macroregione
2) L’Euroregione Alpi Mediterraneo riunisce cinque Regioni francesi e italiane (Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta e Rodano-Alpi).
3) Dell’Euroregione Archimed fanno parte la Regione Sicilia, la Regione Sardegna, il Govern de les Illes Balears e l’ Agenzia dello Sviluppo Larnaca di Cipro (Larnaca District Development Agency – Cyprus)
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- Nella foto Pasquale Paoli

Pasquale Paoli

Macroregione europea? Di cosa cosa parlano Pigliaru e Simeoni? Cerchiamo di fare chiarezza. Noi ci proviamo da tempo…

Mediterraneo-Archimedlampada aladin micromicroMacroregione? Oppure o anche Euroregione… o Gect? Di cosa cosa parlano Pigliaru e Simeoni? E’ probabile che con precisione non lo sappiano neppure loro. Cerchiamo allora di fare chiarezza. Noi, nel nostro piccolo, ci proviamo da tempo, non ci sembra che vi sia altrettanto impegno da quanti avrebbero più titoli e risorse per farlo. Su queste tematiche che richiamano capacità innovativa anche di innovazione istituzionale, di cui abbiamo particolare necessità*, s’impegnino allora innanzitutto la Regione e l’Università della Sardegna (come avevamo richiesto nel luglio 2014).
Con riferimento al nostro impegno e come stimolo per altri, ci sembra utile riproporre alcune riflessioni di Nicolò Migheli (Sardegna Soprattutto) e Franco Meloni (Aladinews), che crediamo mantengano intatta attualità. Ovviamente occorre approfondire e andare avanti nella concreta realizzazione di forme di cooperazione internazionale.
Facciamo precedere i citati contributi da una risposta in forma scritta di Johannes Hahn a nome della Commissione Europea (13 settembre 2012) a un’interrogazione dell’europarlamentare Mara Bizzotto (EFD) del 30 luglio 2012. Ci sembra chiara e quindi utile.

“Il concetto di Euroregioni è stato elaborato dal Consiglio d’Europa. Esse sono istituite al di fuori del quadro giuridico dell’UE, da gruppi, in genere di autorità pubbliche, interessati a cooperare a livello transfrontaliero. Tali gruppi sono istituiti conformemente alle rispettive legislazioni nazionali e definiscono le proprie regole di funzionamento. Sebbene il concetto non sia stato elaborato dall’UE, la Commissione è favorevole al ruolo che le Euroregioni possono svolgere nello sviluppo di progetti transfrontalieri e per superare gli ostacoli alla cooperazione, costituendo in questo modo un importante valore aggiunto per il mercato interno.
Fino ad ora gli approcci macroregionali sono stati elaborati sulla base di richieste del Consiglio europeo. Non esiste una procedura formale per l’istituzione delle macroregioni, ma l’esperienza si basa su aree vaste, che condividono sfide e opportunità comuni, che si uniscono per affrontare tali sfide in un quadro ampio che sottolinea il valore aggiunto pratico a livello di UE. Le macroregioni e la loro struttura di governance sono descritte nella comunicazione e nel piano d’azione relativi a ciascuna strategia dell’UE, integrati da orientamenti concordati dai partner partecipanti. Le macroregioni generalmente operano su una scala più ampia rispetto alle Euroregioni. L’agevolazione del mercato interno figura tra le strategie macroregionali esistenti nell’UE.
Vi sono molti tipi di gruppi di cooperazione transfrontaliera, con una struttura più o meno formale. Uno strumento formale disponibile nel contesto della politica di coesione è il gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) (1). Il regolamento (CE) n. 1082/2006 descrive come istituire e gestire un GECT. I GECT agevolano e promuovono la cooperazione territoriale a vantaggio anche del mercato interno”.
(1) Regolamento (CE) n. 1082/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio.

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Per quanto riguarda esperienze concrete e recenti di macroregione, possiamo fare riferimento alla Macroregione Adriatica-ionica, approvata dall’Unione Europea nell’ottobre 2014.
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Di seguito i contributi di Nicolò Migheli e Franco Meloni.
mar mediderraneo cartaape-innovativa2La riflessione di Nicolò Migheli sulle macroregioni europee (che sotto riproponiamo da Sardegna Soprattutto) dalla quale emerge la proposta che la Sardegna promuova la costituzione di una “macroregione mediterranea” (così composta: per la Spagna da Catalogna, Valencia, Murcia, Aragona e Baleari; per la Francia da Languedoc-Roussillon e Corsica; per l’Italiada Sardegna, Sicilia e Toscana), che riprendiamo corredandola con un nostro contributo apparso su Aladinews il 23 giugno 2014, ci consente di sollecitare un apposito dibattito. Particolarmente necessario proprio in relazione allo stato delle proposte in campo, che non sono totalmente combacianti, come anche risulta dai due contributi pubblicati, tuttavia convergenti nell’individuazione dello strumento “macroregione” come grande opportunità di nuovo sviluppo per la Sardegna e per le altre entità coinvolgibili, Non ci possiamo permettere di sprecarla. Ci pensino innanzitutto il Consiglio e la Giunta regionale e tutti gli altri soggetti interessati. Tra questi, non ultime, le Camere di Commercio sarde e la loro Unione regionale. Al riguardo un ruolo decisivo potrà giocarlo la commissaria straordinaria della Camera di Cagliari, Paola Piras, che, nonostante il breve tempo del suo mandato, potrà invertire la deprecabile inattività e l’autoreferenzialità che hanno per troppo lungo tempo segnato il sistema camerale sardo e segnatamente la sua parte più rilevante.

Mentre Cagliari guarda Roma, sulle Alpi…
di Nicolò Migheli
By sardegnasoprattutto/ 12 agosto 2015/ Società & Politica/

Fino ad ora l’allarme dello Svimez ha prodotto un rinfocolarsi di reciproci pregiudizi. Da una parte le accuse allo stato per aver abbandonato il Sud, dall’altra il solito sprezzante giudizio sulle classi dirigenti meridionali. Entrambe le opinioni hanno una base di verità. Il governo risponde con stanziamenti, mirabolanti solo nei comunicati Tweeter. Si scopre infatti che non c’è nulla di nuovo: solo cofinanziamenti per i programmi comunitari 2014-2020.

Compartecipazione obbligatoria da parte dello stato. Senza, i fondi non potranno essere spesi. Soldi che finiranno in gran parte in Campania, Puglia, Sicilia, Calabria e Basilicata, nei documenti Ue meno sviluppate. Abruzzo Molise e Sardegna, in transizione per le stesse classificazioni, prenderanno molto meno. Un’ulteriore dimostrazione che l’accorpamento Mezzogiorno non ha più senso, se non nelle stanche abitudini di certi commentatori. Tanto meno per la Sardegna, per ragioni geografiche, storiche, di capitale sociale, cultura e lingua.

In quei stessi giorni, la Ue approvava EUSALP, macro regione europea delle Alpi. Ne fanno parte le regioni tedesche Baviera e Baden Wutemberg; le francesi Provenza-Alpi-Costa Azzurra (PACA), Rodano-Alpi, Franca Contea. Lombardia, Piemonte, Liguria, le provincie autonome di Trento e Bolzano, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia per l’Italia. Austria e Slovenia e come regioni associate, Svizzera e Liechtenstein. Settantacinque milioni di abitanti e il Pil pro capite tra i maggiori del continente. Obbiettivi di EUSALP: promuovere innovazione e sostenibilità, sviluppo territoriale, tutela del patrimonio alpino e delle risorse naturali e culturali. Programmi ambiziosi che lasciano intravedere la creazione di un nucleo oltre gli stati nazionali. Sono in arrivo la macroregione baltica, quella del Danubio e Adriatica-Jonica. È in atto un cambiamento che determinerà quale Europa e come volerla.

La Sardegna dal 1996 fa parte di IMEDOC, con Sicilia, Corsica e Baleari. Una macroregione che nell’Ue ha rivendicato, con scarsi risultati, solo il riconoscimento dell’insularità. Uno strumento che la politica sarda ha considerato marginale. Gli occhi sempre rivolti a Roma, percepita come alfa ed omega dei nostri destini. A questo punto però occorre ragionare in maniera diversa. Avere un approccio strategico. Quindi considerare quella che fino ad ora era politica estera dello stato, come politica propria. Se gli interlocutori, quelli che possono realmente determinare il nostro futuro stanno a Bruxelles, è lì che bisogna rivolgersi.

La Sardegna, regione e non stato indipendente, ha una forza limitata, ciò non toglie che possa farsi promotrice di un’aggregazione del Mediterraneo occidentale. Sarebbe come riprendere i rapporti storici che l’isola ha avuto per settecento anni, fino all’avvento dei Savoia. Basterebbe trasformare IMEDOC ed allargarla alle regioni sul mare. Per la Spagna le Comunità autonome: Catalogna, Valencia, Murcia e le Baleari. Benché non rivierasca, l’Aragona andrebbe inserita per ragioni storiche. Per la Francia Languedoc-Roussillon e Corsica. Per l’Italia, Sardegna, Sicilia e Toscana. Questa, nelle programmazioni europee, ha fatto parte di numerosi programmi INTERREG con le regioni citate.

Si avrebbero circa 23 milioni di abitanti e molti programmi comuni da affrontare: salute del mare, ricerca, agroalimentare, artigianato di qualità, sostenibilità e sviluppo rurale; beni culturali, salvaguardia degli ambienti naturali e delle culture autoctone. Pilastri strategici della politica europea. La regione che potrebbe promuovere questa nuova aggregazione potrebbe essere la Sardegna. In questi anni con i programmi INTERREG, la cooperazione internazionale del Programma LEADER, l’iniziativa euro mediterranea dell’EMPI- la cui sede resterà in Sardegna anche per la prossima programmazione – l’isola si è dotata di professionisti e funzionari che hanno maturato esperienza. La politica dovrebbe farsi promotrice di immaginazione e di un programma ambizioso.

La Sardegna potrebbe uscire dal frangente proponendosi come perno del progetto. Basta crederci. La Catalogna impegnata in elezioni che porteranno, quasi sicuramente, ad una dichiarazione unilaterale di indipendenza, difficilmente può essere regione capofila. Lo scontro con Madrid si annuncia molto duro. Per Barcellona l’aggregazione del Mediterraneo occidentale può rivelarsi un’arma di consenso. Per la Sardegna una modalità per pensarsi centro e non periferia e per prendere in mano il proprio destino come soggetti attivi e non destinatari di scelte altrui. Agire come se Roma non ci fosse. Per quel che è possibile.

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lampadadialadmicromicro133Articolo pubblicato su Aladinews il 23 giugno 2014
Le politiche della Sardegna verso il Mediterraneo. L’interesse della Sardegna a partecipare alle Euroregioni (o altre entità cooperative similari) del Mediterraneo.
Nei giorni scorsi sulla nostra news abbiamo dato rilievo alla notizia dell’approvazione da parte della Commissione Europea della costituzione della Macroregione europea Adriatica-Ionica, per la quale si attende ora l’approvazione finale da parte del Consiglio europeo prevista il prossimo 24 ottobre. Di questa Macroregione non fa parte la Sardegna (1) in quanto la nostra isola è situata nella parte tirrenica del mar Mediterraneo. Ma, allora, perchè siamo così interessati a questa nuova realtà istituzionale? La risposta sta in quello che appare, dai documenti pubblicati, un progetto serio e credibile, che va dandosi un’organizzazione robusta in grado di sostenere un programma ambizioso e, cosa estremamente importante, che raccoglie il consenso e l’impegno di tutte le istituzioni interessate. Al riguardo il coordinatore dell’iniziativa Gian Mario Spacca, presidente della Regione Marche, sostiene che la costituzione della Macroregione “è il frutto di un intenso lavoro svolto dalla comunità adriatica e ionica, dalle città, Università, Camere di Commercio e Istituzioni territoriali che hanno trovato a Bruxelles, nel Comitato delle regioni, il luogo per dare forza al loro progetto”. Noi che siamo del parere che una delle ragioni della situazione disastrosa della Sardegna sia imputabile in gran parte alla incapacità delle istituzioni sarde di cooperare per l’attuazione di una buona politica nell’interesse dell’Isola, non possiamo che plaudire alla capacità costruttiva delle diverse Istituzioni coinvolte nel processo di realizzazione di questa Macroregione, la quale per i protagonisti, per il percorso effettuato, per i progetti strategici e così via, costituisce un modello per altre Macroregioni o per altre Entità similari di cui fa parte o potrà far parte la Sardegna. Attualmente la Sardegna non partecipa ad alcuna Macroregione, che ha una propria caratterizzazione normativa europea, ma a un’altra aggregazione cooperativa, molto somigliante denominata Euroregione (su queste nuove Istituzioni occorrerebbero approfondimenti soprattutto di carattere giuridico; intanto si segnala l’ottimo saggio di Laura Berionni “La strategia macroregionale come nuovo strumento di cooperazione territoriale” ). Archimed loghetto1Partecipa infatti alla Euroregione delle Isole, chiamata Archimed, la quale sembra versare in una situazione di precarietà, decisamente lontana dalla vitalità impressa alla Macroregione Adriatica-Ionica. Forse la causa della inconsistenza di Archimed sta nel suo vizio originario di un nuovo soggetto nato senza grande coinvolgimento istituzionale e sociale, che “si aggiunge” a tanti altri quasi una nuova bottega di generi alimentari in una città già ricca di tali esercizi. Che male c’è? Qualche posto di lavoro in più, qualche nuova prebenda per qualche amico, qualche occasione in più di turismo congressuale a spese della collettività, qualche occasione per fare fotografie di gruppo per far finta che qualcosa si fa. La gestione di Ugo Cappellacci della vicenda Archimed da proprio questa sensazione di superficialità e spreco di risorse pubbliche. Di interesse per la Sardegna esiste poi un’altra Euroregione, denominata Alp-Med, che allo stato coinvolge diverse regioni francesi e italiane (2), ma non la Sardegna né la Corsica, anche se sussisterebbe un interesse delle stesse isole, evidenziato dal fatto che ambedue fanno parte di una struttura parallela di associazionismo delle Camere di Commercio della stessa Euroregione, in attesa di un allargamento istituzionale. Peraltro anche l’euroregione Alp-Med sembra allo stato poco attiva, prova ne sia il non aggiornamento del sito web ufficiale gestito dalla regione Piemonte, fermo al 2013).
Perchè siamo così interessati alle Macroregioni europee e alle Euroregioni? Perchè crediamo possano essere utili per la Sardegna. Ci pensiamo da molto tempo. Ma diverse recenti occasioni di dibattito hanno riacuito l’interesse per questa questione. Innanzitutto mi riferisco al dibattito sulla necessità di un nuovo Statuto per la Sardegna. In particolare, trattando di politica di relazioni esterne della Sardegna, che devono avere riconoscimento anche nello Statuto, mi riferisco alle relazioni della Sardegna con il Mediterraneo. L’argomento è stato specificamente oggetto dell’intervento di Pietrino Soddu al Convegno sullo Statuto promosso dalla Fondazione Sardinia, dalla Carta di Zuri e da Sardegna Soprattutto il 9 giugno, con l’ulteriore approfondimento nell’iniziativa del 23 del corrente mese.
Nel citato intervento (non ancora trascritto in atti, ma tuttavia presente in audio/video tra i materiali del Convegno, nel sito web della Fondazione Sardinia) Pietrino Soddu sostiene che la Sardegna fino all’inizio del periodo sabaudo (1720) era saldamente collocata nel contesto Mediterraneo, specificatamente quello del Sud, verso cui intratteneva le sue relazioni più consistenti, sia in termini economici, sia di natura culturale. Gli interessi prevalenti dei nuovi dominatori sabaudi erano invece prevalentemente rivolti al Nord, in particolare alla Lombardia, circostanza che avrebbe, gioco forza, mutato la direzione dello “sguardo” della Sardegna verso il Continente italiano e verso l’Europa continentale, disinteressandosi sostanzialmente del campo passato. Secondo Soddu questa diversa prospettiva ha portato anche notevoli conseguenze positive per la Sardegna, laddove era proprio su quel versante europeo che maggiormente correva il fiume della modernità e del progresso. Oggi non si tratta di abbandonare questa collocazione, quanto di riscoprire e rilanciare l’interesse verso il Mediterraneo, nel suo complesso, e verso il Mediterraneo del Sud. Come fare? Soddu non lo ha detto, confessando di non avere idee al riguardo, se non la certezza della strada da compiere. Per questo occorre superare le incertezze e perfino le paure legate all’ancestrale timore de “su moru, che viene a rapirci le nostre donne e ad impadronirsi delle nostre risorse materiali”. I nuovi mori oggi hanno precise sembianze: sono soprattutto (e non solo) gli emiri arabi, interessati al comprarsi la Sardegna. Tutto ciò non deve portare ad un atteggiamento di chiusura, quanto piuttosto di apertura, di scambi paritari, consentiti nella misura in cui abbiamo una buona classe dirigente, espressa dalla maggioranza dei “sardi padroni in casa propria” e rafforzati sempre più nella loro identità. Ecco la migliore garanzia perchè non si venda la Sardegna a nessuno! L’intervento di Pietrino Soddu si è fermato proprio al punto che forse costituiva una prima risposta al suo interrogativo e insieme auspicio su “Sardegna: che fare verso una politica di interesse, partecipazione e integrazione nell’area mediterranea”, cioè alla seconda parte del settimo principio della Carta di Zuri: «La Sardegna (…) offre amichevole collaborazione alle comunità e alle regioni vicine per formare, a partire dal Mediterraneo, una euroregione per il progresso degli interessi comuni». Un’euroregione, appunto! E perchè, allora, non approfondire gli strumenti che l’Unione Europea mette a disposizione per realizzare concretamente questa opportunità. Sono strumenti utili e adeguati? Parliamo quindi della proposta di mandare avanti seriamente, al contrario di quanto si sia fatto finora, la realizzazione dell’euroregione Archimed, con la partecipazione di tutte le isole del Mediterraneo appartenenti all’Unione Europea, con l’intento di rafforzare una politica di pace, di solidarietà di scambi a tutti i livelli con i paesi del Mediterraneo del Sud, compresi quelli non facenti parte dell’Unione Europea e con i quali esistono già interessanti relazioni, a volte incentivate dalla stessa UE (pensiamo al programma ENPI), che potrebbero estendersi all’interno della specifica politica Bomeluzo-Alpmed2-con-UE2-300x212di favore prevista per la condizione di insularità. Ma, anche per corrispondere alla esigenza prospettata da Soddu che la Sardegna non abbandoni il fronte continentale europeo: non sarebbe utile e opportuno coltivare la piena realizzazione dell’Euroregione Alp-Med, con l’ingresso della Sardegna e della Corsica nella compagine societaria? Temi evidentemente da approfondire, che richiedono innanzitutto una “presa in carico” della Regione e, insieme, uno specifico filone d’impegno per i nostri parlamentari italiani ed europei (peraltro questi ultimi rappresentano già la circoscrizione Sardegna-Sicilia; facciamo dunque di “necessità” virtù). Peraltro, in questa sede, giova apportare un qualche correttivo all’analisi di Pietrino Soddu secondo cui la Sardegna ha abbandonato ogni interesse per il Mediterraneo a far data dal passaggio dalla Spagna al Piemonte. L’interesse per il Mediterraneo infatti se pur sopito è stato sempre coltivato e non mancano le riflessioni politiche e culturali al riguardo. Tra le prime (anch’esse culturali, ma di maggior valenza poltica) ricordiamo quanto scritto recentemente da Federico Francioni in un articolo critico proprio nei confronti del pluricitato intervento di Pietrino Soddu, pubblicato sul sito della Fondazione Sardinia, laddove Francioni ricorda che “(…) l’idea di una Federazione mediterranea – di uno Stato che avrebbe dovuto raggruppare Baleari, Corsica, Sardegna e Sicilia – fu delineata dopo il primo conflitto mondiale” proprio dal PSd’Az . Ma è giusto anche in questa sede ricordare il dibattito e gli interventi di carattere culturale (basti citare per tutti le riflessioni di Giovanni Lilliu) e l’impegno di ricerca delle Università sarde nei paesi dell’Africa mediterranea. Tutto occorre riprendere e rilanciare, perchè non si parte da zero. Anzi! E questo è il nostro e altrui impegno. Certo da rafforzare e estendere, chiamando in causa soprattutto le Istituzioni sarde.
Voglio ora concludere con una proposta operativa, sicuramente riduttiva, ma, a mio parere, importante e immediatamente fattibile.
Il 28 febbraio 2012 fu siglato dal presidente della Camera di Commercio di Cagliari e dal direttore del Dipartimento di Scienze Sociali e Istituzioni dell’Università di Cagliari un “Accordo di collaborazione” tra le due Organizzazioni per l’elaborazione di progetti per rafforzare i rapporti della Sardegna con i paesi della sponda sud del Mediterraneo, anche come possibile rappresentanza/terminale avanzato della Sardegna verso i paesi del nord Africa, soprattutto attraverso l’associazionismo camerale (Ascame, Insuleur, Alpmed). I progetti elaborati e gestiti congiuntamente si dovevano proporre l’obiettivo di dare concreta attuazione alla normativa di cui all’art. 4 della legge regionale 28 dicembre 2009, n.5, finanziata dalla Regione Autonoma della Sardegna*. Tale legge regionale prevedeva un impegno della Regione così definito: “La Giunta regionale è autorizzata al finanziamento, anche con il concorso di risorse di provenienza statale e comunitaria, di progetti speciali finalizzati:
a) alla definizione di un sistema internazionale e mediterraneo di osservatori per l’intercettazione degli allarmi di crisi economico-sociale e dei settori produttivi o delle prospettive di sviluppo delle attività produttive e dell’occupazione;
b) alla predisposizione e sperimentazione di modelli di intervento per prevenire e scongiurare gli effetti derivanti dallo stato di crisi economico-sociale o per anticipare e cogliere integralmente ogni opportunità di sviluppo dei settori produttivi e dell’occupazione (…)”. A quell’accordo di collaborazione non seguì nulla. La ragione fondamentale, mi dicono, fu (e purtroppo tuttora è, considerato che al riguardo nulla è cambiato) che non si trovò un interlocutore a livello di Esecutivo politico e di organizzazione amministrativa regionale che consentisse di passare dalle parole ai fatti. Insomma, il solito problema di grandi idee (già molto che quelle ci furono) ma miseria di comportamenti e nullismo organizzativo. Non potevamo permettecerlo allora e tanto meno oggi. La proposta è dunque riprendere quell’Accordo, riscriverlo coinvolgendo in dimensioni regionali l’Unioncamere e l’Università della Sardegna, ridefinirne l’ambito, allargandolo, per esempio, al supporto alla realizzazione delle Euregioni, prima tra tutte quella esistente Archimed, di cui, per inciso, di recente è diventato presidente, in virtù della sua carica, Francesco Pigliaru.
Per questo e altro l’imperativo è: muoviamoci!

Note
1) Della Macroregione fanno parte: Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia-Herzegovina, Serbia, Montenegro, Albania, Grecia. In Italia le regioni interessate sono Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Lombardia, Trentino Alto Adige. Come si vede la Sardegna non è interessata a detta macroregione
2) L’Euroregione Alpi Mediterraneo riunisce cinque Regioni francesi e italiane (Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta e Rodano-Alpi).
3) Dell’Euroregione Archimed fanno parte la Regione Sicilia, la Regione Sardegna, il Govern de les Illes Balears e l’ Agenzia dello Sviluppo Larnaca di Cipro (Larnaca District Development Agency – Cyprus)
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Archimed questo sconosciuto. Aggiornamento 27 agosto 2015
A proposito di Archimed visitando il suo scarno sito web in data odierna abbiamo appreso che l’organismo ha un nuovo presidente. Si tratta di Spyros Elenodorou – President Larnaca District Development Agency (CIPRO). Non abbiamo trovato traccia della riunione assembleare che lo ha eletto. Dal sito risulta invece la composizione dell’assemblea: per la Sardegna, oltre a Francesco Pigliaru ne fa parte l’assessore Cristiano Erriu. Chiederemo a lui qualche ulteriore informazione.Per ora Archimed rimane un oggetto misterioso.
Mediterraneo Archimed
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* A proposito di INNOVAZIONE “Siamo abituati a pensare ad un tale processo in termini di cambiamenti tecnologici. In questo modo di vedere non c’è nessun male, purché si sia ben consapevoli che i cambiamenti organizzativi, amministrativi e istituzionali (che includono i cambiamenti orginati da leggi) possono avere, nel processo dello sviluppo economico, esattamente lo stesso ruolo del processo tecnico inteso nel senso stretto” (Paolo Sylos Labini)
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- Risposta di Johannes Hahn a nome della Commissione Europea ad apposita interrogazione di Mara Bizzotto (13 settembre 2012).

Sardegna Corsica Baleari: verso l’euroregione? Questa è una notizia! Ma non sarà certo la Regione Sarda a trainare il possibile progetto. Uno analogo patrocinato da Renato Soru nel 2008, che nelle intenzioni doveva comprendere anche Sicilia, Creta, Malta e Cipro (oggi non contemplate) fu riduttivamente concretizzato nel progetto Gect Archimed. A proposito, che fine ha fatto il Gect Archimed?

pigliaru-si-fa-cdarico-181x300logo GECT ARCHIMED
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- A proposito di euregioni: che fine ha fatto il Gect Archimed?
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La doppia lezione politica che ci arriva dalla Corsica
di Vito Biolchini, su vitobiolchini.it

A volte anche gli estremi si incontrano: come Francesco Pigliaru e Gilles Simeoni. Secondo il presidente della Sardegna la nostra isola può essere maggiormente autonoma solo nella misura in cui dimostra di meritarselo (e chi è che ci dà la pagella da bravi amministratori, la corrottissima Italia?), mentre il presidente della Corsica contesta l’atteggiamento del governo francese che blocca alcune decisioni assunte dall’assemblea territoriale (il loro consiglio regionale), rivendica più poteri e per uscire dal vicolo cieco in cui Parigi vuole costringerlo cerca nuove alleanze nel Mediterraneo. Pigliaru sogna un’Europa in cui le aree più deboli si impegnano e fanno sacrifici per diventare virtuose come quelle più forti, Simeoni invece crede che l’Europa debba essere il luogo in cui le diversità vengono tutelate ed esaltate.

Due modi evidentemente molto diversi di concepire la politica e di interpretare un ruolo molto particolare, quello di presidente di una regione insulare con una forte caratterizzazione identitaria. D’altra parte Simeoni è un nazionalista corso, mentre Pigliaru è un nazionalista italiano.

Detto questo, pochi giorni fa Sardegna e Corsica si sono incontrate per la prima volta in maniera ufficiale, e lo faranno ancora tra un mese ad Ajaccio, per poi volare alle Baleari nel mese di maggio per provare a gettare le basi per la creazione di una euroregione delle isole del mediterraneo occidentale.
- segue -

NON E’ MAI TROPPO TARDI. Da oggi la Sicilia e la Sardegna possono considerarsi isole. Lo ha stabilito oggi il Parlamento Europeo

NON E’ MAI TROPPO TARDI. Non è mai troppo tardi Manziisole SICILIA E SARDEGNAIl Parlamento Europeo a lezione di geografia
RIPASSO PRIMA DELLA VOTAZIONE
L’isola (dal latino insula) è una terra emersa, interamente circondata dall’acqua.
Sicilia.
Sardegna.
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-- L’Unione Sarda online di oggi 4 febbraio 2016.
-- Insularità, in Europa iniziativa bipartisan Pd/Fi: “Serve piano sviluppo per le isole”, su SardiniaPost di oggi 4 febbraio 2016.-
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- Insularità, Soru: “Per superare problema puntare su interconnessione isole”.
ape-innovativaUn’idea tra le altre: perché non ripensare (nel senso di riorganizzare e rilanciare seriamente) il Gect Archimed? Aladinews ne ha parlato diverse volte: ecco i riferimenti.

Che fine ha fatto il Gect Archimed?

logo GECT ARCHIMEDA proposito di mobilità e insularità
Che fine ha fatto il Gect Archimed delle Isole mediterranee?

A proposito di Macroregioni, Euroregioni, Gect…

Mediterraneo ArchimedArchimed loghetto1Archimed questo sconosciuto. Aggiornamento del 27 agosto 2015 anche con riferimento all’editoriale in home page.
A proposito di Archimed visitando il suo scarno sito web in data odierna abbiamo appreso che l’organismo ha un nuovo presidente. Si tratta di Spyros Elenodorou – President Larnaca District Development Agency (CIPRO). Non abbiamo trovato traccia della riunione assembleare che lo ha eletto. Dal sito risulta invece la composizione dell’assemblea: per la Sardegna, oltre a Francesco Pigliaru ne fa parte l’assessore Cristiano Erriu. Chiederemo a lui qualche ulteriore informazione.Per ora Archimed rimane un oggetto misterioso.
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- Archimed su Aladinews

Una o più macroregioni mediterranee che la Sardegna può promuovere e candidarsi a guidare

mar mediderraneo cartaape-innovativa2La riflessione di Nicolò Migheli sulle macroregioni europee (che sotto riproponiamo da Sardegna Soprattutto) dalla quale emerge la proposta che la Sardegna promuova la costituzione di una “macroregione mediterranea” (così composta: per la Spagna da Catalogna, Valencia, Murcia, Aragona e Baleari; per la Francia da Languedoc-Roussillon e Corsica; per l’Italiada Sardegna, Sicilia e Toscana), che riprendiamo corredandola con un nostro contributo apparso su Aladinews il 23 giugno 2014, ci consente di sollecitare un apposito dibattito. Particolarmente necessario proprio in relazione allo stato delle proposte in campo, che non sono totalmente combacianti, come anche risulta dai due contributi pubblicati, tuttavia convergenti nell’individuazione dello strumento “macroregione” come grande opportunità di nuovo sviluppo per la Sardegna e per le altre entità coinvolgibili, Non ci possiamo permettere di sprecarla. Ci pensino innanzitutto il Consiglio e la Giunta regionale e tutti gli altri soggetti interessati. Tra questi, non ultime, le Camere di Commercio sarde e la loro Unione regionale. Al riguardo un ruolo decisivo potrà giocarlo la commissaria straordinaria della Camera di Cagliari, Paola Piras, che, nonostante il breve tempo del suo mandato, potrà invertire la deprecabile inattività e l’autoreferenzialità che hanno per troppo lungo tempo segnato il sistema camerale sardo e segnatamente la sua parte più rilevante.

Mentre Cagliari guarda Roma, sulle Alpi…
di Nicolò Migheli
By sardegnasoprattutto/ 12 agosto 2015/ Società & Politica/

Fino ad ora l’allarme dello Svimez ha prodotto un rinfocolarsi di reciproci pregiudizi. Da una parte le accuse allo stato per aver abbandonato il Sud, dall’altra il solito sprezzante giudizio sulle classi dirigenti meridionali. Entrambe le opinioni hanno una base di verità. Il governo risponde con stanziamenti, mirabolanti solo nei comunicati Tweeter. Si scopre infatti che non c’è nulla di nuovo: solo cofinanziamenti per i programmi comunitari 2014-2020.

Compartecipazione obbligatoria da parte dello stato. Senza, i fondi non potranno essere spesi. Soldi che finiranno in gran parte in Campania, Puglia, Sicilia, Calabria e Basilicata, nei documenti Ue meno sviluppate. Abruzzo Molise e Sardegna, in transizione per le stesse classificazioni, prenderanno molto meno. Un’ulteriore dimostrazione che l’accorpamento Mezzogiorno non ha più senso, se non nelle stanche abitudini di certi commentatori. Tanto meno per la Sardegna, per ragioni geografiche, storiche, di capitale sociale, cultura e lingua.

In quei stessi giorni, la Ue approvava EUSALP, macro regione europea delle Alpi. Ne fanno parte le regioni tedesche Baviera e Baden Wutemberg; le francesi Provenza-Alpi-Costa Azzurra (PACA), Rodano-Alpi, Franca Contea. Lombardia, Piemonte, Liguria, le provincie autonome di Trento e Bolzano, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia per l’Italia. Austria e Slovenia e come regioni associate, Svizzera e Liechtenstein. Settantacinque milioni di abitanti e il Pil pro capite tra i maggiori del continente. Obbiettivi di EUSALP: promuovere innovazione e sostenibilità, sviluppo territoriale, tutela del patrimonio alpino e delle risorse naturali e culturali. Programmi ambiziosi che lasciano intravedere la creazione di un nucleo oltre gli stati nazionali. Sono in arrivo la macroregione baltica, quella del Danubio e Adriatica-Jonica. È in atto un cambiamento che determinerà quale Europa e come volerla.

La Sardegna dal 1996 fa parte di IMEDOC, con Sicilia, Corsica e Baleari. Una macroregione che nell’Ue ha rivendicato, con scarsi risultati, solo il riconoscimento dell’insularità. Uno strumento che la politica sarda ha considerato marginale. Gli occhi sempre rivolti a Roma, percepita come alfa ed omega dei nostri destini. A questo punto però occorre ragionare in maniera diversa. Avere un approccio strategico. Quindi considerare quella che fino ad ora era politica estera dello stato, come politica propria. Se gli interlocutori, quelli che possono realmente determinare il nostro futuro stanno a Bruxelles, è lì che bisogna rivolgersi.

La Sardegna, regione e non stato indipendente, ha una forza limitata, ciò non toglie che possa farsi promotrice di un’aggregazione del Mediterraneo occidentale. Sarebbe come riprendere i rapporti storici che l’isola ha avuto per settecento anni, fino all’avvento dei Savoia. Basterebbe trasformare IMEDOC ed allargarla alle regioni sul mare. Per la Spagna le Comunità autonome: Catalogna, Valencia, Murcia e le Baleari. Benché non rivierasca, l’Aragona andrebbe inserita per ragioni storiche. Per la Francia Languedoc-Roussillon e Corsica. Per l’Italia, Sardegna, Sicilia e Toscana. Questa, nelle programmazioni europee, ha fatto parte di numerosi programmi INTERREG con le regioni citate.

Si avrebbero circa 23 milioni di abitanti e molti programmi comuni da affrontare: salute del mare, ricerca, agroalimentare, artigianato di qualità, sostenibilità e sviluppo rurale; beni culturali, salvaguardia degli ambienti naturali e delle culture autoctone. Pilastri strategici della politica europea. La regione che potrebbe promuovere questa nuova aggregazione potrebbe essere la Sardegna. In questi anni con i programmi INTERREG, la cooperazione internazionale del Programma LEADER, l’iniziativa euro mediterranea dell’EMPI- la cui sede resterà in Sardegna anche per la prossima programmazione – l’isola si è dotata di professionisti e funzionari che hanno maturato esperienza. La politica dovrebbe farsi promotrice di immaginazione e di un programma ambizioso.

La Sardegna potrebbe uscire dal frangente proponendosi come perno del progetto. Basta crederci. La Catalogna impegnata in elezioni che porteranno, quasi sicuramente, ad una dichiarazione unilaterale di indipendenza, difficilmente può essere regione capofila. Lo scontro con Madrid si annuncia molto duro. Per Barcellona l’aggregazione del Mediterraneo occidentale può rivelarsi un’arma di consenso. Per la Sardegna una modalità per pensarsi centro e non periferia e per prendere in mano il proprio destino come soggetti attivi e non destinatari di scelte altrui. Agire come se Roma non ci fosse. Per quel che è possibile.

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lampadadialadmicromicro133Articolo pubblicato su Aladinews il 23 giugno 2014
Le politiche della Sardegna verso il Mediterraneo. L’interesse della Sardegna a partecipare alle Euroregioni (o altre entità cooperative similari) del Mediterraneo.
Nei giorni scorsi sulla nostra news abbiamo dato rilievo alla notizia dell’approvazione da parte della Commissione Europea della costituzione della Macroregione europea Adriatica-Ionica, per la quale si attende ora l’approvazione finale da parte del Consiglio europeo prevista il prossimo 24 ottobre. Di questa Macroregione non fa parte la Sardegna (1) in quanto la nostra isola è situata nella parte tirrenica del mar Mediterraneo. Ma, allora, perchè siamo così interessati a questa nuova realtà istituzionale? La risposta sta in quello che appare, dai documenti pubblicati, un progetto serio e credibile, che va dandosi un’organizzazione robusta in grado di sostenere un programma ambizioso e, cosa estremamente importante, che raccoglie il consenso e l’impegno di tutte le istituzioni interessate. Al riguardo il coordinatore dell’iniziativa Gian Mario Spacca, presidente della Regione Marche, sostiene che la costituzione della Macroregione “è il frutto di un intenso lavoro svolto dalla comunità adriatica e ionica, dalle città, Università, Camere di Commercio e Istituzioni territoriali che hanno trovato a Bruxelles, nel Comitato delle regioni, il luogo per dare forza al loro progetto”. Noi che siamo del parere che una delle ragioni della situazione disastrosa della Sardegna sia imputabile in gran parte alla incapacità delle istituzioni sarde di cooperare per l’attuazione di una buona politica nell’interesse dell’Isola, non possiamo che plaudire alla capacità costruttiva delle diverse Istituzioni coinvolte nel processo di realizzazione di questa Macroregione, la quale per i protagonisti, per il percorso effettuato, per i progetti strategici e così via, costituisce un modello per altre Macroregioni o per altre Entità similari di cui fa parte o potrà far parte la Sardegna. Attualmente la Sardegna non partecipa ad alcuna Macroregione, che ha una propria caratterizzazione normativa europea, ma a un’altra aggregazione cooperativa, molto somigliante denominata Euroregione (su queste nuove Istituzioni occorrerebbero approfondimenti soprattutto di carattere giuridico; intanto si segnala l’ottimo saggio di Laura Berionni “La strategia macroregionale come nuovo strumento di cooperazione territoriale” ). Archimed loghetto1Partecipa infatti alla Euroregione delle Isole, chiamata Archimed, la quale sembra versare in una situazione di precarietà, decisamente lontana dalla vitalità impressa alla Macroregione Adriatica-Ionica. Forse la causa della inconsistenza di Archimed sta nel suo vizio originario di un nuovo soggetto nato senza grande coinvolgimento istituzionale e sociale, che “si aggiunge” a tanti altri quasi una nuova bottega di generi alimentari in una città già ricca di tali esercizi. Che male c’è? Qualche posto di lavoro in più, qualche nuova prebenda per qualche amico, qualche occasione in più di turismo congressuale a spese della collettività, qualche occasione per fare fotografie di gruppo per far finta che qualcosa si fa. La gestione di Ugo Cappellacci della vicenda Archimed da proprio questa sensazione di superficialità e spreco di risorse pubbliche. Di interesse per la Sardegna esiste poi un’altra Euroregione, denominata Alp-Med, che allo stato coinvolge diverse regioni francesi e italiane (2), ma non la Sardegna né la Corsica, anche se sussisterebbe un interesse delle stesse isole, evidenziato dal fatto che ambedue fanno parte di una struttura parallela di associazionismo delle Camere di Commercio della stessa Euroregione, in attesa di un allargamento istituzionale. Peraltro anche l’euroregione Alp-Med sembra allo stato poco attiva, prova ne sia il non aggiornamento del sito web ufficiale gestito dalla regione Piemonte, fermo al 2013).
Perchè siamo così interessati alle Macroregioni europee e alle Euroregioni? Perchè crediamo possano essere utili per la Sardegna. Ci pensiamo da molto tempo. Ma diverse recenti occasioni di dibattito hanno riacuito l’interesse per questa questione. Innanzitutto mi riferisco al dibattito sulla necessità di un nuovo Statuto per la Sardegna. In particolare, trattando di politica di relazioni esterne della Sardegna, che devono avere riconoscimento anche nello Statuto, mi riferisco alle relazioni della Sardegna con il Mediterraneo. L’argomento è stato specificamente oggetto dell’intervento di Pietrino Soddu al Convegno sullo Statuto promosso dalla Fondazione Sardinia, dalla Carta di Zuri e da Sardegna Soprattutto il 9 giugno, con l’ulteriore approfondimento nell’iniziativa del 23 del corrente mese.
Nel citato intervento (non ancora trascritto in atti, ma tuttavia presente in audio/video tra i materiali del Convegno, nel sito web della Fondazione Sardinia) Pietrino Soddu sostiene che la Sardegna fino all’inizio del periodo sabaudo (1720) era saldamente collocata nel contesto Mediterraneo, specificatamente quello del Sud, verso cui intratteneva le sue relazioni più consistenti, sia in termini economici, sia di natura culturale. Gli interessi prevalenti dei nuovi dominatori sabaudi erano invece prevalentemente rivolti al Nord, in particolare alla Lombardia, circostanza che avrebbe, gioco forza, mutato la direzione dello “sguardo” della Sardegna verso il Continente italiano e verso l’Europa continentale, disinteressandosi sostanzialmente del campo passato. Secondo Soddu questa diversa prospettiva ha portato anche notevoli conseguenze positive per la Sardegna, laddove era proprio su quel versante europeo che maggiormente correva il fiume della modernità e del progresso. Oggi non si tratta di abbandonare questa collocazione, quanto di riscoprire e rilanciare l’interesse verso il Mediterraneo, nel suo complesso, e verso il Mediterraneo del Sud. Come fare? Soddu non lo ha detto, confessando di non avere idee al riguardo, se non la certezza della strada da compiere. Per questo occorre superare le incertezze e perfino le paure legate all’ancestrale timore de “su moru, che viene a rapirci le nostre donne e ad impadronirsi delle nostre risorse materiali”. I nuovi mori oggi hanno precise sembianze: sono soprattutto (e non solo) gli emiri arabi, interessati al comprarsi la Sardegna. Tutto ciò non deve portare ad un atteggiamento di chiusura, quanto piuttosto di apertura, di scambi paritari, consentiti nella misura in cui abbiamo una buona classe dirigente, espressa dalla maggioranza dei “sardi padroni in casa propria” e rafforzati sempre più nella loro identità. Ecco la migliore garanzia perchè non si venda la Sardegna a nessuno! L’intervento di Pietrino Soddu si è fermato proprio al punto che forse costituiva una prima risposta al suo interrogativo e insieme auspicio su “Sardegna: che fare verso una politica di interesse, partecipazione e integrazione nell’area mediterranea”, cioè alla seconda parte del settimo principio della Carta di Zuri: «La Sardegna (…) offre amichevole collaborazione alle comunità e alle regioni vicine per formare, a partire dal Mediterraneo, una euroregione per il progresso degli interessi comuni». Un’euroregione, appunto! E perchè, allora, non approfondire gli strumenti che l’Unione Europea mette a disposizione per realizzare concretamente questa opportunità. Sono strumenti utili e adeguati? Parliamo quindi della proposta di mandare avanti seriamente, al contrario di quanto si sia fatto finora, la realizzazione dell’euroregione Archimed, con la partecipazione di tutte le isole del Mediterraneo appartenenti all’Unione Europea, con l’intento di rafforzare una politica di pace, di solidarietà di scambi a tutti i livelli con i paesi del Mediterraneo del Sud, compresi quelli non facenti parte dell’Unione Europea e con i quali esistono già interessanti relazioni, a volte incentivate dalla stessa UE (pensiamo al programma ENPI), che potrebbero estendersi all’interno della specifica politica Bomeluzo-Alpmed2-con-UE2-300x212di favore prevista per la condizione di insularità. Ma, anche per corrispondere alla esigenza prospettata da Soddu che la Sardegna non abbandoni il fronte continentale europeo: non sarebbe utile e opportuno coltivare la piena realizzazione dell’Euroregione Alp-Med, con l’ingresso della Sardegna e della Corsica nella compagine societaria? Temi evidentemente da approfondire, che richiedono innanzitutto una “presa in carico” della Regione e, insieme, uno specifico filone d’impegno per i nostri parlamentari italiani ed europei (peraltro questi ultimi rappresentano già la circoscrizione Sardegna-Sicilia; facciamo dunque di “necessità” virtù). Peraltro, in questa sede, giova apportare un qualche correttivo all’analisi di Pietrino Soddu secondo cui la Sardegna ha abbandonato ogni interesse per il Mediterraneo a far data dal passaggio dalla Spagna al Piemonte. L’interesse per il Mediterraneo infatti se pur sopito è stato sempre coltivato e non mancano le riflessioni politiche e culturali al riguardo. Tra le prime (anch’esse culturali, ma di maggior valenza poltica) ricordiamo quanto scritto recentemente da Federico Francioni in un articolo critico proprio nei confronti del pluricitato intervento di Pietrino Soddu, pubblicato sul sito della Fondazione Sardinia, laddove Francioni ricorda che “(…) l’idea di una Federazione mediterranea – di uno Stato che avrebbe dovuto raggruppare Baleari, Corsica, Sardegna e Sicilia – fu delineata dopo il primo conflitto mondiale” proprio dal PSd’Az . Ma è giusto anche in questa sede ricordare il dibattito e gli interventi di carattere culturale (basti citare per tutti le riflessioni di Giovanni Lilliu) e l’impegno di ricerca delle Università sarde nei paesi dell’Africa mediterranea. Tutto occorre riprendere e rilanciare, perchè non si parte da zero. Anzi! E questo è il nostro e altrui impegno. Certo da rafforzare e estendere, chiamando in causa soprattutto le Istituzioni sarde.
Voglio ora concludere con una proposta operativa, sicuramente riduttiva, ma, a mio parere, importante e immediatamente fattibile.
Il 28 febbraio 2012 fu siglato dal presidente della Camera di Commercio di Cagliari e dal direttore del Dipartimento di Scienze Sociali e Istituzioni dell’Università di Cagliari un “Accordo di collaborazione” tra le due Organizzazioni per l’elaborazione di progetti per rafforzare i rapporti della Sardegna con i paesi della sponda sud del Mediterraneo, anche come possibile rappresentanza/terminale avanzato della Sardegna verso i paesi del nord Africa, soprattutto attraverso l’associazionismo camerale (Ascame, Insuleur, Alpmed). I progetti elaborati e gestiti congiuntamente si dovevano proporre l’obiettivo di dare concreta attuazione alla normativa di cui all’art. 4 della legge regionale 28 dicembre 2009, n.5, finanziata dalla Regione Autonoma della Sardegna*. Tale legge regionale prevedeva un impegno della Regione così definito: “La Giunta regionale è autorizzata al finanziamento, anche con il concorso di risorse di provenienza statale e comunitaria, di progetti speciali finalizzati:
a) alla definizione di un sistema internazionale e mediterraneo di osservatori per l’intercettazione degli allarmi di crisi economico-sociale e dei settori produttivi o delle prospettive di sviluppo delle attività produttive e dell’occupazione;
b) alla predisposizione e sperimentazione di modelli di intervento per prevenire e scongiurare gli effetti derivanti dallo stato di crisi economico-sociale o per anticipare e cogliere integralmente ogni opportunità di sviluppo dei settori produttivi e dell’occupazione (…)”. A quell’accordo di collaborazione non seguì nulla. La ragione fondamentale, mi dicono, fu (e purtroppo tuttora è, considerato che al riguardo nulla è cambiato) che non si trovò un interlocutore a livello di Esecutivo politico e di organizzazione amministrativa regionale che consentisse di passare dalle parole ai fatti. Insomma, il solito problema di grandi idee (già molto che quelle ci furono) ma miseria di comportamenti e nullismo organizzativo. Non potevamo permettecerlo allora e tanto meno oggi. La proposta è dunque riprendere quell’Accordo, riscriverlo coinvolgendo in dimensioni regionali l’Unioncamere e l’Università della Sardegna, ridefinirne l’ambito, allargandolo, per esempio, al supporto alla realizzazione delle Euregioni, prima tra tutte quella esistente Archimed, di cui, per inciso, di recente è diventato presidente, in virtù della sua carica, Francesco Pigliaru.
Per questo e altro l’imperativo è: muoviamoci!

Note
1) Della Macroregione fanno parte: Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia-Herzegovina, Serbia, Montenegro, Albania, Grecia. In Italia le regioni interessate sono Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Lombardia, Trentino Alto Adige. Come si vede la Sardegna non è interessata a detta macroregione
2) L’Euroregione Alpi Mediterraneo riunisce cinque Regioni francesi e italiane (Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta e Rodano-Alpi).
3) Dell’Euroregione Archimed fanno parte la Regione Sicilia, la Regione Sardegna, il Govern de les Illes Balears e l’ Agenzia dello Sviluppo Larnaca di Cipro (Larnaca District Development Agency – Cyprus)
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Archimed questo sconosciuto. Aggiornamento 27 agosto 2015
A proposito di Archimed visitando il suo scarno sito web in data odierna abbiamo appreso che l’organismo ha un nuovo presidente. Si tratta di Spyros Elenodorou – President Larnaca District Development Agency (CIPRO). Non abbiamo trovato traccia della riunione assembleare che lo ha eletto. Dal sito risulta invece la composizione dell’assemblea: per la Sardegna, oltre a Francesco Pigliaru ne fa parte l’assessore Cristiano Erriu. Chiederemo a lui qualche ulteriore informazione.Per ora Archimed rimane un oggetto misterioso.
Mediterraneo Archimed

Sardegna: sovrana o cenerentola?

4mori Liciaape-innovativadi Franco Meloni *

Non sappiamo quanto la missione a Bruxelles del presidente Pigliaru e dell’assessore Paci porti a casa benefici consistenti per la Sardegna. Al di la degli aspetti di cortesia istituzionale nel presentare all’Unione Europea i volti e le personalità dei nuovi amministratori regionali, si trattava 1) di difendere le residue risorse della programmazione 2007-2013 (circa 450 milioni di euro, che in parte rischiamo di perdere); 2) di mettere le basi perché i 5 miliardi della nuova programmazione 2014-2020 possano essere spesi con efficienza ed efficacia: cosa che dipende in massima parte dalla capacità politica e organizzativa della Regione e delle altre entità coinvolte; 3) si trattava infine di capire se ci sono margini perché l’Europa disponga per la Sardegna di ulteriori risorse legate alla condizione di insularità, che richiede interventi di riequilibrio soprattutto con riferimento ai trasporti e all’energia. Nei prossimi giorni, dalle dichiarazioni di Pigliaru e di Paci, che renderanno loro sponte dove e quando vorranno ma, naturalmente, come ovvio e quanto prima, al Consiglio regionale, capiremo di più. In un recente editoriale, che riprendeva una nostra lettura delle dichiarazioni programmatiche, ci siamo chiesti se Pigliaru fosse in grado di superare il deficit di sardità e di europeismo che a nostro avviso le connotavano negativamente. Vedremo. Certo è che le dichiarazioni a caldo del presidente sembrano superare di slancio le citate ristrettezze/povertà di impostazione politica. Vogliamo riprendere i concetti chiaramente espressi da Pigliaru così come riportati nel sito web della Regione: “Sono tanti i temi in campo. Noi abbiamo la necessità e l’esigenza di guardare alla Sardegna non solo come a una regione italiana, ma soprattutto come a una regione europea. La specialità storica, geografica e istituzionale della nostra Isola si inserisce oggi in un nuovo quadro di relazioni istituzionali. Si pensi al fatto che la Sardegna è regione europea di frontiera e di confine con la sponda nord del Mediterraneo e tutto ciò che questo implica. Le politiche regionali europee hanno un senso solo se nascono dal basso: il CdR [Comitato delle Regioni] e la Regione Sardegna al suo interno, dovranno monitorare e indirizzare le scelte strategiche di coesione dentro l’Unione Europea. Per noi coesione significa appunto concentrarsi sul Mediterraneo e sulle problematiche collegate (…) Sul tema dell’insularità e dell’importanza del fare rete, nell’ambito delle relazioni istituzionali vogliamo ulteriormente consolidare gli ottimi rapporti già esistenti con le altre isole del Mediterraneo. Ci troviamo ad affrontare molte problematiche comuni, dai trasporti all’energia sino allo sviluppo economico legato al turismo. Incontrarci e dialogare significa avviare un confronto costruttivo che può aiutare ognuno di noi ad individuare le soluzioni”. Sottoscriviamo e contemporaneamente ci chiediamo quanto questi intenti corrispondano a una piattaforma politico-programmatica, chiara e sufficientemente condivisa e quanto gli obbiettivi annunciati abbiano davvero gambe perché non rimangano solo parole. Cioè perché si traducano in concrete realizzazioni. Abbiamo molte ragioni di preoccuparci del fatto che la coalizione al governo della Regione sia allo stato priva di una adeguata piattaforma politico-programmatica, sorretta dal massimo consenso dei sardi. Anche dal punto di vista organizzativo la Regione è drammaticamente carente e inadeguata, tanto da non consentire a Pigliaru di affidarsi al famoso concetto attribuito a De Gaulle “l’intendenza seguirà”. Abbiamo spesso osservato come dietro Cappellacci e le sue iniziative, più o meno condivisibili, c’era comunque il vuoto. Tanto per fare un esempio nessuno o pochissimi sapevano che la Regione Sardegna partecipasse all’euroregione delle isole mediterranee (Gect Archimed) e che lo stesso presidente della Regione (prima Cappellacci e ora Pigliaru) ne sia addirittura il presidente pro tempore. E’ solo un esempio di inefficienza e di incapacità, purtroppo molto generalizzato nelle nostre Amministrazioni (basterebbe citare i famosi protocolli-gazzosa). Si potrebbe affermare: “Per fare così le cose è meglio non farle”, ma, ovviamente, l’alternativa è farle bene.
Sì, d’accordo, come abbiamo detto, il problema è innanzitutto politico, ma di pari passo vanno le questioni di organizzazione. Al riguardo, non vorremmo che la storia si ripetesse e cioè che dietro le condivisibili dichiarazioni di Pigliaru ci sia in realtà il vuoto, l’incapacità di realizzare concretamente gli obbiettivi, così come fu per Cappellacci.
Infine in cauda venenum, ma non troppo. Pigliaru e i suoi assessori sono senz’altro da classificare come “intellettuali”. Circostanza del tutto positiva, salvo attribuire agli intellettuali una definizione non proprio lusinghiera, almeno per gli intellettuali in politica: “gli intellettuali sono coloro che credono di aver fatto le cose solamente perché le hanno dette. E chi se e frega delle effettive, concrete realizzazioni…”. Speriamo che così non succeda. Vedremo nel tempo che segue, nella consapevolezza (che tutti dovremmo avere) secondo cui il tempo che ci è concesso per salvare la Sardegna è proprio breve.
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Nel riquadro creazione artistica di Licia Lisei
bandiera SardegnaEuropa
* Anche su Valorest blog di Aladinews

La Giunta regionale relaziona al Consiglio sull’esercizio delle proprie competenze in materia di obblighi europei e sulle attività di rilievo internazionale

bandiera-SardegnaEuropaApprovata dalla Giunta regionale (con delibera 34/1 del 2/9/2014) la relazione informativa al Consiglio regionale sull’esercizio delle proprie competenze in materia di obblighi europei e sulle attività di rilievo internazionale di cui all’articolo 9 della legge regionale n. 13 del 30.6.2010.
Ecco le due relazioni allegate alla delibera:
- Relazione art.9
- Relazione art. 9 lettera f
ape-innovativaPer ora acquisiamo e leggiamo la documentazione. C’è molto da capire, approfondire, criticare, proporre… Prendiamoci il tempo che occorre!
- Per correlazione su rapporti Sardegna/Europa
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Pinocchio le avventure diIntanto come antipasto una perla: la parte della relazione sul progetto GECT ARCHIMED, sul quale Aladin si è più volte soffermata.
(…) b) GECT ARCHIMED
Nel biennio 2013-2014 la Regione Sardegna ricopre il ruolo di presidente del Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale dell’Arcipelago del Mediterraneo (GECT ARCHIMED), lo strumento di cooperazione nell’area mediterranea che mira a rafforzare i rapporti istituzionali tra attori dello sviluppo locale e i processi di cooperazione in aree tematiche di interesse strategico comune, al quale la Regione ha aderito nel 2011 (D.G.R. n. 48/14 del 1 dicembre 2011). In questo quadro, la Regione – oltre ad avere organizzato le assemblee del 21 giugno 2013 a Cagliari, e del 17 ottobre a Roma – si è resa promotrice di una forte azione propulsiva all’insegna dell’innovazione dell’assetto normativo e della struttura di governance, attraverso un pacchetto emendativi inerente l’insieme dei dispositivi normativi vigenti – Convenzione, Statuto e Regolamento interno.
Tale proposta emendativa – rispondente alle esigenze di flessibilità, trasparenza e razionalizzazione dei costi di funzionamento – non ha trovato attuazione in quanto, in entrambi i momenti decisionali, è venuto meno il quorum deliberativo prescritto dalle norme statutarie
(…).

Carta della governance multilivello: si moltiplicano le adesioni. E la Sardegna per ora latita… E’ urgente la promozione delle adesioni ad un’iniziativa che aiuta i difensori delle autonomie e della democrazia partecipativa. Primi destinatari di questa sollecitazione: Pigliaru, Erriu, Demuro (Ras) e Scano (Anci Sardegna)

carta multilivelloUECarta della governance multilivello: si moltiplicano le adesioni

La Carta della governance multilivello in Europa, lanciata dal Comitato delle regioni lo scorso aprile, conta già circa 140 firmatari, tra cui cinque dei quali italiani, ed è stata da poco sottoscritta anche dal commissario europeo per la politica regionale Joannes Hahn.

Adottata dal CdR in aprile, la Carta è un manifesto politico con cui le regioni e città dell’UE invitano tutte le autorità pubbliche a tradurre in realtà la governance multilivello nella concezione e nell’attuazione quotidiane delle politiche europee. Ciò presuppone innanzitutto l’organizzazione di attività in partenariato tra i diversi livelli di governo (locale, regionale, nazionale ed europeo) e l’applicazione di un insieme di principi – tra cui quelli di partecipazione, cooperazione, sussidiarietà e trasparenza – destinati a rendere più efficace l’elaborazione delle politiche pubbliche.

La Carta è accessibile online all’indirizzo www.cor.europa.eu/mlgcharter per la firma elettronica da parte degli enti locali e regionali. La versione della Carta in lingua italiana – segue –

Appunti per settembre e oltre…

IMG_7920Riflettere su Macroregioni, Euroregioni, Gect: proposta di seminario Regione-Unioncamere-Università della Sardegna

ape-innovativa2Nuove forme di cooperazione territoriale di dimensione europea (Macroregioni, Euroregioni, Gect…). La Regione, in collaborazione con Unioncamere Sardegna e Università della Sardegna potrebbe organizzare un seminario di approfondimento. Ce ne è necessità.

Enti (attualmente) inutili: il Gect Archimed

ArchimedARCHIMED GECTTanto per ricordare
Che fa l’Euroregione (Gect) Archimed? Dopo aver visionato il suo sito web, presto detto: nulla!
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ape-innovativa2 Le politiche della Sardegna verso il Mediterraneo. L’interesse della Sardegna a partecipare alle Euroregioni (o altre entità cooperative similari) del Mediterraneo- Su Aladinpensiero il 23 giugno 2014 – Sul sito della Fondazione Sardinia.

Le politiche della Sardegna verso il Mediterraneo. L’interesse della Sardegna a partecipare alle Euroregioni (o altre entità cooperative similari) del Mediterraneo

Archimed
di Franco Meloni
Ripubblichiamo con alcune precisazioni di carattere giuridico l’articolo del 22 giugno. In particolare viene dato atto della distinzione tra i nuovi strumenti di cooperazione europea, come le macroregioni e le euroregioni, argomenti tuttora da approfondire in tutti gli aspetti. La sostanza dei ragionamenti mantiene inalterata validità. Per la Sardegna si tratta di utilizzare nel miglior modo possibile gli strumenti di cooperazione territoriale disponibili e di partecipare al più vasto dibattito per individuare anche altre forme per perseguire principalmente il benessere della sua comunità (f.m)
ape-innovativa2 Nei giorni scorsi sulla nostra news abbiamo dato rilievo alla notizia dell’approvazione da parte della Commissione Europea della costituzione della Macroregione europea Adriatica-Ionica, per la quale si attende ora l’approvazione finale da parte del Consiglio europeo prevista il prossimo 24 ottobre. Di questa Macroregione non fa parte la Sardegna (1) in quanto la nostra isola è situata nella parte tirrenica del mar Mediterraneo. Ma, allora, perchè siamo così interessati a questa nuova realtà istituzionale? La risposta sta in quello che appare, dai documenti pubblicati, un progetto serio e credibile, che va dandosi un’organizzazione robusta in grado di sostenere un programma ambizioso e, cosa estremamente importante, che raccoglie il consenso e l’impegno di tutte le istituzioni interessate. Al riguardo il coordinatore dell’iniziativa Gian Mario Spacca, presidente della Regione Marche, sostiene che la costituzione della Macroregione “è il frutto di un intenso lavoro svolto dalla comunità adriatica e ionica, dalle città, Università, Camere di Commercio e Istituzioni territoriali che hanno trovato a Bruxelles, nel Comitato delle regioni, il luogo per dare forza al loro progetto”. Noi che siamo del parere che una delle ragioni della situazione disastrosa della Sardegna sia imputabile in gran parte alla incapacità delle istituzioni sarde di cooperare per l’attuazione di una buona politica nell’interesse dell’Isola, non possiamo che plaudire alla capacità costruttiva delle diverse Istituzioni coinvolte nel processo di realizzazione di questa Macroregione, la quale per i protagonisti, per il percorso effettuato, per i progetti strategici e così via, costituisce un modello per altre Macroregioni o per altre Entità similari di cui fa parte o potrà far parte la Sardegna. Attualmente la Sardegna non partecipa ad alcuna Macroregione, che ha una propria caratterizzazione normativa europea, ma a un’altra aggregazione cooperativa, molto somigliante denominata Euroregione (su queste nuove Istituzioni occorrerebbero approfondimenti soprattutto di carattere giuridico; intanto si segnala l’ottimo saggio di Laura Berionni “La strategia macroregionale come nuovo strumento di cooperazione territoriale” ). Partecipa infatti alla Euroregione delle Isole, chiamata Archimed, la quale sembra versare in una situazione di precarietà, decisamente lontana dalla vitalità impressa alla Macroregione Adriatica-Ionica. Forse la causa della inconsistenza di Archimed sta nel suo vizio originario di un nuovo soggetto nato senza grande coinvolgimento istituzionale e sociale, che “si aggiunge” a tanti altri quasi una nuova bottega di generi alimentari in una città già ricca di tali esercizi. Che male c’è? Qualche posto di lavoro in più, qualche nuova prebenda per qualche amico, qualche occasione in più di turismo congressuale a spese della collettività, qualche occasione per fare fotografie di gruppo per far finta che qualcosa si fa. La gestione di Ugo Cappellacci della vicenda Archimed da proprio questa sensazione di superficialità e spreco di risorse pubbliche. Di interesse per la Sardegna esiste poi un’altra Euroregione, denominata Alp-Med, che allo stato coinvolge diverse regioni francesi e italiane (2), ma non la Sardegna né la Corsica, anche se sussisterebbe un interesse delle stesse isole, evidenziato dal fatto che ambedue fanno parte di una struttura parallela di associazionismo delle Camere di Commercio della stessa Euroregione, in attesa di un allargamento istituzionale. Peraltro anche l’euroregione Alp-Med sembra allo stato poco attiva, prova ne sia il non aggiornamento del sito web ufficiale gestito dalla regione Piemonte, fermo al 2013).
Perchè siamo così interessati alle Macroregioni europee e alle Euroregioni? Perchè crediamo possano essere utili per la Sardegna. Ci pensiamo da molto tempo. Ma diverse recenti occasioni di dibattito hanno riacuito l’interesse per questa questione. Innanzitutto mi riferisco al dibattito sulla necessità di un nuovo Statuto per la Sardegna. In particolare, trattando di politica di relazioni esterne della Sardegna, che devono avere riconoscimento anche nello Statuto, mi riferisco alle relazioni della Sardegna con il Mediterraneo. L’argomento è stato specificamente oggetto dell’intervento di Pietrino Soddu al Convegno sullo Statuto promosso dalla Fondazione Sardinia, dalla Carta di Zuri e da Sardegna Soprattutto il 9 giugno, con l’ulteriore approfondimento nell’iniziativa del 23 del corrente mese.
Nel citato intervento (non ancora trascritto in atti, ma tuttavia presente in audio/video tra i materiali del Convegno, nel sito web della Fondazione Sardinia) Pietrino Soddu sostiene che la Sardegna fino all’inizio del periodo sabaudo (1720) era saldamente collocata nel contesto Mediterraneo, specificatamente quello del Sud, verso cui intratteneva le sue relazioni più consistenti, sia in termini economici, sia di natura culturale. Gli interessi prevalenti dei nuovi dominatori sabaudi erano invece prevalentemente rivolti al Nord, in particolare alla Lombardia, circostanza che avrebbe, gioco forza, mutato la direzione dello “sguardo” della Sardegna verso il Continente italiano e verso l’Europa continentale, disinteressandosi sostanzialmente del campo passato. Secondo Soddu questa diversa prospettiva ha portato anche notevoli conseguenze positive per la Sardegna, laddove era proprio su quel versante europeo che maggiormente correva il fiume della modernità e del progresso. Oggi non si tratta di abbandonare questa collocazione, quanto di riscoprire e rilanciare l’interesse verso il Mediterraneo, nel suo complesso, e verso il Mediterraneo del Sud. Come fare? Soddu non lo ha detto, confessando di non avere idee al riguardo, se non la certezza della strada da compiere. Per questo occorre superare le incertezze e perfino le paure legate all’ancestrale timore de “su moru, che viene a rapirci le nostre donne e ad impadronirsi delle nostre risorse materiali”. I nuovi mori oggi hanno precise sembianze: sono soprattutto (e non solo) gli emiri arabi, interessati al comprarsi la Sardegna. Tutto ciò non deve portare ad un atteggiamento di chiusura, quanto piuttosto di apertura, di scambi paritari, consentiti nella misura in cui abbiamo una buona classe dirigente, espressa dalla maggioranza dei “sardi padroni in casa propria” e rafforzati sempre più nella loro identità. Ecco la migliore garanzia perchè non si venda la Sardegna a nessuno! L’intervento di Pietrino Soddu si è fermato proprio al punto che forse costituiva una prima risposta al suo interrogativo e insieme auspicio su “Sardegna: che fare verso una politica di interesse, partecipazione e integrazione nell’area mediterranea”, cioè alla seconda parte del settimo principio della Carta di Zuri: «La Sardegna (…) offre amichevole collaborazione alle comunità e alle regioni vicine per formare, a partire dal Mediterraneo, una euroregione per il progresso degli interessi comuni». Un’euroregione, appunto! E perchè, allora, non approfondire gli strumenti che l’Unione Europea mette a disposizione per realizzare concretamente questa opportunità. Sono strumenti utili e adeguati? Parliamo quindi della proposta di mandare avanti seriamente, al contrario di quanto si sia fatto finora, la realizzazione dell’euroregione Archimed, con la partecipazione di tutte le isole del Mediterraneo appartenenti all’Unione Europea, con l’intento di rafforzare una politica di pace, di solidarietà di scambi a tutti i livelli con i paesi del Mediterraneo del Sud, compresi quelli non facenti parte dell’Unione Europea e con i quali esistono già interessanti relazioni, a volte incentivate dalla stessa UE (pensiamo al programma ENPI), che potrebbero estendersi all’interno della specifica politica di favore prevista per la condizione di insularità. Ma, anche per corrispondere alla esigenza prospettata da Soddu che la Sardegna non abbandoni il fronte continentale europeo: non sarebbe utile e opportuno coltivare la piena realizzazione dell’Euroregione Alp-Med, con l’ingresso della Sardegna e della Corsica nella compagine societaria? Temi evidentemente da approfondire, che richiedono innanzitutto una “presa in carico” della Regione e, insieme, uno specifico filone d’impegno per i nostri parlamentari italiani ed europei (peraltro questi ultimi rappresentano già la circoscrizione Sardegna-Sicilia; facciamo dunque di “necessità” virtù). Peraltro, in questa sede, giova apportare un qualche correttivo all’analisi di Pietrino Soddu secondo cui la Sardegna ha abbandonato ogni interesse per il Mediterraneo a far data dal passaggio dalla Spagna al Piemonte. L’interesse per il Mediterraneo infatti se pur sopito è stato sempre coltivato e non mancano le riflessioni politiche e culturali al riguardo. Tra le prime (anch’esse culturali, ma di maggior valenza poltica) ricordiamo quanto scritto recentemente da Federico Francioni in un articolo critico proprio nei confronti del pluricitato intervento di Pietrino Soddu, pubblicato sul sito della Fondazione Sardinia, laddove Francioni ricorda che “(…) l’idea di una Federazione mediterranea – di uno Stato che avrebbe dovuto raggruppare Baleari, Corsica, Sardegna e Sicilia – fu delineata dopo il primo conflitto mondiale” proprio dal PSd’Az . Ma è giusto anche in questa sede ricordare il dibattito e gli interventi di carattere culturale (basti citare per tutti le riflessioni di Giovanni Lilliu) e l’impegno di ricerca delle Università sarde nei paesi dell’Africa mediterranea. Tutto occorre riprendere e rilanciare, perchè non si parte da zero. Anzi! E questo è il nostro e altrui impegno. Certo da rafforzare e estendere, chiamando in causa soprattutto le Istituzioni sarde.
Voglio ora concludere con una proposta operativa, sicuramente riduttiva, ma, a mio parere, importante e immediatamente fattibile.
Il 28 febbraio 2012 fu siglato dal presidente della Camera di Commercio di Cagliari e dal direttore del Dipartimento di Scienze Sociali e Istituzioni dell’Università di Cagliari un “Accordo di collaborazione” tra le due Organizzazioni per l’elaborazione di progetti per rafforzare i rapporti della Sardegna con i paesi della sponda sud del Mediterraneo, anche come possibile rappresentanza/terminale avanzato della Sardegna verso i paesi del nord Africa, soprattutto attraverso l’associazionismo camerale (Ascame, Insuleur, Alpmed). I progetti elaborati e gestiti congiuntamente si dovevano proporre l’obiettivo di dare concreta attuazione alla normativa di cui all’art. 4 della legge regionale 28 dicembre 2009, n.5, finanziata dalla Regione Autonoma della Sardegna*. Tale legge regionale prevedeva un impegno della Regione così definito: “La Giunta regionale è autorizzata al finanziamento, anche con il concorso di risorse di provenienza statale e comunitaria, di progetti speciali finalizzati:
a) alla definizione di un sistema internazionale e mediterraneo di osservatori per l’intercettazione degli allarmi di crisi economico-sociale e dei settori produttivi o delle prospettive di sviluppo delle attività produttive e dell’occupazione;
b) alla predisposizione e sperimentazione di modelli di intervento per prevenire e scongiurare gli effetti derivanti dallo stato di crisi economico-sociale o per anticipare e cogliere integralmente ogni opportunità di sviluppo dei settori produttivi e dell’occupazione (…)”. A quell’accordo di collaborazione non seguì nulla. La ragione fondamentale, mi dicono, fu (e purtroppo tuttora è, considerato che al riguardo nulla è cambiato) che non si trovò un interlocutore a livello di Esecutivo politico e di organizzazione amministrativa regionale che consentisse di passare dalle parole ai fatti. Insomma, il solito problema di grandi idee (già molto che quelle ci furono) ma miseria di comportamenti e nullismo organizzativo. Non potevamo permettecerlo allora e tanto meno oggi. La proposta è dunque riprendere quell’Accordo, riscriverlo coinvolgendo in dimensioni regionali l’Unioncamere e l’Università della Sardegna, ridefinirne l’ambito, allargandolo, per esempio, al supporto alla realizzazione delle Euregioni, prima tra tutte quella esistente Archimed, di cui, per inciso, di recente è diventato presidente, in virtù della sua carica, Francesco Pigliaru.
Per questo e altro l’imperativo è: muoviamoci!

Note
1) Della Macroregione fanno parte: Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia-Herzegovina, Serbia, Montenegro, Albania, Grecia. In Italia le regioni interessate sono Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Lombardia, Trentino Alto Adige. Come si vede la Sardegna non è interessata a detta macroregione
2) L’Euroregione Alpi Mediterraneo riunisce cinque Regioni francesi e italiane (Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta e Rodano-Alpi).
3) Dell’Euroregione Archimed fanno parte la Regione Sicilia, la Regione Sardegna, il Govern de les Illes Balears e l’ Agenzia dello Sviluppo Larnaca di Cipro (Larnaca District Development Agency – Cyprus)

Francesco Pigliaru presidente dell’Euroregione Archimed. E ora che fa la Regione Sarda?

ArchimedDa pochi giorni il sito web della Euroregione Archimed è stato aggiornato, sostituendo Ugo Cappellacci con Francesco Pigliaru. Una ragione di più per chiedere: “Cosa fa, come funziona (se funziona) l’Euroregione Archimed? Ne abbiamo parlato su Aladinews. Cercate gli approfondimenti,